Distacchi
I distacchi, avvertono i conoscitori dell’animo umano, sono fondamentali opportunità di crescita. Quando me lo dicono, domando se per caso non vi siano modi meno dolorosi di quelli del lutto, evento realmente definitivo e proprio per questo inspiegabile. Ovvero – ma questo lo tengo per me, temendo di passare per presuntuosa arrogante – se io non sia sufficientemente cresciuta , alla mia non tenera età, da non aver più bisogno di questi strappi per diventare grande.
L’elaborazione del lutto è entrata a far parte del lessico comune, me la auspicano insospettabili verduraie imponendo al proprio linguaggio abituale, sobbalzi da triplo salto mortale con avvitamento. Pare facile. E invece non lo è affatto. Parola di chi questi distacchi sopporta da quando era ragazzina e ora teme un pericoloso effetto domino, essendo il mio povero papà, punto di riferimento di molte altre persone che l’età ha reso estremamente fragili.
Per conto mio, ho ripreso il cammino da subito, seguendo un vecchio istinto ed una di lui, precisa indicazione. Solo questo blog ha subito una battuta d’arresto, scrivere in certi momenti significa tirare fuori il peggio, tra rabbia, lamenti e retorica. Questione di pudore – mi piace pensare – o forse di scarso coraggio, di indisponibilità a mostrarsi. Comunque a lui non sarebbe piaciuto nemmeno questo tipo di cedimento, l’altissimo senso della sua lezione preferita: occhi asciutti, schiena dritta e testa alta, ne avrebbe invariabilmente sofferto.
Così ho deciso che non me ne può fregar di meno dell’elaborazione del lutto. Mi tengo stretto il dispiacere e vado avanti. Che altro non so e non ho voglia di fare.
Nell’illustrazione una sequenza di Baaria. Padre e figlio stanno per assistere al primo film della vita di Giuseppe Tornatore.