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Anno: 2009

Tacchi & Ritocchi

Tacchi & Ritocchi

C’è bisogno di rivoluzione femminile nel mondo, costruita su una rivoluzione culturale

Ha detto Gheddafi all’Auditorium rivolto ad una affollata platea di signore – 700 circa e molto PDL style come da tacco & ritocco di rito – ministre, imprenditrici, parlamentari professioniste, presenze femminili significative, almeno secondo l’accezione che il Cerimoniale ha inteso conferire al termine.

 Un capo di stato che voglia incontrare le donne per un’iniziativa sullo specifico non si trova tutti i giorni. Tuttavia c’era nel discorso di Gheddafi, in tono con gli altri pronunciati a Roma,  altalenanti tra parabole, citazioni da Matilde Serao, espressioni teoricamente condivisibili ed inedite visioni storiche, qualcosa di più che il consueto andamento contraddittorio.

E così se le case sono prigioni, anche il lavoro lo è. Scelga la donna in quale galera vuol soggiornare. Tutta qui la libertà che le è consentita. Sorprendente interpretazione del pensiero della differenza.

Naturalmente di rendere case e lavoro un po’ meno somiglianti agl’istituti di pena, non se ne parla. Quello sarebbe il programma di governo di un paese democratico in cui parlamento e istituzioni pullulano di presenze femminili. Siamo lontani. In Libia come da noi.

Secondo il colonnello invece, la rivoluzione delle donne  è il corollario di una (non meglio identificata rivoluzione culturale), quindi qualcosa di subalterno. Un controsenso che gli si manifesta attorno, personificato dalle Pretoriane – occhi belli. Pronte a tutto.

Ci fosse stato spazio per le repliche ci si sarebbe potute avventurare,  chiarendo che quella che il colonnello chiama rivoluzione femminile sarebbe già di per sè una rivoluzione culturale fatta e finita. E che nessuno meglio di lui potrebbe raccontare  cosa abbia significato in termini di progresso dell’intera società, l’istruzione femminile nei paesi africani in cui si è potuta praticare.

Ma cane pazzo  parla per ultimo, incassando applausi a scena aperta, appena venati da qualche sussulto di riprovazione. In un’atmosfera in cui anche la prolusione di Mara Carfagna è sembrata dura ed  elevatissima. Ma con buona pace delle prime file , tra fondamentalismo e modernità, non c’è  possibilità di mediazione. Nemmeno col ritocco.

 Nelle illustrazioni ( di Rizzo Emmevi ) sopra : una sostenitrice libica. Sotto, in prima fila Santanchè Prestigiacomo e Matone.

And the winner is..

And the winner is..

Berlusconi non sfonda, il PD tiene, l’antisarkozismo non paga, la maggioranza regge, l’astensione dilaga, smotta l’Spd, tracolla Zapatero, Verdi e Bloqo de izquierda in ascesa, Linke in stallo…Pasoch in rimonta.

Qualunque sia la formula scelta a definire il risultato elettorale, mi permetto di segnalare in aggunta alla nota, la vittoria del voto de panza, inutile che Scalfari si sbatta anticipando a sabato l’omelia – bellissima peraltro – della domenica sull’atteggiamento raziocinante da tenere al cospetto delle urne. Il voto – ma anche l’astensione – de panza, miete allori un po’ dovunque.

Qui da noi  contiamo addirittura due  formazioni de panza, entrambe  a mordere il sedere rispettivamente agli schieramenti principali. Due risultati speculari, belli tondi, due contenitori  in cui far convergere tutte le istanza emotive, i celodurismi, i voti di protesta e gl’istinti più bassi e inconfessabili dell’elettorato . L’offerta politica ne risulta così arricchita riuscendo i due partiti  a coprire ogni tipo di esigenza. Per esempio uno vanta un'organizzazione storica collaudata  e l’altro è più nuovo, più rustico,  entrambi sono giustizialisti ma solo uno è xenofobo, solo uno è protezionista, solo uno è antiberlusconiano. solo uno è latentemente antieuropeista. Insomma il populismo e il sentimento pre-politico di casa nostra si scapriccia e può essere variamente rappresentato. A destra  come a sinistra.

Vero è che di Europa si parla assai poco e se ai commentatori e ai politici,  di qualunque risma, dell'Unione importa un fico secco, figuriamoci agli elettori che nella migliore delle ipotesi pensano a Strasburgo associandone la funzione alle complicanze della burocrazia, alla pizza col ragù che però sempre pizza si può chiamare o alla mancata tutela del ficofiorone .

Di qui la sfiducia nella possibilità dell’Europa stessa di far fronte a problemi più seri degl’impedimenti che incontra il vino fatto con i piedi. Vedi la crisi economica. E se la disillusione alimenta il dato astensionista, il disagio nondimeno  penalizza i governi in carica nei singoli paesi  e infine  colpisce i partiti di sinistra eredi della tradizione socialdemocratica.

Ergo ne risulta favorita  l'affermazione di forze euroscettiche, quando non xenofobe che fondano le loro fortune sulla paura da invasione barbarica e sul senso d’insicurezza che ne discende. Formazioni che non possono esser annoverate certo tra le fila della destra tradizionale cosidetta di governo. Prova ne è che i Tories inglesi – partito che non potrebbe mai riscuotere il mio consenso ma  per il quale credo sia lecito nutrire una certa considerazione – stanno seriamente pensando di dar vita ad un gruppo a parte in seno al parlamento europeo. Conservatori va bene, populisti forcaioli e fascistoidi è un’altra storia.

Il disastro impone un mutamento di rotta, vedremo se la sinistra europea sarà in grado di fare conti definitivi con la crisi culturale e politica che investe la propria tradizionale impostazione socialdemocratica, oramai obsoleta e in rotta di collisione dalla caduta del muro in poi.  Dopo trent’anni forse è il caso di chiudere quel tipo di  partita avviando una stagione autenticamente  riformista.

Ma per tornare all’orticello di casa  la perdita del PD – 7% dei voti –  quantunque siano note le direzioni che hanno preso –  non può definirsi un risultato soddisfacente,non perchè  ce la passiamo meglio che gli altri in Europa, portiamo in dote al futuro gruppo un discreto numero di eletti il che nulla toglie al risultato che è di evidente sconfitta.

Anche il PD ha da affrontare la sua battaglia politica e culturale.

Certo viene da sorridere che nel momento in cui si cercano consensi per vincere i ballottaggi, si facciano anche discorsi di lungo respiro su future (strutturali) alleanze. Ma questo fa parte di un costume politico improntato al senso dell’opportunità. Tutto non si può mica avere.

Al momento l’unico risultato di cui compiacersi  è il silenzio – sono quasi tre giorni – del  Premier. Che pace, pur nella disfatta.

Nell’illustrazione Picos de Europa ( Spagna sett. Asturias)

Il mare può attendere

Il mare può attendere

E’ chiaro che nessun Sassoli, Scalfarotto, Serracchiani, seppur eletti a furor di popolo riuscirebbero a fare il miracolo, cioè scalfire di un solo millimetro il senso di disagio – che si vorrebbe politico  ma che spesso assume connotazioni di carattere esistenziale – che dilagando già da molto tempo,  si sta  risolvendo in proposito astensionista.

Ne’ con l’ elezione, costoro potrebbero porre mano efficace alle questioni politiche – quelle sì – che attanagliano il PD. La verità è che qualcosa sta finendo, non è detto che non possa rinascere, ma ognuno in cuor suo sa bene, che se ciò dovesse accadere, niente sarebbe come prima. Disperarsi è comprensibile ma per fare in modo che insieme a quel qualcosa non si dissolva l'intero patrimonio oggi riconducibile ad una sola parola : democrazia, bisogna agire. E scegliere. Si dirà che anche l’astensione è una scelta e su questo si potrebbe convenire, ma sulla pessima qualità politica del sottrarsi in un momento di grande difficoltà, qui da noi, ma anche in Gran Bretagna, in Olanda e altrove, non ci sono dubbi.

Per questo è puerile pensare che l’astensione produca un qualsiasi effetto che non sia rafforzare i conservatori, su scala europea. Per questo può essere tanto congrua la posizione di chi non vota per disinteresse, quanto insulsa quella di chi va in spiaggia  nell'illusione di dare un segnale.

L’attuale posta in gioco è di vitale importanza, gli equilibri del futuro Parlamento saranno decisivi per governare la crisi economica, scrivere le regole per  un nuovo modello organizzativo della finanza e del capitalismo, nonchè ridisegnare un percorso di sviluppo meno anarcoide e dissennato, più solido e coerente per il futuro.

Ogni democratico non può che augurarsi che un simile progetto sia compiuto in sintonia con quanto al di là dell’oceano sta disponendo il presidente Obama. Ecco perchè è fondamentale che l' Alleanza dei Socialisti e Democratici –  nuova denominazione del gruppo parlamentare del PSE –   abbia un numero eletti  superiore al PPE, il Partito Conservatore europeo.

Tutto qui, il resto sono marginalissime, inefficaci, chiacchiere. Il mare come il cielo  possono attendere. Nel frattempo  sarebbe più civile cercare di  contrastare lo scivolamento a destra del vecchio continente. Impresa ardua ma non disperata. Buona fortuna a tutti noi.

Nell’illustrazione Il Ponte Europa a Coimbra.

Il montaggio è tutto!

Il montaggio è tutto!

Sarà che l’ interdisciplinarità  resta per me, oltre che un insostituibile ferro del mestiere, un assillo al quale sono particolarmente affezionata, sarà che l’idea di un ritratto del Novecento da costruire, attraverso un ‘operazione di vero e proprio montaggio – in senso cinematografico, sì – di brani letterari, filosofici, teatrali, musicali  oltre a quadri, fotografie e spezzoni di film, è incredibilmente attraente, vitale  e consona all’arco di tempo in questione, sarà che nel lavoro di collazione, la possibilità di abolire ogni tipo di gerarchia operando su interferenze ed attriti oltre che su associazioni, trasforma  il Novecento da secolo per definizione  breve a secolo interminato e (per vocazione) interminabile…

Saranno tutte queste cose messe insieme, ma la lettura – che poi non è solo lettura – di questo Ritratto del Novecento, mi ha fatto seriamente rimpiangere il non aver avuto modo di partecipare alle quattro serate dedicate rispettivamente alla Psicologia, al Montaggio, alle Avanguardie e alla Lotta di classe, tenutesi a Bologna dal 12 al 16 dicembre 2005 e il 2006,  di cui questo libro raccoglie i materiali preparatori.

Dunque in sessantotto tessere numerate sono contenuti cento interpreti – non i più importanti, secondo Sanguineti ma i più tipici – delle arti  figurative o della letteratura, della musica da  mescolare arbitrariamente ed assemblare in  infinite possibilità di mosaici o performances multimediali  (dai quali inevitabilmente discendono altrettante possibilità di  lettura.)

Il libro, ricca prolusione a parte, non ha testo, ma contiene, tessera dopo tessera,  l’indicazione dei brani o dei testi utilizzati nelle giornate di Bologna, con avvertenza che sia gli autori che i brani o le immagini, possono essere sostituiti ovvero se ne possono aggiungere altri, seguendo il filo di connessioni o rimandi che possono manifestarsi in corso d’opera  . Un manuale aperto dunque, per la scuola, si direbbe, ma anche per i teatri, per il cinema nonchè per personali tragitti esplorativi.

Qui di seguito un esempio. E’ tessera n. 43 ( Montaggio) dalla quale mancano  immagini filmate o fotografiche (che invece abbondano in altre tessere) sostituite da una particolare selezione di dipinti di Chagall.

Preludio : i primi minuti di Schelomò per violoncello e orchestra di Ernest Bloch

Lettura di cinque poesie di Nathan Zach :

– Il Cammello di Re Salomone

– Sfavorevole agli addii

– La forma e il paesaggio

– Nessun clamoroso cambiamento

– Confessione

Durante la lettura dei versi sullo schermo vengono proiettate diapositive ricavate da opere di Chagall

– Il violinista

– La donna incinta

– La passeggiata

– Il violinista verde

– La sposa dai due volti

– La fidanzata dal volto blù

– Il guanto nero

– l’Occhio verde

– Resistenza

– Liberazione

– Al crepuscolo

– Sogno di una notte d’estate

– La Guerra

– Il Matrimonio

– Le Luci del matrimonio

– Notturno

– La notte verde

– Autoritratto.

Nelle illustrazioni, due quadri di Chagall della selezione, Il violinista verde e la Passeggiata, (quest’ultima incantevole)

Ritratto del Novecento è un libro di Edoardo Sanguineti  curato da Niva Lorenzini ed edito da Manni