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Mese: Agosto 2007

Adesso tutti dicono fané..

Adesso tutti dicono fané..

..oppure déjà vu  Ma l’uno vuol dire sbiadito appassito (che ha perso freschezza) e l’altro  si riferisce con esattezza ad una sensazione complessiva di già vissuto .Insomma non è che uno piglia un fanè o un déjà vu e l’attribuisce alla prima cosa rovinata o già vista che incontra.Per piacere,non torturate anche le lingue altrui, oh miei cari signori…

Sempre libera

Sempre libera

Maria 127

Si sa bene che il melodramma richiede una specie di dilatazione dei sentimenti, dei gesti, degli atteggiamenti, ecc. Con la Callas si può arrivare a tutto ciò con molta facilità, perché lei vi è portata, però con un controllo, con una finezza, con un gusto straordinari… al contrario di molti altri cantanti per i quali il cantare un’opera è una cosa definita da tre o quattro gesti di maniera, che ripetono per tutto il corso dello spettacolo

Luchino Visconti

Nel 1979 ,mentre lavoravo ad un documentario su Maria Callas, poi presentato nell’ambito delle celebrazioni per il secondo anniversario della morte , mi è capitato d’incontrare persone –  esperti o semplici appassionati – che avevano avuto la fortuna di assistere ad esibizioni dal vivo della soprano.Indistintamente tutte, erano rimaste colpite, di sicuro dall’ incredibile bellezza e versatilità del timbro della voce di Maria ma soprattutto dalla sua capacità di essere ad un tempo soprano e attrice,attitudine fin lì, trascurata dai cantanti lirici che si erano sempre limitati ,come pure ricorda Visconti, ad affidare le loro interpretazioni  a gesti tradizionali e di routine – Tosca che indietreggia strabuzzando gli occhi, orripilata innanzi alla lasciva aggressività di Scarpia,Violetta che dopo la festa in casa propria, tende l’orecchio alla finestra per ascoltare la voce di Alfredo che si allontana nella notte o Butterfly che strapazza il figlioletto sospingendolo verso il console americano a mò di presentazione o Salomè che invece di danzare davanti al profeta, se ne sta dritta impalata al centro della scena, nello splendore del suo quintale e passa  .Gesti   talmente ripetitivi e dissociati rispetto alla drammaticità o alla gioia suggeriti dal testo, da sfiorare in qualche caso, il ridicolo.Credo che nell’ambito della recitazione lirica esista un prima e un dopo Maria Callas la presenza scenica e l’inclinazione drammatica della quale, erano talmente marcati da non sfuggire  a Visconti che la diresse in una memorabile Traviata ma nemmeno   a Pier Paolo Pasolini che la scelse per il suo film Medea.Maria Callas conferì vitalità a personaggi impolverati dall’assenza di dramma scenico, restituendo via via a Butterfly l’età adolescenziale a Violetta  quella superficialità che nel nello svolgersi degli eventi,  si trasforma ora in consapevolezza ora in senso di responsabilità , a Norma i toni soavi e patetici della dell’istinto materno dolente e frustrato (l’andante Teneri figli ha del miracoloso ).Callas inventò con successo,  la formula del soprano drammatico di agilità.Nondimeno, il fatto che una voce scura e corposa si cimentasse in virtuosismi di alto livello vocalistico ,spiazzò la critica e le assicurò l’apprezzamento del pubblico.Ma anche quando, dopo gli anni 60, la sua voce  apparirà in grave declino Maria riuscirà egualmente a tenere testa ai suoi personaggi mascherando l’ evidente erosione del registro acuto e la diminuita agilità della voce, con il fraseggio sempre altero,perentorio, da dominatrice.Rispetto all’importanza e alla mole  del Lavoro dell’Artista mi è sempre sembrato inutile e fastidioso affiancarvi la biografia patinata,gli amori sfortunati e il panfilo Cristina. Una tristezza infinita era impressa nel suo sguardo e non l’abbandonava mai come quel senso di solitudine inutilmente ingioiellato o abbigliato Chanel ,Biki e Dior.

Evidentemente, su quel piano,( quello della recitazione ) oggi, sono molto migliorati tutti i cantanti. Facciamo l’esempio di quel George che faceva Erode in Salomé. Quello, per me, è un grandissimo attore: è già attore lui come natura, perché oggi vengono su già con l’esigenza di recitare, oltre che di cantare. Tutto ciò dipende da una revisione dello spettacolo lirico non solo in Italia ma in tutto il mondo. Revisione e ringiovanimento del materiale melodrammatico, insomma

Luchino Visconti

A forza di essere vento

A forza di essere vento

romEva , Danchiu, Lenuca e Dengiu, bruciati vivi  in una baracca sotto un cavalcavia a Livorno, non meritano la stessa indignazione e la stessa enfasi con la quale ,in questi giorni, in nome di Giustizia ,si tacciano di complicità con gli assassini e i malfattori, Magistrati che compiono il proprio dovere . Eppure questi quattro ragazzini sono l’incarnazione dell’Ingiustizia più odiosa e insopportabile : quella che deriva da povertà ed emarginazione.Disprezzati e allontanati da tutti,rimosse le loro condizioni di vita,ridotti al rango di fastidioso problema, saranno fin da domani , ulteriormente oltraggiati dai se e dai ma che da sempre accompagnano le considerazioni sul popolo rom. Se così sarà, il loro degrado non sarà molto dissimile al nostro.Una critica radicale alla Società non può prescindere dalla condanna del razzismo e dell’emarginazione sotto qualsiasi forma si presentino.Qualcuno ha rivendicato Giustizia per Eva, Danchiu, Lenuca e Dengiu ? Chi pagherà per queste povere vite?

La febbre dell’oro

La febbre dell’oro


“In un mondo moderno di carta moneta e finanza non c’è alternativa ad una moneta governata, che lo si voglia o no; la convertibilità con l’oro non modifica il fatto che il valore dell’oro in sé dipende dalla politica delle Banche Centrali. … In definitiva, il gold standard non è che una barbara reliquia.” John Maynard Keynes

A dirla tutta,  l‘oro è un metallo abbastanza inutile. La maggior parte della produzione   (stimata in circa 140
mila tonnellate) è custodita nei forzieri delle banche centrali. Solo una piccola parte (10 mila tonnellate) è nelle mani dei privati che lo ritengono il bene rifugio per eccellenza.
Nonostante ciò, l’idea della riserva aurea, continua ad esercitare un notevole appeal ed è bastato che l’ipotesi di una eventuale vendita di parte dell’oro custodito nei sotterranei di palazzo Koch, inducesse  il premier a dichiarare opportuno il discuterne, che la bagarre sulla dismissione del patrimonio ( così è stata definita l’operazione) si scatenasse sfiorando in alcuni casi il ridicolo a suon di buon padre di famiglia ( è il termine con il quale ancora si definisce l’amministratore saggio ed oculato).Germania, Francia, Olanda ,Svizzera, Gran Bretagna hanno venduto il loro oro senza  gli ampi dibattiti e le boutade di casa nostra (l’opposizione si è prodotta in una serie di gag da vero avanspettacolo) e senza che Bruxelles avesse nulla a che ridire. Pertanto in teoria, non ci sarebbe nulla di stravagante se il governo decidesse la vendita per ridurre il debito pubblico o per  altri altri nobili scopi – welfare, sviluppo – emersi in questi giorni.Il nodo magari sarebbe un altro e cioè che il ridimensionamento del debito si dovrebbe affrontare in primis con l’impegno ad una serie di tagli alla spesa pubblica, del che, non v’è traccia nell’ultimo documento di programmazione economica e finanziaria (anche se il Governo si è impegnato a correggere il tiro a settembre).Se così non fosse, la vendita dell’oro ridurrebbe il debito solo virtualmente spostando di qualche tempo il momento della resa dei conti.Finchè la spesa pubblica continuerà a correre non ci saranno misure vincenti.Prima si ricostituisca l’avanzo primario azzerato dai fantasisti Tremonti & Berlusconi e in parte ricostituito da un recente incremento delle entrate e poi si rimetta in discussione la vendita della barbara reliquia.

Nell’illustrazione : Il salone dorato di Palazzo Koch a Roma

Stessa identica pasta

Stessa identica pasta

L‘Uno  pensa che l’omosessualità sia il tratto caratteristico  di una razza e reclama la pulizia etnica, l’Altro non conosce la differenza tra rivendicazione e istigazione all’odio e come se non bastasse, è puerilmente convinto che l’ingiustizia sociale sia la conseguenza di una legge.La pasta è la stessa : l’Ignoranza ad ampio spettro :  quella che dall’uso improprio della lingua, passando per il pressappochismo e il disprezzo dei propri simili, finisce con l’essere ostacolo di crescita civile e sociale. I precari e gli omosessuali dovrebbero ringraziare rispettivamente Caruso e Gentilini per la Sensibilità e per l’impareggiabile contributo offerto alla possibilità di questo Paese di affrancarsi dalla barbarie.