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Anno: 2008

Paris vaut bien …

Paris vaut bien …

parigi film

Adesso non ricordo bene se poi Jacques Rivette  avesse sciolto il dilemma  tra  Paris nous appartient  e Paris n’appartient à personne. Ma, ipotesi proprietarie a parte, una  cosa è certa : fare un film su Parigi senza scivolare nel “già  visto”, è come ingaggiare  una lotta  disperata contro decine di cineasti, documentaristi, pittori, fotografi, poeti, romanzieri e chansonniers che l’hanno ritratta oramai in mille modi. E infatti non è che Cédric Klapisch, in questo suo Paris, riesca del tutto a eludere l’effetto immagine convenzionale, tra sequenze di Tour Eiffel,  Père Lanchaise, Marais,  Montmartre e Marché internationale de Rungis. Ciò nonostante,  sarà per via delle note di Gnossiennes numero 3 o per la bella fotografia widescreen  di Christophe Beaucarne : l’anima di Parigi, spleen compreso, in questo film, c’è tutta. Con ciò, si potrebbe azzardare l’ipotesi che  Klapisch non si sia affatto preoccupatomdi scadere nell’oleografico, mostrando di Parigi, a bella posta, ogni luogo canonico possibile. Come a volerne marcare la riconoscibilità. Regista di cult quali L’auberge espagnole – con relativo sequel Les poupées rousses –  e Chacun cherche son chat, oltre che di pregiati documentari ( Masai , Ce qui me meut  etc ), Cédric Klapisch, parigino di Neully sur Seine – quindi banlieu –   realizza  un film corale in cui un moltiplicarsi di personaggi incrocia storie e  destini, senza però che ciò comporti la necessità di far confluire ogni vicenda in un happy end o in qualsivoglia forzata quadratura. E se la città che fa da sfondo è un po’ di maniera, non lo sono altrettanto i personaggi : immigrati, signore annoiate, precari, manequinnes, homeless, architetti, dei quali si raccontano, gli amori, gli incontri casuali, le incomprensioni. Ritrovando sempre il regista , tra esuberanza e malinconia, il tono giusto per riflettere sulla caducità della vita e sulla felicità.   Un omaggio molto intenso a Parigi, città difficilissima, complicata, quasi ostica ma proprio per questo, sempre desiderabile. E bellissima.

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Parigi è un film di Cédric Klapisch. Con Juliette Binoche, Romain Duris, François Cluzet, Fabrice Luchini, Karin Viard, Albert Dupontel, Mélanie Laurent. Genere Commedia, colore 130 minuti. – Produzione Francia 2008

Le ali per volare

Le ali per volare

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Se la nuova compagnia avrà o meno le ali per volare, lo si vedrà di qui a poco . Al momento, l’intera operazione – politica e non di mercato – mette in pista un’azienda di trasporto aereo troppo modesta per poter reggere. I nuovi proprietari non potranno far altro che avviare un portage per traghettare, tra qualche tempo, la compagnia in mani più esperte. E se dovessero essere quelle di Air France che fino a pochi mesi fa, offriva due miliardi e mezzo, più si accollava i debiti, la beffa sarebbe completa. Molti dicono che l’Alitalia rappresenti una sorta di  paradigma di come vanno le cose qui da noi ed è vero, lo si è visto nelle piccole come nelle grandi cose. Nella gara scorretta e poco trasparente . Nella catena di conflitti d’interesse che si sono messi in moto. Nella trattativa sregolata. Nelle pesanti intrusioni del governo in ogni piega dell’operazione. Nel criminalizzare il dissenso dei lavoratori. Nella corsa finale ad accaparrarsi la medaglietta dell’Artefice Unico e, da ultimo, nel negare alla CGIL, dopo averla crocifissa, il merito di aver strappato in extremis i due protocolli d’intesa in cui si sancisce la necessità di ricollocare mille precari, la tutela dei salari del personale di terra, il recupero in produttività di quanto decurtato, e il resto dei chiarimenti attinenti al quadro normativo ( riposi, qualifiche, malattie). Non un’esaltante vittoria, visti anche i numerosi disoccupati e l’enorme costo per la collettività,  ma di sicuro un consistente miglioramento per centinaia di lavoratori e, non meno importante, il  recupero del meccanismo della trattativa che sembrava perso, tra  ricatti e ultimatum. Bonanni e Angeletti invece di minimizzare, dovrebbero riflettere : o il  senso di responsabilità concerne tutte le parti o produce rapporti insopportabilmente sperequati. Odioso fardello per ogni democrazia che si rispetti.

Mancano 4.050.000 euro (non può finire qui)

Mancano 4.050.000 euro (non può finire qui)


…..che poi sarebbero i quattrini del contributo pubblico relativo al 2008 che Il Manifesto, grazie al decreto Tremonti, non riceverà. 

Quanto costa la nostra libertà  è l’articolo  del Manifesto di ieri che spiega non solo le  difficoltà ma anche le iniziative  assunte – al di là della consueta campagna di sottoscrizione e abbonamenti –  per sostenere la cooperativa in un momento che sarebbe di difficoltà per chiunque, figuriamoci per chi, geloso della propria indipendenza, ha sempre navigato in acque poco tranquille. E’ importante che si sappia che il Manifesto, pur confidando moltissimo sul sostegno dei lettori, continua –  e lo fa da tempo – ad affrontare la crisi  attraverso misure, spesso dolorose, di contenimento, senza  con ciò  intaccare minimamente la qualità dell’informazione che il giornale continua ad offrire, nonostante tutto. E guardate che non è per niente semplice. Qui sotto copio tutti i modi attraverso i quali attivare la vostra generosità, con avvertenza che ogni centesimo ci verrà restituito in termini di indipendenza e di libertà d’informazione. Non può finire qui.

On line, versamenti con carta di credito sul sito ed è il metodo più veloce ed efficace.

-telefonicamente, sempre con carta di credito, al numero 06-68719888, o via fax al numero 06-68719689. Dal lunedì al venerdì, dalle ore 10,30 alle 18,30. Dove potete telefonare anche per segnalare, suggerire e organizzare iniziative di sostegno.

-Con bonifico bancario presso la Banca popolare etica – Agenzia di Roma – intestato a il manifesto – IBAN IT40K0501803200000000535353.

-Con Conto corrente postale numero 708016, intestato a il manifesto Coop. Ed. Arl. – via Bargoni 8 – 00153 Roma.

 

Semplificare….

Semplificare….

Lina Merlin

Ieri sera a Matrix,  Concita De Gregorio a confronto con due sindaci di differente collocazione geografica ed estrazione politica, ha tentato di spiegare che il divieto di prostituirsi per le strade, così come è stato formulato, non risolve problema alcuno. Nemmeno quello della prostituzione per le strade. Tant’è che qualche minuto dopo, la telecamera di un annesso servizio, mostrava ragazze di nazionalità varia, mascherate da utenti del trasporto pubblico, battere alle fermate dei bus di Roma e di Milano, mentre una di loro, intervistata, offriva ai telespettatori, un ripasso – completo di casistica minuta e ipotesi di scuola –  sul Reato di Adescamento. Come dire : siamo culturalmente attrezzate ad affrontare qualunque incognita il futuro ci proponga.   Ora, a parte che la prostituzione sopravvive non ai Governi ma ai Sistemi, era interessante osservare come i sindaci presenti fossero interessati  esclusivamente ad un problema di decoro urbano,  mentre Concita De Gregorio tentava invano di affontare , oltre che gli sguardi di sufficienza dei convenuti , l’argomento con le sue molte sfumature, nell’ipotesi che una visione complessiva dei fenomeni sia di necessario sostegno alla rimozione  degli inconvenienti. Una visione questa, offuscata oramai dal pensiero dominante – o sbrigativo come lo definisce Michele Serra – secondo il quale le analisi alla luce dei tradizionali strumenti – scienze sociali, psicologia etc – altro non sono, con la loro declinazione di principi, bisogni, diritti, se non un retaggio del passato (ovviamente sessantottino) e che invariabilmente si traducono – con tutto quel digredire su questo e quello –  in immobilismo politico. Un ostacolo insomma, posto sulla via del fare, da intellettuali chiacchieroni e un po’ retrò. Da tutto ciò, deriva una visione semplificata della realtà, molto efficace dal punto di vista della comunicazione spicciola, ma quantomai lontana dalla realtà stessa, cioè dal come stanno effettivamente le cose .Va da sè che anche il fare  trasformato da etica in estetica, allo scopo di essere somministrato più facilmente via etere , ne risente in termini di provvedimenti inefficaci, perchè spiccioli, settoriali, tendenti a rimuovere l’effetto. Mai la causa. Tutta qui la formula vincente. Credo abbiano ragione coloro i quali – e sono molti – ritengono che la politica stia adeguando i suoi registri al Format. Quello che, per definizione del vocabolario, è un apparato di regole che determina lo svolgersi di un programma televisivo. E che il successo delle misure avanzate dai Ministri Gelmini, Brunetta, Carfagna, nonchè l’inalterato consenso che il premier stesso riscuote, sia fondato su di un modello comunicativo che nega l’elemento di complessità. Così è per l’immigrazione – fenomeno, di fatto, incontenibile, nel mondo intero – che si pretende di limitare rendendo difficoltose le pratiche per la regolarizzazione. Per la scuola, che ci si propone di riqualificare attraverso il contenimento della spesa e un ritorno all’autoritarismo. Per la sicurezza,  che si vorrebbe rafforzata da un moltiplicarsi dei presidi militari. Per la messa in efficienza della pubblica amministrazione, in cui basterebbe cacciare i fannulloni e premiare i laboriosi. Per Alitalia, laddove un invito presidenziale sarebbe stato sufficiente ad ogni imprenditore italiano, per buttare lì una fiche buona a far sventolare di nuovo, le bandierine sulla flotta . Si, certo, i provvedimenti di questo governo sono più articolati, a ben vedere, ma i messaggi rivolti agli elettori, sono stati  confezionati in tal senso ed ogni passaggio colpisce nel segno, non solo perchè  agisce su una legittima aspirazione di ordine ed efficienza, ma perchè lo fa  sollecitando spinte squisitamente emozionali, individuando in ogni circostanza un capro espiatorio – le prostitute, i rom, gl’immigrati – un soggetto cioè che non essendo più la conseguenza di un problema, diventa automaticamente il problema . Poi magari succede che il teppista xyz – non so nulla del suo caso specifico, me ne servo solo come esempio –  se la cavi con patteggiamento e sospensione della pena e tutti si scandalizzino perchè pensavano bastasse agitare il principio di Tolleranza Zero per indurre il magistrato a NON applicare la legge. Perchè sia ben chiaro : patteggiamento e sospensione, sono nel Codice – in molti codici del mondo – ed escludo che questo governo voglia rimuoverne gl’istituti,  anche se trattasi di fattori che mettono fortemente in discussione il concetto di certezza della pena così come viene generalmente avvertito. Ed ecco che la complessità ricacciata dalla porta, rientra dalla finestra attraverso una realtà quotidiana che è semplice solo perchè conviene raccontarla così. Così le prostitute continuano a circolare per le strade, i rom ad abitare accampamenti improvvisati, gl’immigrati clandestini a lavorare in nero o a delinquere.  Resta da vedere cosa accadrà quando ci si renderà davvero conto che nessuno dei provvedimenti è davvero in grado di rimuovere i disagi, tutto questo mentre l’ inflazione galoppa, i consumi flettono e parti sempre più consistenti della società italiana avvertono il peso di un andamento economico sfavorevole.Le immagini e le parole prevalgono sui fatti. Un triste compito per l’Opposizione, altalenante tra il ricalcare, ancorchè priva di potenti mezzi di diffusione, il modello corrente o mostrare un’identità diversa.  E’ possibile, che come nella commedia degli equivoci, infine la verità trionfi rivelando gli errori e ripristinando l’ordine delle cose. Ma si tratta ancora di formule di spettacolo,  terreno in cui l’avversario si muove con maggior disinvoltura. Io non ci conterei troppo.