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L’élégance du hérisson

L’élégance du hérisson

 

So poco di Muriel Barbery se non che insegna filosofia a Bayeux (patria dell’omonimo arazzo) e che il suo ultimo romanzo L’eleganza del Riccio – L’élégance du hérisson -  ha vinto tutto quello che c’era da vincere in materia di premi letterari francesi e non , venduto cinquecentomila copie e i diritti al Cinema e che tutto ciò le è valso in Francia la definizione di  fenomeno letterario dell’anno. Il suo editore Gallimard,  ha  fasciato il  libro con una striscia di carta rossa, con su scritto  “Le Q.I de la Concierge” E la concierge che si presenta fin da subito come l’archetipo della portinaia, è  la protagonista principale  del racconto. Così esordisce :  Je m’appelle Renée, j’ai cinquante-quatre ans et je suis la concierge du 7 rue de Grenelle, un immeuble bourgeois. Je suis veuve, petite, laide, grassouillette, j’ai des oignons aux pieds et, à en croire certains matins auto-incommodants, une haleine de mammouth. Mais surtout, je suis si conforme à l’image que l’on se fait des concierges qu’il ne viendrait à l’idée de personne que je suis plus lettrée que tous ces riches suffisants. C’è dunque un’ apparenza che inganna e come se non bastasse, un secondo personaggio che pure non la conta giusta : Je m’appelle Paloma, j’ai douze ans, j’habite au 7 rue de Grenelle dans un appartement de riches. Mais depuis très longtemps, je sais que la destination finale, c’est le bocal à poissons, la vacuité et l’ineptie de l’existence adulte. Comment est-ce que je le sais ? Il se trouve que je suis très intelligente. Exceptionnellement intelligente, même. C’est pour ça que j’ai pris ma décision : à la fin de cette année scolaire, le jour de mes treize ans, je me suiciderai. Altre apparenze ingannevoli : un’adolescente superficiale, scioccherella  che in realtà è intelligentissima, molto brillante e ha deciso di suicidarsi  il giorno del suo tredicesimo compleanno. La conciergerie di Renée  è un punto di osservazione privilegiato sull’andirivieni  del condominio fatto di ministri, industriali, banchieri e ricchi borghesi , più  i di loro  servitori , resi in tutto e per tutto simili ai padroni dall’ossessionante passione per la scalata sociale. A tutti questi personaggi dei quali conosceremo via via l’ottusa volgarità, Renée ha deciso di offrire un’immagine di sè quanto più vicina a quella che ognuno si aspetta  e per rendere più credibile il travestimento,  non esita ad abbrutirsi, adotta un linguaggio volutamente  sciatto, pur scandalizzata degli svarioni lessicali dei vari padroni di casa , tiene la televisione accesa tutto il giorno ma segretamente ascolta Mahler , cucina pietanze nauseabonde al solo scopo di inondare l’androne del tipico odore dei portierati. Insomma per niente al mondo rivelerebbe di essere una raffinata intenditrice di cinema giapponese o una studiosa appassionata de  L’ ideologia tedesca di Karl Marx  ma soprattutto per niente al mondo smantellerebbe  quella costruzione dell’ Immaginario  secondo la quale i portieri sono esseri insignificanti, figure di totale ignoranza e assoluta  marginalità . Analogamente si comporta  Paloma, l’adolescente che ostenta stupida mediocrità .Due esistenze clandestine espresse in forma di diario che procedono parallelamente seppur diversificate dai rispettivi linguaggi e da  un espediente  editoriale : nell’edizione francese,  a seconda che si tratti del racconto dell’una o dell’altra, i caratteri sono diversi , in quella  italiana oltre a questo, il personaggio di Paloma è affidato alle cure di una traduttrice – Emanuelle Caillat – e quello di Renée a un’altra, Cinzia Poli. Alla fine ogni segreto sarà svelato grazie all’irruzione sulla scena  di un ricco giapponese Monsieur Ozu, l’unico che alla luce di sensibilità e cultura tutte orientali, saprà entrare in relazione con Renée  e capire ciò che ad altri è sfuggito per indifferenza e superficialità.Così  Paloma, abbandonati  i propositi suicidi potrà annotare nel suo diario : Madame Michel ha l’eleganza del riccio fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti. Bel ritmo nella versione francese, appena meno in quella italiana. Ironia e disincanto, colte citazioni e rappel  in quantità, per quel tanto di indispensabile snobismo dotato  di solido retroterra.Niente di eccessivo, stonato o saccente. Interessante ed allusiva un’altra scoperta : al numero 7 di via de Grenelle a Parigi non c’è un condominio di lusso ma la boutique Prada.

L’eleganza del Riccio è un libro di Muriel Barbery edito in Italia da e/o

L’élégance du hérisson in Francia è invece edito da Gallimard

 

Quel monumento in blu

Quel monumento in blu

ingegnere 2212009720_deb5d4cbefNon ho la vignetta che è di qualche tempo fa, quindi la racconto citando a memoria. Prima sequenza : La Fulvia di Pericoli & Pirella, bionde chiome al vento e aria svaporata , si sporge dal bracciolo di una poltrona  e fa : Consiglio a tutti  il bellissimo libro di Arbasino su Carlo Emilio Gadda. Seconda sequenza : La Fulvia con chiome sempre più lussureggianti  e aria svaporata come sopra,  ha piazzato una delle sue gambe chilometriche sul bracciolo e prosegue : Lo consiglio soprattutto a chi si è stufato di fare largo ai giovani. Accidenti che promozione. Ma i giovani probabilmente non c’entrano,  l’omaggio dev’ essere ad altro tipo di maturità e a proposito di questo, una premessa si rende obbligatoria : le poche cose che scriverò su questo libro, saranno spudoratamente di parte. A me piacciono molto gli scritti di Arbasino, mi piacciono talmente che pure se arrivassero trecento commentatori con propositi denigratori , non muoverei un dito per redimerne nemmeno uno . Un po’ come si fa con certi amori :  qualcuno te ne domanda conto e tu spalanchi le braccia come per dire …è così. Ora, non che io sia innamorata dell’Alberto che ha gli stessi anni di mio padre ma forse è anche per questo che ogni suo riferimento, ogni  rappel  mi risulta famigliare.Se, come in altro libro ,racconta del viaggio in Grecia che assieme ad un gruppo di amici intraprese per scappare dal trambusto delle Olimpiadi di Roma del 1960, non posso fare a meno di ricordare che analogo proposito misero in atto in casa mia e per gli stessi motivi ( la meta estera però fu un’altra) e che questo mi è  stato raccontato infinite volte, lo stesso accade a proposito di altri episodi, altri ristoranti, teatri, dispute bibloteche e soprattutto per l’uso nel parlare corrente di termini francesi e inglesi mischiati al dialetto oppure il chiamare colazione il pranzo e il pranzo la cena e relativi rimbrotti  dati da uso improprio ( e gran  confusioni di appuntamenti) .Insomma quel poco di innocuo snobismo che forse è un po’ anche puzza sotto al naso ma che, data la modica quantità, mi fa sentire subito a casa . Insomma non vorrei dire che l’Arbasino Alberto mi ricordi propriamente l’infanzia e gli snobboni di casa mia, ma quasi. Per esempio il cameo irresistibile che si trova in questo libro, di una tale principessa capitolina che aveva invitato due amiche e  davanti al botteghino del  Fiamma – film in programmazione l’Eclisse – fruga nella borsetta in cerca dei soldi borbottando il suo, chiamiamolo disappunto, in francese, mi fa ridere per motivi probabilmente legati a decine di altre principesse romane (più quella) sulle quali in casa ho sentito ironizzare con ferocia  che si sarebbe voluto far passare per repubblicana, benché fosse assai di più (si tendeva sempre a rimarcare la scarsa signorilità e la molta ignoranza della nobiltà nera o papista o quel che era)  oppure  Marlon Brando che pare girasse Riflessi in un occhio d’oro a Pomezia in incognito, altra leggenda che ancora si tramanda dalle mie parti. Insomma tutto un mondo romano e milanese (fortunatamente, per certi versi) sparito ma che mi fa piacere ritrovare in sistematica narrazione. Dunque largo ai maturi (in ogni senso) lettarati,alla scrittura curata fino allo spasimo,alle parole tornite per giorni e giorni.Largo alla fatica di scrivere e ai suoi magnifici esiti. Largo all’appropriazione e al rimescolamento di linguaggi, lingue straniere e dialetti che rivitalizzano il racconto . Largo ai memoires liberi da autocompiacimento,agli affreschi d’epoca resi con pochi colpi di spatola: uno o due riferimenti e sei subito perfettamente immerso in un’ atmosfera. E largo all’Ingegnere in blu –  Carlo Emilio Gadda – e ai suoi “nipotini” con i quali conversava en petit comité (leggere il libro per sapere chi e come..) raccontato con ammirazione malcelatamente reverenziale attraverso ricordi personali che ne rivelano l’indole affabile ed ironica malgrado l’immagine abitualmente addolorata o afflitta.Non una biografia ovviamente ma un modo intelligente di parlare  di letteratura o meglio della impagabile prosa dell’Ingegnere , senza troppo sembrare.

L’ingegnere in blu è un libro di Alberto Arbasino edito da Adelphi

The magnificent

The magnificent

Cosa sarebbe stato il neorealismo senza Anna Magnani ? E perchè, finita quella stagione , il cinema italiano con il quale aveva sempre dimostrato grande sintonia, non seppe offrirle opportunità commisurate alle sue capacità artistiche ? Solitamente si attribuisce questa rimozione alla difficoltà di strappare Anna dal clichè della popolana passionale ed aggressiva o a quel suo essere poco malleabile, qualità umana e professionale che faceva impazzire i registi e non solo. In realtà qualsiasi esperienza abbia vissuto Magnani  fuori dei confini del neorealismo, da quella teatrale a quella americana con Daniel Mann, Sidney Lumet e George Cuckor, o in Francia con Renoir o Autant Lara, dimostra  il contrario. Anna Magnani sapeva dare vita e spessore a qualsiasi personaggio, con la sua recitazione  e col suo modo d’intendere il Dramma.Ma soprattutto, impegnata che fosse , nella corsa disperata dietro al camion dei tedeschi a San Lorenzo o tra le sbarre di una prigione alle Mantellate o in testa alla rivolta di Pietralata o alle prese con le numerose sfaccettature dell’amore materno, sapeva rendersi interprete di potenti sentimenti collettivi. Magnani the magnificent, nella calzante definizione di Bette Davis,  ben al di là dall’essere  un fenomeno locale ,italiano o addirittura romano, era un’attrice che sfuggiva alle suggestioni della recitazione di scuola o di maniera ed era proprio questa sua assoluta naturalezza ed intensità a renderla Unica e  in grado di parlare al Mondo.  Al cospetto di tutto ciò, i pettegolezzi,i luoghi comuni  dei quali è ancora intrisa certa anedottica, sono poca cosa.Una parte risponde a verità, molto è inventato di sana pianta, altro ancora,è stato arricchito di particolari che via via si sono aggiunti. A saper leggere tra le righe però, anche questi antesignani del gossip, possono essere utili  ad inquadrare meglio la sua vicenda : una donna sola con il compito di crescere e far curare un figlio avuto fuori dal matrimonio, che non ha mai goduto,come spesso accadeva allora, di appoggi da parte di uomini dai quali è stata spesso utilizzata e che anzi,  in qualche caso ha contribuito lei stessa a rendere importanti.Tutto questo, accadendo negli anni 40 e a seguire,non poteva non poggiare su una determinazione forte fino alla durezza,su una necessità di prendere in mano la propria vita e incanalarla verso le realizzazioni che si era prefissa.

Oggi a trent’anni dalla morte,c’è chi per ricordarla si accontenta ancora di raccontare i suoi amori ,le scenate di gelosia,gli scontri sul set come tratti negativi di un’attrice per la quale essere se stessa,in tutti i momenti della vita,è stato patrimonio irripetibile della sua personalità.

Luca Magnani da Ciao Anna edizioni interculturali

Mi sono chiesto più volte come abbia fatto Anna a vivere nella società e a restare allo stesso tempo così libera dalle sue convenzioni.Era la donna più anticonvenzionale che ho conosciuto nell’ambiente professionale e fuori.Ritengo che la sua onestà fosse assoluta.Non mostrava mai alcuna mancanza di sicurezza,alcuna timidezza nelle relazioni con il mondo in cui viveva mescolandosi con gli altri senza complessi.Guardava chiunque si trovasse davanti ben dritto negli occhi e per tutto lo splendido periodo in cui siamo stati amici non udii mai una parola fasa sulla sua bocca.

Tennensee Williams

L’educazione sentimentale delle Rose d’Inghilterra

L’educazione sentimentale delle Rose d’Inghilterra

La non facile impresa di vivere  relazioni emotive rimuovendo gli ostacoli rappresentati da pregiudizi, competitività , gelosia, ed invidia, è il tema  delle Rose Inglesi e delle Rose Inglesi –  troppo bello per essere vero, due dei cinque libri per ragazzi, scritti da Madonna, illustrati da Jeffrey Fulvimari e tradotti in italiano da Valeria Raimondi. Madonna è una scrittrice brillante, in grado di trasferire, nero su bianco, tutta la forza comunicativa di cui dispone ma soprattutto,  nella scelta di affrontare direttamente il problema della rivalità tra ragazze, rivela un insospettato acume sul versante introspettivo pedagogico . Contrariamente al solito , non saranno solo i successi scolastici o sportivi a scatenare il Mostro Verde ( siamo nel paese giusto del resto,per la citazione letteraria), ma l’arrivo dalla Spagna di un nuovo compagno di scuola del quale s’infatueranno tutte e cinque (e tutte insieme) le Rose Inglesi. Venire fuori dall’impasse salvando il bene più prezioso, cioè l’Amicizia, comporterà  una serie di riflessioni sulla solidarietà ma anche sul senso del ridicolo della gara o sulla superficialità di certi giudizi affrettati, il tutto esposto con tale naturalezza e realismo che le giovani lettrici non avranno problemi ad identificare il proprio percorso con quello delle Rose Inglesi e a trarne preziosi indizi per la lettura  dei propri comportamenti. Il tema dell’educazione sentimentale, compare pochissimo nella letteratura destinata alla pre-adolescenza, particolarmente se materia di osservazione è l’evolversi di una dinamica di gruppo. Lieve ma incisiva e minuziosa nel rivelare quanto sia naturale l’esistenza del Mostro Verde ma altrettanto necessaria la sua sconfitta per il raggiungimento della felicità, Madonna non cade mai nelle trappole del racconto edificante, nel moralismo e nel didascalico : ognuno deve essere se stesso,vivere le proprie emozioni ma premurarsi di fare i conti con istinti non precisamente nobili. Questo il messaggio delle Rose Inglesi . Per quanto mi riguarda, avendo perso la mano con i ragazzini, ho trovato questo libro utile e divertente, un valido supporto per (Sfiniti) Educatori della complessità giovanile.Per ragazzi (ma soprattutto ragazze) dai nove anni in su.

Le Rose Inglesi  è un libro di Madonna scritto nel 2003 ed edito da Feltrinelli

Le Rose Inglesi – troppo bello per essere vero ( sequel ) è un libro di Madonna scritto nel 2007 ed edito da De Agostini

Com’era laica la mia valle

Com’era laica la mia valle

CampSenza il voto dei comunisti, naturalmente,la legge [ Fortuna – Baslini – sul divorzio] non sarebbe mai stata approvata,ma i dirigenti delle Botteghe Oscure, Enrico Berlinguer in testa,erano ancora convinti  che la maggioranza del paese ed in particolare i suoi ceti popolari,fossero sostanzialmente indifferenti al problema.Valeva la pena per una questione tutto sommato marginale,andare incontro alla sicura ostilità dei cattolici e della Chiesa? L’interrogativo si propose,in modo quasi drammatico, quattro anni dopo [ cioè nel 1974 ],di fronte alla prova del referendum sul divorzio ,promosso dalle più retrive organizzazioni cattoliche e sostenuto con grande vigore polemico ,da Amintore Fanfani all’epoca segretario della DC .Evitare il Referendum fu per molti mesi la preoccupazione principale delle Botteghe Oscure ,anche a costo di rivedere la legge,anche a costo di escluderne i matrimoni religiosi,a qualunque costo.Si consultarono famosi giuristi,si consultarono alti prelati,alla ricerca di una soluzione possibile….

Miriam Mafai . Botteghe Oscure Addio. Edizioni Mondadori

Nei passaggi successivi del capitolo L’amore al tempo della guerra fredda di questo suo bel libro, Miriam Mafai, racconta come la battaglia divorzista all’interno del partito fu sostenuta da un drappello di donne assai determinate,  Adriana Seroni,  Giglia Tedesco ed altre, che riuscirono a fatica ad imporre il proprio punto di vista in un susseguirsi di riunioni agitatissime al limite dello scontro fisico.Non posso ricordare  il clima che accompagnò l’approvazione della legge Fortuna Baslini ma ho ben chiaro nella memoria quello  in cui si svolse la battaglia per il Referendum.Ieri l’altro la stessa Mafai in un articolo su Repubblica (Prima sconfitta del Partito Democratico) con riferimento esplicito alla mancata approvazione della delibera di iniziativa consiliare sui Registri delle Unioni di Fatto, ha rilevato come quarant’anni fa, conquiste civili si fossero ottenute nonostante la contrarietà della Chiesa e come quella stagione, probabilmente alle spalle,sia da ricordare con nostalgia. Con tutta la buona volontà  a me pare che allora come ora, il concetto di laicità fosse ancora di là da introiettare e che leggi come quella sul divorzio o sul controllo delle nascite (entrambe sottoposte, successivamente alla loro approvazione, a Referendum abrogativo in   un iter complessivo tutt’altro che piano ) fossero più l’esito di un clima di consociativismo, qualcosa dunque di ben distante da una vera e propria  concezione laica della politica. Come è possibile rimpiangere  un’epoca  contrassegnata dai moralismi più disparati? E a parte una consistente differenza di scenari che si muove tra il concetto di  divorzio e quello delle unioni di fatto, siamo inoltre così convinti che il tema delle unioni omosessuali che tanto divide le forze politiche non rifletta una divisione che esiste anche nella Società Italiana , forze progressiste comprese? Vero è che sui fronti interni si dibatteva con altro spirito . Le campagne referendarie di allora risentirono beneficamente delle perplessità berlingueriane e nel contempo conservarono la forza di Adriana e delle compagne.Erano prive di riferimenti simbolici e di provocazioni. Senza negare il dramma che sottende il fallimento di un’unione, ci si batteva per i minori,per le donne,per la possibilità di scegliere e , puntando dritto al cuore delle cose e al risultato, si vinse rivolgendo la vis polemica tutta all’esterno.Come si conviene in una contesa. Era spirito laico? Forse, ma soprattutto era un mettere la Politica al centro dell’attenzione.Oggi ci disperiamo per un decreto “antiomofobia" che inserito come i cavoli a merenda, in un pacchetto sicurezza, puzza di merce di scambio ( e non di mediazione) lontano un miglio e per il Registro delle unioni di fatto che pur non migliorando di un millimetro le condizioni di vita degli interessati è stato utilizzato da una parte politica  come un corpo contundente da far esplodere in un settore del proprio stesso campo. Nessuno dice che a Roma asili ,trasporti e mense scolastiche  sono anche per coppie non sposate e non da un giorno. Ma non importa che entrambi i provvedimenti invece che essere improntati ad un Criterio di Utilità siano ridotti ad essere assunti semplicemente a  simboli . E’ politica questa? E’ un gesto politico rifiutare l’Ordine del Giorno che sollecita il Parlamento a deliberare sui CUS? E’ stato avveduto in assenza di maggioranza certa, comunque proporre la delibera istitutiva del Registro delle Unioni?Tutto quello che abbiamo ottenuto attraverso quella forzatura è stato non deliberare su un bel nulla.Siamo usciti dall’aula di Giulio Cesare così come eravamo entrati : Niente di fatto: Laici certo non lo siamo di più, a partire dalla gestione dei rapporti tra componenti una stessa coalizione una parte della quale, preferisce evidenziare le lacerazioni interne al PD piuttosto che lavorare al raggiungimento dell’Obiettivo. Messa così come è stata affrontata in Consiglio Comunale a Roma , la questione si risolve ad un problema di maggioranza e minoranza.Non abbiamo i numeri. Magari è il caso di cominciare a reperire i consensi  intorno ai temi che ci stanno a cuore. Altrimenti non vince nessuno.Men che meno la laicità.