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Categoria: Cannes 2010

Someone reminded me I once said “Greed is good”……

Someone reminded me I once said “Greed is good”……

….Now it seems it’s legal. Because everyone is drinking the same Kool Aid.


Parole sante. Secco e lapidario, quantunque un po’ sgualcito – il tempo, l’età, la detenzione –  Gekko is back ( e con lui  il miglior Oliver Stone).

Abbandonato il  corredo da squalo –  capelli incollati, bretelle, aria rapace e citazioni pronta cassa da Sun tzu –  che tanto impressionò i rampanti – dai tycoons ai rappresentanti di penne a sfera – degli 80th, è deciso a rifarsi una reputazione.

Tempo per riflettere non gli è mancato ma che son passati gli anni lo si vede da quanto sembrano obsoleti e vetusti gli oggetti  che gli vengono restituiti al momento della scarcerazione. Senza considerare il fatto che fuori di prigione, ad aspettarlo, non c’è nemmeno un cane.


Ventitrè anni dopo la sua prima apparizione cinematografica, ogni profezia contenuta in Wall Street si è avverata ma c’è di più : Si è capito – ove mai ce ne fosse stato bisogno – che il Sistema è inemendabile, non solo perchè esiziale e riprovevole dal punto di vista morale ma perchè ontologicamente distruttivo, fallimentare.


Greed dunque – il motore che sospinge  il mondo dell’ Alta Finanza –  lungi dall’essere good o dal contenere the essence of the evolutionary spirit, è piuttosto un’arma di distruzione di massa. Ineluttabilmente. Penultimi ed ultimi episodi, insegnano.

Per vedere qui da noi il Gordon Gekko parzialmente redento, dovremo aspettare il mese di ottobre. Nell’attesa, basterà sapere che questo ultimo lavoro di Oliver Stone fatto di immagini mozzafiato –  un film per chi ama New York – sostenuto da recitazione impeccabile di tutti gli attori – fantastico Eli Wallach in seppur breve apparizione – è tra i migliori, prodotti in America negli ultimi anni.


E pazienza se nel recupero, da parte di Gekko,  degli affetti, dei valori della famiglia etcetcetc,  la narrazione un po’ sbanda.Roba di poco conto, rispetto all’impegno, riuscito, di raccontare come stanno – e presumibilmente che piega prenderanno – le cose.



Wall Street : Money never sleeps è  un film di Oliver Stone. Con Michael Douglas, Shia LaBeouf, Carey Mulligan, Susan Sarandon, Frank Langella Josh Brolin, Charlie Sheen, Vanessa Ferlito, Natalie Morales, Julianne Michelle, John Bedford Lloyd, Keith Middlebrook, Chuck Pfeiffer, Madison Mason, Nouriel Roubini, Michelle DiBenedetti, Juan Pablo Veizaga Drammatico, durata 125 min. – USA 2010. – 20th Century Fox


Il giovane Oliveira

Il giovane Oliveira

Due anni fa,  in occasione del suo centesimo compleanno,  a Manoel De Olivera, fuori concorso a Venezia col suo bellissimo ed emblematico  corto Do visivel ao Invisivel, fu regalata pellicola in quantità sufficiente per realizzare un nuovo film. Con l’augurio – preghiera  che fosse  un lungometraggio.


 

Sarebbe logico pensare che questo suo O estranho caso de Angelica sia stato girato con quella pellicola ma non è affatto detto, visto che  nel 2009 a Berlino, De Oliveira ha partecipato con un ulteriore lavoro, adattando una storia di Eça de Queiroz, Singularidades de uma Rapariga Loura .  Tanto per dire  quanto il suo imprevedibile talento abbia continua esigenza di esprimersi.



Così il film che ha inaugurato  la sezione Un certain regard, tutto sembra fuori che l’opera di un uomo di 102 anni. Apparentemente incentrato su di un’ impossibile ossessione amorosa –  ad un giovane fotografo viene commissionato l’ultimo ritratto di Angelica, una ragazza morta poco dopo le nozze, della quale disperatamente s’innamora – il film diviene il pretesto per il racconto di un mondo in trasformazione. La foto della ragazza viene appesa ad asciugare davanti alla finestra assieme a quelle dei contadini del Douro che stanno lavorando la terra con metodi tradizionali : un contrasto forte e stridente  che richiama l’idea dell’ inevitabile morte di un’epoca.


Il film è stato scritto cinquant’anni fa ma non manca, tra interrogativi metafisici e religiosi, vol de nuit del giovane abbracciato al fantasma, e musiche di Chopin, di  forti riferimenti all’attualità, vedi scene con non casuali conversazioni sulla crisi economica che flagella il Portogallo. Non so se riusciremo a vedere questo film magari in sale sperdute e in via d’estinzione. In attesa riporto l’invito apparso ieri  anche su Libération  a festeggiare il giovane Oliveira con il più modaiolo degli eventi. Chi si trovasse a passare…


 Pour fêter ses 102 printemps et sa présence à Cannes dans la sélection Un certain regard avec L’Etrange Affaire Angélica, Manoel de Oliveira organiserait un apéro-porto Facebook ce samedi devant la mairie de Cannes. Degré de pertinence 40% (on the rocks).







Lo strano caso di Angelica è un film di Manoel de Oliveira del 2010, con Pilar López de Ayala, Ricardo Trepa. Prodotto in Portogallo.

…E così cominciò la leggenda

…E così cominciò la leggenda

Siccome non sono più le inaugurazioni di una volta – si vabbè,  certa  stampa francese non ce ne ha risparmiata nemmeno una ….e quando c’era BB e quando c’era Vadim e quando Visconti disse .. e quando  i soldi erano di meno ma la raffinatezza era di più , e i barbecue improvvisati e gli abiti a fiori delle dive…  –   Russel e Cate  si sono inerpicati sulla montée, un paio d’ore dopo  l’inizio del primo spettacolo nei migliori  cinema del pianeta, almeno quelli con lo stesso fuso orario della Croisette.


Dunque niente anteprima mondiale, classicamente intesa,  per Robert Longstride che cinematograficamente incontriamo  quand’è un semplice arciere dell’armata di Riccardo cuor di Leone di ritorno dalla terza crociata. Da qui infatti parte l’avventura che si concluderà nel punto esatto  in cui normalmente comincia per la pletora di film dedicati al mito del principe dei ladri. Chi dice trenta, chi quaranta. ( Cartoni musical e parodie comprese )


Altra storia. E non solo per una questione di scelte cronologiche – e tutti pronti a scommettere che la premiata ditta Crowe- Scott abbia già in mente il sequel – ma perchè per avere la misura dei numerosi pregi di questo Kolossal d’autore è bastato soffermarsi per un attimo a scrutare la platea.


Nell’arco di due ore e mezzo di proiezione –  che non son poche – non un soffio è circolato tra le poltrone : silenzio perfetto,  neanche quando il sangue e l’olio bollente hanno irrorato la scena, neanche quando efferatezze medievistiche si sono consumate sotto i nostri occhi,  nemmeno quando le bandiere coi gigli di Francia sono affondate assieme alla protervia espansionistica di  Filippo – con avvertenza che trattasi di film antifrancese fin nel midollo, non si registrano Grandi Offesi tra le autorità del paese ospite –


Ergo, siamo nel segno del Grande Cinema che esibisce inquadrature di suprema eleganza, colori tenui tendenti al mortaccino, movimenti di macchina in sintonia, attori perfezionisti e secchioni, memorable quotes  da stampare su t shirt, come fu del Gladiatore – al mio segnale scatenate l’inferno sarà probabilmente soppiantata da Ribellarsi e ribellarsi ancora finchè gli agnelli non diventino leoni –


L’armamentario insomma c’è tutto ma pur non mancando di elementi convenzionali per la definizione del contesto, Scott  non rinunzia ad una lettura distante dallo stereotipo cinematografico. Questo Robin resta un personaggio di fantasia ma tutto quello che si muove intorno a lui è realmente accaduto e viene raccontato con un certo rigore


Niente competizione per Scott, Crowe – bello bravo e sexy – e Blanchette ma il compito – perfettamente assolto – di aprire col massimo del glamour, le ostilità cannensi.



 Robin Hood è un film di Ridley Scott del 2010, con Russell Crowe, Cate Blanchett, Matthew MacFadyen, Mark Strong, Kevin Durand, Danny Huston, William Hurt, Rhys Ifans, Eileen Atkins, Oscar Isaac. Prodotto in USA. Durata: 138 minuti. Distribuito in Italia da Universal Pictures .







En attendant ….(surtout Godard)

En attendant ….(surtout Godard)

Versione minimal – no look, no make up  e per giunta scalza, au temps des aiguilles, Juliette Binoche  traccia  innanzi a sè una scritta   luminescente : Cannes.


E’ l’affiche del festival 2010,  una creazione di Annick Durban fotografata da Brigitte Lacombe.


All’improvvisata writer Binoche – peraltro in concorso con un film di Kiarostami, Copia conforme, dunque, il compito di incarnare lo spirito dell’edizione numero 63 già variamente bollata come poco azzardosa, austera ,senza sorprese, d’autore e via dicendo.


Vedremo.


Intanto Jean Luc Godard ha sparso per la Rete promettenti trailers dal suo ultimo Film socialisme, in programma nella sezione Un Certain Regard che ques’anno esibisce talenti del calibro di Manoel de Oliveira con O estranho caso de Angélica, di Oliver Schmitz con Life Above all, insieme ad esponenti  del nuovo cinema rumeno e coreano.


 Vedremo ancora, nei sequel di due film epocali, che fine hanno fatto Gekko e il colonnello Kotov, uno uscito di galera, alle prese con il collasso di un sistema che ha contribuito a costruire e l’altro, redivivo e combattente contro i nazisti in un’ epopea senza eroismi che al Cremlino, la sera della Prima, ha fatto incazzare tutti, gerarchi, giornalisti, intellettuali e cineasti. Buon segno.


 

Poi arriveranno i Nostri a ribadire che nonostante il disprezzo per la cultura e l’incuria del Governo, il cinema italiano c’è . E sono presenze significative : Luchetti, Guzzanti, Frammartino, quest’ultimo alla Quinzaine con Le Quattro volte, particolarmente apprezzato dal nuovo curatore della rassegna Frédéric Boyer.


Non vedremo invece – perdendo molto –  Terrence Malick, ne’ Julian Schnabel, ne’ Sofia Coppola  – Venezia si affretti – ne’ Roman Polanski e Jafar Panahi, entrambi reclusi.


Non vedremo nemmeno il ministro Bondi. Si fa presto a dire e chissenefrega o ce ne faremo una ragione. Fuor di battuta, Cannes è l’appuntamento più importante al mondo, per la Cultura Cinematografica ma anche per il Mercato. Disertare una simile manifestazione perchè non si condividono le scelte artistiche o le idee di certi autori, significa rendere un cattivo servizio alla possibilità che i nostri film abbiano anche un buon riscontro  economico. Difendere i nostri interessi è un dovere per chi governa, particolarmente in momenti di crisi.


La conclusione – ma solo per il momento –  alle parole di Thierry Frémaux che annuncia Tim Burton, presidente della Giuria e all’ invidia di chi scrive, per sentir parlare di futuro  e di cinema in questi termini :


En demandant à ce cinéaste visionnaire – Tim Burton – de nous accompagner en 2010, Gilles Jacob et moi-même souhaitions aussi réaffirmer symboliquement notre volonté de continuer d’encourager l’avenir. L’avenir du Festival, en étant sans cesse à l’affut de ce qui s’invente et, sans céder au vertige des images et des nouvelles technologies, en sachant discerner les innovations qui serviront son identité pour le faire évoluer harmonieusement entre création et industrie.

L’avenir du cinéma aussi et surtout. La production se porte bien, chaque année le nombre de films qui nous arrive augmente. Au cœur de cette croissance, de cette diversité, il nous faut être attentif à préserver notre sensibilité pour ce qui naît, ce qui bouge, ce qui promet, partout dans le monde.
Tim Burton, à mi chemin entre le cinéma d’auteur, le cinéma populaire et le cinéma de genre, a su trouver sa place sur la carte cinématographique. Ce sont tous ces aspects qui, nous l’espérons, composeront le relief de la Sélection 2010 afin que les artistes, les professionnels, les journalistes et les cinéphiles qui font le Festival gardent intacts leur envie de découverte et leur désir pour, comme l’a si joliment dit notre Président du jury, les « films qui frappent à la porte de nos rêves ».