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Categoria: La fabbrica del cinema

Papè Satàn

Papè Satàn

Dino Risi ha novant’anni e  una sceneggiatura nel cassetto.L’ha scritta insieme ad Age e Scarpelli. Si chiama Papè Satàn,  sottotitolo: Visitate l’Aldilà : Il Papa annuncia che le Potenze dell’Oltretomba concedono il permesso di visitare Inferno,Purgatorio e Paradiso.Una troupe televisiva parte per un reportage filmato e scopre che Al Capone sta in cielo e Giovanni XXIII brucia agl’inferi.Un mondo alla rovescia  insomma ma poi si viene a sapere che è tutto un trucco della CIA della Coca Cola e dei democristiani.Il cinema ha qualcosa a che vedere con la longevità : Risi ,Antonioni,Olmi,Monicelli sfiorano tutti la novantina,Luciano Emmer,straordinario, l’ha superata da un pezzo e il suo ultimo film ha la verve di un giovane autore.

Forse è vero che il cinema di casa nostra, salvo rare eccezioni, non sa più parlare della società italiana.Il talento di Risi invece è tutto racchiuso nella capacità di fissare attraverso una singola inquadratura, un’allusione del montaggio,un’ impercettibile pausa nella recitazione,la Storia , come se puntasse la macchina sulla piccola vicenda dei protagonisti e poi  allargando via via l’inquadratura ci mostrasse un Contesto quantomai variegato eppure estremamente “leggibile".Sono sufficienti il bikini di Marisa Allasio allo stabilimento del Ciriola sul Tevere,il visone di Lea Massari e il montgomery di Alberto Sordi,la seicento di Tognazzi per raccontare gli anni cinquanta – sessanta,il moralismo,la caduta del sogno e il boom economico.

E poi Risi è il punto di congiunzione fra il Cinema e Roma come luogo ideale per indagare sui palazzi di potere,sulla povertà delle borgate,sul disfacimento della nobiltà e sulla irresistibile ascesa dei vincenti.Tutto è possibile in una città che concepisce solo l’eternità e l’istante presente. A Villa Borghese ci sono Vittorio Gassman e Anna Maria Ferrero nel Mattatore,poco più in là sul pratone dietro ai Parioli Agostina Belli nelle ultime sequenza di Profumo di donna.A Piazza Navona il Tigre i Seduttori della domenica,il Profeta e tutta la saga dei Poveri ma belli in cui l’androne di uno dei palazzi viene sostituito con un gioco di montaggio con quello di uno dei tanti casermoni di periferia.Roma del resto è un Mostro dove tutto s’affastella,si sovrappone,s’accumula.Poi ancora metafore e profezie, col palazzo di Giustizia in procinto di crollare In nome del popolo italiano,lo stadio vuoto in un pomeriggio di sole,primissime inquadrature di Straziami ma di baci saziami e a seguire un bel giro largo, Trinità dei Monti,San Pietro,Borgo Pio,Portico d’ Ottavia,Campo de’ Fiori,piazza Farnese,Ostia,Cinecittà e San Givanni Bosco .Ci sono anche le stanze del Papa  durante le indagini di un omicidio in Vaticano, ne Il commissario Lo Gatto.

Se poi si vuole fare un giro in macchina,c’è la spider targata Roma 329446 con a bordo Gassman,Trintignant e soprattutto  la modernizzazione del paese.Agosto 1962 in una Roma spopolata ,piazza di Spagna,piazza del Popolo,la Balduina,Monte Mario,San Pietro e poi l’Aurelia verso Castiglioncello.

Dino Risi abita al residence Aldrovandi vicino a villa Borghese.Quando  passo sotto le sue finestre mi viene voglia di dare un paio di accelerate come nel Sorpasso ma c’è rischio di andare a finire sulle rotaie del tram.Due o tre colpi di clackson però, li invio sempre, in omaggio al mito on the road dei nostri anni ruggenti.(chissà che parolacce).

Pasolini prossimo nostro

Pasolini prossimo nostro

E’ il 1976,Pasolini gira un film tratto da De Sade.Il set,una villa ai tempi della Repubblica di Salò, è uno di quelli “difficili”, un’ atmosfera cupa accompagnerà tutta la lavorazione, anche la troupe solitamente vivace e caciarona, avverte un senso di pesantezza .Pasolini ammette una sola fotografa, si chiama Barbara Berr, scatterà circa novemila foto di cui però il regista non autorizzerà la pubblicazione.

“Pasolini prossimo nostro” ,titolo ripreso da un testo di Klossowski “Sade mon prochain” che si trova  nella bibliografia di “Salò le 120 giornate di Sodoma”, è il  bel documentario di Giuseppe Bertolucci che  fa rivivere l’ombrosità di Pasolini e la sua generosità di linguaggio, attraverso un lavoro di selezione basato su materiale d’archivio.Un’opera  su “Salò” ,decostruita attraverso le foto di scena della Berr Una riflessione  sul passare del tempo e la rimessa a punto dei percorsi ideologici.Pasolini nel 1976 aveva già parlato di violenza,di bullismo delle bambine violentate con riti Maya,dei teocon  e del trash.Ne parla in particolare in questa intervista filmata concessa al giornalista Gideon Bachman che sarà pubblicata su “Sight and Sound” “Nel mio film c’è molto sesso, ma il sesso che c’è nel film è il sesso tipico di De Sade, che ha una caratteristica sado-masochistica. Questo sesso ha una funzione molto precisa nel mio film, quella di rappresentare cosa fa il potere del corpo umano: l’annullamento della personalità degli altri, dell’altro. … il sesso ha una grande funzione metaforica … metafora del rapporto tra potere e coloro che ad esso sono sottoposti … C’è una frase in particolare che faccio dire ad uno dei personaggi del mio film: “là dove tutto è proibito si ha la possibilità reale di fare tutto, dove è permesso solo qualcosa si può fare solo quel qualcosa “ Rievoca i giorni da lui stesso vissuti nel Friuli “annesso burocraticamente alla Germania: si chiamava Litorale adriatico. Qui ho passato giornate spaventose: qui c’è stata una delle più dure lotte partigiane (nella quale è morto mio fratello), qui i fascisti erano dei veri e propri sicari” .

Tuttavia ad una sollecitazione di Bachman, risponde di non credere che i giovani potranno capire la lezione del film perchè “hanno nuovi valori“:Di questo torna a parlare Pasolini,dell’ideologia consumista imperante per permissivismo con le sue concessioni dall’alto e che tutti sono obbligati a seguire (cos’è tutto questo romanticismo improvviso delle coppie che tenedosi per mano se ne vanno a comperare alla Rinascente o all’Upim?).Analizza il colonialismo e il cristianesimo,il ruolo dell’intellettuale e lo sfascio della società e intanto dietro alle sue parole,si susseguono le abbaglianti foto di scena di Deborah Berr.Ma quel che più attrae è il punto di vista non filosofico,non sociologico ne’ antropologico ma poetico,come se il fulcro del pensiero di Pasolini ivi incluso il suo lavoro di regista, ruotasse tutto intorno alla creazione di un armamentario poetico tale da sprigionare quella libertà creativa che fu di Medea film che, come ha più volte detto Bertolucci, non solo non riusciamo più a realizzare ” ma neanche a pensare

“Pasolini prossimo nostro” è un film di Giuseppe Bertolucci prodotto dalla Ripley’s Film su materiale d’archivio di proprietà della Cinemazero

Show me

Show me

I registi sono così :a sentire loro,non raccontano,non criticano,non graffiano,non lanciano messaggi,non denunziano (anzi, in una delle ultime interviste, Tornatore ha pure detto : “per le denunzie rivolgetevi alle autorità) e soprattutto guai a chiedergli di decodificare i simboli e le metafore di cui sono abbondantemente cosparse le opere loro (persino Fellini aveva la faccia tosta di andare in giro a raccontare che “Prova d’orchestra” non conteneva presagi di sorta.).Con  Altman succedeva più o meno la stessa cosa: “social critic” lui? Macchè, soltanto interessato alle umane relazioni …e forse aveva ragione perchè la realtà “vista” attraverso le vicende dei suoi numerosi protagonisti non ha bisogno di essere spiegata ne’ raccontata ne’ decodificata: è lì sotto gli occhi di chi la osserva ,nella battuta di caccia a casa di un lord inglese,nello studio di un ginecologo americano, in un atelier francese prima delle sfilate, sarà questo allora il motivo di tutta quella varietà di generi :  western,film intimisti,fantasy e commedie : una filmografia pantagruelica che va dal 1951 e arriva fino a pochi giorni fa, perchè Altman era ovviamente impegnato a girare un film su  una singolare gara di resistenza texana prima di essere ricoverato.Questo di sicuro, ma anche un grande amore per il proprio mestiere che lo ha istigato ad esercitare il talento e a cimentarsi nei generi e nelle avventure più disparate. Detestato  da Hollywood e dall’enstablishement per essere troppo poco incline al compromesso,visto dai produttori come il fumo agli occhi,era osannato dagli attori.Questo e solo questo ha potuto consentire la realizzazione di film corali con schiere di star a cachet sostanzialmente ridotto, liete di partecipare anche per soli pochi minuti (vedi Jack Lemmon in “America Oggi”) a progetti indipendenti in set a basso costo dove,per meglio ritrarre lo splendore del vero, erano sistemate macchine da presa e operatori per ogni dove.Ottantuno anni e un tardivo Oscar alla carriera, durante la premiazione Altman rivela di essersi sottoposto dieci anni prima ad un  trapianto di cuore e di aver scelto di essere operato nel massimo della segretezza.Perchè.La risposta è nella presenza costante durante la lavorazione di “Radio America,a Prairie Home Company” ,di Paul Thomas Anderson,il regista di Magnolia, pronto a subentrare nel caso Altman non avesse potuto portare a termine le riprese.Nessuna compagnia assicurativa avrebbe garantito quel set, senza questo crudele accorgimento.Se Altman avesse parlato,sarebbe stato difficile per lui continuare a lavorare.La seconda industria nazionale americana,non può permettersi incidenti di percorso.

Un film sulla morte, rappresentata dalla storia di una trasmissione radiofonica destinata a chiudere i battenti perchè la speculazione vuole abbattere il teatro dove viene registrata è l’ultimo lavoro di Altman e chiunque abbia vissuto il naufragio di un progetto,  può riconoscersi nell’atmosfera teneramente fallimentare di caduta del sogno che insieme all’Angelo della Morte è la vera protagonista del film.

Marie Antoinette

Marie Antoinette

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Via le Norma Shearer – pensa ..mamma sarò regina ….regina di Francia –
 via i John Barrimore, via Robert Taylor, legnosissimo e castissimo Fersen e via pure tutte le Marie Toinette del passato,magari teniamo a portata di mano “La presa del potere da parte di Luigi XVI” di Rossellini  per quella concentrazione in un solo luogo, Versailles,di complessi processi storici politici ed esistenziali,la Religiosa di Rivette per il punto di vista femminista sul 700 illuminista e feudale e Rohmer sui limiti rivoluzionari dei giacobini.Dunque qui non si tratta di piangere calde lacrime sulla sorte di una sventurata madre trucidata ma di capire il suo ruolo di donna anomala e regina  che costruì ma non subì, la fine del suo mondo.Bello più del previsto ma non solo ,come scrivono, per  l’idea postmoderna di una colonna sonora rock  ( Cure ,Air,New Order ) che, se è dissonante rispetto a epoca e costumi, non lo è affatto rispetto all’atmosfera del film ma per questo indagare  sullo smarrimento adolescenziale e sulle altrui aspettative, o sull’essere costretti a crescere in un mondo futile e vuoto in mezzo a rituali incomprensibili e grandi ostilità.La rivoluzione appare solo alla fine lontana in mezzo a bagliori e urla per la scelta di Sofia Coppola di enfatizzare l’isolamento dal paese reale affamato e in tumulto.Non sfugge (e tanta parte ha nel racconto) la grande complicità tra personaggio, regista e attrice in triangolazione quasi perfetta.La Dunst, perlacea, è una vera Toinette così come ce la tramandano i ritratti e d’altra parte chi meglio di Sofia Coppola del avrebbe potuto raccontare come si vive e si cresce quando si è figlie di uno degli oligarchi di Hollywood?

 

 

Marie Antoinette è un film di genere drammatico, storico della durata di . diretto da Sofia Coppola e interpretato da Kirsten DunstJason SchwartzmanRip TornJudy DavisAsia ArgentoMarianne Faithfull,Aurore ClémentGuillaume GallienneSteve CooganRose Byrne.
Prodotto nel 2006 in USA e distribuito in Italia da Sony Pictures Releasing Italia il giorno .

 

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I conti col passato che non vuol fare i conti

I conti col passato che non vuol fare i conti



A “ La sconosciuta”  di Giuseppe Tornatore, presentato nella sezione Première di Romafilmfestival,è andato il Blockbaster Award, il  riconoscimento dei noleggiatori.  Considerato anche il grande successo avuto con i buyers  stranieri – circa  23 paesi se lo sono attribuito nel corso delle trattative di  Businnes Street – si potrebbe pensare ad una certa vocazione commerciale  che il film  tutto sommato non ha.Tornatore si ripresenta dopo una lunga assenza, con un’opera per nulla conciliante,capace di scioccare gli spettatori perchè incentrata su due tipi di violenza,la sete di vendetta e la feroce criminalità est-europea scaturita dal crollo del socialismo reale e alimentata dall’adozione di spietate regole di sopravvivenza.Il primo tipo di violenza trova una bella illustrazione nella scena in cui la “sconosciuta” Irena, ragazza dell’est approdata in Italia,dopo aver insegnato a Tea,la bambina affidatale, come difendersi,la spinge verso un compagno di scuola manesco.Tea reagisce passando dalla difesa all’offesa con aggressività doppia rispetto a quella del suo avversario.Il secondo tipo invece è il tema principale della vicenda.L’odissea di Irena vittima di un feroce protettore che la obbliga a rimanere incinta per vendere i neonati al miglior offerente.Film dalle atmosfere dense,cupe, cosparso di  varie citazioni hitchochiane, fonda la  narrazione sull’uso del flash back  e di qualche iper effetto ,felicissima la scelta del “non luogo”  – metafora- :Trieste.Metodologia questa alla quale ,per altro, Tornatore ci ha abituati sia in occasione de “il camorrista” ambientato in una Napoli irriconoscibile, sia per la Sicilia di Malena.La Sconosciuta si colloca tra i  film migliori di Giuseppe Tornatore,regista accurato, con un gran senso degli attori e del dramma ma che lavora troppo poco.Ciò detto, nella speranza che il progetto ereditato da Sergio Leone,di un film sull’assedio di Leningrado possa trovare una realizzazione.