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Disperate speranze

Disperate speranze

 

 

 

 (lui non ha l’età e io neppure dunque è necessario che  la Grande Perplessità si tramuti in Disperata Speranza,non è poco per me, non sarà facile per lui)

 

La squadra – Tramontata l’idea dei Salvifici Tecnici e dei Politici Puri, si è scelto di dar corso alle – negli ultimi tempi, sempre più – martellanti richieste della Pubblica Opinione : più donne, giovani, merito, esperienza, competenza, società civile. La compagine messa in piedi da Matteo Renzi non è dissimile da quella che l’ Immaginario Collettivo ha via via disegnato.Qualcuno l’ha velenosamente definita squadra di carini. E, in effetti, lo è anche.

Va da sé che ai giovani si può chiedere preparazione e merito ma non esperienza, che ai titolari di sopraffini  know how spesso difetta la giovinezza e che alle donne dovrebbe essere dedicata la stessa scrupolosa attenzione che si riserva ai maschi cui nessuno si sognerebbe di contestare il tipo di laurea, la pettinatura, il colore dell’abito e il tacco.(chi scrive qui, spesso si accanisce con le cravatte ma trattasi di revanchismo allo stato puro.La smettano con le calzature della Boschi e si  chiuderà un occhio su  qualunque orrore orrendamente annodato)

Le piccole cose. Certo è che  Renzi oltre che con i desiderata della gggente se l’è poi dovuta vedere con quelle dell’Alleato Principale, dei Cespugli, del Presidente, dell’altro Presidente, di Bruxelles e del Partito.Ingrato compito.

Anche ai tempi di Prodi (due) gran parapiglia con incroci di veti e diktat ma lì l’esito di un sudoku tutto giocato all’interno delle componenti uliviste aveva prodotto come risultato una pletora di ministri senza portafoglio e di sottosegretari.Qui tutto sommato ce la siamo cavata con meno poltrone e molti più retroscenisti che, manco a dirlo, non ne hanno imbroccata nemmeno una.

Concludendo : possono sembrare inspiegabili alcune esclusioni, ma son queste le circostanze in cui non avere la mano sulla spalla di un Partito,una Corrente, uno Sponsor Illustre penalizza anche il più brillante dei curriculum.

Fiducia a Madama Sistemata la squadra  ed espletate le formalità di rito, non rimaneva che affrontare lo scoglio della Fiducia al Senato. Fredda l’accoglienza – ma va’un po’ a dire ad una platea di rottamandi questa potrebbe essere l’ultima volta – per un discorso che non voleva, né avrebbe potuto essere da statista e  all’interno del quale era assolutamente necessario che prevalessero segnali di discontinuità, visto il quadro pressoché immutato dei sostegni, dei detrattori e dei mugugni nonché la ferma volontà di parlare agli elettori piuttosto che agli eletti.

Irrituale Così, le mani in tasca su giacca sbottonata hanno sortito l’effetto come i  toni e le sfide. Poi una lista della spesa non  corredata da adeguate coperture. I capitoli sono quelli giusti, i modi energici avvincenti.Infine la madre di tutte le uscite,quella che lo consacra leader nel momento in cui  assume su se stesso  il peso e la responsabilità di eventuali errori. Parla a braccio – un inedito –  festeggiato dai sostenitori della Spontaneità e severamente redarguito da preoccupatissimi spin e ghostwriter di professione.Il resto è tutto un Tripudio di Controtendenza.

 

Fiducia a Monte Incassata la Fiducia,a Madama, il giorno dopo si replica a Montecitorio dove l’atmosfera è meno ingessata e i cittadini eletti nelle Stelle più stile avanspettacolo.Ex si ritrovano e si abbracciano come vecchi compagni d’arme e mentre il PD fa la sua parte esprimendo perplessità ed evocando negl’interventi disciplina di partito, future verifiche e voti popolari,lui – il Renzi – intorta Di Maio con alcuni disponibili biglietti.Subito pubblicati.(sicut erat in votis, come diceva quello).Anche qui è andata.

 

 Après moi le déluge Matteo Renzi e la sua compagine hanno ovviamente diritto alla prova dei fatti e l’esageratissimo clima da ultima spiaggia ben si adatta ad uno cui,va detto, riescono le imprese d’incarnare il futuro e di far sentire vecchia e inadeguata ogni cosa riguardante la politica come l’abbiamo conosciuta fin qui.Trattasi ovviamente di suggestioni, ma tant’è: il ragazzo ha utilizzato i brillanti risultati delle Primarie che lo hanno eletto segretario per farsi premier.Con l’assenso di gran parte della minoranza del Partito.Uno stravolgimento bello e buono, vissuto con proteste troppo flebili per essere efficaci.Una discreta abilità gli va riconosciuta.

Ora però non si tratta di andare a chiedere la fiducia senza il grafico, la bacchetta e il foglio excell – nessun presidente del consiglio lo ha mai fatto, in analoghe circostanze – né di moderare  toni – troppo presto ci siamo dimenticati di Ghino di Tacco o di Berlusconi – o  atteggiamenti che in un personaggio come il suo funzionano ma, esaurite le pratiche scontatamente demagogiche dei discorsi ufficiali, di onorare le promesse spiegando ogni singolo passaggio e stavolta sì, munirsi di slides.Perché dopo di lui non c’è di sicuro il diluvio ma qualcosa che gli assomiglia molto.

 

 

Foto Ansa dal Corriere.it 

Schiarite

Schiarite


Mentre Prodi blinda la Commissione d’Inchiesta sul G8  e rimanda comunque all’Aula la decisione, emergono posizioni a dir poco strabilianti della dissidenza interna all’Unione :
Se nel testo della commissione vi sarà una più chiara e netta definizione del campo d’intervento, limitatamente alle sole responsabilità politiche e amministrative con una tassativa esclusione di quelle penali, siamo pronti a dare il via libera. Lui è Boselli, preoccupato delle chine che avrebbero potuto prendere le indagini, al punto da far mancare al voto due esponenti della Rosa nel Pugno  ma al quale non dovrebbe sfuggire che fra inchiesta della magistratura, che mira all’accertamento di  Responsabilità Personali, e Commissione di Inchiesta Parlamentare che invece, per l’appunto, si preoccupa di Responsabilità Politiche, c’è una sostanziale differenza.Per esser chiari, mentre la magistratura indaga e accerta sul comportamento dei singoli appartenenti delle forze dell’ordine o dei dimostranti,  la Commissione dovrebbe,tanto per dirne una ,  interrogarsi sulla presenza di Gianfranco Fini nella Centrale Operativa di Genova . Impedire lo svolgimento delle indagini significa evitare che si accertino eventuali responsabilità dell’allora governo nei disordini di Genova.Che c’entra in tutto questo l’onorabilità delle forze dell’Ordine? E che cosa hanno da vantarsi tanto Mastella e Di Pietro? 

Il peso specifico della parola

Il peso specifico della parola

E voi dov’eravate.Cinque pagine sul numero dell’Espresso di questa settimana,dense di fatti, riferimenti e considerazioni .Roberto Saviano è così,fai fatica a seguirlo,devi corrergli dietro.Lo stile è appuntito,preciso eppure ridonda di particolari.Pare sempre che abbia fretta di mettere dentro i suoi scritti quanto più possibile di tutto quello che sa,che ha visto e che pensa.Forse più che fretta assomiglia ad ansia, la sua capacità di raccontare.

Su quel che dice si è discusso abbastanza: se sia o meno documentato, se la sua analisi delle cose sia corretta,se non abbia dimenticato questo o quell’altro particolare,se non si sia inventato addirittura tutto per diventare ricco, famoso, scortato e immortalato sulle copertine dei giornali tra vicoli ,panni stesi e condizionatori.E’ interessante seguire il filo logico dei detrattori o anche più semplicemente di chi vorrebbe ridimensionare la portata dei discorsi che ,va detto,è enorme e coinvolge settori della politica e dell’economia. A me sembra invece di poter coltivare qualche certezza che mi è data sicuramente dalla lucidità e dal costante “far tornare i conti” su tutto quel che esprime ma anche dalla volontà di rivendicare alla sua scrittura i connotati della denunzia e dell’impegno civile.

La cosa che genera scandalo è che uno scrittore, il mestiere considerato più innocuo e incapace di poter avere alcun tipo di forza sulla realtà, possa d’improvviso divenire responsabile di una luce che prima era sbiadita e sbilenca, di uno sguardo infame che spiffera ciò che si vuole celato, che urla quello che è sussurrato, che traduce in sintassi e insuffla vita a quello che prima era disperso in frasi frammentarie di cronaca e sentenze giudiziarie. La vita o la si vive o la si scrive, diceva Pirandello, eppure ci sono momenti in cui la vita, la si scrive per mutarla. Ciò che mi è capitato in questi giorni ha generato apprensione e scandalo, ma in realtà non per quello che è accaduto – dalle mie parti ciò che mi è accaduto capita a moltissime persone, quotidianamente e per molto meno – ma perché è accaduto a uno scrittore. Per uno scrittore il modo per innestarsi nel reale è raccontarlo. È uno scrittore che può congetturare, immaginare ciò che non vede. La sua immaginazione e la sua congettura però non seguono l’arbitrio della licenza poetica, ma sono strumenti necessari per avvicinarsi ancora più al vero in ciò che osserva: oltre ai nomi, ai documenti, alle sentenze, alle intercettazioni, ai fatti rispettati e ripresi.

Già…con tutta quella capacità narrativa e quel bel consenso editoriale e mediatico  perchè mai Roberto Saviano,non s’è dedicato al romanzo?Perchè non ha preso uno come Lovigino Giuliano e cambiandogli semplicemente nome e connotati,non ne ha realizzato,come merita un personaggio del genere, una potente figura di eroe (e poeta) negativo?Sai che goduria per il talento, potersi cimentare spaziando con la fantasia, sai che riconoscimenti e che premi, per aver saputo irradiare intorno all’archetipo del boss ma anche delle ambientazioni, ancora un po’ di luce,di ambiguità, di sana contraffazione culturale.Come sarebbero suonate più tranquillizzanti per Saviano e per gli altri le parole che stanno in fondo ai romanzi e ai film che si rispettano ” I fatti i luoghi e i personaggi di questo romanzo sono immaginari.Qualunque riferimento a fatti personaggi e luoghi realmente esistenti è puramente casuale”.

Niente da fare,Saviano non ne vuol sapere di essere innocuo perchè nulla è statico,delimitato,univoco nel mondo e nel tempo in cui si trova Napoli e allora  anche l’utilizzo dei linguaggi oltrechè le analisi di maniera ci allontanano dalla realtà.Figuriamoci la letteratura che della realtà è l’imitazione.Il ricorso a vocaboli come plebe lazzari subculture,il tentativo di far passare quel che succede oggi come l’esito della sconfitta dei giacobini nel 1799 fanno parte di quella vasta gamma di interpretazioni abusate,di comodo,chiunque se ne sia allontanato è stato lasciato solo.

A me invece sembra così giovane ,piena di promesse e condivisibile questa caparbietà di andare oltre il “tutto è finito” attraverso la scrittura che è racconto delle cose come stanno,come le si vedono :

Avere una parte, essere in grado di capire ancora che natura ha un paese, in che condizioni si trova, come avvicinarlo con uno sguardo che voglia vedere, vedere per capire, per comprendere e per raccontare. Prima che sia troppo tardi, prima che tutto torni ad essere considerato normale e fisiologico, prima che non ci si accorga più di niente.

 

Scuola scuola scuola

Scuola scuola scuola

In meno di due giorni la scuola viene invocata (Scuola Scuola Scuola) da Umberto Galimberti e Giuseppe Fioroni entrambi su “Repubblica”,per l’episodio infelice del ragazzo molestato,picchiato,in classe sotto gli occhi indifferenti dei compagni e dell’insegnante e perchè, avendo qualcuno immancabilmente filmato e immesso in Rete la prodezza,ognuno cliccando ha potuto farsi un’idea di come venga accolto benevolmente un giovane, con problemi di vista e udito,in certe scuole.Doppia problematica dunque al vaglio di ministro e insigne professore : c’è chi mena, chi le piglia,chi immortala e molti stanno a guardare,vicini e lontani che siano.

Dice Galimberti “i compiti che vengono affidati agl’insegnanti sono molti ma prima ancora di insegnare l’educazione civica impartita per avviare al rispetto delle leggi,la scuola dovrebbe indagare se i fondamentali della natura umana sono ancora presenti e attivi nei ragazzi che ogni giorno vanno a scuola e poi una volta a casa accendono il computer per identificarsi con l’aggressività malsana che fraintende la crudeltà con la forza e l’affermazione della propria identità con l’accanimento fisico sul più debole e il più indifeso.

Scuola Scuola Scuola, conferma il giorno dopo Giuseppe  Fioroni, “faremo la nostra parte” anche se poi  i ragazzi  a scuola stanno poche ore e per il resto sono ostaggio dei videofonini,televisione e videogiochi, che  vanificano lo sforzo degl’insegnanti, come svuotare il mare col cucchiaio.Morale : tutta la società dev’essere coinvolta.”Il processo educativo ha bisogno di tanti attori e con questa sproporzione di forze l’azione educativa della scuola, per quanto appassionata e incisiva rischia di essere insufficiente” 

Passa un altro giorno e un ulteriore episodio torna a occupare le cronache.Una professoressa è indagata per violenza sessuale aggravata e corruzione di minore ai danni di alcuni suoi alunni.Una storia da appurare ma , vera o falsa che sia,  egualmente preoccupante, intanto per gli aspetti al contorno : ,la scuola media di un piccolo centro, (quindi un centinaio, forse più, di ragazzini dai 10 ai 13-14 anni) sbattuta in prima pagina.Il preside che per difendersi non trova altro che sventolare i programmi di educazione sessuale svolti  tesi a dimostrare la tesi che “senza affettività non c’è sessualità”(bah).L’equipe psicologica il cui lavoro però non impedisce ai ragazzi interessati alle presunte vittime,di andarsene in giro per il paese a raccontare la propria versione o a rilasciare interviste.Domani, c’è da giurarci,avremo anche i commenti di scandalizzate famiglie e dopodomani l’Indagata, di spalle e con voce contraffatta andrà a difendersi in televisione, badando bene di scegliere il contenitore domenicale che più le giova all’ora di massimo ascolto.

I giornali del resto riportano già  di uno spaesamento della donna che insegnava matematica in copresenza,cioè insieme ad una collega “per non lasciarla in balia di alunni scalmanati” spiega il preside – o di lamentele  di parenti degli alunni per i di lei atteggiamenti con i ragazzi,eccessivamente complici,pare. 

Tutto concorre a configurare un quadro secondo il quale questo guaio dovesse essere in lista d’attesa.Doveva proprio succedere il peggio perché si decidesse di porre rimedio al disastro?La scuola dell’obbligo che boccia per ben due volte un ragazzo,(la presunta vittima) non dovrebbe essere di per sè allertata intorno ai problemi dell’apprendimento e oltre ?

E una volta scoppiata la bomba,in questa piccola comunità della civile Lombardia,c’è qualche autorità, sindaco, preside sacerdote o  usciere che si preoccupi, oltre che di comparire in televisione,di proteggere  i minori, quelli direttamente interessati  ma anche gli altri, dagli assalti della stampa,dalle domande imbarazzanti, da un’esposizione mediatica che le loro giovani età non sono pronte a sopportare?

Scuola Scuola Scuola …ma sono poi tanto sicuri Fioroni e Galimberti che qualcuno risponderà all’appello?Certo la scuola non è tutta così e  di sicuro ci sono tanti insegnanti e dirigenti scolastici che cercano di fare il proprio dovere ma nonostante ciò,siamo proprio sicuri di poter affidare a questa scuola missioni salvifiche che vanno dall’insegnamento del rispetto della legalità,del valore positivo della solidarietà,della tolleranza,del rispetto? E come,con quali risorse , visto lo sfracello, intenderemmo fosse svolto  questo insegnamento?E soprattutto da chi?

Istituzioni di tavoli,apertura di portali , intensificazione di letture dantesche,visite ai musei e scambi culturali con l’Africa nera?Basta il programma di “educazione sessuale” per impedire l’inverarsi di episodi come quelli descritti?

Se manca una scuola pubblica di qualità  non c’è problema che possa essere risolto.Ovvero come dice Domenico Starnone La scuola ha bisogno di essere ripensata a partire da quello che accade nelle classi, dietro la porta chiusa, e fin su in cima al ministero; e allora non bisogna gridare scuola scuola scuola e prendersela coi videotelefonini e istituire tavoli, ma fare, fare, fare, bene e subito. A meno che non si creda che i mali stranoti dell’istituzione si curino con i buoni propositi e le invocazioni rituali.

Repubblica 12 novembre 2006  Botte al Down ,spopola il video di Umberto Galimberti

Repubblica 13 novembre 2006  Un fronte comune contro la violenza di Giuseppe Fioroni

Il Manifesto 15 novembre Non nominate la scuola invano di Domenico Sta

Invisibile

Invisibile

Produzione di opinioni a mezzo di opinioni: sappiamo bene che l’informazione e la comunicazione oggi funzionano così, e che il gigantesco dispositivo massmediale che comanda la nostra percezione del presente, a onta della moltiplicazione di fonti, notizie e commenti che continuamente produce, finisce paradossalmente col fornire pochi elementi originali alla comprensione dell’attualità. L’attenzione allo scarto e alla differenza, necessaria al pensiero per individuare i varchi del cambiamento possibile mal si concilia con il dispositivo della ripetizione cui tutto il sistema dei media è improntato. E l’ascolto di soggetti ed esperienze che restano ai margini dell’ordine del discorso dominante,viene anch’esso depotenziato da un sistema della comunicazione che accende e spegne i riflettori sui marginali e gli esclusi a caso, un giorno sì e cinque no, una testimonianza oggi e l’oblio quasi sempre, un’apparizione in tv a piccolo risarcimento dell’assenza destinata dal mercato economico e politico delle merci e delle idee. Mai la censura è stata così potente come nella società dei media che tutto dice e tutto fa vedere. Mai l’invisibile e l’indicibile di un’epoca sono stati così estesi come nell’epoca della massima visibilità e dicibilità: è questo il paradosso in cui ci troviamo a vivere, che rende insieme più possibile e più arduo decifrare il tempo presente. Non per questo possiamo desistere: è sbagliato cedere alle derive apocalittiche del discorso sui massmedia di cui è costellato il pensiero critico novecentesco; è sulla moltiplicazione, non sulla riduzione dell’informazione e della comunicazione che le strategie di resistenza devono comunque puntare. Significa, quanto alla comprensione del presente, che non dobbiamo mai cessare di interrogarci su quello che vediamo e su come ce lo fanno vedere e lo vediamo, ma anche su quello che non vediamo perché nessuno ce lo fa vedere. Su quello – sempre più – che è consentito dire, e su quello che non è consentito dire e resta censurato; e ancor più, su quello che non serve censurare perché proprio il regime della dicibilità di tutto rende tutto equivalente e privo di senso. Che cosa non abbiamo visto di un evento mediatico per eccellenza come l’11 settembre? Quali invisibili pratiche di sopravvivenza quotidiana rendono possibile la vita in quei lembi di terra  di cui vediamo solo immagini di morte e distruzione? Che cosa accade in questo momento in quel pianeta dimenticato dal dio televisivo che è il continente africano? Che cosa va perduto di ciascuna esperienza e di ciascuna differenza nel gigantesco dispositivo della traduzione linguistica che consente la comunicazione globale? Quante pratiche di resistenza al potere riesce a nascondere e a depotenziare il potere? Sono domande che dovremmo prendere l’abitudine di farci ogni volta che sfogliamo un giornale o guardiamo un tg. E la patinata impaginazione del presente che ogni mezz’ora viene approntata per ricondurlo forzosamente nelle compatibilità dell’ordine del discorso ci apparirebbe subito per com’è, piena di buchi e di strappi e di paradossi, altrettanti varchi in cui infilarsi per sovvertirlo o, quantomeno, ostacolarne l’onnipotente pretesa.