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Mese: Ottobre 2008

I conti con il passato

I conti con il passato

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Mi pare che Cossiga, nella  lucidissima intervista rilasciata ieri a Quotidiano Nazionale,  abbia chiarito a sufficienza quali  intenzioni e strategie sottendesse la gestione dell’ordine pubblico, all’epoca della propria missione di responsabile degl’Interni. Ragione di più per continuare ad interrogarsi e a discutere su quel passato, senza censure, o rimozioni magari  istigate da ricatti che hanno a che fare più con il presente dibattito politico,  che con la ricerca della  verità.

L’indagine è  tanto più necessaria quanto più coni d’ombra ancora offuscano lo scenario e ne inibiscono la piena comprensione. Al di là di ipotesi fantasiose o complottiste, va precisato che di quel periodo noi conosciamo – l’ha ribadito mille volte Maria Fida Moro, –  solo le verità processuali, niente di più.

Preoccupante dovrebbe essere dunque,  la posizione del ministro della cultura Bondi che – senza avere visto il film – ha dichiarato, l’estate scorsa, le sue intenzioni di rifiutare il contributo pubblico a documentari o fiction che indagando sul tema del terrorismo ne coinvolgano i veri protagonisti. Ho dato precise disposizioni perché in futuro lo Stato non finanzi più prodotti filobrigatisti . Altrettanto inspiegabili sono le timidezze e i pudori dei responsabili del Festival del Cinema di cui il film " Il sol dell’avvenire " è ospite nella sezione L’altro Cinema Extra-CineClub/Il Cinema del Reale , ad ammetterne la presenza nel Programma.

Soprattutto perchè, a scanso di equivoci,  nessuna esaltazione della violenza, ne’ toni trionfalistici, ne’ allusivi,  ne’ mitizzazioni rievocative vi sono contenute. L’ambiguità non ha cittadinanza in  questo lavoro che s’incarica di ricostruire con attenzione, il clima di quegli anni, partenza necessaria per ogni indagine storica che si rispetti.

E nel clima di quegli anni, insieme agli efferati delitti compiuti  dai terroristi,  non mancavano degenerazioni istituzionali, stragi immotivate, momenti di inaudita repressione. Raccontare questo, significa giustificare il terrorismo? Significa considerare  l’intero fenomeno come una reazione alla violenza dello Stato? Ma nemmeno per idea.

Otto militanti delle lotte degli anni tra il 60 e il 70 – cattolici, socialisti, anarchici, comunisti – s’incontrano, trascorsi quarant’anni, nell’ Appartamento, cioè nel luogo in cui nel 1969, usciti dal Partito Comunista hanno condiviso la fase di riflessione che darà vita  a scelte politiche differenti. Tra loro ci sono  anche Alberto Franceschini, Tonino Loris Paroli e Roberto Ognibene, ex brigatisti che oggi hanno pagato il loro debito con la Giustizia, scontando interamente la pena. Lo stile rigorosamente documentaristico, svolge qui in pieno,  il suo compito, enunciando i fatti senza aderire ad alcuna tesi, senza ammiccare allo spettatore, orientandolo su questa o quella interpretazione, ma ponendo problemi, aprendo senza indulgenze di sorta, uno spazio a questioni irrisolte.

 Si va a vedere questo film ben sapendo che  se ne ricaveranno sensazioni che sfiorano il fastidio . Come quando nel corso della proiezione si fa strada l’interrogativo se siano o meno  le BR, un ennesimo ritratto dell’album di famiglia della sinistra italiana, non nell’accezione sciocca e riduttiva dei compagni che sbagliano ma come esito di una cultura e di una tradizione, sebbene in forma degenerativa. Ma questi fastidi sono neccessari : fare i conti con il passato, è in primo luogo un passaggio obbligato nella costruzione di un’identità. Sfuggire non servirebbe.

Liberamente tratto dal libro di Giovanni Fasanella e Alberto Franceschini Che cosa sono le Br, il  Sole dell’Avvenire è un documentario dello stesso Fasanella e  Gianfranco  Pannone.

Knock on doors

Knock on doors

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La notizia non consiste  tanto nel fatto che che Giovanna Melandri, italoamericana con doppia cittadinanza, faccia  Knock on doors per Obama, in quel di Filadelfia. Ma che i democratici di Obama organizzino ancora i porta a porta per gl’indecisi, mentre i democratici di Veltroni, in analoga circostanza – l’ultima campagna elettorale –  abbiano ritenuto di ridurre questa pratica, confidando quasi esclusivamente sulla copertura mediatica di cui, in effetti, ha goduto il tour del segretario, e sulle iniziative dei candidati. Più qualche ammennicolo di nuova, per il simpatizzante medio, concezione legato all’uso della Rete, ma sul cui funzionamento, ancora non si hanno le idee chiare.

Saranno anche importanti, e oramai irrinunziabili, la mediaticità di una campagna, i cospicui finanziamenti, gli spot, le cene coi notabili, i siti internet, i blog, myspace e tutto il resto del corredo – e Obama in tal senso è attrezzato come non mai – ma poi alla fine, con gli indecisi, quello che funziona di più è  il contatto diretto. Un elenco di nomi stilato da chi conosce la tal  porzione di territorio e i relativi orientamenti, perchè evidentemente ci ha lavorato,  l’appuntamento, collettivo o individuale che sia, e il confronto diretto, nel tentativo di soccorrere con successo le incertezze. Con tanti cari saluti a facebook.

Per carità, non che con questo si sarebbero rovesciate le carte sul tavolo della storia, a Obama per spopolare – e ancora non è detto – oltre che i potenti mezzi e le sue indubbie qualità, gli ci sono voluti una guerra, l’impoverimento del paese, il crollo dell’Impero e due mandati Bush che avrebbero ucciso qualunque continente. Ma intanto, se nonostante le condizioni assai favorevoli rispetto al risultato, la tensione è tale da mobilitare volontari oltreoceano, per ascoltare ed eventualmente convincere gl’indecisi, significa che la modalità classica, un senso di efficacia ancora lo conserva. E in epoca di difficoltà a rettificare le informazioni distorte, per inadeguatezza di mezzi, rispetto all’insostenibile spiegamento proprietario della controparte, qualcuno che viene a sciogliere qualche incertezza vis à  vis, vale oro. Non un improponibile  ritorno al passato di defatiganti campagne capillari – che poi, sempre di controinformazione  erano fatte – ma un sitema integrato di mediaticità, tecnologia e rapporto diretto con le persone. Se si fa per Obama…

nell’illustrazione pasticcini “elettorali” a Denver

Meno. Più. Ma anche

Meno. Più. Ma anche

Festival 2

Più italiani, meno americani. Più film e meno tappeti rossi. Meno budget e più facilitazioni per il pubblico…e così di seguito. Mai nessuno che si prenda la briga di tirare in ballo..chessò.. più qualità, più innovazione, più sperimentazione, meno mercato, indipendentemente da tutto il resto.

Aspettando il Festival – non chiamatela Festa che altrimenti Rondi s’avvilisce – è  tutta una cantilena di  più e di meno, tanto per ribadire che con la cultura ci sanno  fare pure loro e che questa è la rivincita del nuovo corso sull’ancien régime filohollywoodiano, dei salotti, delle terrazze e dei panem et circenses .

Speriamo che per estensione, non utilizzino l’ incremento nelle prevendite come riprova dell’imbarazzante consenso di questo governo.

Ciò detto, il premio alla carriera sarà consegnato ad  Al Pacino, mentre il pubblico incontrerà  nell’apposita sezione Cronemberg, Cimino, Mortensen più la strana coppia Verdone – Servillo. Domani, data d’inizio del festival  vero e proprio – stasera cerimoniali e festa di popolo sotto l’ambasciata Brasiliana a Piazza Navona –  invece della solita superproduzione internazionale di rito un po’ dappertutto nei cinefestival –  sarà Maria Sole Tognazzi con il suo L’uomo che ama  ad aprire le danze. Conferito dunque il necessario tocco di discontinuità alla manifestazione, le proiezioni che si presumono più interessanti, sono stipate nella sezione l’Altro cinema  già Extra che ha mantenuto la stessa gestione tecnico-artistica delle precedenti edizioni. Ma di questo e di quanto ci sarà di bello da vedere, sarà  dato conto nei giorni prossimi.

Quest’anno c’è un maggiore radicamento nel cinema di casa nostra ha dichiarato il sindaco Alemanno

mentre Gianluigi Rondi ha detto  l’italianità  non è mai stata una mia idea per questa che è una manifestazione internazionale

Mettetevi d’accordo.

Paiono traversie…

Paiono traversie…

A nessuno veniva in mente che erano le tre di notte e che era ora di dormire .Si dice sventura , dolori – disse Pierre – ma se ora in questo istante mi dicessero vorresti tornare a essere quello che eri prima della prigionia o soffrire tutto da capo? Per carità, chiederei di nuovo la prigionia e la carne di cavallo. Noi pensiamo che quando siamo spinti fuori dal solito sentiero tutto sia finito per noi : invece è solo lì che comincia il nuovo, il bene. Finchè c’è vita  c’è anche felicità. Nell’avvenire ci sono molte cose. Molte. Questo lo dico a voi –  fece rivolgendosi  a Nataša.

Leone Tolstoj Guerra e pace

Vittorio Foa amava molto questa pagina di Tolstoj in cui Pierre, appena ritornato dalla dura prigionia francese, racconta la sua storia. Amava anche ripetere  Paiono traversie e sono opportunità, il pensiero di Vico che lo aveva accompagnato e sostenuto  per gran parte della sua giovinezza. Nei duri anni di prigionia aveva  proiettato nel futuro la sofferenza e le privazioni del presente. Le aveva vissute non come un patimento da sopportare stoicamente o religiosamente ma ritenendole possibilità quindi scelte. Vittorio Foa ci lascia naturalmente moltissimo della sua lunga esperienza politica, in documenti,  libri e articoli di giornale. Ma lascia anche un’ importante lezione esistenziale, ben sapendo che chi dedica la propria vita all’impegno politico, alle  battaglie civili, incontra sul tragitto grandi ostacoli, momenti di scoramento e disillusione :   Vorrei chiedere una cosa ai ragazzi, di non vedere tutto come un dramma, di non prestare fede a chi vede catastrofi dappertutto. Se possibile usate l’ironia e l’autoironia: esse ci consentono di essere coinvolti e distaccati, di capire e di partecipare.

Ho mischiato le sue parole alle mie, come di chi è riconoscente.

nell’illustrazione Vittorio Foa ritratto da Carlo Levi nel 1935

Tu quoque

Tu quoque

Manifestazione nazionale di insegnanti aderenti ad una cinquantina sigle, tra sindacati e associazioni, avvenuta ieri  19 ottobre a Parigi, in difesa della scuola pubblica. Anche da quelle parti, si prevedono tagli all’organico e penalizzanti misure di contenimento. Anche da quelle parti la ministra ha accolto l’iniziativa con la medesima grazia e disponibilità della sua collega italiana, trovando le ragioni dei manifestanti injustifiées et décalées. Ma da quelle parti la maestra unica già c’è, e nonostante questo, il piano del governo prevedrerebbe egualmente l’eliminazione di quelle figure  professionali – les Rased – addette al recupero dell’insuccesso scolastico. I tagli concernono complessivamente 13.500 posti di lavoro, quando oltre 11.000 ne sono stati  già soppressi lo scorso anno. Questa volta però, sono di turno anche i Licei, con una consistente riduzione del tempo scuola. Tra gli slogan di punta, una famosa citazione da Abramo Lincoln  Si vous trouvez que l’éducation coûte cher, essayez l’ignorance. Ma quanto a quello, noi ci stiamo organizzando già da un pezzo.

Anche in Francia viene dichiarato da parte dei sostenitori del governo, essere la propria spesa per l’istruzione più cara che altrove, che gl’insegnati godono di infiniti privilegi (i soliti mesi di vacanza) e che l’organizzazione scolastica è pachidermica.