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Anno: 2008

State of the Union (in casa repubblicana)

State of the Union (in casa repubblicana)

Mc CainGeorge W. Bush pronunzia il suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione in coincidenza con le primarie repubblicane in Florida. – Pazienza in economia e costanza in guerra! – ha raccomandato al futuro presidente. Come dire : beccatevi la recessione che avanza e continuate a inviare truppe in Iraq . L’intero discorso ha funzionato da assist per Mac Cain che, ad urne aperte (ma in America si può), ne ha riannodato i fili con i temi classici della propria campagna soprattutto nei numerosi passaggi dedicati alla speranza (che altro sennò?) Poi, incassato il risultato del 36%,  ha annunciato l’intenzione di ispirare il proprio mandato presidenziale alla rivoluzione di Ronald Reagan, il che è indubbiamente musica per le orecchie dell’anziano e repubblicanissimo elettorato locale. Dunque McCain vince le primarie in Florida onorando i sondaggi, un po’ meno le aspettative del Partito,  più propenso a sostenere Romney. Questo potrebbe essere il momento per Rudolph Giuliani che molto aveva puntato su queste primarie della e su quelle della California, di tirare i remi in barca per entrare in squadra con Romney (e quindi presumibilmente in eventuale staff presidenziale) ma sono illazioni che qua e là spuntano sui giornali. Giuliani, che porta a casa un risultato assai deludente, ha già dichiarato ai propri sostenitori  che continuerà a battersi fino alla fine : The responsibility of leadership doesn’t end with a single campaign. If you believe in a cause, it goes on and you continue to fight for it, and we will. I’m proud that we chose to stay positive and to run a campaign of ideas. Rudolph finoinfondo come direbbero negli States.Ma è ancora tutto da vedere.

Tabelle del New York Times  (le primarie erano solo repubblicane ma i democratici hanno votato lo stesso pur non potendo eleggere in Florida alcun delegato.Vince Hillary Clinton) Foto di John McCain trionfante con immancabile famiglia.

Like my father (in casa democratica)

Like my father (in casa democratica)

 

Il  caucus democratico di Las Vegas si è tenuto nei casinò nonostante la fiera opposizione del Partito ad utilizzare le case da gioco come sede di assemblee e consultazioni, tanto che rispetto ad apposito ricorso, si è dovuto pronunciare il Tribunale dello Stato del Nevada. Battuti in quella sede, i democratici hanno potuto riprendersi incassando una vivacissima, oltre che consistente, partecipazione. Il salone del Bellagio zeppo di elettori divisi, come da regolamento, in tre gruppi  con gli oratori pro e contro  , cinque minuti a testa a cercare di convincere gl’indecisi  o guadagnare qualche mutamento di rotta in proprio favore, sono stati un bel vedere anche per noi che quanto a scelta di candidati, invece di avvicinarci ad un metodo democratico ce ne allontaniamo sempre più. L’immagine della democrazia al lavoro, ci regala al Bellagio sussulti d’ entusiasmo.Sarà che quello adottato nel caucus , è il metodo che il vecchio PCI utilizzava per scegliere le candidature non più tardi di dieci anni fa. E anche in quelle occasioni, non mancavano la verve ne’ i colpi bassi. Ma tornando agli Stati Uniti, più in generale in queste primarie si registra che ,  messo a punto il dato relativo al  numero dei partecipanti,  più numerosi (almeno sin qui) del previsto, i sondaggi cominciano a recuperare attendibilità e il voto  a rivelare connotazioni differenti rispetto alle previsioni all’indomani delle consultazioni di midterm . Non era infatti assolutamente scontato che Obama riuscisse a convogliare su di sé i voti della comunità nera o che le donne facessero quadrato intorno alla candidatura di Hillary Clinton che al momento sembra catturare anche il voto degl’ispanici.In entrambi i casi,  collocazione upper class e carriere prestigiose si temeva potessero rendere difficoltoso  il processo d’identificazione degli elettori dei ceti più deboli con il proprio candidato. Altro tipo di sorprese ha rivelato il caucus sempre in Nevada dove il sindacato dei croupiers e degli addetti alle case da gioco, aveva indicato Obama ed è stato invece sconfessato dagli iscritti che massicciamente hanno preferito Hillary.


Tanto di guadagnato per i democratici se il voto oltre che crescere manifesta una volontà di autonomia degli elettori . Adesso non rimarrebbe che stemperare i toni e dire addio ai pettegolezzi magari serbando energie e vis polemica per lo scontro finale, quello con i repubblicani i quali manco a dirlo, volano nei sondaggi nazionali (Romney e McCaine sono avanti sia a Hillary che a Obama). Intanto il New York Times sceglie i candidati meritevoli di nomination finale nei campi avversi – Clinton e McCaine – anche se l’editoriale  di ieri firmato Caroline Kennedy è di aperto sostegno ad Obama definito come l’unico erede del bagaglio dei valori di  papà e come ispiratore di un  forte coinvolgimento dei giovani a queste consultazioni.  Il clan  – Edward Kennedy  si pronuncerà ufficialmente oggi o domani – non è più quello di una volta ma questa decisione  è un fatto di sicuro rilievo per Obama .Tutto è ancora in gioco e fino a martedì 5 febbraio non si potranno avere idee precise sugli indirizzi generali. Obama nel frattempo si è assicurato il South Carolina come da previsioni e come accadde pure la volta scorsa al reverendo Jesse Jackson ,  particolare che Bill Clinton  non ha mancato di rilevare.

 Tabelle riepilogative del New York times e Obama  in South Carolina.

Memoria (ma soprattutto Testimonianza)

Memoria (ma soprattutto Testimonianza)


La mia vita non è stata al servizio del cinema, mi sono piuttosto servito del cinema per conoscere meglio il mio paese e la sua storia ………Ora facendo cinema, un certo tipo di cinema, si entra tra le persone, dentro le persone, ci si confonde con loro fino a diventare,oserei dire, invisibili.Il cineasta infatti , finendo per coinvolgere in un lavoro pratico, manuale,intellettuale una grande quantità di gente del luogo,dopo un po’ di tempo finisce per passare quasi inosservato, per identificarsi con l’altro.

Carlo Lizzani, Il mio lungo viaggio nel secolo breve – Einaudi

Carlo Lizzani ha avuto un conto aperto con la Memoria per l’intero arco della sua vita di intellettuale e di uomo di cinema  e non solo per aver raccontato la storia del suo Paese in pellicole come Achtung Banditen o il Processo di Verona o Mussolini ultimo atto ma per aver strutturatoil suo cinema su indagini minuziose e puntuali. Tuttavia, storico,sociologico o introspettivo che fosse tutto quel lavorìo intorno a ciascuno dei suoi film, l’assillo della testimonianza è stato il motore dell’intero suo fare cinema. Memoria e Testimonianza perchè il ricordo non sia un rituale solipsistico o circoscritto ma una vera e propria rielaborazione collettiva.In questa ricerca , la letteratura non poteva non avere un ruolo importante: Pratolini, Bianciardi, Silone, sono stati portati sullo schermo da Carlo Lizzani che a sua volta è un felicissimo autore e sceneggiatore,in film di grande impatto. Anche  questo suo ultimo lavoro Hotel Meina poggia su una ricostruzione storico – letteraria di Marco Nozza, Hotel Meina, la prima strage degli ebrei italiani (con prefazione di Giorgio Bocca. Edizioni Il Saggiatore).


Si tratta di un episodio, fin qui poco noto, avvenuto in un albergo sul Lago Maggiore di proprietà di un ebreo di nazionalità turca, del quale erano ospiti nel settembre 1943, famiglie ebree di diversa provenienza, qualcuna  consapevole del possibile disastroso futuro e già in fuga, altre colte dall’8 settembre mentre erano in vacanza.Cinquantaquattro persone in tutto, in una convivenza forzata in albergo con i nazisti dai quali saranno prima ingannatii, poi uccisi e infine gettati nel lago. Ma se i contesti storici e le circostanze, sono delineati con nettezza (Lizzani ha poi il dono della sintesi e in una sola inquadratura sa insinuare l’idea della Soluzione Finale) non altrettanto i personaggi e le microstorie che si muovono su tale sfondo , in questo senso la trasfigurazione narrativa lascia ampi spazi al respiro dell’opera, così Hotel Meina diventa l’occasione per mostrarci anche una parte di Germania che col nazismo non era assolutamente d’accordo e ciò in sintonia con quella corrente del cinema tedesco che ha prodotto film del calibro de La rosa bianca . Come pure sono assolutamente veritiere, anzi,  storicamente attendibili ,  le titubanze degli ebrei a rendersi conto della catastrofe incombente e ad approntare una qualsiasi forma di reazione.Queste digressioni che nulla tolgono alla fedeltà della testimonianza, ne’, soprattutto per quanto riguarda i nazisti , hanno sapore riconciliatorio,sono state l’oggetto di una polemica con l’unica sopravvissuta al massacro, la figlia adolescente dell’albergatore. Querelle alle quali Lizzani è abituato, avendo già (verbalmente) battagliato negli anni sessanta con Edda Ciano sull’attendibilità degli abiti della Mangano nel Processo di Verona o con ex funzionari mussoliniani scampati alla Giustizia e in vena di polemiche, sempre per questioni di mise. Fortunatamente in questi contrasti Lizzani è assistito da quella flemma tutta romana che i suoi ottantacinque anni hanno contribuito ad affinare e dopo aver spiegato che nessuna sensibilità aveva inteso ferire, chiude : Vorrei che si tenesse conto che riuscire a fare un film su un soggetto come questo oggi, è un miracolo.

Hotel Meina è un film di Carlo Lizzani. Con Benjamin Sadler, Ursula Buschhorn, Danilo Nigrelli, Marta Bifano, Federico Costantini, Ivana Lotito, Buse Butz, Ernesto Mahieux. Genere Drammatico, colore 110 minuti. – Produzione Italia 2007. – Distribuzione Mikado

Dopo la caduta ( un po' di sobrietà )

Dopo la caduta ( un po' di sobrietà )

Quirinale

Sobrietà uno . Raccontare . (era una notte buia e tempestosa…)

A tarda sera , chez Porta a Porta, dopo ampio dibattito sulla Crisi , Piero Fassino che è uno al quale difficilmente saltano i nervi , sbotta a sorpresa contro un certo modo, definiamolo immaginifico, che ha la stampa di rappresentare la politica: sono presenti in ordine sparso: il solito Vespa e poi Minzolini, Maria Latella,un giornalista dell’Espresso e Gianfranco Fini , muto come una statua perchè – anche giornalista, pertanto in sedicente stato di conflitto d’interessi.Troppo per potersi pronunziare. Motivo occasionale della sfuriata, il fatto che una divergenza di opinioni all’interno del partito democratico sia stata definita come resa dei conti e come l’analisi della situazione attuale, articolata e quantomai complessa, contenesse più illazioni che fatti . Un eccesso secondo Fassino , coronamento di altri eccessi. Li ha elencati tutti, alcuni per la verità più che narrazioni infiorettate, sono invenzioni di sana pianta, vedi la Corte Costituzionale che  sarebbe stata messa sotto pressione da parte di certi politici perchè impedisse il via al referendum. Fassino, non ha tutti i torti. Mi viene in mente quale pessimo servizio ha reso la stampa alla prima Legge Finanziaria , bozze, veline foglietti, conteggi, ordini e contrordini,fanno parte del rituale di qualunque stesura di un testo di legge che nella fattispecie è spesso oggetto di  elaborate mediazioni ma mai come in quel caso, qualunque passaggio fu descritto nei minimi dettagli per essere il giorno dopo smentito.Qualunque capitolo di spesa , si ritrovava un giorno depauperato di fondi necessari alla sopravvivenza di questo o quel servizio e in recupero il giorno dopo. Persino Rita Levi Montalcini fu presa dall’ansia, i giornali davano per persi i Fondi alla Ricerca. Salvo  , previa conversazione chiarificatrice con il Premier,  accorgersi che non era vero. Egualmente accadde, ma stavolta in ambito di liberalizzazioni, con i farmacisti. Al Presidente dell’Ordine, erano  sfuggiti alcuni aspetti non marginali e vantaggiosi per la categoria. Aveva appreso dai giornali le misure, dopo una riunione con Livia Turco, lo sciopero appositamente indetto, fu revocato.Senza modifiche al testo. Come del resto era accaduto con la Montalcini . Tutto quel periodo fu segnato da un’ overdose di dati diramati e commentati a spron battuto in cui risultò difficile orientarsi anche per gli addetti. Piero Fassino,si diceva ,  non ha tutti i torti : la Politica non sta offrendo la migliore immagine di sè da numerosi anni a questa parte ma questo non autorizza chi si occupa d’informazione a peggiorare il quadro mischiando i fatti con le opinioni le opinioni con le illazioni le illazioni con le congetture.Non si può aprire un giornale o guardare un servizio in televisione con le idee chiare e concludere lettura o  visione avendo smarrito anche quelle. Questo capita  sempre più spesso. Per esempio perchè Minzolini, presente ieri sera alle esternazioni fassiniane, stamane sulla Stampa insiste con la versione di un Prodi che se si fosse dimesso, avrebbe spianato la strada ad un governo istituzionale?  Non è detto oltre che non essere scritto da nessuna parte. E’ l’opinione che diventa Informazione senza passare per la notizia. Sobrietà.

Sobrietà due. Il dibattito politico. (Signor Presidente,Signor Presidente del Consiglio, Signori Senatori….)

Le gazzarre e gl’insulti non hanno certo turbato la (peraltro dubbia)  sacralità delle aule di Montecitorio e Palazzo Madama messa a repentaglio ripetutamente e fin dalle prime legislature dalle intemperanze di esponenti politici a collocazione variabile. Se il Paese si rispecchia nei suoi rappresentanti, non c’è di che meravigliarsi. Pertanto è sin scontato rivolgere un invito alla sobrietà ai protagonisti di match o festeggiamenti. Ho trovato assai più deprimenti le dichiarazioni di voto che in questi giorni si sono susseguite ed è faccenda che riguarda ,con sparute eccezioni, la destra come la sinistra e il centro.Se si fosse voluta una prova ulteriore di come il dibattito politico sia scivolato sotto le suole delle scarpe, sarebbe  bastato l’ascolto degl’interventi in  questi tre ultimi giorni di vita parlamentare per avere la misura della carica autoreferenziale e retorica, ridondante al punto da oscurare, in qualche caso, il dato finale, cioè il voto: difficile evincere dalla dichiarazione del senatore Fisichella da che parte stesse , meno male che lo si sapeva in partenza . Di contro, brilla la vecchia guardia democristiana e comunista , mi duole dire che la migliore e più colta esposizione sui rapporti politica magistratura la si è ascoltata da Cirino Pomicino e che la dichiarazione di voto più politica l’ha resa Francesco Cossiga. Intendiamoci, non che mancassero i Fini Dicitori ma per l’appunto ce n’erano troppi. Per questo ho trovato , al solito, irresistibilmente acuto l’intervento del senatore Milziade Caprili, per Rifondazione , che l’invito alla sobrietà lo ha rivolto nientedimeno che all’ispirata lettura poetica di Clemente Mastella. Ecco io vorrei rispecchiarmi qui : al ritorno della Politica, alla levigatura dell’Inutile, del Superfluo, del Sensazionale. Torniamo all’Osso.

Sobrietà tre .La Sconfitta. (Diciamoci la verità . Diamoci da fare)

Sappiamo bene di che sostanza siano fatte le Sconfitte per averne subite abbastanza e in qualche caso assai più dure di questa. Abbiamo a portata di mano una serie di fattori scatenanti – i pugnalatori  li ha definiti Rutelli stamattina – ai quali addossare frettolosamente le  responsabilità ma forse questo è il momento in cui è più proficuo guardare in casa nostra e senza ricorso alle fustigazioni e alle accuse reciproche, provvedere ai correttivi. Si, va bene, quegli altri sono volgari mascalzoni, inaffidabili e assetati di potere. Niente a che vedere con la nostra nobiltà, la nostra elevatezza di pensiero e le nostre scelte. Verissimo. Ma…abbiamo egualmente bisogno di una rigorosa analisi delle nostre incapacità. Primo tra tutte il nostro mai risolto rapporto con il potere, la nostra inclinazione allo sbriciolamento piuttosto che al suo contrario, la nostra imperizia nell’ addivenire ad una sintesi, i nostri atteggiamenti preclusivi ed ideologici,il nostro essere oramai sempre più conservatori di valori che invece hanno natura dinamica, fatta apposta per essere messa a profitto,non da esibire nella vetrina. Non tutto è perduto e anche a volersi immaginare già da subito ,in  un ruolo di Opposizione, meglio che sia in un sistema definito da regole chiare che nella nebulosa che invariabilmente determinerebbe il combinato disposto di una vittoria schiacciante della Destra connessa con un sistema di Regole assurde e penalizzanti per la Democrazia.Ci serve una Legge elettorale prima di andare al voto e un governo di transizione con compiti ben definiti che se ne incarichi. Soprattutto ci serve il tempo della riflessione e della discussione interna.Un esame delle nostre magagne.Anche a noi serve Sobrietà.

Prima della caduta (un bel po’ di rumenta)

Prima della caduta (un bel po’ di rumenta)

prodiInseguire la fiducia a Palazzo Madama prevedibilmente senza esito, non significa automatiche elezioni anticipate come tendono a far credere i giornali avvalorando invece la tesi che le dimissioni aprirebbero la strada alla formazione di un governo istituzionale o tecnico (che non sono la stessa cosa). Dunque bene fa Romano Prodi a riportare la crisi in Parlamento e ad inscriverne il decorso in quell’ambito e non altrove. Prodi, al di là di ridicole illazioni sull’attaccamento alla poltrona o su non meglio identificate ambizioni di prosieguo, nonchè su tutte le note di colore di acquisti e defezioni di questi giorni, in realtà non fa che esercitare il suo diritto dovere di verificare l’esistenza di una maggioranza. Questa intransigenza costituzionale dovrebbe bastare a liberarci dalla rumenta che abilmente ci viene propinata su bisbigli, presunzioni,intercettazioni, inchieste e figlioli, per la circostanza sottoccupati, in lite con altri figlioli notoriamente grandioccupati, contese interessanti quanto la bolletta del gas che con la crisi hanno a che vedere solo nel caso in cui si sia disposti ad ammettere che costituiscono la prova provata che questa volta si muore di cattiva politica e di tanta rumenta. Quella che travalica i cumuli campani. Crisi di sistema.Non semplicemente di  governo. E infatti . Ciò che non s’intravede e che nessun rispetto costituzionale, nessuna riforma elettorale ben articolata, può sostituire, è un cenno di maiuscola Volontà Politica di superare l’impasse. A fronte della crisi che si annuncia, c’è chi vuol precipitarsi alle urne certo di un facile successo,non importa se a regole elettorali immutate, non importa se la correzione di quelle stesse regole ha impegnato il dibattito politico degli ultimi mesi , c’è chi vuol cucire addosso alla propria formazione una legge elettorale che moltiplichi magicamente i consensi, infine c’è chi vuole tutto ma particolarmente pensa a ricollocare se stesso e i propri cari, pronto a scivolare tra le fila dei possibili vincitori. Recarsi oggi al senato a rassegnare le dimissioni, significherebbe evitare di esacerbare gli animi e forse di fare terra bruciata intorno alla possibilità di costruire un governo istituzionale che provveda alle Riforme. Soluzione quest’ultima che indubbiamente sarebbe la migliore per il Paese. Ma Romano Prodi ha ragione, il senso di responsabilità non può essere esercizio unilaterale.Ne’ una procedura ineccepibile e trasparente può essere interrotta solo perchè in caso contrario qualcuno potrebbe stranirsi. Che ci si conti dunque e che sia chiaro chi sta da una parte e chi dall’altra . Nella fase a seguire, col Quirinale a sorvegliarne i passaggi, sarà più agevole capire chi sacrifica i propri interessi particolari al Bene Comune e chi pur di occupare immediatamente le postazioni, lascerebbe immutate condizioni svantaggiose per la governabilità. Se in nome della chiarezza dev’essere muro contro muro, muro contro muro sia…