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Categoria: Palazzo

Equità (poi…)

Equità (poi…)

Dev’essere stata quella sospensione per eccesso di ribasso del titolo Mediaset – meno 12% solo ieri –  a favorire il ritorno del buonsenso in Silvio Berlusconi che, verso sera, ovvero  in capo ad una giornata da tregenda – comincia con l’arrivo dei commissari europei, prosegue con il differenziale che di ora in ora aumenta e termina con un tonfo dei mercati – concede una timida apertura all’ipotesi di un governo presieduto da Mario Monti, nel frattempo divenuto con provvidenziale iniziativa del Presidente Napolitano, senatore a vita.


Il quadro generale d’altro canto non offre grandi prospettive di scelta nemmeno per l’imprenditore Berlusconi, mentre per il politico il tragitto,almeno di qui alle dimissioni, è segnato.

In un mondo perfetto, le elezioni avrebbero rappresentato la via maestra – lo era ancora un anno fa – ma il salvifico azzeramento, sancito dal popolo sovrano, di una classe dirigente inadeguata, dopo diciotto anni di disastri politici, economici,  etici e culturali, è ancora relegato nel libro dei sogni, atteso che una campagna elettorale lunga e sfibrante, oltre che esporci sempre più agli attacchi degli speculatori, decreterebbe definitivamente il divario tra Noi e la Realtà : litigare sulla tassazione della rendita o sulla revisione dell’articolo 18, mentre ci si avvia a passi da gigante verso il fallimento, non è il massimo.


Men che meno affidare le sorti del paese ad altro esponente – Alfano, Letta o chi per loro – della compagine che ci ha portato al disastro.

In un’ottica, che comunque è ancora  politica, di riduzione del danno, non resta che un governo del Parlamento guidato da una personalità che tranquillizzi l’Europa e i mercati e che faccia riguadagnare terreno al nostro paese.Almeno in termini di credibilità.Ma soprattutto qualcuno cui affidare un programma di riforme oramai divenuto indifferibile e che nell’ambito dei necessari sacrifici, impronti le misure ad un criterio oramai dimenticato : l’equità


E’ l’unico modo per far digerire alla Comunità Europea un ruolino di marcia – quello che il Parlamento si appresta ad approvare – che dal punto di vista del risanamento, fa ridere i polli. Senza considerare che essere obbligati alle cosidette larghe intese è probabilmente un passaggio necessario per quella normalizzazione – se in grisaglia o principe di Galles, poco conta – di cui, dopo anni di carnevalate, denunziamo estremo bisogno.


Avremo poi tempo per discutere su temi fascinosi e dirimenti quali la morte della politica e il trionfo dei mercati. Poi. E senza troppe lagne si spera,perché se così ci troviamo,la colpa non è certo solo dei Cattivi ma anche di noi presunti Buoni che con differenti comportamenti avalliamo classi dirigenti incapaci di risposte politiche degne.

(Nell’illustrazione la scala elicoidale del Mascarino. Si trova al Quirinale)


Acqua fresca

Acqua fresca

La missiva tanto sofferta altro non conteneva  che il  solito bric à brac  di cose date per fatte – ma solo annunciate – e altre impossibili da realizzare in tempo utile.E poi ancora tagli, mobilità e cassa integrazione agli statali, licenziamenti più facili che, bocciati ad agosto, rispuntano in autunno e palazzi for sale.Senza dimenticare il già previsto pensionamento (a 67 anni) del 2026 e il resto del corredo finto-liberale che va sotto il nome di Risanamento & Crescita ma è solo aria fritta, residuo di un’intensa stagione di talk show trascorsa a cantilenare le misure manco fossero la nota della spesa.


Omissioni e rimozioni come se piovesse, nella prima stesura –  la Crisi, del resto, è acquisizione recentissima, essendo stata negata fino a qualche mese fa – poi gli aggiustamenti – una data di qua, un tempo di attuazione di là –  sembra, su confidenziale istanza di Van Rompuy e Barroso (qualcuno dice sotto dettatura, ma sono i soliti maligni). Infine la presentazione a Bruxelles con tanto di trepidante attesa per gli esiti.



E il Vertice infatti ha risposto. Prima  una pacca sulla spalla (così, tanto per evitare che gli speculatori facessero cenere e panni sporchi delle nostre migliori intenzioni)  poi  la decisione di monitorare l’Italia nelle tappe e nei tempi annunciati dalla lettera .Come dire : una sorta di commissariamento in cui sarà Barroso il titolare delle verifiche. C’è poco da gongolare per il vivo apprezzamento : la terza economia europea, nonchè settima potenza mondiale, ha ricevuto, con ciò, uno schiaffone al cui cospetto le risatine dei giorni scorsi, sono solo acqua fresca.


Senza tirare in ballo, col senno di poi, la granitica maggioranza e l’imbarazzante consenso attraverso i quali questo governo avrebbe potuto metter mano a qualsiasi ambizioso progetto, ci si domanda chi mai potrà realizzare gli intenti dichiarati a Bruxelles. Visti soprattutto  i dichiarati scetticismi del Ministro del Tesoro e la difficoltà di reperire i voti necessari a licenziare qualsiasi provvedimento (ancora ieri, risse a parte,il governo ha registrato due sconfitte in sede di votazione parlamentare).


Non loro, gli eterni, arrembanti (e addestratissimi) ospiti televisivi – adesso poi che abbiamo rispolverato anacronistici sentimenti antifrancesi e antitedeschi, non c’è di che stare allegri – né lui che a margine di una riunione dalla quale non è certo  uscito trionfatore, non ha trovato di meglio che telefonare alla trasmissione preferita per annunciare in diretta il tradizionale : tutto va ben madama la marchesa.


E andava, a suo dire,  talmente ben, che Angela Merkel si era scusata personalmente per l’attacco di fou rire u.s. Tutto questo, mentre il portavoce del Cancelliere Tedesco, ingannando l’attesa del lancio di agenzia, twittava una secca smentita. Quando si dice il tempo reale. Lei, del resto, la poco avvenente signora, non se ne è nemmeno accorta, impegnata com’era  in un piccolo, marginale vertice con il presidente francese e le banche. Oggetto : come salvare la moneta unica.

A ognuno le incombenze che gli sono più congeniali.

(Nella foto della Reuters Angela Merkel consegna a Sarkozy  un dono per la sua ultima nata)

Per ora

Per ora

Dopo essersi  meticolosamente adoperati  a distruggere qualunque barlume residuo di solidale senso della collettività o coesione o quel che è, catalogando e poi ponendo gli uni contro gli altri  : disoccupati e garantiti, immigrati e autoctoni, nord e sud, moralisti e libertini e finanche belli e brutti, adesso la paura numero uno è rappresentata dalla pioggia di monetine.


Ovvero che il combinato disposto di risentimento e spirito di vendetta che può emanare solo  da un paese totalmente  immerso nel disagio sociale e in più  con prospettive minime di venirne a capo, gli si ritorca contro .


Di qui i sobbalzi della Lega e i risultati inattesi di votazioni precedute da straordinari interventi su garantismo e misura cautelare o  libertà e giustizialismo  (senza tralasciare, hai visto mai,  l’immarcescibile fumus persecutionis, in omaggio al latinorum o il  giacobinismo del libro di Storia letto male)


Il che,  dopo aver riempito, grazie ad una straordinaria – quella sì fase di totale inazione, le carceri di detenuti in attesa di giudizio,  appare più insultante di uno sberleffo e meno utile di un esercizio di stile.


Il silenzio che ha fatto da contrappunto alla lettura dei risultati della votazione alla Camera,  evoca lo Sgomento . Questa classe politica non ce la farà mai –  dai Mercati alla sora Lalla – a risultare credibile, né ad emendare se stessa, né a produrre altro che atti mirati alla propria conservazione o salvezza. Non è ormai più  il Titanic, scena della collisione  e seguenti disperati assalti alla scialuppa, siamo ormai al fischietto e al remo della ricerca dei sopravvissuti.


Almeno per ora.E con tanti saluti a chi, in tutto ciò, si ostina ad elencare arcinote  gratuità e privilegi  degl’ inquilini di Palazzo,invocando la sensibilità delle sforbiciate alla manicure o ai viaggi con accumulo di punti.Davvero la fine si allontana.

Götterdämmerung (dall’esito incerto)

Götterdämmerung (dall’esito incerto)

Parteciperei volentieri ad una Giornata dell’Insofferenza,  sentimento meno blasonato dell’Indignazione ma diffuso e trasversale come i  SI referendari e i No  a fatiscenti gestioni amministrative di qualche settimana fa. Vale per la protervia (e le liste di nozze) di certi ministri, per le agendine di Pontida con tanto di ultimatum,  scadenzario e conto della serva, ma vale anche per i conduttori in tuta da (altrui) lavoro, i sindaci che bevono a garganella acqua – divenuta pubblica – da fontane zampillanti,  i governatori con l’eloquio evocativo pronta cassa e le Divine che si fanno prendere le impronte digitali per solidarietà con i poveri cristi.


Il termine populismo – più due ministeri qua, meno qualche missione ONU o NATO là, diminuisci i parlamentari e rottama le auto di servizio, istituisci il senato federale e taglia le tasse e così via delirando –  oramai non basta più a definire l’air du temps, quantomeno non rende al meglio le componenti di burinaggine,  sciatteria  e inutilità ad affrontare anche la più piccola  contingenza di certe ricette buttate lì come l’osso al cane.

Beati i tedeschi che con i sostantivi composti riescono a stipare  le parole di concetti. In questo caso ci sarebbero anche imbroglio e falsificazione da aggiungere, ma con la lingua italiana si può far poco, le perifrasi sono indispensabili.

Dunque i colpi di coda, la classe dirigente sul far del declino, se li gioca in chiave di boutade e incartapecorite proposte – sempre quelle – incurante dell’Indignazione e della ribellione civica che hanno animato le consultazioni ultime scorse. Tanto poi tutto finisce nell’imbuto del dibattito parlamentare con fiducia accordata, grazie ai responsabili, compagine allargata a ben oltre gli Scilipoti.


Si galleggia. Le Camere non rappresentano più il Paese, l’incanto amoroso si è rotto  e mentre in Aula ci si compiace della tenuta, nella piazza antistante sgomitano  manifestanti di varie categorie che la polizia puntualmente carica. Più rappresentazione plastica di così.


La parabola del declino non è mai faccenda che si consuma in pochi attimi, tuttavia il contrappunto dei giudizi e delle iniziative delle agenzie di rating e le  nuovissime intercettazioni – lobby faccendieri e politica – disegnano un quadro ulteriormente tragico : da una parte un’economia disastrosa cui nessuno ha veramente intenzione di metter mano, dall’altra il totale disprezzo di qualsiasi regola. E in mezzo noi che, indignati o insofferenti, avremmo tutti bisogno di respirare un’altra aria (du temps).

Se sia o meno arrivato il momento che l’anello torni in mani sicure, non è dato prevedere. Nel frattempo – indispensabile misura – vorrebbero togliere di mezzo la pubblicità delle intercettazioni.Una grave perdita ai fini del Racconto – romanzo ? – di questo paese.





Todo cambia (meno che le avanguardie e i profeti di sventura)

Todo cambia (meno che le avanguardie e i profeti di sventura)


A tutela del prosieguo,  ci vorrebbero scarriolate di ammennicoli scaramantici e le bicorna, quindi dita abituate a destreggiarsi con le ottave in faticosissimi esercizi. Meglio fermarsi qui, al corno che assolse l’impegno e al legittimo entusiasmo delle piazze, magari da mettere a profitto in vista di scadenze future. Siamo ancora al punto in cui tutto può succedere ma una risposta netta ai referendum di metà giugno, segnerebbe un’ ulteriore tappa verso il tanto sventolato cambio di passo.



L’entusiasmo, però, che bella cosa. Ha vita propria, non necessita di  sconfitti da umiliare – ché in tal caso si chiamerebbe tifo –  e dura poco, quindi non ha tempo di degenerare nello Stucchevole. Ha un solo punto critico : in quanto sentimento lieto che soprattutto vive di manifestazioni esteriori, attira come una carta moschicida quelli che volgarmente vengono definiti guastafeste e scientificamente nevrotici distruttivi.



Insomma, non hanno fatto a tempo i nuovi eletti ad alzare le braccia in segno di vittoria  che, muniti di elenchi di nefandezze in massima parte ideologiche ma anche curricolari, subito sono arrivati quelli del tanto non cambia niente (che invece non è affatto detto)



Todo cambia, meno che i guastafeste i quali però dovrebbero andare dagli elettori, particolarmente quelli di città afflitte da cronico malgoverno, a raccontare che siccome il neoeletto XYZ non ha esperienza amministrativa o carisma o pedigree maturati in specchiate vite precedenti,  sarebbe il caso di moderarare gli eccessi, ovvero  di spegnere il filo di speranza che con queste elezioni s’è attivato.



L’elezione diretta del primo cittadino fu inaugurata, nella mia città, da un sindaco lontano anni luce dalla cultura delle forze politiche che lo avevano promosso e che lo sostennero, non senza problemi, fino alla fine dei mandati. Non aveva la levatura di Argan né lo slancio,la passione  e la competenza di Petroselli,i sindaci più amati. La variegatura di quelle forze però era accomunata  da un’idea di città (e di cittadinanza) e la determinazione a cancellare i guasti di anni di malgoverno della peggiore Democrazia Cristiana esistente.Cambiando gli assetti, cambiò in meglio la nostra vita. Un buon sindaco può. Assai più di un buon governo centrale.


E ora che insieme a questa ventata di vivificanti novità, ci dicono essere finite anche parecchie ere (anni ottanta, regimi, stili comunicativi o chessò) se fosse possibile archiviare anche le potenti forbici dei profeti di sventura, non sarebbe male. La partita è ancora tutta da giocare. Nelle more : lasciateci essere felici.