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Categoria: Va Pensiero

Vento del Nord

Vento del Nord

 

Si sarebbe potuto dire che martedì scorso tra prima e seconda serata – apertura affidata a  la rabbia e l’orgoglio del comizio di Bergamo, chiusura verso notte, da Vespa, con i dinieghi e le lacrime di  Rosi Mauro  –  fosse andato in onda l’annunciato  repulisti. Le ramazze di saggina ci sono e anche, sostenuta da un gran bisogno di rimozione, la volontà di chiudere a viva forza un capitolo decisamente imbarazzante.

 

Magari  solo in omaggio alla buona fede dei presenti accorsi  pagandosi la benzina come sottolinea a più riprese qualche  notabile.  Senonchè man mano che incalzano gl’interventi e monta il pathos quello che si profila sotto gli occhi di tutti è un modello sociale e culturale che quanto a perversione supera di gran lungo le possibili contestazioni di reato, tra mitologia del Capo,tradimenti, complotti, servizi segreti, punizioni esemplari, figli scavezzacollo, padri nobili  e mogli maestre. C’è la signora matura con carica di prestigio che non si accontenta del fidanzato decorativo, lo vuole pure laureato, chi noleggia la Porsche  ed esibisce la scorta, chi pensa di essere entrato nel Gotha dei finanzieri per via di quegli investimenti esotici (salvo poi accorgersi che persino in Africa hanno una legge sulla tracciabilità e quei soldi non li hanno voluti).

 

La promozione sociale costi quel che costi, sembra uno dei  loro criteri guida. E per ottenere il sospirato traguardo, sono disposti a tutto.

 

C’è infine chi guarda con apparente distacco tutto ciò : ha aspettato pazientemente sulla sponda  il cadavere del nemico che infine è passato e ora generosamente lo abbraccia e bacia e protegge .Tutto è perdonato.E tutta per lui si fa la festa.

 

Non sono solo gli ingredienti di un magistrale feuilleton, ma  tutti i colori della provincia smaniosa, mitomane e piccolo borghese riuniti in un tableau vivant ad alto contenuto drammatico, mentre, dopo aver offerto teste docili a parziale risarcimento del danno subito, si torna a casa felici : chi di aver avuto ragione di un periodo di veleni, chi di averla fatta franca – almeno per il momento – chi pensando di avere, con la sua brava scopa, davvero pulito il pollaio.

 

Può darsi che quei notabili, presi com’erano dall’alto compito di governare il Paese o il Comune o la Regione, davvero abbiano ignorato i singoli illeciti. Difficile ma possibile. Assai meno però che non si siano resi conto di cosa fossero diventati  nel frattempo quei figli,quelle mogli quegli amici. A meno di un totale distacco dalla realtà,inimmaginabile da parte di chi quella stessa realtà vorrebbe così consistentemente modificare.Cerchi magici senza incantesimi e Barbari sognanti ma con un sogno piccolo piccolo.

 

Venire a capo delle inchieste sarà niente rispetto al compito di rovistare in  quel pattume per tirarne fuori un semino di vera rinascita.Si costituiscono parte civile in uno dei  procedimenti, intanto,sentendosi danneggiati. Lo dovremmo fare anche noi, magari solo per lo spettacolo offerto.Ma sarebbe impossibile quantificare un congruo risarcimento.

 

In alto il sole sulle Alpi (foto di Ingegnere 86)

Arpa d’or dei fatidici vati

Arpa d’or dei fatidici vati

tonale 2

Ci fu l’anno della canotta, quello di Roma ladrona, quello della tolleranza zero e doppio zero della Versione Gentilini, e  quello più classico delle invasioni barbariche con relativi presidi di militari in difesa di frontiere e  valichi. Poi vennero le ronde e l’esaltazione della razza padana – cani compresi – l’idiosincrasia per il velo e quella per le moschee.

A seguire, un po’ secessione, un po’ club Meditarranee delle collanine al posto dei quattrini, ci fu l’anno in cui l’immaginifico team leghista, si mise in testa di battere moneta, imponendo alle transazioni negli stand della festa padana, banconote – le leghe –  recanti l’effige di  Alberto da Giussano. Al cambio ufficiale il valore di ogni lega fu fissato a  mille lire. Una folclorica provocazione.

Salvo che, grazie alla prosopopea degli annunci e delle interviste,   giorni dopo, in qualche negozio di Brescia, la nuova moneta circolasse che era un piacere. Tutto ciò, con buona pace dei sussiegosi comunicati del  Poligrafico dello Stato, rivendicanti, a buon diritto, l'Esclusiva.

Nel corso del tempo , a Ponte di Legno, complice l’euforia del raduno fortemente identitario e le arditezze di una strategia mediatica  secondo la quale in prima pagina va solo chi la spara più grossa, se ne sono viste e sentite tali e tante  che il Va pensiero, in luogo dell’Inno di Mameli, può essere considerato robetta.

Carezze agli elettori le ha definite, con licenza poetica, devo ammettere, piuttosto calzante, Silvio Berlusconi. Voleva intendere messaggi rassicuranti ai proseliti. L ‘ABC della comunicazione politica, insomma.  

E infatti, tra rituali smentite e postumi aggiustamenti, ci viene spiegato che, per carità, l’Inno nazionale non è in questione e la faccenda del dialetto nelle scuole altro non cela se non l’intenzione di chiedere agl’insegnanti il rispetto delle tradizioni locali. Meglio mi sento.

 Che peccato però. Ciò significherebbe  la perdita  della selezione ministeriale per insegnanti di bresciano,  bustocco, lodigiano, canturino e chiavennasco,  nonchè quella  della  Nazionale di Calcio alle prese con i sopracuti del coro del Nabucco.

Sotto questo aspetto, ha poco senso polemizzare con Bossi o chi per lui. Un serio dibattito politico dovrebbe mettere a tema quanto di grettezza reazionaria è contenuto in Principi in cui  Tradizioni Locali, Radici e Identità, diventano corpi contundenti o palle al piede sulla via  della modernizzazione.

Poi chi li sente  i nostalgici del Poggio, del Campanile, dell’Uliveto, dell’Aia,  del Mare Sciabordante e di tutti i temi cari a chi preferisce  rimirarsi l’ombelico in eterno, piuttosto che guardare avanti, progettando il futuro.

L’esaltazione di ogni nostra mediocrità e provincialismo non può essere rassicurante per nessuno, al contrario, visti i tempi che corrono, dovrebbero allarmare  intenzioni smaccatamente  improntate al recupero di un passato non certo idilliaco

Riedizioni di carrozzoni d’antàn e gabbie salariali in primo luogo, in questo caso, altro che riscoperta del lombardo occidentale e monti sorgenti dall’acque, le carezze elargite ad alcuni, diventerebbero altrettanti calci negli stinchi per tutti gli altri.

Nell’ illustrazione il Tonale, alle spalle di Ponte di legno. Piste,accoglienza, impianti di risalita e cieli di lombardia . Tutto incantevole.