Sfogliato da
Categoria: Palazzo

Miserabili

Miserabili

(Il ministro dell’ Interno e vicepremier Matteo Salvini durante il dibattito in aula al senato sul voto di fiducia, Roma, 05 giugno 2018. ANSA/ANGELO CARCONI)

Come è potuto accadere lo sappiamo molto bene. Dove andremo a finire è meno chiaro  anche se gli esordi sono quelli che sono. Ma non si tratta solo di fogli persi, contratti, clausole, congiuntivi a vanvera e cravatte sbagliate. E nemmeno dell’accozzaglia di forze politiche ostili in campagna elettorale ed ora alleate sotto la guida di un incolore, improbabile, ancorché privo di qualsiasi autonomia, Premier.

Ergo, il giudizio su questo governo non abbisogna dell’attesa di provvedimenti. I nazionalismi non hanno mai prodotto  niente di buono (guerre, al più) mentre il ridicolo armamentario sovranista oltre che un fiero retaggio del tempo che fu, serve solo a gonfiare il petto senza offrire l’ombra di un vantaggio. Su tutto poi domina un cinismo fin qui sconosciuto anche alla Destra più becera : lasciare più di seicento persone in mare in attesa di conoscere il proprio  destino – come se non ne avessero avuto abbastanza –  al fine di farne un elemento negoziale con l’Europa è una crudeltà inaudita, non parliamo poi dello scopo biecamente elettorale, delle urne aperte sulla sofferenza del prossimo speculando sull’ignoranza e sulla paura.

Si sono messi a confronto con Malta, un’isola che ha un numero di abitanti inferiore ad un quartiere di Roma e che percentualmente accoglie più di noi. E infine hanno ricevuto una lezione dalla Spagna. Con ciò credo che Salvini abbia finito di fare il bullo con la chiusura di porti e confini.

Federatori di scontento (tutto è condonato)

Federatori di scontento (tutto è condonato)

 

 

 

 

Vent’anni dopo le promesse di rivoluzione liberale e cambiamento – sembra ieri, ma solo  perché qui da noi tutto quello che è successo ha prodotto, in termini di evoluzione  politica e sociale, risultati prossimi allo zero –  con un paese ancora da salvare – molto più dalle proprie endemiche cancrene che dalle arcinote tempeste internazionali – ci ritroviamo di nuovo alle soglie di una Scelta che si vorrebbe di radicale cambiamento ma che, allo stato, sembra lontana dall’essere tale.

 

Tema dominante di una campagna che di avvincente ha ben poco attraversata com’è da formazioni politiche con ragione sociale incerta – solo un paio partecipano per vincere  – non il lavoro, non le tasse,non la spesa, non il debito ma … la governabilità.

 

Non che si voglia svilire l’importanza di un governo stabile, solo non è chiaro come un quadro all’insegna della frammentazione potrebbe soccorrere il problema dell’eventuale stallo al senato, idem  la diffusa tendenza a partecipare per motivi altri dal vincere e governare.

 

La differenza che passa tra un partito che si presenta come possibile forza di governo e uno strutturalmente votato all’opposizione o alle alleanze post voto è dirimente: nello scarto che c’è tra l’uno e l’altro passano non solo la credibilità dei programmi ma, non ultima, una visione della società.

Che idea di paese può mai avere una formazione che non si pone il problema di governare?

 

Tramontato, almeno per il momento il bipolarismo, lo spazio del dibattito elettorale è praticamente occupato dal racconto dei retroscena, dagli strategismi, dalle variabili geometrie del chi si allea con chi, nel caso che….Né mancano ipotesi irresponsabili di sollecitazioni a spendere il voto in modo da determinare  una situazione di caos e ingovernabilità propedeutica ad un ritorno alle urne più …consapevole.(con un paese che nel frattempo è fallito…ma che importa?)

 

Un modo efficace di ammazzare quel che resta di una Politica già fortemente debilitata dal prevalere di logiche economiche imposte dall’Europa.In tutto ciò, il pragmatismo delle varie agende, ruolini di marcia, provvedimenti dei cento giorni o da prima seduta del consiglio dei ministri suona soltanto come finzione.Dopo anni di realtà virtuale arriva quella elettorale fatta di promesse irrealizzabili quando non rovinose, buttate lì  per catturare il consenso nella vasta area della disillusione e dello scontento.Abolizioni,restituzioni,detassazioni,condoni. La distribuzione pre-elettorale di generi di conforto ha cambiato passo.

 

 

Si dirà che in tutto questo bagaglio di storture l’infame Porcellum ha la sua buona dose di responsabilità  ed in parte è vero.In questo caso, resterebbe da stabilire  il perché  avendo per le mani un giocattolo difettoso,lo si utilizzi in modo tale da esaltarne le disfunzioni.Anomalia che chiama anomalia l’unico risultato garantito è il disorientamento.

 

Tuttavia quel che più sconcerta della disinvoltura con la quale i venditori di fumo spargono promesse è un’idea di interlocutore che sta tra l’ignorante,il fesso e il bisognoso di inquadrare il proprio disagio nella fantasia piuttosto che nella concretezza di prospettive realizzabili.Ma davvero siamo così?

 

E in caso contrario,non sarebbe tempo di fornire a questa schiera di manipolatori, una robusta dimostrazione di raggiunta maturità?

 

Nell’illustrazione Grillo in Veneto (foto dall’Huffginton Post)

 

 

Se non ora (filosofia della stecca para)

Se non ora (filosofia della stecca para)

 

Carlo Vanzina si è pubblicamente risentito per l’ accostamento delle ultime prodezze regionali col generone romano raccontato  dai suoi film. Giustamente. Luoghi comuni e Realtà che supera la Finzione,a parte, anche un film di cassetta ha una sua dignità mentre nel caso in questione si è finanche smarrito il senso del limite.

 

 

Circostanza acclarata nei tristi elenchi di cifre corrispondenti ad attività o categorie merceologiche improbabili in Politica ma anche nella vita di comuni cittadini, nelle scene madri della governatrice che, bretelle della lingerie in tinta e in vista, va in televisione a raccontare la favola bella dell’Insaputa (ma anche quella della sua campagna regionale costata sei milioni di euro, francamente troppi per portare a presidenza un’amministratrice che non si accorgeva). Da ultimo nei tagli che si vorrebbero purificatori ma che andranno in vigore dalla prossima consigliatura, nella completa assenza di provvedimenti di contrasto ovvero di meccanismi di controllo.Una sforbiciata qua una là mentre l’Ipocrisia impazza.

 

 

La Regione Lazio deve sette miliardi di euro ai propri fornitori, ha operato tagli consistenti a servizi essenziali  mentre l’addizionale, cospicua come si conviene ad una regione indebitata fino al collo, vola ad ogni alito di vento. Ovvio che non ci sia nesso contabile amministrativo tra finanziamento pubblico e quei debiti,tra lo champagne e i letti d’ospedale, tuttavia, populismo a parte, l’accostamento tra il malfunzionamento, i sacrifici richiesti e la disinvoltura della conduzione è inevitabile.

 

Non voglio credere alla veridicità di notizie circa un sistema denominato, con linguaggio prelevato direttamente dal vocabolario malavitoso, stecca para, secondo il quale si sarebbero sottratti  fondi a diversi capitoli di spesa per riversarli nel Finanziamento.Se così fosse, le responsabilità si allargherebbero e ci si dovrebbe interrogare anche sul comportamento dei pubblici funzionari.

 

Ma stecca para significa soprattutto che ce n’è per tutti in egual misura e pertanto se le forze politiche che affermano di fare un uso più virtuoso del finanziamento vogliono salvare un residuo di dignità,devono prendere le distanze dimettendosi : si torni a votare.

 

Una storia cominciata male con un’oscura vicenda di liste presentate in ritardo e finita peggio tra segnalazioni della Banca d’Italia, visite della Guardia di Finanza, iscrizione nel registro degli indagati, articoli di giornale a non finire e partecipazione ai talk show alla presenza dell’avvocato di fiducia.In mezzo : un governo degli affari regionali deprimente.E’ possibile che dal punto di vista contabile  puro e semplice o delle indagini davvero emerga che non ci siano state infrazioni, non così per quanto attiene il giudizio etico- politico : i fatti resterebbero comunque gravi a partire da quel famoso capitolo dei rapporti eletti – elettori che,per i cittadini del Lazio, per l’appunto resta solo un capitolo di spesa.

 

 

Boiate

Boiate

 

 

La boiata probabilmente consiste nel fatto di aver esteso i diritti di cui usufruiva solo una parte dei lavoratori a tutti gli altri, di aver introdotto – per la prima volta – controlli sulla effettiva necessità dei contratti  flessibili e per la faccenda dell’articolo 18 non abolito, com’era nelle attese, ma semplicemente adeguato alla legislazione dei paesi comunitari.

 

Altri sgarbi Confindustria non può aver ricevuto  da questa tardiva riforma del lavoro che il presidente Squinzi raccomanda di votare comunque, nei tempi dovuti, per le note questioni di credibilità internazionale.Boiata per boiata, il  messaggio è tanto ambiguo quanto indegno ma non tutto si può avere : nemmeno il bene di una terminologia acconcia.

 

Men che meno un briciolo di ripensamento per aver contribuito in maniera determinante a rendere il mondo  del lavoro uno scenario caotico tra immobilismo, furbizie e assurde pretese, investendo energie e quattrini  più per tener lontani i lavoratori dai loro posti che per mantenerceli o crearne di altri.

 

Le vere boiate andrebbero ricercate nel corso del tempo. Per anni e anni le imprese hanno adottato incentivi all’esodo e mobilità  come misura unica di governo del personale in esubero per i motivi più svariati  : svecchiamento, ristrutturazione, difficoltà economiche, il tutto risolvendo con accordi collettivi (e non) tra azienda e soggetti interessati, benedicenti le istituzioni e i sindacati senza che ad alcuno venisse in mente di mettere a punto un dispositivo di cui avvalersi nel caso fossero intervenute ragioni di difficoltà ad onorare  quei contratti, cause di forza maggiore nemmeno così difficili da prevedersi in epoca di crisi : si sapeva che prima o dopo si sarebbe dovuto mettere mano alle pensioni.

 

E adesso che è scoppiata una grana che rischia di compromettere i benefici economici di una riforma che non poco è costata,tutti a spremere la lacrimuccia per il fatto che dietro ogni motivazione, accordo o scadenza ci sono persone. Prima no?

 

Il decreto  annovera sette tipologie  di lavoratori, corrispondenti ad altrettante tipologie di accordo, li cito tutti : mobilità, mobilità lunga,fondi di solidarietà, prosecutori volontari,esonerati,genitori di disabili e Cessati ai sensi art 6 DL 216 2011. Sui numeri reali stendiamo un vel pietoso, non è la prima volta che ci sono discrasie sui dati – non è che tra questi bravi tecnici c’è un   ministro o un sottosegretario dei temporali che magari senza ricorso al tripudio di tromboni rimette a posto questa storia dei numeri che non tornano mai o che non si conoscono o che vengono male aggregati : capita oggi col lavoro, capitò con la riforma scolastica e se la memoria non m’inganna, anche ai tempi dello scalone i dati non erano mai certi – resta il fatto che se vale il principio di uguaglianza ,quando pure gli esodati di cui sopra fossero tre milioni avrebbero diritto al medesimo trattamento.Certo è che i contratti non sono tutti in scadenza a breve e che il Governo deve preoccuparsi di stabilire i principi, non ha l’obbligo di trovare la copertura finanziaria per gli anni a venire ma solo per quelli in cui è previsto rimanga in carica, anno finanziario per anno finanziario.

 

Ciò detto, quel che servirebbe è un lavoro chirurgico per le categorie non comprese in quelle già salvaguardate,sempre che si riesca a sapere quanti sono,per quale motivo e con quali scadenze. Auguri, tecnici.

 

Ogni volta che si pensa a quale governo per il futuro non si può fare a meno di considerare il nostro cronico malfunzionamento istituzionale, a quanto è di ostacolo per ogni minimo progetto di modernizzazione e a chi potrebbe essere in grado di mettere mano ad un’ impresa di semplice riassetto.

Piuttosto che correre ogni volta in difesa di questo o quel protégé accusato di inefficienza e più strillano e più s’indignano,più si capisce a quale compagine appartiene  la Creatura posta ai vertici dell’Istituzione incriminata, ma quando finisce questa storia della politica a invadere qualunque settore ? – piuttosto che prendersela con un governo o un ministro che in pochi mesi ha il compito –  per non dire l’obbligo – di realizzare quello che non si è fatto in vent’anni, varrebbe davvero la pena di riconsiderare le Persone offrendo loro soluzioni degne per l’intero arco della vita lavorativa e non tirandole in ballo solo quando fa comodo speculare sulle loro incertezze.Ognuno è una storia si sente ripetere con improvviso slancio sociologico – umanitario.Già: ognuno è una storia.E non sono storie.

 

 

 

Nell’illustrazione operai di una fabbrica cinese ( non so cosa stiano facendo, e non lo voglio sapere)

 

 


Cosa resta

Cosa resta


Cosa resta? Speriamo non l’idea di declino come da copertina di  Der Spiegel appena l’estate scorsa. Men che meno i sorrisi d’intesa di governanti che, se non ci fosse stato lui a coprire tutta la gamma dell’impresentabilità istituzionale,avrebbero avuto ben poco da ridere.


Tuttavia  i lasciti berlusconiani, consistenti e ben distribuiti, oltre la nostra dubbia reputazione sul piano internazionale , comprendono il modo d’intendere la Politica ma anche lo stile di vita,le relazioni umane,il linguaggio.Ci vorranno anni per bonificare, seminare,far crescere una nuova cultura e non è nemmeno detto che ci si riesca,avendo avuto Berlusconi l’abilità di intercettare ed incarnare i nostri istinti peggiori,quelli di cui prima ci vergognavamo e oggi non più.


Non a caso c’è chi già teorizza di irritualità liberatoria, gesti volgari, cene eleganti come segnale di discontinuità rispetto alle grisaglie e alle atmosfere curiali e vedovili (copyright Sorrentino) della politica  d’antàn. La pretesa rivoluzione liberale ridotta ad un fatto di costume :un calcio alle istituzioni e uno alle buone maniere ( ma egualmente grazie di cuore, reduci convenuti al Teatro Manzoni, i vostri apprezzamenti al passato prossimo, i toni ora stentorei, ora preoccupati, ora commossi anticipano l’ ufficio funebre alla cattiva politica).


E se sarà difficile mettere da parte quel sistema di valori così come furono elencati dalla signora De Nicolò nella nota intervista-manifesto resa al programma Ultima Parola, non altrettanto sarà per il recupero di regole e comportamenti che consentano alla Politica di tornare in campo da protagonista. E’ bastata l’iniziativa del Presidente Napolitano a rimettere in moto un dibattito stanco e avvitato su se stesso,è bastata l’idea di sottrazione del Capo a stimolare una  vera disputa  – seppure a suon di insulti – nel partito di plastica, e un’assunzione di piena responsabilità nelle altre compagini.Non che  risalire la china sia impresa da poco, ma da qualche giorno, è tornata la sensazione di essere sulla strada giusta.Per questo ogni manifestazione di entusiasmo, è lecita e giustificata.Non è certo con i Quaresimali che si rimuovono i problemi.

Col resto faremo i conti nel corso del tempo ,poichè i veri cambiamenti li realizzano i popoli, non i governi.Dunque tocca anche a noi, differenziando il pattume,riprenderci ciò di cui siamo stati privati.