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Categoria: La fabbrica del cinema

I Mostri della Mostra (dall’ A alla Z)

I Mostri della Mostra (dall’ A alla Z)

A Ambra – Le madrine sanno di cresima e di strapaesano.Viste le ambizioni internazionali, meglio abolire il madrinato piuttosto che esporre la malcapitata di turno al fuoco di fila di “critiche" all’acido muriatico. Tanto  nessuna creatura, quantunque divina, potrebbe nobilitare un ruolo tanto insulso.

 

B – Bertolucci – Il suo cinema colto ,geniale cosmopolita, incarna lo spirito della Mostra. Per questo e non per celebrare un monumento nazionale (almeno si spera ) gli sarà consegnato un riconoscimento  legato alla settantacinquesima edizione.Due le copie di suoi film  restaurate e proiettate per  l’occasione : Strategia del Ragno e il documentario La via del Petrolio

B – Bianciardi ! – Probabillmente la fine prematura e il contenuto altamente eversivo dei suoi scritti hanno fatto sì che Bianciardi sia  stato, per il panorama letterario italiano come una meteora.Questo documentario racconta di lui, scrittore anarchico ma anche di una Milano che tra gli anni sessanta e settanta esprimeva  avanguardie letterarie, pittoriche, destabilizzanti e una società civile effervescente,in continuo subbuglio.La caduta del sogno rivoluzionario comporta inevitabilmente il ripiegare su se stessi in una lotta solitaria per la sopravvivenza.Questo il messaggio contenuto nella Vita agra,nel documentario si parla anche di istigazione alla rivolta.Il che non è mai male.

B – Bush – Ce l’hanno tutti con lui. Sul piano delle contumelie oramai Michael Moore può considerarsi un dilettante. Non c’è regista diva,starlet , direttore della fotografia, produttore di Hollywood che non approfitti dei microfoni di Venezia per dirgliene un sacco e una sporta. I detrattori ,caricati a palla, non smettono nemmeno quando irrompono sulla scena mondiale le sue lacrime.Quelle versate direttamente sulla spalla di Dio.

C – Cinema Italiano a Venezia – Il Cinema Italiano sta bene. Grazie. Soprattutto è determinato e ha smesso di  piangersi addosso (Sabina Guzzanti a parte ).E’ presente con prodotti di qualità,fa discutere,ispira polemiche (Galli della Loggia contro tutti) si mobilita (i Cento Autori che nel frattempo sono diventati duemilatrecento) e ha infine capito che guardare al passato rimpiangendo il neorealismo o la commedia all’italiana non serve.E’ un primo passo verso una nuova coscienza  e quel fare massa, gruppo, intorno ad un progetto di rinnovamento che,come dice Lizzani ,è l’unica cosa che manca ai nostri operatori culturali.

C – Competizione – A Venezia ha molto giovato l’incombente Festa del cinema di Roma e quella di Torino che sarà organizzata per la prima volta dall’imprevedibile Moretti .Dopo i languori soporiferi degli scorsi anni, finalmente la vetrina s’è arricchita di novità e retrospettive, di esordienti, di avanguardie e di talenti.Rimane intatta solo l’esosa disorganizzazione e l’ineccepibile Cacciari che continua a ripetere il mantra Venezia é dello Stato (e di una serie di sponsor niente affatto discreti)

C – Corti  – International Short Film Festival.Un’avventura nell’avventura (bisogna spostarsi a San Servolo per vedere la sezione cortometraggi.Le perle però,i film sperimentali,i generi più disparati e interessanti ,si trovano qui.Rovistando nella programmazione (e incrociando le dita).

C – Critici si dividono in quelli che vedono i film e quelli che non li vedono.Poi c’è una terza schiera di eletti che meriterebbe Sezione Speciale e Premio alla carriera .Sono quelli che non vedono il film ma ne scrivono meglio di quelli che l’hanno visto.

D – Dive – Norma Desmond non è più tra noi – non ci sono più le dive di una volta e  bla bla bla –  Tuttavia Ardant, Redgrave ,Theron,  Hannah,Jolie… brave, intense, belle  e intelligenti sono la migliore espressione della diva nel terzo millennio ( o nel caso di Vanessa da un millennio…) Tutte d’accordo : Per un cinema e per un mondo migliori .

D – Death in the Land of Encantos – Il torrenziale documentario di Lav Diaz sulle Filippine, amatissima Patria, devastata dal più violento tifone della storia .Il racconto di un poeta che ritorna per seppellire la famiglia e l’amante.Otto ore di splendido cinema. Basta resistere.

D – Django, Ringo, Gringo, Sartana e gli altri. Fu per riempire un vuoto lasciato dagli americani che negli anni tra i  sessanta e i settanta, avevano preferito dedicarsi ai Kolossal come Lawrence d’Arabia, relegando il genere western alla produzione televisiva, che un gruppo di cineasti italiani, partendo da un mucchio di cambiali, creò un genere che fece la fortuna del cinema di quegli anni.E fu così che tra fondali di cartone e praterie comprese tra Manziana  e l’Almeria, cavalcarono Clint Eastwood,Franco Nero,Giuliano Gemma, Klaus Kinski,Gianmaria Volontè e persino Pierpaolo Pasolini diretto da Carlo Lizzani nel memorabile Requiescant.Un decennio di creatività ed inventiva a briglia sciolta,poichè per chi non se ne fosse accorto,il western è una specie di coltura in cui si adattano magnificamente a vivere , storie di samurai e tragedie greche.Una vera pacchia per l’italico talento.Spaghetti Western è la  ricchissima  retrospettiva presente alla Mostra (Grazie Muller.Grazie Tarantino . Grazie telecom)

D – Il Dolce e l’amaro – da una microstoria alla storia. Non la vicenda di un Padrino ma quella di un Picciotto che ha nel DNA un futuro da manovale della mafia.Un malavitoso che aspetta la sua grande occasione – il dolce-  e non si aspetta l’amaro.

E – Espiazione – Cioè sensi di colpa . E’  il leit motiv della Mostra (secondo Muller ) nonchè il titolo del film che l’ha inaugurata.Un kolossal con i controcavoli, molto classico e pertanto vincente sul mercato globale.Impeccabile prodotto per cerimonie inaugurali. Ai critici con la puzza sotto al naso non è molto piaciuto.E a noi nemmeno tutto sommato ma senza particolari schiamazzi.

F – Fellini (e Ferretti) – Per via della sfera incastonata sulla parete del Palazzo del Cinema.Un monito, una minaccia,un avvertimento un simbolo di questo e di quell’altro. Se ne è cominciato a scrivere dall’epoca di Prova d’Orchestra (e Fellini ridacchiava).Ancora non si è smesso.

F – La fille coupee en deux – Metti in mano al maestro Chabrol un menage a troi e lui ti mostra come il più scontato dei soggetti può diventare l’occasione per un buon film dal quale emergono cuori puri e nessuna volgare ambiguità.Con un finale che è un omaggio al cinema e alla scommessa di un futuro meno prevedibile in cui c’è sempre qualcosa capace di stupire.

G – Gere – Iperattivo, bello, fascinoso e bianco per canuto pelo. : Al Lido ha  compiuto  gli anni, presentato  due film (entrambi meritevoli) se l’è presa con chi ha eletto due volte Bush ,con i criminali di guerra impuniti, con i giornalisti che non fanno il loro mestiere, infine ha reclamato il rispetto dei diritti umani in Cina . Senza perdere nemmeno per un secondo nulla della serenità tibetana d’obbligo nei concorsi (Bertolucci docet) 

G – La graine et le mulet .Vale a dire il cous cous di pesce . Fosse per me, darei a questo film due o tre leoni :  Il mito di quelli che ce l’hanno fatta s’infrange contro la realtà .Voglio mostrare i sentimenti che hanno vissuto questi uomini, la nostalgia, lo sradicamento, la voglia di rivincita, i sogni d’amore. Mi interessa la loro vita, di cui il razzismo è un momento, e nulla è cambiato tra la prima e la terza generazione, per quanto riguarda la diffidenza dei nativi francesi». La graine et le mulet inizia piano , nella definizione dell’ambiente e dei personaggi, con l’ausilio di una macchina da presa coinvolta, spesso stretta sulle facce degli attori. Poi aumenta il ritmo, segue il crescendo, anch’esso musicale, della storia, fino a un finale, un balletto, che tutto fa tremare. I tre monologhi delle donne, ,preparati – come dice il regista – per mesi, secondo un metodo teatrale, fanno da punteggiatura ad un insieme perfetto ed emozionante.

G – Grifi – Se ne sono andati Altman, Comencini, Bergman, Antonioni, Grifi e Gillo Pontecorvo. Alberto Grifi mancherà come gli altri registi al Cinema ma più degli altri, alla nostra vita.

H – Harold Pinter – Premio Nobel  e sceneggiatore di Sleuth, film munito di Tinseltown pedigree (anche se giudicato manierista e decadente).Due fuoriclasse gigioneggianti a buon diritto, Michael Caine e Jude Law,rischiano di prendersi tutto il merito del film ma…siamo ad una catena infinita di competizioni Se i personaggi combattono per  una donna ,se Caine gareggia idealmente con Laurence Olivier e Law con il Caine della prima versione che nella seconda veste i panni di Olivier e Branagh con Mankievicz (ma per carità che non si parli di remake) e se lo scontro è squisitamente di potere quindi una prova di forza delirante e maschile ,come si può pretendere una recitazione che non sia sopra le righe?

K – Kluge – L’utopia migliora sempre mentre cerco nelle immagini dei momenti di verità . Alexander Kluge ci ha proposto 480 minuti di proiezioni notturne alla Sala Grande,quasi tutte novità.Soprattutto ha regalato alla mia generazione e a quelle a venire  un cinema indimenticabile e la risposta a molte domande.Kluge ovvero Deutschland in Herbst o il nuovo cinema tedesco col Manifesto di Oberhausen ben figura in una Mostra con ambizioni culturali.

I – Iraq – Tutto quello che le news non raccontano sulla guerra. In film con inserti di documenti verità o in racconti che parlano di reduci misteriosamente assassinati .Un De Palma potente, tornato agli antichi splendori (Redacted) un Paul Haggins (Nella valle di Elah) che ispirandosi a storie realmente accadute, affronta il problema del rapporto tra cinema e coscienza collettiva.La parola più usata nelle interviste con produttori registi e star dentro e fuori Venezia è Verità.In America il paese che improvvisamente vuol sapere sono in uscita altri otto film sull’Iraq.

J – Jesse James – Un mito sudista già raccontato da Fuller,Lang,Kaufman, Walter Hill, Ray e da una pletora di telefilm. Cantato da Woody Guthrie,John Lee Hooker,Hank Williams e  Drop Dead Gorgeous solo per citarne alcuni .Nel caso di  The assassination of Jesse James by the coward Robert Ford , siamo però di fronte ad un film differente, più dialogo che azione, più indagine  del rapporto tra Jesse e il suo futuro assassino Robert, visto come lotta contro se stessi più che con l’altro.

L – Lido Philo – Lo spazio destinato ad un ciclo di conferenze per parlare di cinema con alcuni tra i più importanti esponenti del pensiero filosofico contemporaneo.E tutto sarebbe filato liscio (a parte l’impossibilità di conciliare anche questi orari con il resto) se Lina Sotis non avesse preso una cantonata colossale (ha scambiato il cenacolo per una rassegna ) prendendo anche un po’ in giro Stefano Bonaga (definito ex Parietti).Immediata risentita e vibrata la reazione e la solidarietà a Bonaga da parte di Massimo Cacciari e dei suoi colleghi filosofi come Giacomo Marramao e Giulio Giorello, il direttore della Mostra Marco Muller, i registi Emanuele Crialese e Giovanni Veronesi, Luciana Castellina e Franco Grillini, Alexander Kluge, Oleg Kireev, Umberto Curi e Paolo Fabbri…ma la cosa più divertente è stata il cartello con su scritto Lina Cafona esposto il giorno dopo da un gruppo di ragazzi nella sede del Lido Philo

L –  Lizzani – Alessandro Blasetti confessa in un biglietto di essere rimasto inchiodato alla poltrona per tutta la durata del film Mussolini Ultimo Atto – ma come hai fatto? -domanda a Lizzani, al quale è indirizzato lo scritto. A Giovanna Ralli ridono gli occhi quando rievoca la lavorazione del film la Vita agra di Bianciardi ( che fu presente sul set ) e la direzione di Carlo (che descrive..sempre uguale, alto col ciuffo .Sempre seconda liceo al Visconti ).Un grande narratore (e un eccellente scrittore), sostenuto da una passione civile che seppure  qualche volta sembra trascendere, non inclina mai al retorico ed è in ogni caso l’ impalcatura della storia.Dieci minuti di applausi (e una scarriolata di polemiche, compresa interpellanza parlamentare) per il suo bellissimo Hotel Meina.

L – Lust, Caution – Dal regista di Brokeback Mountain, Ang Lee. Ma ha ragione chi ha detto che quando si è trattato di indagare sul lacerante contrato tra ragione e sentimento,nell’ambito di un rapporto omosessuale,era tutta un’allusione,uno slacciare di pantaloni appena accennato , nel caso di rapporti etero, lo stesso contrasto viene esplicitato con scene erotiche e grande impiego di nudo.Senza accenni.

M – Michael Clayton – Lo strapotere delle multinazionali e il mestiere dell’avvocato raccontate da un esordiente di talento (Tony Gilroye) e interpretato da una delle intelligenze più lucide del cinema americano : George Clooney

N – Nessuna qualità agli eroi – Il regista Paolo Franchi oppone alla perplessità di critica e pubblico,la necessità di una lettura psicoanalitica del film ma tutto è molto esplicito e non c’è bisogno di scomodare la complessità dei rapporto col proprio senso di colpa o il riscatto della propria identità per apprezzare  la storia di un – necessario – parricidio.La recitazione di Elio Germano e di Bruno Todeschini sono il degno coronamento di questo buon film

O – Owen Wilson – nel film Darjeeling limited interpretava già un aspirante suicida – Ora sta meglio , gli abbiamo parlato,  aiutateci a proteggerlo - chiedono premurosi i suoi compagni di lavoro. Il film è stato definito lisergico (termine spesso inappropriato ma  assai di moda ) si tratta invece di molto di più : un film on the road che racconta il viaggio attraverso l’India  di tre fratelli che, dopo la morte del padre tentano di raggiungere la madre a bordo di un treno che è anche il titolo al film. Un’opera ricca di situazioni assemblate dal talento polimorfo del regista Wes Anderson.Tra fumettone, perdita d’identità e colori irreali, si consuma questa bizzarra e visionaria prova del regista supportato da attori molto in parte

O – L’ora di Punta – L’ambizione consuma le persone e le rende disponibili ad ogni compromesso e ad accettare le regole di una società senza morale.Vincenzo Marra tiene molto all’idea del cinema non didascalico ma che aiuti a riflettere.Missione compiuta, si potrebbe dire, fin dal suo “l’udienza è aperta” indagine lucida sul funzionamento della Giustizia attraverso il racconto verità  di un processo in corte d’Appello a Napoli.

P – Precariato – It’s a free world .Come si può perdere l’anima nel tentativo di sopravvivere al precariato e ai maltrattamenti che subiscono gl’ immigrati. Un Ken Loach classico che sfida l’opinione secondo la quale  per svilupparsi la nostra società deve lasciar spazio ad un’imprenditoria senza scrupoli.

P – Prometej  – il rompighiaccio di Alberta Ferretti ormeggiato al largo del Lido e sede di un party in onore di Richard Gere.Più famoso della corazzata Potemkin e dell’incrociatore Aurora messi insieme. Stracitato – dicono – finanche dal tiggì. Le feste a Venezia sono, loro sì, molto cambiate.Gli anfitrioni non tengono più all’esclusiva dell’evento e da qualsiasi parte arrivino, le richieste di invito sono ben accette .Il che unito al fenomeno degl’imbucati offre la misura di quel che sono diventati gli eventi cosidetti mondani.Passi un salone delle feste devastato da sovraffollamento ma su di un panfilo, l’effetto Titanic è il minimo garantito .Va detto che questa gente col cinema non c’entra niente.A parte lo spaesato Gere.

Q – Queer lion award – il Leone con le ali arcobaleno.La prima volta di un premio per le opere che promuovono la cultura gay lesbica e transgender.A Cannes si sono subito arrabbiati. Vorrà dire che faranno le due classiche fatiche.

R – Robert Allen Zinnerman – I’m not there, il più eccentrico dei film di Venezia.Parla di Bob Dylan senza nominarlo mai.Assente in carne ed ossa ma presente in spirito moltiplicato  per sei attori (ma non si chiamano Dylan) che ne ricostruiscono la vita del cantautore attraverso episodi ben riconoscibili.Il titolo I’m not there è tratto da un pezzo dei Basement Tapes mai inciso e reperibile solo nei bootleg dylaniani.Gli attori che interpretano Dylan sono Chris Bale,Richard Gere,Cate Blanchette, Heath Ledger,Ben Whishaw e Marcus Carl Franklin

R – Rohmer – La sensazione generale è un tuffo nella sensuale tranquillità dell’Arcadia.Tutta colpa del contrasto con le emozioni forti trasmesseci  in sala da temi civili d’assalto, noir sociologici , gialli col messaggio e accoppiamenti d’oriente quanto mai espliciti e scollacciati.Il maestro Rohmer invece qui si ispira ad un romanzo fiume di 5000 pagine l’Astrée, di Honorè d’Urfè .Nella Gallia dei Druidi un equivoco tra la bella Astrea e il pastore Céladon genera tentati suicidi e travestimenti.Il film è bellissimo e poi il maestro Rohmer a 87 anni può permettersi di fare quello che gli pare.

R – La ragazza del lago – Ovvero i segreti di una provincia che da Norvegese com’è nel romanzo di Karin Fossum dal quale è tratto il film,diventa del nord est italia,ricco e isolato. C’è un misterioso delitto e le indagini sono al solito , l’occasione per esplorare altri misteri : le infelicità rimosse o lo scontento delle persone che vivono nascosta in ville lussuose, in contesti che sembrano così lontani dal crimine e che man mano che il detective procede , ci appaiono deviati e complessi.Ancora una volta è il crimine lo strumento più utile a rivelare questi universi segreti  e le ragioni del delitto che sono sempre più forti del delitto stesso.Ritmo narrativo studiato (del resto Andrea Molaioli il regista è alla sua opera prima ma ha tanto di quel mestiere per le mani da non ignorare le regole del racconto) e un Toni Servillo nel ruolo del commissario anch’egli col suo bravo bagaglio di misteri ,al solito eccellente

S – Slanci  - In Italia se hai cose da dire, non puoi farlo. Le ali di qualsiasi slancio creativo vengono stroncate . Due film in due anni. Ma di che ali parla  Sabina Guzzanti?

S – Sukyiaki Western Django – Un sushi western by Miike Takashi.Omaggio a Django – Franco Nero – e a Sergio Corbucci.L’arrivo in una città percorsa da guerre tra bande, del castigamatti dal passato misterioso. Bel cameo di Tarantino.

T – Takeshi Kitano – Glory to the filmaker ! Avessi vent’anni m’iscriverei di corsa al fanclub di Kitano (molto coccolato dall’autore peraltro).Un gruppo di ragazzini dall’aria sveglia con una specie di elmetto in testa (distintivo del club e dono del Maestro) sembra faccia salti mortali per seguire  gli spostamenti del regista. Il film è di quelli da terremoto: per ottenere il successo planetario un film deve contenere tutti i generi horror ,comico ,musicale ,drammatico, commedia etc questa è la tesi di Kantoku Banzai! E Kitano – che ci vuole ? – realizza questo film definito cubista che a me è sembrato tra i più belli.

UGli Uomini  che mascalzoni – ovvero Parlami d’amore Mariù. Vittorio De Sica e Assia Noris in un incantevole film di Mario Camerini ,anno millenovecentotrentadue nello smagliante bianco e nero della copia restaurata di fresco.Telefoni Bianchi.

V – Valzer –  Un unico piano sequenza,un film senza montaggio.Tutta una tirata per il regista e per gli attori la tensione e concentrazione dei quali, è impressa nella pellicola insieme all immagini.

V – Veltroni – Műller, acidulo ha detto che il vero presidente di Romafilmfestival  è Veltroni che non sfigurerebbe nemmeno come  presidente del festival di  Cannes. Clooney invece ha apertamente sostenuto essere Walter Veltroni,il miglior leader politico a livello internazionale.Tiè.

V – Variety – E’ presente a Venezia la famosa rivista americana con un gruppo tostissimo di giornalisti che lavorano in continuazione.

W – Woody Allen – Delitto e (niente ) castigo ma  di sicuro colpa . C’è molto Dostoeskj, scrivono i giornali, in questo suo Cassandra’s Dream.In realtà questo film che non è piaciuto molto, non si discosta affatto dalle tematiche care ad Allen.Che poi si rida o meno è un particolare di poco conto.La sua visione del mondo è comunque disperata,pessimista non incline alla speranza.C’era assai poco da ridere del resto anche in Interiors,o in Settembre o in Crimini e Misfatti o in Un’altra donna i più europei dei suoi film.

Z Zuzzurelloni. Noi tutti che a forza di sciamare nel Paese dei Balocchi, guardare da Kluge a spaghetti western al cinema asiatico a quello italiano,  non ci riesce molto di ciondolare nei bar ,nei ristoranti, o alle feste come sarebbe giusto  ma che nonostante tutto , più che  quella dei cinéphile abbiamo mantenuto l’aria solita ,quella dei migliori allievi della Scuola Vitelloni.(ciao Federico).

Una lezione ricevuta

Una lezione ricevuta

Prima di pubblicare le impressioni sulla Mostra, dirò che il Cinema è tutt’altro che fuga evasione, full immertion in altre realtà e anche quando se ne consuma molto, come accade in queste circostanze in cui il rischio rimbambimento da immagine è sempre dietro l’angolo,induce automaticamente a riflessioni più profonde di quanto si possa credere.Prova ne è che la visione prolungata e continuata di circa cinquanta opere ( su duecento ..ma bisognava essere ubiqui) non ha mai prodotto nei miei compagni di avventura ne’ in me,alcuna sorta di astrazione, mantenendo intatta l’abitudine di leggere un quotidiano o ascoltare un notiziario per seguire i fatti politici o di cronaca o quel che è.Sempre mi colpisce come sia possibile essere un paio d’ore in Minnesota nell’ottocento, al buio di una sala e ritrovarsi a riflettere pensiero dopo pensiero sulla più bruciante attualità.Come in una sorta di reazione a catena che dopo averti fatto compiere un triplo salto mortale con avvitamento, ti catapulta attraverso due secoli,nel presente e se hai colto il senso del viaggio,nel futuro.Ha detto Alexander Kluge presente alla Mostra con una ricchissima rassegna :

L’attualità ossessione del mondo (e del cinema): la realtà presente si da delle arie come se fosse vera.Essa lo diventa tuttavia solo quando include il passato,il futuro e soprattutto i desideri e il senso del possibile.

Eccoci al dunque : Allora perchè la nostra scelta deve essere tra sicurezza (reale o percepita) e solidarietà .Tra sviluppo e stato sociale.Tra arte e mercato e tra tutta quella infinita gamma di quesiti binari a scelta obbligata.O l’uno o l’altro.A cosa ci servono la Politica,le Tecnologie il Progresso,la Cultura se non a formulare soluzioni che contengano anche il senso del possibile e il desiderio di mondo migliore?Che cavolo di guerra è, quella fratricida tra chi protegge i poveretti e chi desidera città più sicure?E con questi anacronistici e sterili schematismi, come pensiamo di affrontare un futuro che sempre di più sospingerà i poveri ad emigrare ad inurbarsi a campare di espedienti? O una massa di diseredati in movimento ogni mattina per risolvere il problema della sopravvivenza o gli squadroni della morte?Questa non è la realtà è una realtà che, in entrambi i casi,  si da arie.Ha ragione il maestro Alexander Kluge.

Aspettando Venezia ( Roma,Torino etc)

Aspettando Venezia ( Roma,Torino etc)

Marco Múller alla fine del proprio mandato direttoriale (ma si spera nella riconferma),ha portato a casa , un sacco di bei risultati. Gli autori in concorso – Loach, Branagh, Rohmer  ed altri –  promettono una competizione avvincente dall’ esito niente affatto prevedibile .

Tra i ventidue in gara , tre nostri esordienti. Vincenzo Marra, Andrea Porporati e Paolo Franchi . Pochetti in verità  ma si potrebbe ripartire da lì. E da una nuova Legge . Finirla con le sterili polemiche (botteghino o qualità?) e mettersi a lavorare per il futuro.

Il movimento dei Cento Autori ci ha chiarito le idee : Lo Stato con la legge Urbani  finanzia il cinema con 79 milioni annui. Briciole, se si pensa ai 690 milioni di euro erogati all’editoria, per non parlare dell’attenzione che  Germania (250 milioni) Spagna (90 ) e Francia (un miliardo circa) destinano alla propria industria cinematografica.

Come se non bastasse, un meccanismo perverso porta a distribuire i pochi quattrini a disposizione su molti film : morale: oltre che esiguo, il finanziamento rischia di essere inutile.

Poi c’è il problema della distribuzione.Non tutti i film riescono ad uscire nelle sale, pertanto non tutti i finanziamenti vengono restituiti come previsto.

Serve una legge per finanziamenti più mirati, che accantoni  il reference system che finisce con l’assegnare i quattrini a chi non ne ha bisogno e che si adoperi per premiare gli esordienti e i film di qualità.

Nel cassetto qualche buona proposta da mettere a punto c’è : Negoziazione separata dei diritti relativi ai film, sgravi fiscali a chi investe in cinema e – finalmente ! –  l’Istituzione del Centro Nazionale per il Cinema & gli audiovisivi che dovrà assegnare i fondi attraverso criteri  – arifinalmente – certi e cioè al 75% automatici e al 25 % discrezionali.

Poi c’è la tanto decantata tassa di scopo, la quota di prelievo su tutta la filiera industriale del settore cinema ,che dovrebbe integrare la quota FUS per una cifra ipotizzata intorno ai 300 milioni di euro.

Simili ipotesi sono ispirate al modello organizzativo e legislativo  francese ,quindi molto sarà da adattare alla realtà italiana strutturalmente e soprattutto culturalmente tanto diversa a partire dalla considerazione che qui da noi si ha del cinema.

L’importante però è partire, soprattutto l’importante è tornare a fare cinema e cinema indipendente quanto più è possibile. Affrancarsi dal duopolio Rai Mediaset e dalla politica, sarà l’unico modo per  tornare all’Arte.

Nell’illustrazione la sfera di Dante Ferretti per Federico Fellini Prova d’Orchestra,simbolo di Venezia 2007

Se ad essere malata è l’America

Se ad essere malata è l’America

sicko05Michael Moore, a Roma per presentare il suo Sicko (un termine che in slang vuol dire malato) mette in guardia le platee stracolme di fans  e ministri , soprattutto dalla tentazione americanizzante.Saremo anche la più grande potenza al mondo – precisa – ma abbiamo un’attesa di vita inferiore alla vostra, a causa del servizio sanitario  completamente in mano alle assicurazioni private, con tutto quel che ne consegue.E quel che ne consegue è raccontato attraverso le testimonianze dei malati respinti dagli ospedali per coperture assicurative insufficienti, dai pompieri di Ground Zero abbandonati ai propri enfisemi dopo l’11 settembre,  agl’infortunati sul lavoro costretti a scegliere quale dito della mano farsi ricucire dato il costo differenziato di ciascun intervento per ciascun dito.Storie di ordinaria ingiustizia che culminano col viaggio verso Guantanamo di tre imbarcazioni nel provocatorio e vano tentativo di far curare alcuni pompieri nell’ospedale del carcere o nell’elenco, in ordine alfabetico, delle malattie alle quali le assicurazioni  rifiutano la copertura, sulle note di Star wars.Iperbolico,comico,situazionista, dal ritmo narrativo incalzante, questo film ha guadagnato al suo autore oltre che la Palma d’Oro a Cannes ,anche una sequela di guai giudiziari che vanno dalla violazione dell’embargo alle numerose citazioni da parte delle case farmaceutiche. – Noi tutti  – aveva detto dal palco del Kodak Theatre, ringraziando per l’Oscar a Bowling for Columbine – siamo qui per documentare la realtà ma viviamo in un’ epoca fasulla…- Allora si riferiva alla Menzogna  in virtù della quale l’Iraq era stato invaso, oggi sembra ammonire che il servizio sanitario americano così brillantemente rappresentato nei telefilm ER o Doctor House, non è precisamente come viene descritto.

Il potere della macchina da presa (The touch of devil)

Il potere della macchina da presa (The touch of devil)

Orson welle563075929_8c53f6c143Un movimento di macchina girato tutto in una inquadratura,senza stacchi di montaggio, della durata di quattro minuti e trenta  che inizia con il dettaglio di un uomo che piazza una carica esplosiva sotto un’ automobile in sosta. Un signore anziano e una giovane donna vi salgono sopra  e la camera  segue ininterrottamente la macchina che attraversa vari isolati ,varca il confine ed esplode.L’intera sequenza sembra la realizzazioni di certe strategie narrative secondo le quali la tensione è data da alcune informazioni rilasciate esclusivamente allo spettatore (o al lettore).Rendere disponibili più informazioni di quante ne abbiano i personaggi è lo strumento più potente della suspense.Siamo noi gli unici in sala a sapere che sotto quella macchina c’è una bomba e siamo anche di fronte ad una sequenza superba che traccia in uno spazio virtualmente infinito, la traiettoria di un movimento ampio e maestoso che celebra il potere della macchina da presa di librarsi ovunque e di essere a qualsiasi distanza da tutto    : dal dettaglio iniziale del meccanismo ad orologeria, al totale che la macchina da presa  delinea al massimo della sua altezza da terra  incorniciando l’intera prospettiva della cittadina di confine.Orson welles21415281_4bf9bde1af

Un enorme soprabito grigio,l’ampia camicia bianca, le bretelle con l’attaccatura a ipsilon, la cravatta sciupata a piccoli rombi chiari su fondo scuro. E il bastone. E’ in questi panni che  Quinlan – Welles fa la sua apparizione nel film The touch of devil (L’infernale Quinlan) –  Una bellissima figura carnosa, greve, impastata di machiavellismo scriverà Italo Calvino. L’ingresso vale già da solo il capitolo di un romanzo,Welles  aveva lavorato sulla propria immagine con lo stesso accanimento che rivelerà ogni inquadratura. Questo film, una sorta di misterioso avamposto di disincanto,violenza e rammarico abissale, racconta di Hank Quinlan poliziotto che regna incontrastato in una zona di confine tra Stati Uniti e Messico fin quando un investigatore messicano, coinvolto accidentalmente in un’ indagine insieme a lui, non scoprirà che Hank, circondato dalla fama di avere un’ intuizione prodigiosa, ha l’abitudine di fabbricare prove false contro i suoi sospetti. Di qui l’ intreccio allusivo e sfuggente, una regia di straordinaria potenza drammatica supportata da angolazioni,montaggio ,illuminazione,scenografie mentre tutto concorre  a conferire ad ogni sequenza un’energia che stordisce .Ed è anche,fotogramma dopo fotogramma,  l’ agognato ritorno alla regia di Orson Welles che the Touch of devil racconta.

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La scena che Welles amava di più è quella dell’interrogatorio di Sanchez,il presunto colpevole, realizzata nello spazio angusto di un paio di camere.Spostando pareti mobili e studiando al millimetro la distanza di facce e corpi dalla macchina,disegnando minuziosamente la composizione dell’inquadratura ma soprattutto trascinando lo spettatore in una scena talmente dialogata che tutti gl’interpreti ricordano come un tour de force micidiale,il regista mette insieme una sequenza di grande tensione.E’ anche la scena che consente a Welles di enunciare uno dei più saldi principi dell’estetica cinematografica : i migliori movimenti di macchina sono quelli che non si vedono.La concitazione drammatica dalla quale veniamo presi,non ci consente di percepire la completa assenza di stacchi interni e tantomeno il continuo e vigile movimento della macchina da presa.

Orson quarto uomoQuando Orson Welles scrisse e diresse  The touch of Devil aveva quarantatrè anni.Il cinema racconta spesso di rapide ascese e violente cadute ma nella vita reale non è così frequente trovarne di repentine come quelle che dovette subire lui.Negli anni trenta aveva terrorizzato un’ intera nazione mettendo in scena alla radio La guerra dei mondi.Era divenuto l’intellettuale di punta del teatro americano e agli inizi degli anni quaranta, il cinema gli era stato offerto perchè ne facesse quel che voleva.Fu così che dal suo incredibile Talento nacquero film senza i quali il cinema sarebbe stato di sicuro diverso.Poi le cose andarono in maniera tale che poco meno di vent’anni dopo Citizen Kane, ritroviamo Welles nei sobborghi di Los Angeles con il copione di un noir in mano a girare di nuovo per un grande studio .Conosceva bene Shakespeare e aveva una certa  conoscenza dei mezzi di comunicazione, soprattutto aveva nelle corde l’arte della regia teatrale intesa come responsabilità e direzione degli attori e di tutto ciò che fa parte della scena quando ancora non era stata canonizzata dalla cultura contemporanea,se non da alcune frange dell’avanguardia.Eppure per buona parte della sua vita Welles sognò il cinema.L’occasione  si ripresenta con il ruolo di Quinlan truccato con abnormi borse sotto gli occhi,un enorme naso finto e un inedito taglio di capelli.Sceneggiatore ,regista e attore.Il giusto risarcimento per vent’anni di sofferta lontananza dal set.