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Categoria: Palazzi di Giustizia

Disobbedire (ma anche no)

Disobbedire (ma anche no)

La disobbedienza civile, ovvero la  consapevole e plateale violazione di una norma  di  legge considerata iniqua e che viene messa in atto in modo da provocare le sanzioni afferenti, è un fondamento di libertà oltre che un momento di lotta politica.

La comandante Rackete, con il  rifiuto di ottemperare ai divieti, ha inteso mettere in salvo persone che si trovavano in stato di assoluta necessità e pericolo. Persone che peraltro erano sotto la sua diretta responsabilità. Per tutti gli amanti della legge è legge ricordo che Carola Rackete non ha dalla sua solo gesti vistosi di disobbedienza sbruffoncella (così parlò un ministro, roba che persino il correttore si ribella)  ma norme di Diritto Costituzionale, Internazionale e di Diritto del suo paese.  Starà alla magistratura valutare eventuali responsabilità penali a carico della comandante e dell’equipaggio della nave, ma si presume che anche nel caso di  eventuali comportamenti illeciti,  sia comunque riconosciuta la scriminante dello stato di necessità (art. 54 c.p.) o dell’aver commesso il fatto in adempimento di un dovere (art. 51 c.p.). 

Ma… al di là di quel bel po’ di legalese che la vicenda mette in campo, resta lo sconcio di quelle cinquanta persone sballottate in mare a scopi propagandistici, il disprezzo, quando non l’irrisione, per le loro sofferenze passate e presenti. E questo nessuna Corte di Giustizia potrà sanzionare a soddisfazione dei cittadini di buona volontà.

(Nella foto Carola Rackete scende dalla Sea Watch, frame da video Ansa)

Qualunque cosa significhi famiglia

Qualunque cosa significhi famiglia

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(Una coppia è una coppia).Non ci sono differenze né graduatorie in merito ad esigenze di tutela o di cura nella famiglia formata da Giorgio e Ugo, Giovanna e Giuseppina, Mario e Maria.Non ci sono nelle coppie omosessuali dinamiche così straordinarie o curiose (anche la noia, incredibilmente,è la stessa)  da impensierire il legislatore meticoloso.

 

(Un figlio, comunque generato, è un figlio) : ha bisogno di figure genitoriali  cure, amore, rassicurazioni,asili, scuole palestre e piscine. Maternità e paternità  sono fatti sociali.

 

E in qualunque lingua vogliamo chiamare l’istituto che renderebbe, a tutti gli effetti,
 un figlio, figlio del  genitore non biologico, l’iter di adozione non può conoscere ostacoli  dati da sentimenti fobici o da idiosincrasie per presunti incoraggiamenti di surroghe materne gratis o a pagamento.L’unica ricaduta dell’assenza di  regolazione è il caos e l’unica surroga da evitare accuratamente e che le Corti, in mancanza di indicazioni precise, sostituiscano il legislatore.

 

(Un diritto è un diritto ) Hanno ragione i detrattori della Legge Cirinnà a sentirsi circondati,  in qualche misura lo sono davvero ma questa considerazione che nasce – pensa te – da Elton John,prosegue con Nicole Kidman e approda a traveggole senatoriali  di baci tra uomini in Tribuna, piuttosto che sollecitare suggestioni  omofobiche, dovrebbe suggerire letture più razionali. Ovvero che le numerose presenze percepite come inquietanti o minacciose, altro non sono se non l’indizio sicuro di una mutazione degli assetti  cui il legislatore non può sottrarsi pena veder svilito la propria fondamentale missione di accompagnare i cambiamenti con opportune misure.Tenendo conto che il riconoscimento di un diritto non riguarda solo l’esistenza di chi ne usufruisce ma reca benefici all’intera società.

Cinquecento ( mal contati probabilmente) ragazzini aspettano di veder riconosciuto un diritto elementare.E noi,qualunque cosa significhi famiglia, aspettiamo insieme a loro che la società in cui viviamo diventi più attenta.E più giusta.

 

 

Nell’illustrazione Eros Ramazzotti sventola nastri arcobaleno a Sanremo 2016 (data la vastità della platea e il bisogno che si ha di parlare alle persone) un’iniziativa lodevole

 

 

Trent’anni dopo

Trent’anni dopo

Trent’anni ci sono voluti per approvare, per ora solo alla Camera, un testo di legge che, in ottemperanza a quanto stabilito dall’ONU e dalla Convenzione Europea, condannasse  ogni metodo di coercizione fisica o psicologica messo in atto a scopo punitivo o per estorcere informazioni confessioni o per ottenere prove e che definisse  col nome di tortura questo insieme di comportamenti.

Complice un’Opinione Pubblica che, nella migliore delle ipotesi,  s’indigna a tempo determinato  e solo sull’emergenza, i governi – eccettuato Prodi nel 2007 –  hanno avuto agio di procrastinare l’approvazione di una legge necessaria, in assenza della quale le parti lese sono state costrette al  ricorso alla Corte di Strasburgo.Così è stato per i cittadini malmenati e feriti all’interno della scuola Diaz  nel luglio 2001 : tre procedimenti di cui uno solo andato a sentenza. E la sentenza non poteva essere che di condanna al nostro paese.

Trent’anni dunque per arrivare al testo di legge che porta le firme di Manconi, Puppato, Pinotti ed altri e che rispetto all’originaria stesura ha subito  tali modifiche da presentare più di un  elemento di criticità.

La tortura da reato proprio ovvero tipico del pubblico ufficiale, è diventata reato comune ,ciò significa che se da una parte si allarga il campo di applicazione con aggravanti se l’autore indossa la divisa, dall’altra viene  meno, in parte, lo spirito suggerito dalla Convenzione che è quella di specifica tutela dalla violenza del Potere.

E anche se, a ben vedere, una simile formulazione avrebbe egualmente trovato campo di applicazione ai fatti della Diaz, un testo più piano sarebbe stato accolto con meno perplessità.

Ma siamo alle solite : emendare oggi questo disegno significherebbe rinunciare per molto altro tempo ad avere una legge, ergo: buon senso impone di votarla com’è in attesa di tempi migliori.Verrebbe da tirare un respiro di sollievo ma resta il disappunto e l’amarezza per il ritardo e per le circostanze che rendono la nostre formulazioni tecniche sempre meno all’altezza dei nostri stessi standard storici.

 

Chiodo fisso & Benaltrismo

Chiodo fisso & Benaltrismo

 

 In principio – ovvero nel 2006 –  furono evocazioni catastrofiche d’impunità : processo Eternit, parricidi, matricidi, stragisti, colletti bianchi (n 66), mafiosi, politici,  delinquenti della peggior fatta rimessi in libertà a minare la sicurezza d’inermi cittadini, più il front men di quella straordinaria tornata giustizialista : Cesare Previti e le di lui prigioni, peraltro domiciliari .

 

Andò come sappiamo: il processo Eternit si celebrò con condanne esemplari,la recidiva non superò la media abituale, mentre il condannato di punta fu affidato ai servizi sociali,con gran soddisfazione,sembra, e vantaggio dei medesimi.

 A margine del gran dibattito che si scatenò, fu altresì impiegato da parte degli oppositori  un discreto bagaglio di  Benaltro –  concernente questioni quali l’edilizia carceraria,la riforma del codice penale,la certezza della pena, la depenalizzazione dei reati minori, la revisione della Cirielli  e il sol dell’avvenir –  che avrebbe dovuto sopperire ad un’emergenza carceraria pari a quella odierna, in luogo dell’odiato indulto.I tempi non sarebbero stati rapidi ma tant’è: l’importante era, è, sarà  assicurare i colpevoli alla giustizia, poco importa se con supplementi di pena quali le condizioni vergognose delle nostre carceri.

A ben vedere, i fautori  della giustizia rigorosa che più rigorosa non si può, col chiodo fisso dell’onestà – ultimissima trovata – ne sottacevano,allora come ora, una visione che tra sostanzialismo e populismo nascondeva finalità politiche che col perseguimento dei reati aveva poco a che vedere. Inutile rinnovare l’elenco delle forze a destra e a sinistra che si dichiararono contrarie all’indulto.

 

 

Quanto all’oggi e al messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica, la situazione non appare granché differente, salvo l’aggravio della presenza di Silvio Berlusconi tra le fila dei condannati  come probabile fruitore –  in quanto corruttore,evasore,frodatore fiscale con condanna definitiva,corruttore e istigatore alla prostituzione minorile in attesa di appello ed eventuale  acquirente di senatori e deputati  – di possibili provvedimenti di clemenza.Non starò qui ad evidenziare quanto sia fantasiosa l’ipotesi di un’ amnistia che metta una pietra sopra a tutto ciò. Piuttosto sembra più interessante osservare come il tirare in ballo Berlusconi come ragione di dissenso appartenga ad una tipologia di subalternità culturale retaggio di epoche per l’appunto berlusconiane che, seppur al tramonto, continuano ad ammorbare l’aria con i loro lasciti cupamente reazionari .

 

E’ possibile che alla fine di tutto di amnistia e indulto non si faccia alcunché per mancanza di numeri  come è altrettanto probabile che i provvedimenti benaltri agitati anche quest’oggi restino lettera morta :  argomenti di rimessa buoni per la prossima occasione.

 

Spiace – e parecchio – per i soliti, gli svantaggiati che  dovranno subirne le conseguenze ma spiace anche per questo Paese che con buona pace delle definizioni  – culla del diritto e scemenze analoghe – ostenta una cultura giuridica di cui vergognarsi.

 

Nell’illustrazione dal sito del Garante dei diritti dei detenuti . Carcere di Regina Coeli

Prognosi delinquenziale

Prognosi delinquenziale

Nel sistema Italia non e’ giusto trattare nello stesso modo incensurati e recidivi, che hanno una prognosi delinquenziale completamente diversa, viene riferito con molto sussiego (e aria soddisfatta, soprattutto per quella prognosi delinquenziale, appannaggio quasi esclusivo   delle aule  e finalmente approdata agli studi televisivi a sostegno dell’Insostenibile).



Senza rovinare la festa al relatore Paniz con l’articolo 3  – sempre quello – o insinuare pulci nell’orecchio sul valore dell’immacolata fedina penale di Al Capone e quella (meno ineccepibile, almeno a sentire  il governo birmano) di Aung San Suu Kyi – prognosi delinquenziali senza dubbio differenti –  ovvero sulle richieste europee di maggior efficienza nell’amministrare la Giustizia – non di smantellarne l’impianto – vale la pena di osservare come, essendo oramai difficoltoso sostenere l’ininfluenza della recente Norma sui processi (soprattutto) Mills, e poi anche Ruby, Mediatrade e  seguenti, alcuni sostenitori di Berlusconi si siano infine risolti a dire la verità.


Chi pensava che la spudoratezza fosse una faccenda che avesse a che fare  col simulacro di Priapo offerto alle ospiti di Arcore in luogo delle entrée, non aveva ancora sentito alcuni affezionati giornalisti televisivi e della carta stampata dichiarare apertamente che a processi contra personam è logico e forse anche lecito, opporre leggi ad personam, come in effetti la norma sul processo breve può considerarsi.


Fumus – e come ti sbagli –  persecutionis  dunque, che attanaglierebbe uno solo,  ma da contrastare regalando all’intero paese un’ammnistia indiscriminata, senza limiti di tempo, né fastidiose contumelie con quella parte dell’opinione pubblica che, meno propensa ai provvedimenti di clemenza, in questi casi puntualmente insorge.


Tralasciamo le sfinenti polemiche, quelle a colpi di urla e boutade ma anche le altre, pazientemente condotte a fil di logica o in punta di Diritto, se questi giorni sono serviti a qualcosa, è a capire, ove mai ce ne fosse ancora bisogno, che Berlusconi non sarà mai processato, né sarà processabile, ergo : è destinato all’impunità, fino alla fine dei suoi giorni.


E non sono i suoi show, la sua abilità nel buttare tutto in barzelletta o quella dei suoi avvocati a piegare o inventare  Norme secondo le più  disparate esigenze a suggerire l’impraticabilità della via giudiziaria. E’ la solerzia delle persone che gli si affannano intorno, mentre corrono a votare o  sostengono, senza una piega, impossibili teorie senza tema di perdere la faccia, tra una ragion di stato rispolverata per occasioni che davvero non meritano e la millantata persecuzione di giudici che vorrebbero solo fare il proprio mestiere e non ci riescono.


Ecco, più questa corte di fedelissimi – altrimenti litigiosa, ricattatoria, organizzata in correnti mentre ordisce trame e  camarille a pranzo o cena, come si conviene ad ogni vera corte, ma pur sempre pronta a ricompattarsi per la salvezza del Capo –  continua a raccontare di persecuzioni, golpe e volontà popolare assolutoria al solo scopo di garantire l’impunità a Silvio Berlusconi, più il convincimento che qualunque sia la prognosi delinquenziale l’imputato deve essere processato, si rafforza. Il contrario rischia di essere davvero troppo, per i cittadini e per questa Repubblica.