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Categoria: La fabbrica del cinema

Spettatori

Spettatori

Radio city326423122_b6f70e2e13_bCon quanti spettatori ho condiviso un’esperienza cinematografica e quanti ne ho spiati  nascosta in cabina di proiezione?Una volta Cary Grant disse a Peter Bogdanovich che per lui l’esperienza più bella era andare al Radio City, un cinema di New York che contiene seimilacinquecento posti,a sentir ridere gli spettatori per qualcosa di piccolo e semplice  che aveva fatto sullo schermo.   Film e pubblico sono un’ esperienza visiva ed emotiva singolare.Ridere a crepapelle o piangere a dirotto,un film è sostanzialmente un dispositivo per ottenere dal corpo il massimo delle reazioni.Una volta uno dei più noti registi contemporanei fu portato via di peso dalla saletta di un cineclub romano dove proiettavano una maratona di classici della comicità del muto:una crisi esilarante in piena regola.Inarrestabile.Per avere una risata di quelle fatte bene,occorrono almeno un centinaio di persone per volta, dicono gli esperti.Oggi i film raramente sono consumati in riti collettivi di questa proprorzione ed intensità.Le nuove tecnologie sembrano di gran lunga preferire una fruizione individuale e isolata.Il tipo che ieri sul treno, era attaccato ad una cuffietta, a sua volta attaccata ad un pc portatile, sorrideva appena all’esilarante Tony Curtis  di Some like it hot.Tuttavia ho osservato le sue reazioni a scartamento ridotto. C’è un ‘altra scena nascosta in un film : il pubblico in sala.I movimenti,le risate,uno spettatore che per prendere posto oscura per un attimo lo schermo e rende improvvisamente molto più interessante la proiezione.Sono questi i momenti in cui si scopre quanto il cinema abbia presa su di noi,basta un breve abbandono della pressione che esercita l’immagine e il desiderio si riaccende.Quando il film (tutti ne hanno) ha un punto debole,il pubblico esce dallo stato di trance,si sistema meglio sulla poltrona,tossisce,si tocca i capelli,comunica brevemente col vicino.Vista da lontano è come un’onda di movimenti e spostamenti che percorre la sala come se esistesse, in questo, un accordo segreto tra congiurati.Il cinema non è uguale al sogno.L’illusione non è mai assoluta, c’è sempre una parte di noi che sa di essere al cinema come in questi momenti di stanca del film  in cui ci si assenta,lo si guarda senza vederlo, per poi riprendere il nostro posto al suo interno, non appena la narrazione torna in  quota.

Nelle peggiori famiglie

Nelle peggiori famiglie

nue proprietè 04Come da letteratura antipsichiatrica dei 60th e giurisprudenzial criminologica di epoche recenti , la Famiglia, dispensa nevrosi a piene mani e il divorzio, non ne parliamo.Se poi a tutto questo si aggiunge la presenza di beni materiali da spartirsi, la frittata è fatta e l’infelicità garantita per tutti i membri .Coprotagonista di questa opera seconda di Joachim Lafosse, Proprietà Privata (Nuè proprietè) è la Casa di Famiglia, l’alienazione della quale, scatena contrasti feroci fino a turbare l’ordine precotto del post divorzio classico : Grande armonia tra mammà e prole, da una parte , gran conflitto con papà che passa ogni tanto rifila quattrini ai figli (gemelli,credibilissimi tra l’altro) e litiga con mamma.

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Per essere questa  un ‘opera seconda, contiene fin troppo mestiere (che  peraltro Lafosse ha esercitato in numerosi e apprezzati corti) per cui dalla scelta degli attori ad un uso delle inquadrature altamente drammatizzanti,si capisce bene che il senso di disagio che alla fine della proiezione si avverte in sala tra gli spettatori,l’ha confezionato ad arte proprio lui,il regista,in un crescendo di esplicitezze narrative che gli si possono tuttavia perdonare.Sebbene una mano felice come la sua non dovrebbe aver bisogno di effettacci,l’entusiasmo per un tema che da sempre cattura la sua attenzione di regista lo spinto appena un po’ più in là.Incredibile la Huppert.

Proprietà privata (Nue propriété) è un film a colori di genere drammatico della durata di 92 min. diretto da Joachim LaFosse e interpretato da Isabelle HuppertJérémie RénierYannick Renier,Kris CuppensRaphaëlle LubansuPatrick DescampsDidier De NeckDirk TuypensSabine Riche.
E’ anche noto con il titolo internazionale Private Property.
Prodotto nel 2006 in Francia, Belgio, Lussemburgo e distribuito in Italia da Bim Distribuzione

I’ts a flaw in the iris

I’ts a flaw in the iris

ChinatownThere’s a flaw in your eye.E’ una delle battute più celebri di Chinatown di Roman Polanski.Jack Nicholson si avvicina a Faye Dunaway e ne scruta l’iride da vicino mentre lei gli medica il naso ferito.I’ts a flaw in the iris.L’immagine del difetto nell’iride annuncia l’occhio deturpato dal colpo di arma da fuoco nel finale.La ripetizione di eventi che hanno analogie di qualche tipo all’interno di un film non è mai una cosa che lo spettatore percepisca come accidentale.E’ una forza tipica dei film quella di stabilire relazioni tra le cose il cui potere è di proiettare un senso sulle cose in generale.Per buona parte del film Nicholson e la Dunaway si scambiano battute micidiali,strumenti di gioco e difesa.Quando finiscono a letto è come se si abbandonassero l’uno all’altra spossati da una lotta giocata quasi esclusivamente sulle parole.Chinatown è un film elegante,una ricostruzione degli anni trenta e del mondo di Dashiell Hammett ma l’apparente noncuranza con la quale viene alimentato lo spessore dei personaggi e dei loro anfratti psichici è in realtà al servizio di una severa disamina di ogni mondo possibile,senza appello o riscatto.Nella fotografia ambrata e nelle raffinate scenografie Polanski dissemina alcune tracce insistenti che solo l’epilogo può decifrare :come la figura dell’iride macchiata di Evelyn e del fanalino infranto di Jake.Il personaggio vittima della più ingiusta delle violenze,muore nel più ingiusto dei modi : il mistero viene risolto ma il potere della violazione e del sopruso sotto l’ordine apparente rimane lo stesso di sempre.Inutile lottare : è Chinatown

Il pranzo di Babette (Les cailles en sarcophage)

Il pranzo di Babette (Les cailles en sarcophage)

Fine del diciannovesimo secolo in una piccola comunità religiosa dello Jutland,un microcosmo fatto di moralismi dove i desideri e gli istinti vengono controllati e compressi, irrompe Babette, ex chef del  Café Anglais di Parigi, risvegliando la passione, le emozioni e il gusto per il bello, attraverso un pranzo che cambierà il destino del villaggio e dei suoi abitanti. Man mano che l’organizzazione e la confezione del banchetto – dalla ricezione delle materie prime, raffinate e sconosciute e delle casse di vino, agli assaggi consumati in cucina ed offerti allo sguattero, fino al pranzo vero e proprio –  procedono, i personaggi sembrano infatti liberarsi da una sorta catena che li lega da anni: cominciano a rivelarsi cose mai dette prima mentre una sconosciuta vitalità  fluisce  nei rapporti tra le persone.Un film sulla generosità,sulla riconoscenza e sul potere dell’arte nel significato più ampio e pieno del termine. Nell’epilogo (Babette ha speso tutto quanto aveva per rendere felici i suoi ospiti e se stessa ) tutto il  senso del racconto :

Alla fine di un altro lungo silenzio Babette fece all’improvviso un sorrisetto, e disse:
” E come potrei tornare a Parigi, mesdames? Io non ho danaro.”
” Non avete danaro?” gridarono le sorelle, come con una bocca sola. “No," disse Babette.
” Ma i diecimila franchi?” chiesero le sorelle, ansimando inorridite.
” I diecimila franchi sono stati spesi, mesdames, ” disse Babette.
Le sorelle si misero a sedere. Per un intero minuto non riuscirono a parlare.
” Ma diecimila franchi?” sussurrò lentamente Martina.
” Che volete, mesdames,” disse Babette, con grande dignità.
« Un pranzo» per dodici al Café Anglais costerebbe diecimila franchi…..
“Cara Babette,” disse con dolcezza, ” non dovevate dar via tutto quanto avevate per noi”.
Babette avvolse le sue padrone in uno sguardo profondo,
uno strano sguardo: non v’era, in fondo ad esso, pietà e forse scherno?
“Per voi?” replicò. “No. Per me.”
Si alzò dal ceppo e si fermò davanti alle sorelle, ritta. “Io sono una grande artista,” disse. Aspettò un momento, poi ripetè: “Sono una grande artista, mesdames.”
Poi, per un pezzo, vi fu in cucina un profondo silenzio.
Allora Martina disse:”E adesso sarete povera per tutta la vita, Babette?”
“Povera?" disse Babette. Sorrise come a se stessa. “No.
Non sarò mai povera. Ho detto che sono una grande artista.
Un grande artista, mesdames, non è mai povero. Abbiamo qualcosa, mesdames, di cui gli altri non sanno nulla.”

*Le cailles en sarcophage insieme alla oggi proibitissima zuppa di tartarughe,sono il piatto forte del pranzo.

Il pranzo di Babette è un film di  Daniel Axel con Stephane Audrane,Ghita Norby,Bibi Anderson, Asta Espere Andersen.Danimarca anno 1987

Tratto dall’omonima  novella di Karen Blixen, ( raccolta Capricci del Destino) si è avvalso dei costumi di Karl Lagerfeld

 

A guide to recognizing your saints

A guide to recognizing your saints

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Guida per riconoscere i tuoi santi è uno di quei  film con le carte in regola :dai produttori (Sting e signora) ai premi ottenuti (il Sundance di Robert Redford, ma è anche stato  miglior film per  la Settimana della Critica a Venezia) e poi ci sono gli attori Robert Downey jr,Chazz Palminteri e Diane Wiest nonchè il regista di talento Dito Montiel alla sua Opera Prima.Infine ci si è messo anche Nanni Moretti che, conquistato dalla pellicola, ne ha organizzato l’anteprima al cinema Sacher, presenti più o meno tutti i santi fin qui nominati.Sting in testa,il quale dichiara di non voler far più il produttore (ed è un peccato) e a sorpresa anche Chazz Palminteri .Tutto l’armamentario fa pensare al  tipico film  indie destinato però a divenire mainstream della qual cosa non si può che essere lieti :

Storia di un ragazzo che tagliando i ponti con famiglia d’immigrati e amici bulli laggiù nel Queens,approda a Los Angeles e diventa sceneggiatore di successo.Intensa calligrafia fatta di incroci di flashback a contrasto seppure in modalità rigorosamente atemporale : da una parte il presente con Doneway azzimato e di successo ,dall’altra il passato con lo stesso Doneway un po’ più degagèe, figlio dell’immigrazione nicaragueno- irlandese vittima di emarginazione e miseria.

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Il ritorno a casa per assistere il padre moribondo diventa un ‘occasione classica  di riflessione sul conflitto presente/passato,qui Monteil affronta necessariamente un sistema emozionale complesso anche se l’indubbio talento gli consente di dominare con destrezza una materia, delicata e sempre a rischio di sbavature.Bello il set,le atmosfere e soprattutto la descrizione degli amici sopravvissuti all’aids alle sparatorie e alla galera.Sono loro i santi da riconoscere.

Guida per riconoscere i tuoi santi (A Guide to Recognizing Your Saints) è un film a colori di genere drammatico, poliziesco della durata di 98 min. diretto da Dito Montiel e interpretato da Robert Downey Jr., Rosario Dawson, Shia LaBeouf, Chazz Palminteri, Dianne Wiest, Eric Roberts, Channing Tatum, Scott Michael Campbell, Melonie Diaz.
Prodotto nel 2006 in USA e distribuito in Italia da Mikado