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Categoria: Guerra e pace

Usurpatori

Usurpatori

La più “ingenua” che m’è capitato di leggere è stata “io non sono pro islam” come se il dibattito intorno allo scontro di civiltà comprendesse un quesito binario come ai referendum. o peggio come fossimo allo stadio, curva nord o curva sud ? Alla fine di una defatigante competizione verbale svoltasi altrove, la misura dell’inutilità dei fiumi di parole spesi, sta tutta nella necessità che alcuni esprimono di “schierarsi” di essere pro o di essere contro .Come se si potesse saltar fuori da se stessi per andare a collocarsi in etnie, religioni e storie e filosofie  diverse dalle proprie.Quello che  si richiede oggi è esattamente l’opposto. La mia considerazione di chiusura posso depositarla seppur con rammarico, solo qui :

L’Occidente ferito ha reagito tirando fuori il peggio di sé. Si è diviso saccheggiando la galleria dei classici del pensiero moderno (peraltro già terremotata dai cambiamenti del mondo postmoderno), impugnando il Leviatano di Hobbes contro la Legge di Kant come se non appartenessero alla stessa matrice. E armato della gloriosa triade della civilizzazione occidentale otto-novecentesca – democrazia, giustizia, libertà – è partito per la conquista dei barbari con una guerra che di quella triade mostra solo le crepe profonde. . La guerra per la “giustizia infinita” e per la vittoria del Bene contro il Male ha stracciato cinquant’anni di diritto internazionale e ha riesumato una pratica di giustizia sommaria antecedente a qualunque Stato di diritto: detenzione infinita dei prigionieri di Guantanamo, riabilitazione della tortura come normale metodo di intelligence,  schedature delle comunità arabe. Io credo che dovremmo piangere sulle ferite inferte dall’Occidente a se stesso. Fuori dall’Occidente non possiamo cadere: non c’è un altrove che ci salverà dai suoi misfatti. Ma non possiamo neanche avallare tutto questo, stringendoci a corte di chi dai posti di comando ne sfigura eredità e esiti. Non è sulla linea del fronte contro lo straniero che la situazione ci chiama a combattere, ma sulle mille linee interne al fronte occidentale, nelle nostre quotidiane democrazie sfigurate. Se abbiamo a cuore le sorti dell’Occidente, non è dai barbari accampati ai suoi confini ma dagli usurpatori insediati ai suoi vertici che dobbiamo difenderlo

Quale Europa

Quale Europa

Un ‘Europa più politica impiantata su  cardini differenti ,rappresentanza,stato di diritto,stato sociale,memoria,cultura,non sarebbe  meno potente di quella economica delle banche e della moneta unica,semplicemente, più capace di contrasto rispetto ai modelli imperanti della “potenza”.E quale Europa è in gioco è bene chiarire mentre si plaude al  ruolo acquisito nel contesto mediorientale.Non sono in questione solo regole d’ingaggio,strategie e tecniche militari ma  sensibilità politica e sociale, intelligenza storica,di capacità di dialogo, senso del diritto, volontà di rispondere ai cittadini continentali delle strategie geopolitiche.Sul campo non si misurerà solo la forza ma l’idea d’Europa e l’immaginario europeo gravato dai ritorni di antisemitismo e islamofobia.Questo contesto ,speriamo,la missione rimetta in movimento,non in Medio Oriente ma in Europa.Un tratto di costituzione europea che si sta facendo e si farà fuori dei confini d’Europa.

Arrivano i nostri

Arrivano i nostri

Non risulta che Romano Prodi sia un pokerista incallito, eppure nella partita giocata per far crollare le resistenze di Jacques Chirac, hanno vinto,a parte la credibilità e la rete di rapporti conquistata mentre era Commissario Europeo,  la determinazione e l’audacia che sapientemente dosate, spesso si rivelano indispensabili per vincere a quel gioco.Una settimana fa,  quando il disimpegno di Gran Bretagna e Germania e la defezione improvvisa della Francia sembravano poter  determinare il fallimento della risoluzione,Chirac ha lanciato la palla della direzione della catena di comando a Prodi che ,a sorpresa, si è dichiarato disposto a continuare assumendo anche le responsabilità militari dell’operazione, ipotesi immediatamente (nonostante la segretezza del colloquio)  suffragata e resa nota dalle pressioni di Olmert e dal sostegno di Annan e degli Stati Uniti.A quel punto l’invio di una forza sotto comando italiano per ottemperare ad una risoluzione Onu presentata e fortemente voluta dalla Francia, senza però la partecipazione di nessuno dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, avrebbe evidenziato l’incongruenza di Parigi e ridicolizzato l’Europa.Due giorni dopo Chirac ha cominciato a lavorare con Prodi ad una soluzione comune che si è materializzata con la  staffetta di comando sul terreno e con  la cellula  strategica che coordinerà le operazioni dal Palazzo di Vetro.Giovedì Chirac, rassicurato da ulteriori  chiarimenti sulle regole d’ingaggio, ha potuto annunciare alla nazione l’invio di un contingente di duemila uomini ,duecento dei quali sono sbarcati al mattino successivo, nel frattempo   anche Spagna e Belgio hanno aumentato la consistenza delle rispettive truppe.L’Europa ha potuto così battere un colpo suggellato e amplificato dal successo della riunione di Bruxelles tra ministri degli esteri ,con la partecipazione di  Annan, di venerdì scorso .L’occasione è sembrata irripetibile ed è stato giusto coglierla.Per la prima volta una forza d’interposizione parte con il consenso  di tutte le parti in causa, compreso Israele che questo intervento ha sollecitato.Ma nonostante gli esiti positivi,il  ruolo dell’Onu, e quello preminente dell’Europa, il ritorno in grande stile della diplomazia e della negoziazione, molte sono le preoccupazioni che questa impresa non riesca a trasformare la tregua in pace e che la ripresa delle ostilità sia ancor più disastrosa di quelle che abbiamo fin qui conosciuto.Un punto che desta più preoccupazione è la scelta di Annan di delegare al Libano, cioè al più debole della compagnia, le decisioni più delicate e scottanti : lo schieramento dei caschi blu al confine siriano e il disarmo degli hezbollah.La strada sarà piena di difficoltà,è bene saperlo,perchè la pace che si cerca è appesantita e funestata da decenni di guerre ,di discriminazioni e di stragi, per questo si rende indispensabile che l’opera dei mediatori UE  già al lavoro alla soluzione della crisi,sia intensificata e allargata a Iran e Siria.Due buone notizie stamane lasciano aperta qualche speranza.Una è quella dell’apertura delle trattative,per uno scambio di prigionieri Hezbollah/Israele.L’altra è che Annan dopo aver visitato Libano e Israele sarà in Iran sabato prossimo “per discutere di diverse questioni con le più alte autorità» della Repubblica islamica” come ha precisato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano. 

Qui

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L’ intervista di D’Alema ad  Haaretz sulle future possibilità  di schierare le truppe Onu sulla striscia di Gaza ha incassato,com’era prevedibile,un “E’ troppo presto,Israele ha bisogno di constatare  che il coinvolgimento internazionale in libano abbia fornito risultati concreti ” da parte del ministro degli esteri Regev .Non male per essere una dichiarazione resa durante lo Shabbat  (giorno festivo in cui ogni attività viene sospesa )e per contenere un seppur esiguo spiraglio. Del resto Israele con l’eccezione di Moshe Sharret negli anni 50 e Ytzhac Rabin negli anni 90, ha sempre rifiutato l’idea della creazione di uno stato  palestinese che non fosse una specie di  ghetto ma se non supera questa concezione che discende prima di tutto dalla paura, non sarà mai al sicuro, ne’ accettato del mondo arabo.Senza una soluzione equa,  il virus Palestina impedirà qualsiasi stabilizzazione duratura del Medioriente, reso ancor più esplosivo da sciagurate politiche di “lotta al terrorismo” o di “esportazione della democrazia” ,con conseguenze che potrebbero rivelarsi nefaste per la sicurezza di tutti.Ieri Kofi Annan ha concordato con Prodi  sulla centralità della questione palestinese in seno alla crisi mediorientale.Il comunicato diffuso da palazzo Chigi chiarisce “Entrambi (Annan e Prodi) hanno convenuto  che occorrerà dar corso rapidamente agl’impegni presi in Libano senza dimenticare gli altri nodi politici nella regione mediorientale,a partire dal problema palestinese che resta centrale per pervenire ad una pacificazione dell’area. ” Se la missione in Libano dovesse avere una qualche possibilità di successo,l’ipotesi di una forza di pace possibilmente a guida Europea  potrebbe indurre Israele a rompere gl’indugi ,essendo quel particolare contesto infinitamente  più rassicurante e credibile per avviare una soluzione negoziata.Sarebbe uno straordinario successo della Vecchia Europa dei negoziati e del dialogo sui modernismi delle armi preventive,successive e future come Soluzione Unica di tutti i contenziosi.

I falsi amici d’Israele

I falsi amici d’Israele

 

Fuori da una visione geopolitica della questione mediorientale, le argomentazioni diventano sterili e quello d’individuare i nemici e gli amici d’Israele attraverso singoli gesti,resta l’unico gioco possibile (fortunatamente solo dalle nostre parti ).Queste deviazioni del dibattito, altro non sono se non una copertura di atteggiamenti  indifferenti per le sorti del Libano e d’Israele stessa,  alla quale,particolarmente, si dichiara solidarietà pelosa, in nome di un non meglio identificato sentimento di avversione per l’antisemitismo ,senza preoccuparsi minimamente di valutare le potenzialità della missione di pace (anzi.. che ci andiamo a fare?).Intanto gli stessi “solidali”, liquidano in fretta  il problema Libano perchè ,in quanto infame ricettore di terroristi ,merita di essere fatto a pezzi e basta .Facilmente s’ignora che Israele è uno Stato con un esercito,un parlamento e un alleato potente e in quanto tale, recepisce le critiche alle quali oppone argomentazioni politiche, senza tirare in ballo l’antisemitismo.Mai.Anzi ,Israele intende ,orgogliosamente e a buon  diritto,essere l’esatto contrario dell’immagine dell’ebreo errante e tremebondo che ha bisogno di sussidio e solidarietà.Altrettanto superficialmente si finge d’ignorare che Hezbollah è  nel parlamento libanese  con rappresentanti e ministri che è fortemente radicato nel tessuto sociale e che ha un alleato a dir poco preoccupante .C’è poco da esserne amici, a meno che non li si vogliano distruggere a cannonate ,bisognerà farci i conti, non trascurando l’alleato.Ma forte è il sospetto che a certi falsi amici d’Israele, le cannonate piacciano.. eccome, visto il disprezzo per i tentativi di ricondurre  quel disgraziato territorio ad un regime di pace e di normalità.Ciò detto, la sinistra difenderebbe l’esistenza dello Stato d’Israele, se fosse messa in causa,poichè la libertà degli ebrei  é uno dei Valori della sinistra.Questo però non può impedire in nessun caso l’esercizio della critica e cioè per esempio di  pensare che gli Hezbollah siano stati creati dalla infausta invasione israeliana in Libano del 1983.Ieri il ministro Livni,intervistata da Fiamma Nierestein che le sollecitava risposte sulla famosa “passeggiata” di D’Alema a Beirut ,ha risposto che l’argomento non le interessava .Diplomazia?Visione politica ampia, piuttosto o individuazione delle priorità .Il quotidiano israeliano Haaretz che oggi pubblica un’intervista a D’Alema, non gli chiede con chi passeggia ma che idea abbia sul disarmo di Hezbollah e sull’eventuale schieramento dei caschi blu anche sulla  striscia di Gaza, ne’ v’è traccia su altri quotidiani israeliani di polemiche circa le presunte tentazioni filoarabe e antisemite del governo italiano.Non scherziamo,per piacere,da quelle parti si muore e questa considerazione, che dovrebbe, essere alla base dell’operato di chi la pace ama e vorrebbe costruire,sembra davvero essere l’unica esclusa da tutti i dibattiti tra le curve e i pianerottoli filoisraeliani o filoarabi di casa nostra.