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Mese: Settembre 2008

Mancano 4.050.000 euro (non può finire qui)

Mancano 4.050.000 euro (non può finire qui)


…..che poi sarebbero i quattrini del contributo pubblico relativo al 2008 che Il Manifesto, grazie al decreto Tremonti, non riceverà. 

Quanto costa la nostra libertà  è l’articolo  del Manifesto di ieri che spiega non solo le  difficoltà ma anche le iniziative  assunte – al di là della consueta campagna di sottoscrizione e abbonamenti –  per sostenere la cooperativa in un momento che sarebbe di difficoltà per chiunque, figuriamoci per chi, geloso della propria indipendenza, ha sempre navigato in acque poco tranquille. E’ importante che si sappia che il Manifesto, pur confidando moltissimo sul sostegno dei lettori, continua –  e lo fa da tempo – ad affrontare la crisi  attraverso misure, spesso dolorose, di contenimento, senza  con ciò  intaccare minimamente la qualità dell’informazione che il giornale continua ad offrire, nonostante tutto. E guardate che non è per niente semplice. Qui sotto copio tutti i modi attraverso i quali attivare la vostra generosità, con avvertenza che ogni centesimo ci verrà restituito in termini di indipendenza e di libertà d’informazione. Non può finire qui.

On line, versamenti con carta di credito sul sito ed è il metodo più veloce ed efficace.

-telefonicamente, sempre con carta di credito, al numero 06-68719888, o via fax al numero 06-68719689. Dal lunedì al venerdì, dalle ore 10,30 alle 18,30. Dove potete telefonare anche per segnalare, suggerire e organizzare iniziative di sostegno.

-Con bonifico bancario presso la Banca popolare etica – Agenzia di Roma – intestato a il manifesto – IBAN IT40K0501803200000000535353.

-Con Conto corrente postale numero 708016, intestato a il manifesto Coop. Ed. Arl. – via Bargoni 8 – 00153 Roma.

 

Semplificare….

Semplificare….

Lina Merlin

Ieri sera a Matrix,  Concita De Gregorio a confronto con due sindaci di differente collocazione geografica ed estrazione politica, ha tentato di spiegare che il divieto di prostituirsi per le strade, così come è stato formulato, non risolve problema alcuno. Nemmeno quello della prostituzione per le strade. Tant’è che qualche minuto dopo, la telecamera di un annesso servizio, mostrava ragazze di nazionalità varia, mascherate da utenti del trasporto pubblico, battere alle fermate dei bus di Roma e di Milano, mentre una di loro, intervistata, offriva ai telespettatori, un ripasso – completo di casistica minuta e ipotesi di scuola –  sul Reato di Adescamento. Come dire : siamo culturalmente attrezzate ad affrontare qualunque incognita il futuro ci proponga.   Ora, a parte che la prostituzione sopravvive non ai Governi ma ai Sistemi, era interessante osservare come i sindaci presenti fossero interessati  esclusivamente ad un problema di decoro urbano,  mentre Concita De Gregorio tentava invano di affontare , oltre che gli sguardi di sufficienza dei convenuti , l’argomento con le sue molte sfumature, nell’ipotesi che una visione complessiva dei fenomeni sia di necessario sostegno alla rimozione  degli inconvenienti. Una visione questa, offuscata oramai dal pensiero dominante – o sbrigativo come lo definisce Michele Serra – secondo il quale le analisi alla luce dei tradizionali strumenti – scienze sociali, psicologia etc – altro non sono, con la loro declinazione di principi, bisogni, diritti, se non un retaggio del passato (ovviamente sessantottino) e che invariabilmente si traducono – con tutto quel digredire su questo e quello –  in immobilismo politico. Un ostacolo insomma, posto sulla via del fare, da intellettuali chiacchieroni e un po’ retrò. Da tutto ciò, deriva una visione semplificata della realtà, molto efficace dal punto di vista della comunicazione spicciola, ma quantomai lontana dalla realtà stessa, cioè dal come stanno effettivamente le cose .Va da sè che anche il fare  trasformato da etica in estetica, allo scopo di essere somministrato più facilmente via etere , ne risente in termini di provvedimenti inefficaci, perchè spiccioli, settoriali, tendenti a rimuovere l’effetto. Mai la causa. Tutta qui la formula vincente. Credo abbiano ragione coloro i quali – e sono molti – ritengono che la politica stia adeguando i suoi registri al Format. Quello che, per definizione del vocabolario, è un apparato di regole che determina lo svolgersi di un programma televisivo. E che il successo delle misure avanzate dai Ministri Gelmini, Brunetta, Carfagna, nonchè l’inalterato consenso che il premier stesso riscuote, sia fondato su di un modello comunicativo che nega l’elemento di complessità. Così è per l’immigrazione – fenomeno, di fatto, incontenibile, nel mondo intero – che si pretende di limitare rendendo difficoltose le pratiche per la regolarizzazione. Per la scuola, che ci si propone di riqualificare attraverso il contenimento della spesa e un ritorno all’autoritarismo. Per la sicurezza,  che si vorrebbe rafforzata da un moltiplicarsi dei presidi militari. Per la messa in efficienza della pubblica amministrazione, in cui basterebbe cacciare i fannulloni e premiare i laboriosi. Per Alitalia, laddove un invito presidenziale sarebbe stato sufficiente ad ogni imprenditore italiano, per buttare lì una fiche buona a far sventolare di nuovo, le bandierine sulla flotta . Si, certo, i provvedimenti di questo governo sono più articolati, a ben vedere, ma i messaggi rivolti agli elettori, sono stati  confezionati in tal senso ed ogni passaggio colpisce nel segno, non solo perchè  agisce su una legittima aspirazione di ordine ed efficienza, ma perchè lo fa  sollecitando spinte squisitamente emozionali, individuando in ogni circostanza un capro espiatorio – le prostitute, i rom, gl’immigrati – un soggetto cioè che non essendo più la conseguenza di un problema, diventa automaticamente il problema . Poi magari succede che il teppista xyz – non so nulla del suo caso specifico, me ne servo solo come esempio –  se la cavi con patteggiamento e sospensione della pena e tutti si scandalizzino perchè pensavano bastasse agitare il principio di Tolleranza Zero per indurre il magistrato a NON applicare la legge. Perchè sia ben chiaro : patteggiamento e sospensione, sono nel Codice – in molti codici del mondo – ed escludo che questo governo voglia rimuoverne gl’istituti,  anche se trattasi di fattori che mettono fortemente in discussione il concetto di certezza della pena così come viene generalmente avvertito. Ed ecco che la complessità ricacciata dalla porta, rientra dalla finestra attraverso una realtà quotidiana che è semplice solo perchè conviene raccontarla così. Così le prostitute continuano a circolare per le strade, i rom ad abitare accampamenti improvvisati, gl’immigrati clandestini a lavorare in nero o a delinquere.  Resta da vedere cosa accadrà quando ci si renderà davvero conto che nessuno dei provvedimenti è davvero in grado di rimuovere i disagi, tutto questo mentre l’ inflazione galoppa, i consumi flettono e parti sempre più consistenti della società italiana avvertono il peso di un andamento economico sfavorevole.Le immagini e le parole prevalgono sui fatti. Un triste compito per l’Opposizione, altalenante tra il ricalcare, ancorchè priva di potenti mezzi di diffusione, il modello corrente o mostrare un’identità diversa.  E’ possibile, che come nella commedia degli equivoci, infine la verità trionfi rivelando gli errori e ripristinando l’ordine delle cose. Ma si tratta ancora di formule di spettacolo,  terreno in cui l’avversario si muove con maggior disinvoltura. Io non ci conterei troppo.

Sfoltire…

Sfoltire…

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L’idea che il taglio dei posti di lavoro –  Alitalia, scuola, pubblica amministrazione in genere – non susciti alcun sentimento di solidarietà o preoccupazione nel grosso dell’opinione pubblica, mi pare un dato assai più vistoso ed inquietante  delle eterne fissazioni, confindustriali o governative, sul cucire a filo doppio salari e produttività, razionalizzazione e tagli. Come se in Italia non si producesse abbastanza unicamente perchè il lavoro costa troppo e sono in troppi a lavorare e non perchè una classe imprenditoriale furbetta investe poco in tecnologie e laddove ci sono risultati positivi ne evita accuratamente la "capitalizzazione" . Da molto tempo licenziare è diventato un Bene, una misura di igienica efficienza, se poi ai licenziamenti  si affianca la parola  merito : è fatta, il tutto assume immediatamente  i contorni dell’operazione indifferibile e che oltretutto ripristina pure un criterio di  giustizia.  L’eliminazione brutale di 87.000 posti di lavoro della scuola, viene presentata come necessaria per una miglior  resa del servizio ma in realtà nessuno è in grado di dire di quali superflue mansioni si tratti, se della decima maestra che insiste su di una classe o della terza che insegna inglese su due. Lo stesso vale per Alitalia, con il suo altalenante – ma sempre in crescita – numero di esuberi. Chi sono costoro? Meccanici? Personale di terra? Assistenti di volo?. Alla fine viene il fondato sospetto che le misure di razionalizzazione con i piani industriali c’entrino ben poco e che i tagli siano un’operazione puramente contabile che investe brutalmente solo e sempre i senza tutela, cioè i precari che numerosi, oramai abitano tutte le categorie: venuti via quelli, chi rimane, va a sostituire le mansioni che rimangono scoperte. Alla faccia del merito.  In questo metodo risiede tutta l’efficienza. Ma è esattamente così che si uccide un servizio. Che dei piani industriali o delle riforme dovrebbe essere il cuore. Tuttavia, non si ottiene un imbarazzante consenso che spiana la strada al massacro dell’idea stessa di Occupazione, senza un’adeguata rivoluzione culturale : oramai  i lavoratori quando non sono esuberanti zavorre, vengono descritti come esseri abietti, malati immaginari, parassiti protetti dai sindacati che, più fannulloni ancora di chi rappresentano, se la godono approfittando di appetibili distacchi. Senza considerare la criminalizzazione di chi spera in un posto fisso o di chi ambisce a costruirsi un futuro semplicemente attraverso la propria professionalità, senza doversi trasformare in un social climber, uno di quegli sgomitanti individui che per abbrancare la cima, venderebbero la propria madre al primo che gliela chiede. Brunetta, Gelmini e l’ineffabile Presidente del Consiglio – che-pensa-solo-a-lavorare-  sanno di parlare ad un paese  impoverito, arrabbiato e in virtù di questo, poco incline, non solo a sentimenti di solidarietà ma anche semplicemente a soffermarsi per riflettere sul reale stato delle cose. Così  viene alimentato, di proposito,  un Immaginario fondato sui più vieti luoghi comuni, dove nemmeno il  sano buon senso del non generalizzare, ha più cittadinanza, : i lavoratori Alitalia sono tutti privilegiatissimi piloti, gl’insegnanti lavorano solo quattro ore e hanno un numero imprecisato di mesi di ferie, i pubblici dipendenti sono tutti fannulloni.   Ed è fomentando e rendendosi interpreti di questo sentire comune, improntato più allo spirito di vendetta che a quello di giustizia, che preparano il terreno  ad un progetto di restaurazione . E di tale progetto, l’umiliazione del lavoro è uno dei cardini. Anche per questo,  il nuovo "modello contrattuale" che si sta discutendo con Confindustria e che di questa cultura è l’esito, deve essere ricusato con fermezza. Non usa più  dire che a fronte di ogni lavoratore che perde il posto, si articolano drammi. Fa buonismo esprimere umana comprensione di fronte alle foto che pure circolano in quantità, delle lavoratrici in lacrime  e non si pensa più che quei drammi non rimangono al chiuso delle rispettive famiglie ma si ripercuotono sulla società e sull’economia. E che i risultati si chiamino nuovi disadattamenti o spirali deflattive, tutto è destinato a riguardarci.

Tutta colpa dell’iceberg

Tutta colpa dell’iceberg

Ali06Il piano industriale  che disegnava la compagnia tutta italiana, piccina picciò, appositamente dimensionata per importare poca spesa ed essere rimessa in vendita – tempo tre o quattro anni – e che fondava le sue uniche speranze sul monopolio della tratta Milano Roma,  è sfumato. Sul tavolo c’erano l’occupazione, i salari, il servizio e le regole del gioco, queste ultime completamente stravolte in una trattativa che, nei fatti, non c’è mai stata, se si eccettuano gli ultimatum, i ricatti e qualche spicciolo in termini di accoglimento di minime richieste. Come da copione, ieri prima che l’ultimatum scadesse, al manifestarsi della controproposta della CGIL e di altre cinque sigle sindacali, i capitani coraggiosi hanno battuto la ritirata. Al Salvatore, quello che per biechi motivi propagantistici,  in campagna elettorale, s’è fatto in quattro per emarginare l’unica proposta dignitosa, non rimane che far diffondere via filo, etere e carta stampata, la versione dei fatti che lo esonera da ogni responsabilità, mentre sistema una foglia di fico sul suo, forse più clamoroso, fallimento: la colpa è del sindacato, istigato dall’Opposizione che da sempre ha puntato allo sfascio del bel progetto. Quello che oltre a segare posti di lavoro e  salari, non garantiva affatto un servizio accettabile e competitivo e come se non bastasse,  socializzava le perdite e privatizzava gli utili. Saranno anche atipiche le manifestazioni di giubilo dei lavoratori, ma proprio per questo, invece di riflettere sul Titanic – è la terza volta da stamane che ne ascolto la metafora, su tre diversi notiziari, più l’ editoriale di un quotidiano, va bene esprimere fino alla nausea, gli stessi concetti, ma potrebbero almeno cambiare le parole - e sull’irresponsabilità dei lavoratori, forse è il caso di leggere in quelle reazioni , il senso liberatorio dalla gestione di una crisi in cui è stato fatto saltare ogni schema : dagl’imprenditori con nessuna voglia di assumersi il seppur minimo rischio d’impresa, alle banche più versate a guardare di buon occhio la politica che il mercato, al commissario che non si è capito bene che mestiere faccia,  ai cospicui aiuti di Stato. Il tutto per partorire una proposta impossibile, messa sul tavolo col metodo del ricatto. In epoca di confusione, di falsità e di pianificazione dei conflitti,  è bene che ciascuno recuperi il proprio ruolo e lo svolga fino in fondo, pena lo spaesamento collettivo e bene ha fatto Epifani a cercare con una nuova proposta, il prosieguo della trattativa e il recupero di quel ruolo che altri sembrano aver smarrito. Se fallimento ci sarà, non si potrà davvero dire che la colpa è stata la sua.

Ariecco i Coen

Ariecco i Coen


Coen Brothers  ..dadàn  – tra le più interessanti  aziende a conduzione famigliare made in Usa – tornano, autori di questa spy, dark, noir – le definizioni si sono sprecate – story con la quale s’è inaugurata Venezia 2008, in un tripudio di feste e battimani. Giustamente. Perchè a mettere insieme i registri severi del giallo – step by step, ordinatamente e senza tregua, dal preambolo fino all’assassino – con quelli anarcoidi e  multidirezionali della commedia degli equivoci, ci vuole un certo coraggioso talento – e infatti non tutto – tutto – tutto, è sotto controllo, anche se nonostante ciò,  nulla  va perduto dell’ incantevole divertimento – 


Racconto impietoso dell’idiocy today,  della stupidità che ogni cosa domina e dalla quale siamo dominati e, in alcuni casi, anche governati. Report veritiero sullo Stato dell’Unione, non in buona salute   a dire il vero, come pure cronache recentissime di scatoloni viaggianti per Wall Street indicano, che viene esibito con ferocia amplificata da un tasso satirico di discreta entità.

La vicenda è quella di Osborne Cox (magnifico Malcovich in vestaglia da camera ed ascia) licenziato dalla Cia per problemi di alcolismo (e di conseguenza pure dalla moglie) che sta scrivendo un ambizioso e vendicativo memoriale, il  quale fortuitamente finisce nelle mani di due decerebrati impiegati di una palestra, uno rincoglionito dall’ I-pod, l’altra una segretaria un po’ âgé – ma nemmeno troppo – che invece di predisporsi ai numerosi comforts del viale del tramonto, cerca un’ improbabile  rigenerazione  in  Internet. Sito : staiconme.com (fantastico l’URL ).  Tutto questo  mentre sogna costosi e, impagabili dall’assicurazione,  interventi di chirurgia plastica che, a suo credere, le consentirebbero di sedurre uomini di successo e non solo i losers raccattati in Rete.

 L’intento del duo è quello di servirsi del dischetto in cui è contenuto il memoriale, per ricavarne, a mezzo ricatto, il denaro necessario agl’interventi chirurgici di cui sopra.In tutto questo s’inserisce lo sceriffo federale Clooney, amante contestuale della moglie di Cox e delle segretaria della palestra. Comincia così un tourbillon di sospetti e pedinamenti  talmente fitto che risulterà incomprensibili finanche ai servizi segreti. Ma nel dischetto non ci sono tali rivelazioni da indurre potenze straniere o la CIA o altri soggetti all’esborso….. Nelle frustrazioni e nell’ansia di riscatto , nell’ossessione dei soldi e dei complotti, nell’arzigogolo di fandonie in cui ci ricacciamo per sostenere una condizione umana insoddisfacente, c’è un ricco compendio di deprimente attualità, non solo statunitense. Ultimo film della trilogia degli idioti – Fratello dove sei ? e Prima ti sposo e poi ti rovino sono gli altri due – Burn after reading, sottotitolo inopportuno, A prova di spia, è un film vivace pieno di gag di  incastri narrativi  esilaranti. Recitato da attori (assai divertiti) che manco a dirlo, sono tutti al meglio ( poi qualcuno ha detto che Malkovich è troppo cupo e Pitt troppo scemo ma i ruoli quello richiedevano : esasperazione). Menzione speciale a JK Simmons nel ruolo del capo della CIA. Magnifico Clooney, sempre più bravo sempre più in sintonia col resto del mondo-film. Anteprima mondiale a Venezia 2008. Secondo passaggio ( e sottolineo secondo ) a Toronto, sta facendo cantare il box office negli States.Vediamo qui da noi…. ( esce domani)


Un film di Ethan Coen, Joel Coen. Con Brad Pitt, George Clooney, Frances McDormand, John Malkovich, Tilda Swinton, Richard Jenkins, J. K. Simmons, David Rasche, Olek Krupa. Genere Commedia, colore 96 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Medusa