Sfogliato da
Mese: Marzo 2008

Quel monumento in blu

Quel monumento in blu

ingegnere 2212009720_deb5d4cbefNon ho la vignetta che è di qualche tempo fa, quindi la racconto citando a memoria. Prima sequenza : La Fulvia di Pericoli & Pirella, bionde chiome al vento e aria svaporata , si sporge dal bracciolo di una poltrona  e fa : Consiglio a tutti  il bellissimo libro di Arbasino su Carlo Emilio Gadda. Seconda sequenza : La Fulvia con chiome sempre più lussureggianti  e aria svaporata come sopra,  ha piazzato una delle sue gambe chilometriche sul bracciolo e prosegue : Lo consiglio soprattutto a chi si è stufato di fare largo ai giovani. Accidenti che promozione. Ma i giovani probabilmente non c’entrano,  l’omaggio dev’ essere ad altro tipo di maturità e a proposito di questo, una premessa si rende obbligatoria : le poche cose che scriverò su questo libro, saranno spudoratamente di parte. A me piacciono molto gli scritti di Arbasino, mi piacciono talmente che pure se arrivassero trecento commentatori con propositi denigratori , non muoverei un dito per redimerne nemmeno uno . Un po’ come si fa con certi amori :  qualcuno te ne domanda conto e tu spalanchi le braccia come per dire …è così. Ora, non che io sia innamorata dell’Alberto che ha gli stessi anni di mio padre ma forse è anche per questo che ogni suo riferimento, ogni  rappel  mi risulta famigliare.Se, come in altro libro ,racconta del viaggio in Grecia che assieme ad un gruppo di amici intraprese per scappare dal trambusto delle Olimpiadi di Roma del 1960, non posso fare a meno di ricordare che analogo proposito misero in atto in casa mia e per gli stessi motivi ( la meta estera però fu un’altra) e che questo mi è  stato raccontato infinite volte, lo stesso accade a proposito di altri episodi, altri ristoranti, teatri, dispute bibloteche e soprattutto per l’uso nel parlare corrente di termini francesi e inglesi mischiati al dialetto oppure il chiamare colazione il pranzo e il pranzo la cena e relativi rimbrotti  dati da uso improprio ( e gran  confusioni di appuntamenti) .Insomma quel poco di innocuo snobismo che forse è un po’ anche puzza sotto al naso ma che, data la modica quantità, mi fa sentire subito a casa . Insomma non vorrei dire che l’Arbasino Alberto mi ricordi propriamente l’infanzia e gli snobboni di casa mia, ma quasi. Per esempio il cameo irresistibile che si trova in questo libro, di una tale principessa capitolina che aveva invitato due amiche e  davanti al botteghino del  Fiamma – film in programmazione l’Eclisse – fruga nella borsetta in cerca dei soldi borbottando il suo, chiamiamolo disappunto, in francese, mi fa ridere per motivi probabilmente legati a decine di altre principesse romane (più quella) sulle quali in casa ho sentito ironizzare con ferocia  che si sarebbe voluto far passare per repubblicana, benché fosse assai di più (si tendeva sempre a rimarcare la scarsa signorilità e la molta ignoranza della nobiltà nera o papista o quel che era)  oppure  Marlon Brando che pare girasse Riflessi in un occhio d’oro a Pomezia in incognito, altra leggenda che ancora si tramanda dalle mie parti. Insomma tutto un mondo romano e milanese (fortunatamente, per certi versi) sparito ma che mi fa piacere ritrovare in sistematica narrazione. Dunque largo ai maturi (in ogni senso) lettarati,alla scrittura curata fino allo spasimo,alle parole tornite per giorni e giorni.Largo alla fatica di scrivere e ai suoi magnifici esiti. Largo all’appropriazione e al rimescolamento di linguaggi, lingue straniere e dialetti che rivitalizzano il racconto . Largo ai memoires liberi da autocompiacimento,agli affreschi d’epoca resi con pochi colpi di spatola: uno o due riferimenti e sei subito perfettamente immerso in un’ atmosfera. E largo all’Ingegnere in blu –  Carlo Emilio Gadda – e ai suoi “nipotini” con i quali conversava en petit comité (leggere il libro per sapere chi e come..) raccontato con ammirazione malcelatamente reverenziale attraverso ricordi personali che ne rivelano l’indole affabile ed ironica malgrado l’immagine abitualmente addolorata o afflitta.Non una biografia ovviamente ma un modo intelligente di parlare  di letteratura o meglio della impagabile prosa dell’Ingegnere , senza troppo sembrare.

L’ingegnere in blu è un libro di Alberto Arbasino edito da Adelphi

Tutto quello che non so dire…

Tutto quello che non so dire…

E’ un fatto che il movimento femminista degli anni Settanta  abbia consegnato di sé scarsa o nulla memoria storica. Non che la fluviale produzione di scritti ,immagini, quotidiani e periodici di allora, sia del tutto scomparsa ma,  di sicuro, manca un’organizzazione sistematica di quel materiale che, ricucito, potrebbe raccontare a chi non c’era, la storia di un paese che praticava per legge il delitto d’onore e che considerava la contraccezione o l’aborto reati contro la stirpe e di quella collettiva ed energica ondata che impose altre leggi e inventò linguaggi creando un movimento di libertà. Questo Vogliamo anche le rose non è un vero e proprio film sul femminismo, piuttosto il tentativo ben riuscito di indagine documentata sull’identità femminile che Alina Marazzi realizza in prosecuzione dello splendido Un’ora sola ti vorrei.Il filo narrativo è costituito da tre veri diari scritti nel sessantasette,dunque  tre storie : una ragazza borghese travolta dal sessantotto,un’altra che racconta la sua esperienza di aborto clandestino e la terza una militante di via del Governo Vecchio (con un commosso omaggio all’amata Carla Lonzi che.. diceva proprio tutto quello che io non so dire   ) ,mentre fuori campo le voci scandiscono quei racconti,   passano  le immagini di un decennio incandescente  :si comincia da Grand’Hotel e si prosegue con gli spezzoni di Helga,il primo film sulla contraccezione,la psicoanalisi di gruppo,i dibattiti, la festa al Parco Lambro,gli scontri di Campo de’ Fiori, Paola Pitagora nel ” Segreto” il fotoromanzo dell’AIED , Emma Bonino che illustra il metodo Karman e poi ancora filmini in super8 e cartoni animati. Un pregevole lavoro di collazione di materiale d’epoca che segna le tappe di un percorso collettivo di presa di coscienza ma che soprattutto sollecita la memoria e invita a riflettere, senza rinchiuderle in gabbie, l’interpretazione di quegli anni di contraddizioni e conflitti tra sensibilità ed esperienza (il machismo rivoluzionario è peggio di quello moderato dice qualcuna).Un incredibile affresco alla fine del quale una madre gioca con una figlia bambina, degno epilogo per la storia di un ‘utopia allegra e ribelle.

Vogliamo anche le rose è un film di Alina Marazzi Genere Documentario, colore 85 minuti. – Produzione Italia, Svizzera 2007. – Distribuzione Mikado

The magnificent

The magnificent

Cosa sarebbe stato il neorealismo senza Anna Magnani ? E perchè, finita quella stagione , il cinema italiano con il quale aveva sempre dimostrato grande sintonia, non seppe offrirle opportunità commisurate alle sue capacità artistiche ? Solitamente si attribuisce questa rimozione alla difficoltà di strappare Anna dal clichè della popolana passionale ed aggressiva o a quel suo essere poco malleabile, qualità umana e professionale che faceva impazzire i registi e non solo. In realtà qualsiasi esperienza abbia vissuto Magnani  fuori dei confini del neorealismo, da quella teatrale a quella americana con Daniel Mann, Sidney Lumet e George Cuckor, o in Francia con Renoir o Autant Lara, dimostra  il contrario. Anna Magnani sapeva dare vita e spessore a qualsiasi personaggio, con la sua recitazione  e col suo modo d’intendere il Dramma.Ma soprattutto, impegnata che fosse , nella corsa disperata dietro al camion dei tedeschi a San Lorenzo o tra le sbarre di una prigione alle Mantellate o in testa alla rivolta di Pietralata o alle prese con le numerose sfaccettature dell’amore materno, sapeva rendersi interprete di potenti sentimenti collettivi. Magnani the magnificent, nella calzante definizione di Bette Davis,  ben al di là dall’essere  un fenomeno locale ,italiano o addirittura romano, era un’attrice che sfuggiva alle suggestioni della recitazione di scuola o di maniera ed era proprio questa sua assoluta naturalezza ed intensità a renderla Unica e  in grado di parlare al Mondo.  Al cospetto di tutto ciò, i pettegolezzi,i luoghi comuni  dei quali è ancora intrisa certa anedottica, sono poca cosa.Una parte risponde a verità, molto è inventato di sana pianta, altro ancora,è stato arricchito di particolari che via via si sono aggiunti. A saper leggere tra le righe però, anche questi antesignani del gossip, possono essere utili  ad inquadrare meglio la sua vicenda : una donna sola con il compito di crescere e far curare un figlio avuto fuori dal matrimonio, che non ha mai goduto,come spesso accadeva allora, di appoggi da parte di uomini dai quali è stata spesso utilizzata e che anzi,  in qualche caso ha contribuito lei stessa a rendere importanti.Tutto questo, accadendo negli anni 40 e a seguire,non poteva non poggiare su una determinazione forte fino alla durezza,su una necessità di prendere in mano la propria vita e incanalarla verso le realizzazioni che si era prefissa.

Oggi a trent’anni dalla morte,c’è chi per ricordarla si accontenta ancora di raccontare i suoi amori ,le scenate di gelosia,gli scontri sul set come tratti negativi di un’attrice per la quale essere se stessa,in tutti i momenti della vita,è stato patrimonio irripetibile della sua personalità.

Luca Magnani da Ciao Anna edizioni interculturali

Mi sono chiesto più volte come abbia fatto Anna a vivere nella società e a restare allo stesso tempo così libera dalle sue convenzioni.Era la donna più anticonvenzionale che ho conosciuto nell’ambiente professionale e fuori.Ritengo che la sua onestà fosse assoluta.Non mostrava mai alcuna mancanza di sicurezza,alcuna timidezza nelle relazioni con il mondo in cui viveva mescolandosi con gli altri senza complessi.Guardava chiunque si trovasse davanti ben dritto negli occhi e per tutto lo splendido periodo in cui siamo stati amici non udii mai una parola fasa sulla sua bocca.

Tennensee Williams

Marinella

Marinella

Accadde a Marinella Cammarata quel che succedeva , e in molti casi ancora succede, ad ogni donna che, vittima di stupro, denunzi i suoi aggressori. La notte del 7 di marzo 1988 , in piazza dei Massimi a pochi istanti da piazza Navona, Marinella fu violentata da tre balordi, peraltro colti, casualmente, in flagrante da un carabiniere. Di lì ( e nonostante la testimonianza del carabiniere) cominciarono le stazioni del suo calvario. Prima la stampa che oltre a setacciare la sua vita privata, non esitò,a proposito della violenza subita, ad insinuare il dubbio della consensualità, poi il processo con il solito carico di umiliazioni per la vittima che spesso diventa accusata ed infine la condanna a quattro anni di reclusione per gli stupratori.Troppo mite, si disse. Intanto Marinella, pur affiancata dal Movimento Femminista sia nel percorso legale che in quello  riabilitativo, non ce la faceva più a vivere. Aveva due figli, un posto di lavoro ma niente e nessuno fu in grado di restituirle speranza. Nemmeno quelle manifestazioni contro la violenza, alle quali puntualmente partecipava, riuscirono ad attenuare il suo senso di solitudine. Le vittime di stupro, comprensibilmente  smarriscono il  senso di fiducia nel prossimo, la capacità di relazione si assottiglia e a questo molto spesso si aggiunge un senso di inconscia  colpevolezza per aver esposto se stessa ad un rischio tanto grande. Precipitare in uno stato di orribile prostrazione è  quasi inevitabile. Cominciò per Marinella una china dolorosa, fu ricoverata in una clinica e imbottita di tranquillanti. Una volta dimessa,  continuava a presentarsi all’ospedale in cui  era stata soccorsa dopo la violenza, sempre a quell’ora,  e quasi in stato di trance, denunciava lo stupro. Sempre quello.  Il processo di appello si celebrò il 23 novembre del 1988  e la beffa si unì al danno quando quei colpevoli ,furono lasciati a piede libero dopo aver scontato solo in minima parte, la pena inflitta.Tre giorni dopo Marinella si lasciò morire in un ospedale dove era stata ricoverata per polmonite.

Le Realtà che si riferiscono alla Casa Internazionale delle Donne  di Roma non scendono in piazza l’8 marzo perchè, come può leggersi nel Comunicato dell’AFFI ,con Giuliano Ferrara e con il suo movimento non si vuol  condividere nemmeno una data, ne’ parteciperanno al corteo sindacale di domani alle 14. Oggi pomeriggio invece alle 18,30  in Piazza Navona,daranno vita ad una manifestazione contro l’Impunità. Nel nome di Marinella Cammarata.

Chi le ha viste ( ma quando arrivano le ragazze?)

Chi le ha viste ( ma quando arrivano le ragazze?)


Qualcuno si è accorto che nel gruppo parlamentare di Rifondazione, la metà degli eletti era donna? Preso dall’ansia di spiegare come la questione delle quote, non potesse in alcun modo riguardare il suo, quanto a presenza femminile, evolutissimo partito, Fausto Bertinotti , ieri sera ospite di Gad Lerner, ha finito col segnare un candida autorete . In effetti se  non se ne è accorto nemmeno chi sapeva, figuriamoci gli altri. Come si sarebbe,del resto, potuto? Forse che la questione Lidia Menapace VS De Gregorio in Commissione Difesa , è stata risolta con le dovute maniere? Forse che Bertinotti , Migliore, Giordano o Caruso si sono fatti di un solo millimetro da parte per consentire alle loro compagne di partito, non dico un ministero o una delle cariche istituzionali in ballo ma  chessò…la presidenza di una commissione, la relazione di una legge, un quarto d’ora di visibilità? Stendiamo un vel pietoso . Speravamo, anzi ci eravamo messe al lavoro, per rifarci con questa nuova tornata elettorale. E infatti mai come questa volta siamo state richiestissime. Manco dovessero organizzare una balera tra Montecitorio e Palazzo Madama e  fossero in ambasce per la riuscita dei giovedì del valzer .Ogni ragazza dabbene ha avuto da scartare minimo un paio di offerte di candidature in improponibili collegi nel Lombardo Veneto o in realtà di confine o , a scelta,  ai confini della realtà . Tutti ci vogliono . Peccato che nessuno voglia togliersi di mezzo e nonostante i ben centotrenta uscenti dalle liste ex DS e Margherita (da non riconfermerare) ,il bilancio non è esaltante. Si sarebbe potuto  mettere a profitto uno degli aspetti più incresciosi di questa legge elettorale,volgere in positivo  l’assoluta discrezionalità dei partiti di decidere gli eletti. Invece niente. Oltre il 40% di donne sono sì nelle liste del PD ma eleggibili alla fine saranno assai meno del 30%. Sono d’accordo con Franceschini quando riferendosi al lavoro fatto intorno alle candidature, parla di grande opera di rinnovamento : dentro le liste c’è pochissimo apparato, molta società civile, molti talenti, molti giovani, molti generali, molti operai, molti imprenditori ma donne ancora poche. Certo,scelte andavano operate:  è  lecito chiedersi se Giovane significhi automaticamente Nuovo e magari anche se Donna sia sempre Bello. Ma non è un po’ tardi? Non si sarebbero dovute forse colmare, e in tutta fretta, voragini ,riannodare fili , smetterla una volta per tutte, di perdere treni? Non chiedevamo uno sforzo in più. Volevamo un atto di coraggio e di riconoscenza.  Altrove, negli altri partiti cioè, non va meglio e questo nemmeno può consolare  . Chi non ha grandi chances ,  cala l’asso della signora come designato premier (gran spolvero e idea di rinnovamento, assicurato con modica spesa).Chi ha da rinfrescare una lista, piazza una bella figliola in cima. Chi ha da riequilibrarne un’altra lascia scivolare in coda  un nutrito drappello di fanciulle. L’idea delle donne in politica va diffondendosi ma mostra gli stessi connotati tristi dell’idea che si vorrebbe attuare delle  donne nella società : elementi decorativi. Così alla vigilia dell’8 marzo del quale quest’anno si celebra il centenario , meglio sarebbe non tirare le somme : siamo troppo poche a lavorare, meno ancora nei posti chiave e sempre costrette a montare la guardia a Dignità e Conquiste. Ovunque noi siamo.Che strazio.