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Mese: Gennaio 2007

La polonaise (il voyeurismo come lo conosciamo noi)

La polonaise (il voyeurismo come lo conosciamo noi)

Cosa avesse di diverso il bukkake americano da quello giapponese non ci fu dato sapere,poichè nella fretta di distruggere le prove, ripulimmo la scena del crimine da ogni traccia del passaggio dell’anonimo polacco ancorché distributore di commenti in calce ad un post marassiano su Erba e l’informazione (buona, cattiva,  negata, scioperata, etc). Una squadernata Off Topic di inequivocabili  links il più innocente dei quali recitava bollente indescrivibile madre.Pensando che il bukkake attiene al genere prestazione umiliante, a me è venuta subito in mente  Abu Ghraib.L’america quantomeno c’entra.Ma la perla di quell’elenco rimane secondo me  attraente nonne urinate laddove l’incerta traduzione non lascia intendere se ad essere attraenti siano le nonne o la funzione indicata, liberando così le fantasie più estreme.E se son nonne vuol dire che stavolta butta male per le altre.C’è ancora speranza.

L’illustrazione è stata gentilmente (ora non esageriamo) concessa da Riccardo (Marais) Marassi,che ne è anche l’autore, in cambio ha preteso una barca con un numero imprecisato di alberi , due supplì ,quattro zeppole e (la solita) gratitudine eterna

Counterinsurgency !

Counterinsurgency !

Poichè da qualunque parte oramai viene detto che  la Prima Potenza Mondiale, nonostante l’ingente dispiego di uomini, mezzi e quattrini,non sappia fare la guerra ( a parte i bombardamenti a tappeto di centinaia di chilometri  prima e oltre l’obiettivo,le torture,la vaporizzazione di gas venefici e  le impiccagioni all’albero più alto) ma soprattutto fronteggiare la guerriglia, ecco qui servito il  pilastro militare della nuova strategia irachena di George W. Bush. E’ tutto contenuto in un libro di 280 pagine con una copertina uguale alla tuta mimetica dei soldati al fronte. Il titolo è di una sola parola: “Counterinsurgency”, Antiguerriglia. Trattasi del manuale antiterrorismo in dotazione ai capi dei marine e dell’esercito americano preparato meno di un mese fa nel quartier generale del Pentagono dalle migliori intelligenze dell’esercito americano, coordinate dal generale con laurea a Pricenton David Petraeus.Leggere il prontuario aiuta a capire che cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi a Baghdad e nella provincia di Anbar, dove i rinforzi americani (21.500 nuovi soldati) e il rinnovato impegno iracheno (altri 10 mila uomini) proveranno a spazzare via milizie scite  e sunnite da due zone distinte del paese.  Non ci saranno potenti azioni militari su vasta scala come a Fallujah, piuttosto una continua, costante e quotidiana presenza sul territorio dei militari americani, affiancati agli iracheni, in tutti i quartieri oggi in mano agli insorti. L’obiettivo è quello di liberare le zone non controllate governo iracheno e di avviare seduta stante, con la protezione dei soldati, la ricostruzione.Dev’essere  dopo la lettura di una simile notizia che Michael Moore si è risolto a scrivere una lettera aperta a Bush “Capo, dammi retta,l’unico modo per sfangarla stavolta è inondare l’Iraq con milioni di noialtri,per far fuori un paese di ventisette milioni di abitanti devi mandare laggiù almeno ventottomilioni di americani.Così ventisette milioni accoppano un iracheno ciascuno,l’altro milione ricostruisce il paese.Facile.Ma, burlonate e prontuari maculati a parte,George W. Bush è alla ricerca disperata di una nuova strategia che gli valga se non la vittoria,  quantomeno il prender tempo, quel tanto che basta a far ricadere le responsabilità del flop sul suo successore.Resta da vedere se il Congresso, oramai a maggioranza democratica e che ha il potere di bloccare i finanziamenti alla guerra in Iraq, si attesterà sul mandato conferito dagli elettori a novembre, che era con molta nettezza di contrarietà alla guerra.Nel frattempo si prepara un’ imponente mobilitazione a Washington per il 27 gennaio proprio allo scopo di rammentare agli eletti che il popolo americano non è interessato ad una nuova direzione in Iraq ma come raccomanda il cartello tra le mani della bella ragazzina dell’immagine,ad uscirne.

 

Ter-mi-ni

Ter-mi-ni

Ieri il sindaco Walter Veltroni ha chiarito che la principale stazione ferroviaria,continuerà a chiamarsi Termini,nome evocativo di storia millennaria, elemento insostituibile dell’identità e delle consuetudini della città di Roma (e chi più ne ha più ne metta) e non Giovanni Paolo II, alla memoria del quale abbiamo già dedicato, con cerimonie in pompa magna, due steli nello scorso dicembre e tanto basta.Nel frattempo, un bell’Ordine del Giorno sui Registri delle coppie di fatto, aspetta di essere discusso nell’aula di Giulio Cesare. Facciamo presto e se per agevolare l’approvazione dovessero occorrere un paio di steli intolate alla Sacra Famiglia Unita, i cittadini,nel rinnovare al Sindaco tutti i sensi della loro stima e del loro affetto, lo  esortano volentieri , a non badare a spese.

Shosta (e l’uomo incontrò il cane)

Shosta (e l’uomo incontrò il cane)

Questo è l’Ultimo Cane (come l’ultimo spettacolo,l’ultimo walzer,l’ultima donna).Poichè le energie sono destinate a declinare  e l’emotività a crescere,sarà difficile riuscire a fare quello che ho fatto sempre : allevare di questi bestioni.Dopo di lui mi toccherebbe uno Yorkshire (e francamente…).Shosta,come del resto tutti i suoi predecessori, passa la vita sua a studiare, con discrezione, la mia ed è l’unico essere vivente che conosce e anticipa ogni mio gesto.Lo straordinario del rapporto con un cane consiste,oltre a tutto quel che si è detto sull’ abnegazione,la fedeltà e il resto,proprio in questo conoscerti nei minimi dettagli, senza che ciò comporti a te, nessun impegno,nessun racconto,nessuna spiegazione.Loro semplicemente ti guardano vivere.E sanno.A nessun essere umano sarebbe consentito fare questo, pena un asfissiante rapporto di dipendenza.Che ne sai dell’amore finchè non hai guardato negli occhi il cane che ami?” diceva Majakovskij alludendo a Skotik il suo barboncino nero.Credo ci sia un fondo di verità nella licenza poetica.Lunga vita a Shosta e al nostro essere due maturi cane-padrona.

Due coltelli e una spranga

Due coltelli e una spranga

Alla luce dei fatti , tutta intera la vicenda di Erba (premesse,contesti,epilogo), esprime la misura esatta del nostro imbarbarimento.Due coltelli e una spranga sono l’unica risposta che una donna e un uomo definiti tranquilli, hanno saputo opporre ai propri disagi interiori,tra gli altri, a quanto sembra, quello di non aver potuto avere un figlio.Non ci saranno conclavi casertani che dopo aver indagato nelle pieghe di questa storia esprimano misure adeguate.Ci vorrà tempo,pazienza e anni di buon governo per far fronte all’ansia giustizialista, alla xenofobia, al moralismo che non  sono solo il contorno dei fatti di Erba ma che, non a caso, sono anche l’asse dominante in paese che,storicamente diviso tra due tronconi culturali, cattolico e liberal progressista,dovrebbe essere la patria della solidarietà.E invece se andassi sotto le finestre della Reggia a chiedere che al centro dei pensieri dei programmi e delle tensioni di coloro i quali ci governano ci fossero politiche buone a favorire una maggiore coesione sociale,mi risponderebbero con le priorità dell’Agenda.Non m’andrebbe meglio se, nel quotidiano, cercassi di contrastare le invettive,l’astio,la competitività aggressiva, la mancanza di empatia che sono oramai il brodo in cui navigano il nostro lavoro,le nostre discussioni,la nostra vita.Sono discorsi che sembrano così distanti dall’Agenda.Così non è.La nostra sinistra, radicale o riformista che sia, dovrebbe uscire dall’immobilismo in cui si è cacciata per farci sapere come ciascuna delle riforme all’ordine del giorno, ricadendo nel problema dell’indebolimento della base culturale ed etica del paese,ne possa determinare il superamento.O questo o continueremo a parlare di Conto Economico girando a vuoto.