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Categoria: La fabbrica del cinema

Guardare, Inquadrare,Filmare

Guardare, Inquadrare,Filmare

Hai visto l’Eclisse?Io ci ho dormito.Una bella pennichella.Bel regista Antonioni.C’ha una Flaminia Zagato.Una volta sulla Fettuccia di Terracina m’ha fatto allungà il collo.

Michelangelo Antonioni non ha mai perdonato a Dino Risi questa battuta tratta dal film Il Sorpasso, dal canto suo Risi ha sempre risposto che quell’espressione era strettamente funzionale alla sceneggiatura :serviva a meglio definire la superficialità  del personaggio interpretato da Gassman . Al di là delle antiche ruggini (ogni film di Antonioni era puntualmente celebrato dalla critica, quelli di Risi, un po’ meno) il sentimento del Comune Spettatore rispetto ai film di Antonioni, era proprio quello descritto nel Sorpasso.Michelangelo Antonioni che raccontava i silenzi e l’incomunicabilità – come si diceva allora – in pellicole di una lentezza estenuante non faceva film molto popolari.Ne’ dal tratto fortemente sperimentale del suo cinema, ci si sarebbe potuto attendere di più.Ma le diciassette macchine da presa che nel 1970 filmarono l’esplosione dei simboli del benessere e del consumismo con sottofondo di musica dei Pink Floyd in Zabriskie Point, scrissero egualmente una pagina memorabile della storia del cinema anticipando di parecchio i contenuti,le idee e i drammi del futuro.Antonioni mancava da molto tempo,il suo ultimo film   – Al di là delle nuvole – nato da un consorzio artistico incredibile con Wim Wenders e Tonino Guerra è del 1995 ed è dedicato alla rinuncia dello sguardo che s’interroga su cosa c’è al di là delle nuvole dopo aver tentato invano di portare in scena la vera immagine della realtà assoluta.La cronaca di un tormento ed insieme un saggio in forma di fiction su cosa significhi guardare,inquadrare,filmare.

 

La lanterna magica

La lanterna magica

Ingmar Bergman set 1957

Bergman metteva in riga i miei migliori (e scomposti) istinti di spettatrice.I suoi film non lasciavano molto spazio alla fantasia, ne’ alla riflessione, ne’ alla fuga .Faceva, diceva, esprimeva tutto lui .Ogni volta – che rabbia – era sufficiente sedersi e guardare.E ogni volta l’intreccio consueto: immagini e dialogo in perfetta alchimia, risultavano esaustivi. Cos’ altro si sarebbe potuto aggiungere a Sinfonia d’autunno a Fanny e Alexander al Settimo sigillo a Scene da un matrimonio o al Posto delle fragole? Proprio nulla . Per questo nonostante il sentimento di profondo rispetto e la consapevolezza di essere al cospetto di autentiche opere dell’ingegno,io Bergman non l’ho mai davvero amato.Però non ho perso un suo film, ne’ una sua produzione televisiva,ne’, quando è stato possibile,una sua opera teatrale.Capitava a me ciò che spesso accade con quelle persone che si stimano moltissimo .ma alle quali ,per pudore, non si riesce a dare del tu.

Nell’illustrazione Ingmar Bergman sul set di Settimo Sigillo

Bree (e le altre)

Bree (e le altre)

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E’ finita mercoledì scorso la terza stagione delle Desperate Housewives lasciando aperta ogni singola vicenda delle abitanti di  Wisteria Lane, a soluzioni che potranno agevolmente dipanarsi nella prossima serie. Checchè se ne pensi, Desperate è un prodotto televisivo dai molti pregi. Il mix giallo rosa è ben amalgamato e il contrappunto esistenziale introdotto dalla voce narrante, arricchisce notevolmente il racconto senza scadere troppo nel moralistico melenso (alle volte è un attimo) . Da ultimo: il dialogo serrato  e vivacissimo è di buon livello ed ironico senza forzature. Riflettendo su questo tipo di telefilm di pura evasione ,dal costo, almeno fin qui, non elevatissimo – quasi tutto si svolge in interni , case dislocate nei 100 metri di un tratto di strada e in altre semplici  ambientazioni ricostruite in studio – dalla sceneggiatura  accurata e coerente nonostante i mille intrecci , non si capisce bene perché  le nostre serie televisive non riescano ad avere la  stessa verve e lo stesso successo e soprattutto vendano così poco all’estero.Personalmente non sono riuscita ad andare oltre la terza puntata dei Cesaroni (troppi stereotipi) e di Un ciclone in famiglia (troppo Vanzina) che pure sono interpretati da bravi attori.Il punto credo sia nella sceneggiatura, vicende famigliari, complicazioni  sì, ma con l’happy end troppo a portata di mano,personaggi complessi e pieni di difetti ma che poi trovano remissione dei peccati e facile ravvedimento nell’arco di una o due puntate. Desperate è diverso : non c’è una figura femminile che abbia un buon carattere o un tic che l’abbia portata sull’orlo della crisi di nervi, quando non alla violazione delle regole di buona convivenza eppure alla soglia della quarta stagione e nonostante discrete peripezie,ognuna è rimasta quel che era, senza miracolosi interventi d’innamorati o di vicissitudini strazianti.Come poi, in fondo, è anche nella vita.

Nell’illustrazione : il personaggio preferito

Save Harry

Save Harry

harry

Sette libri di successo con inclinazione alla  Saga, non sono uno scherzo e anche se si tratta di letteratura per ragazzi, l’impalcatura narrativa, in tal caso robusta e strutturata, rende oneroso  il governo delle storie che vi  s’intersecano.In quel di Hogwarts poi, ce n’è un assortimento .Tant’è che J.K.Rowling, l’ immaginifica autrice di Harry Potter,avverte che le incongruenze della narrazione, debitamente elencate nei siti dei fans, sono tutte vere,talmente inevitabili che nemmeno se ne scusa ma, britannicamente, rimanda i cultori delle incoerenze drammaturgiche ,dal suo sito a quello degli esegeti.

harry potterStanca, dev’essere stanca, seppure in  buona, (letteraria) compagnia di illustri predecessori,da Doyle a Camilleri a Simenon ,tutti sono passati per questa insofferenza da lunga coabitazione con la propria creatura. L’autore del resto, è una specie di padreterno che fa e disfa e come niente, distrugge, con buona pace dei lettori e degli editori che, a diverso titolo, si appropriano dei Personaggi.Dunque,informano le agenzie, a ridosso dell’uscita dell’ultimo film, Mrs Rowling, sarebbe intenzionata a farla finita con Harry Potter.Prevedibilmente i lettori, che per la maggior parte sono ragazzi con uso di Internet ,scatenano una campagna per salvare Harry da morte sicura. La Crudele Rowling si sarebbe in seguito a ciò  dichiarata possibilista  ma –  e qui le cose si complicano – ci sarebbe un altro problema: l’immagine di Harry è strettamente legata a quella di Daniel Radcliffe, non più adolescente e sempre più lontano, fermo l’impegno professionale della regia e del trucco, dalla grazia inquietante del giovane Potter tutto occhioni, occhialoni e ciuffo.Ci siamo già passati con 007-Sean Connery,dopo di lui, solo legnosità  (Roger Moore) e  piacionismo  (Pierce Brosnam).Non potremmo sopportare altri succedanei. Continuino pertanto i racconti, unico luogo in cui a the wizard boy, potrebbe essere concesso di avere eternamente dodici anni  ma appare inevitabile la fine (o il decadimento) dell’esperienza cinematografica.

Maggie Smith Emma ThompsonDa una parte è un peccato : il meglio del cinema (e del teatro) inglese da Emma Thompson a Maggie Smith a Imelda Staunton a Kennet Branagh a Julie Christie si è cimentato in queste produzioni diverse da quelle loro abituali .I film (l’ultimo più degli altri) sono giocattoloni ben confezionati, dalle scenografie mirabolanti come del resto gli effetti speciali.Buoni prodotti commerciali, coerenti e non privi di grazia, di messaggi positivi e di occasioni di puro divertimento.Tutto lì però.Dall’altra non si può pretendere che una medesima formula funzioni in eterno, con lo stesso campus gotico,le stesse scale (deliziose) che amano cambiare e gli stessi quadri alle pareti che improvvisamente si animano.Il cinema è più stereotipizzato, meno duttile della letteratura che invece contempla infinite soluzioni ed – è il caso – infiniti stratagemmi e magie.Non amo l’happy end e nella struttura narrativa, preferisco semmai il manifestarsi di un tenue filo di speranza,per questo the wizard boy non deve morire, come è giusto che non vinca, ma rimanga in vita, tu -saichi. Entrambi dovrebbero però rinunciare al cinema,lasciando così un ricordo gradevole e divertito delle reciproche performances.

Harry Potter 3

Harry Potter e l’ordine della Fenice è un film di David Yates prodotto dalla Warner Bros

350 Fifth Avenue (An affair to remember)

350 Fifth Avenue (An affair to remember)

empire state building

Mi sono sempre chiesta cosa possa aver spinto Leo Mc Carey a dirigere nel 1957 il remake di un suo film del 1939 .Quanto al fatto di aver buttato,in  entrambe le circostanze, tutto il peso del film sulle spalle di attori  dalla recitazione incredibilmente elegante, le idee sono più chiare. Quando la storia non c’è e la sceneggiatura fa acqua, non ci sono alternative :  o hai Charles Boyer  e Irene Dunne (1939 Love Affair prima versione) o Cary Grant e Deborah Kerr (1957 An Affair to remember seconda versione) o è meglio che lasci perdere.Le pellicole sono troppo lontane nel tempo per avere i dati del box office ma è possibile (soprattutto per la seconda versione con gl’interpreti all’apice delle rispettive carriere) che entrambe abbiano sbancato il botteghino.Resta il mistero di come una storia lacrimevole, tra le mille altre che Hollywood dispensava all’epoca, sia riuscita più di ogni altra a catturare le emozioni degli spettatori, a tal punto da richiederne una seconda edizione o a tal punto che nel 1993 Nora Ephron dirigendo Meg Ryan e Tom Hanks in un film – Sleepless in Seattle – compie un’operazione ben oltre il remake del remake,dove la narrazione di come il cinema condizioni la nostra vita,in qualche caso negli stessi impossibili termini della fiction, è la vera incontrastata protagonista della scena . Siamo dunque alla citazione e all’interpretazione del fenomeno,nonchè alla chiave del mistero: il tutto in versione cinematografica. Sleepless è la celebrazione delle storie lacrimevoli riconosciute come tali  ma che colpiscono egualmente l’immaginario.Non ce la danno a bere ma siamo noi che, nonostante tutto, ce la vogliamo bere. Deve essere andata proprio così, prova ne è che  Warren Beatty (proprio lui) e sua moglie Annette Bening ci hanno riprovato  nel 1994 con un ultimo remake :  Love Affair : rispolveratina modernizzante (non sono più navi ma aerei e sono anche cambiate le professioni) alla storia e l’ improbabile cameo di una Catharine Hepburn allo stremo delle forze.Poco importa se ciò non basta a nobilitare il racconto delle traversie di un amore impossibile ma che si vuol caparbiamente realizzare ,di un mancato appuntamento sull’Empire State Building e delle folgoranti  rivelazioni finali.Ovviamente in pieno periodo natalizio a degnamente coronare la Sconfitta delle Incomprensioni in un happy end in grande stile.So che non finirà qui.Ce ce ne saranno altri.Troppi archetipi da dissipare,grandi amori,bei tenebrosi scapestrati e signore eleganti da mettere la testa a posto a chiunque,troppo orgoglio, pregiudizio e sacrifizio.Troppi violini e vecchie zie stravaganti ma sagge, bislacche ma perspicaci.Soprattutto niente cattivi.A parte il destino.Lui sì che sa essere crudele prima di elargire la giusta ricompensa.

Dedicato allo spettatore ingenuo (l’unico possibile) e al glorioso incedere di Cary Grant sulle note di An affair to remember