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Anno: 2009

Piacere alle donne

Piacere alle donne


Vero è che ascoltare le ultime  registrazioni dell’affaire D’Addario, è come ravanare nell’ Indifferenziata, come pure è vero che a voler separare quei rifiuti, ci si rende immediatamente conto di come le autentiche scorie tossiche siano quelle meno riconoscibili, celate come restano, nelle apparenze innocue di alcuni dettagli : dalla manifestazione di lui in accappatoio bianco abbagliante, al letto con le tende – e figurati se quell’altro burino ripulito dell’ amico  Putin, perdeva l’occasione di un omaggio fortemente allusivo ai charms del Buon Ricordo a forma di tartarughina o di farfalla – ma se ne hai già uno e questo è un doppione, cara,  lo puoi regalare a qualcuno –  fino ai  porta un’amica o ai telefonici  tesoro,bacio, bacione ciao, ciao.

Il resto del vomitevole  repertorio –  lui che si vanta, lei che ne asseconda il narcisismo –  è roba di normale amministrazione, dunque da stoccare nel collettore principale. Così fan tutti/e. A Palazzo, è il prezzo che si paga per un posto vicino al sole, in questo il premier è inflessibile e parzialmente indifferente ai generi  : da tutti pretende ammirazione e gratitudine  incondizionate.

Le esalazioni venefiche della stupidità provengono dunque da quel tipo di  discarica in cui, in una cornice assolutamente volgare, va in scena  come unica rappresentazione, il sottocutaneo disprezzo per il genere femminile, quello che, alla bisogna,  trascolora in galanteria pelosa, appiccicaticcia, melliflua.

Forte del proprio ruolo, il premier riceve in casa sua ragazzotte rese docili dall’ansia di riscatto sociale o dalla difficoltà a ritagliarsi un qualunque ruolo, per poi  speculare su questo effettivo stato di debolezza ovvero sull’ ignoranza di sè e  sulla scarsa fiducia nelle proprie capacità di farcela senza sponsor.

Possibile che un uomo che ha denaro, potere, consenso, abbia bisogno anche di questo tipo di conferme?

Scrive la stampa estera dopo le pubblicazioni di ieri : allora è tutto vero.C’è di che annegare  in un mare di imbarazzo. Sesso contro favori, denaro , quando non candidature o cariche, non è la massima espressione di etica pubblica che un presidente del consiglio possa rappresentare. Qualcuno ha ancora voglia di parlare di privacy violata?

Ovvio che Mavalà non trovi di meglio che negare addirittura il fatto. Ovvio che gli alleati strillino all’abuso, alla menzogna e al complotto. Strategie consumate ma di breve respiro. Fino alla prossima testimonianza, filmato, foto, registrazione, memoriale, instant book. Le ragazze sono una ventina, non c’è di che stare allegri. E i fatti sono fatti, al di là delle considerazioni di contorno.

Nel frattempo, ma era fatale, il consenso scivola via, attestandosi intorno al 50%. Un evento fisiologico, appena lambito dalla questione degli  scandali. Dicono. Ma uno studio, avverte che le prime defezioni sono di provenienza femminile. Il premier ama le donne, ci è stato ripetuto a mò di giustificazione, più volte in questi ultimi tempi. Magari è solo successo che qualcuna si sia accorta di non essere poi così amata.

Nell’illustrazione Iuppiter di Ingres

Chi ha paura dell’ex Fenomeno® ?

Chi ha paura dell’ex Fenomeno® ?

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Certo sventolare questioni territoriali, sotto il naso di Beppe Grillo, non è stata una gran mossa. Data la complessiva fragilità dell’ impianto partitico e l’intento chiaramente provocatorio del richiedente tessera e possibilità di candidatura, c’erano diverse strade da percorrere prima di mettere mano alla soluzione strettamente statutaria, evitando così di  passare per quelli che non vorremmo mai essere : rigidi burocrati.

Una soluzione era quella di accettare che Grillo dicesse la sua, che  sottoponesse candidatura e proposta politica ai diversi passaggi precongressuali, Primarie comprese. Ovvero che gli si opponessero circostanziatamente motivazioni di carattere politico.

In un congresso di partito  vince la maggioranza, pertanto chiunque può ambire alla scalata, nello stesso tempo, poichè quello stesso partito va preservato da intenti distruttivi, ogni ambizione è lecita purchè in armonia con valori, prerogative e missione politica che la Formazione esprime. In questo caso, forse, mettere al lavoro lo Statuto avrebbe avuto un senso. Concludendo, al di là delle cose dette in passato, Grillo può essere in sintonia con quei valori? Nel dubbio, meglio un pubblico confronto che un pretestuoso diniego.

Invece si è temuta la manovra entrista –  termine obsoleto, prelevato dal basso politichese d’antàn, rivelatore di antiche paranoie –  e questo sarebbe ancora niente se, con l’occasione, quei timori non fossero apparsi in tutta la loro scabrosa evidenza.

Leggero o pesante, liquido o solido  che lo si voglia, in questo partito, invece  Beppe Grillo ha posto nemmeno troppo indirettamente una questione elementare di democrazia e, a mio sommesso parere, l’episodio della sua candidatura rivela una connaturata tendenza all’ istinto di fuga di certi elementi dell’ establishment.

La formula congresso-presepe con i gggiovani, i vecchi, i padri e le madri nobili, i fondatori, i duellanti,  gli outsider – purchè siano di professione –  i laici, i teodem e quant’altri, andrebbe accuratamente evitata. Quello sì, che sarebbe un remake  di Helzapoppin, per dirla con Fassino, persona stimabilissima, ma che evidentemente non ha visto con gli occhi giusti  quel bel film e i suoi magnifici tormentoni.

Non posso pensare ad un congresso che non rispecchi la nostra travagliata realtà di donne e di uomini di centro-sinistra alle prese con rosiconi epocali. I quali, sia ben chiaro,  non speriamo di risolvere con un colpo di bacchetta magica ma quantomeno di allineare, di mettere a tema,  di rendere disponibili al dibattito e pronti per essere tradotti in proposte politiche. Se Grillo fa parte di questo universo o egli stesso rappresenta un rosicone, lasciamo che dica la sua. Se non dovesse piacerci, possiamo sempre batterlo. Democraticamente. ( e se la solfa dovesse essere la solita, molti di noi sono già pronti)

Nell’illustrazione uno spettacolo di Grillo, la foto è di  Molinari

…avec un jeu de mots d’un mauvais goût

…avec un jeu de mots d’un mauvais goût

Certo, dobbiamo riconoscere che Carlà è sempre stata molto attenta alla beneficenza nei confronti dei diseredati, di questo gliene va dato atto: ma se poi ti comporti così, anche la beneficenza puzza. E puzza non tanto di gauchismo con cui si dice ch’ella abbia dipinto l’Eliseo, se non altro perché il gauchismo è roba troppo seria per lasciarlo in balìa del fare gattomortesco della damazza. No, puzza in realtà di semplice protagonismo, il piacere incontrollabile del coup de théatre: quello di girotondare in difesa dei terroristi rossi, ad esempio, con una sbornia buonista da fare invidia a tutta la prima fila di ombrelloni dell’Ultima Spiaggia di Capalbio. Quando Berlusconi scherzò sull’Obama abbronzato, si disse «felice d’esser diventata francese». E visto che al G8 tutto sembra filare liscio, ne approfittiamo per porle una domanda: excusez moi, come si dice «guastafeste” en français? No perché stavolta, nonostante ce l’abbia messa tutta, Carlà la festa non è riuscita a guastarla. Forse voleva davvero sembrare la più buona del summit: e invece, così facendo, resta quello che è. Solo la più bona.

Da il Giornale venerdì 10 luglio 2009

Certo dobbiamo riconoscere che il Giornale, quotidiano di proprietà della famiglia Berlusconi, con Carla Bruni c’ha il dente avvelenato a prescindere. Come del resto ce l’ha con tutte le donne che si rifiutano di recitare il ruolo di orpello del capo. O di zerbino. Vecchie acredini risalenti ai  tempi dell’elezione di Obama e alla nota gaffe presidenziale sull’abbronzatura.

Obama attualmente è osannato anche dalla destra, soprattutto  per aver ringraziato pubblicamente Berlusconi delle magnifiche rose – come direbbe Arbasino – ma con Carla Bruni rea di snobbare il cerimoniale delle signore, la guerra è  ancora aperta.

Del resto diciamola tutta : perchè obbligare donne intelligenti, che al paese loro  sono spesso impegnate nel sociale, in politica o nella professione,  al ruolo di moglie di. E tutti questi pranzi e questi the ai margini di un convegno che si vuole risolutivo dei  problemi del mondo, sui quali si sono spesi fiumi d’inchiostro, se proprio necessari, non potrebbero svolgersi in un clima di maggiore sobrietà? Che senso ha trasformare Michelle Obama in una simpatica sellerona in giallo catarifrangente?

E se pure fosse indispensabile portare a conoscenza dell’umanità tutta, che lo chic di Madame X è insuperabile e quello della sua collega Y abbagliante, non si potrebbe almeno lasciare libere le signore di scegliere se sottoporsi o meno all’esamino di stile ed eleganza?

 E se alla Première Dame di Francia, putacaso viene affidata dal governo  una missione umanitaria invece che turistica, perchè i conti non dovrebbero tornare? Perchè obbligarla alla confusione di ruoli, oggi passerella romana con colazione tra le rovine, domani visita ai terremotati con consegna degl’impegni governativi?

Invece niente chi sciupa la mise en scene allestita dal capo secondo Libero ha da morì. Come si permette questa ex top model di sinistra che da noi probabilmente sarebbe finita in nomination a La Talpa con Flavia Vento, e invece è diventata la prima donna di Francia. ?

Lasciamo perdere l’eloquio e la scarsa conoscenza del funzionamento del mondo dello spettacolo oltralpe. Lasciamo pure stare il fatto che Carla Bruni le nozze con Niko non le ha vinte alla lotteria ne’ è entrata all’Eliseo dalla porta di servizio come usa alle volte qui da noi, ma davvero la fedeltà al proprietario comporta in automatico tali manifestazioni di livore?

Del resto l’offerta di 3,2 milioni di euro che Madame Bruni ha buttato sul piatto della ricostruzione, sono una  beneficienza che può anche essere rifiutata se si ritiene provenire da indegni e spocchiosi governanti.

Tanta acredine meriterebbe lo scatto d’orgoglio. Un lusso che non possiamo permetterci, visto che di quattrini non ce ne è per le case e gli ospedali  – figuriamoci per le opere d’arte –  e tutto questo baraccone è stato messo in piedi per chiedere il necessario sostegno al resto del mondo, quantomeno un minimo di cortesia per i generosi offerenti, sarebbe d’obbligo.

Più first lady di così

Più first lady di così

Va da sè che dell’unica vera  first lady del G8, ignoriamo lo stilista, il gioielliere,  il fiorista e la pietanza prediletta.Non sarà pertanto ricordata per i celebri caschetti, ne’   – pur essendo sempre correttamente abbigliata – per le famose giacche.

Eppure, comunque la si pensi,  Angela Dorothea Merkel, curriculum impeccabile di donna di scienza ed esponente politico di spicco, dal 2005 presiede un governo detto di Große Koalition e che comprende l’SPD, la CDU e il CSU, impresa non facile  visto che si tratta di mettere insieme  socialdemocratici e cristiano sociali, esercizio che porta avanti con successo e che anzi  l’ha indotta a smussare qualche tendenza conservative di troppo, esponendo con ciò se stessa ai  rilievi dei suoi compagni di partito, il più ricorrente  quello di aver subito, in corso d’opera, una sorta di processo di socialdemocratizzazione.

Angela Merkel in realtà ha avuto il merito di comprendere i cambiamenti della politica e della società, tanto che la sua (tradizionale) scarsa fiducia nei magici poteri dell’economia di mercato, è tornata di attualità  con la crisi mondiale che quella stessa fiducia ha messo così platealmente in discussione.

Gli appassionati dello specifico femminile in politica come propensione a ingentilire e a infiocchettare, o al più ad occuparsi di pari opportunità o d’infanzia, accettino la lezione di uno specifico differente, quello che ispira  provvedimenti sull’istruzione con corredo di stanziamenti da capogiro : 18 miliardi di euro per ricerca e università, 750 milioni per l’istruzione delle minoranze linguistiche e la creazione di nuovi posti di lavoro.Tanto per dire.

E infatti  va sottolineato che se  la Germania oggi accetta di essere un paese d’immigrazione, lo si deve a lei. Come a lei si deve parte della stesura del protocollo di Kyoto.( e grazie ad una sua iniziativa  l'UE si è impegnata a tagliare del 20% le emissioni di CO2 e ricavare il 20% dell’energia da fonti rinnovabili)

Un gran senso della missione storica ed un corretto rapporto con il suo essere donna di Potere, non fanno notizia come un cambio d’abito o di pettinatura. Ma Angela Dorothea Merkel, di tutto questo non ha bisogno. Prudente, pragmatica, riservata capace di creare consenso e  consapevole del suo successo – un 70 % di apprezzamento da parte dei tedeschi, di cui non si parla mai – e determinata a sfruttarlo fino in fondo. Più first lady di così.

Right or wrong my country

Right or wrong my country

Essendo il G8 superato dal G20, tutte le chiacchiere sul clima, sulla crisi , sulla centralità della persona e del lavoro, sul protezionismo – ma non avevano già detto di   no? – sui paradisi fiscali – ma non avevano già stilato la nota mondiale, bianca grigia o nera a seconda della condiscendenza di quei paesi? – e sull’Africa, lasciano il tempo che trovano.

Siamo dunque al cospetto di generiche dichiarazioni , studiate apposta per mettere d’accordo più o meno tutti,  salvo che quell’intenso lavorio spesso nemmeno basta a strappare il placet di qualche paese in irresistibile ascesa – Cina ed India, per esempio – che si guarda bene dall’impegnarsi entro il 2050 a ridurre le emissioni  per la quota stabilita ( ridicola in verità).

In tutto questo è facile concludere come queste iniziative siano occasioni d’incontro ma sostanzialmente megaspot per i paesi che vi partecipano. Inutili alla fine anche se tutti convengono che è meglio esserci.

Anche my country è fortemente impegnato a rifarsi la faccia dopo le ultime incresciose vicende, ma la perdita di credibilità prescinde dal sapere o meno organizzare l’agenda dei lavori. Dopo un decennio di deriva economica, il nostro peso specifico all’interno di questi consessi è pressocchè nullo, e il nostro paese non risponde più ai requisiti per partecipare al summit.

Ce lo ricorda The Guardian, che risponde a Silvio Berlusconi, passando dalle semplici ipotesi ai fatti : Indice di libertà economica ? Siamo al 76° posto. Trasparenza? Al 55°. Non parliamo poi dei nostri politici considerati meno affidabili di quelli  pakistani, senegalesi e bielorussi. La lista è lunga e ogni voce è un dito nella piaga : scuola, donne, giustizia. Ce n’è per tutti i gusti.

Poi arriva la ciliegina sulla torta, tutta dedicata allo sbandierato consenso del Premier  : Il leader è inadatto ma gl’italiani che se lo tengono invece di mandarlo a casa, evidentemente sono adatti al loro leader. Bingo. 

In presenza di consessi internazionali si possono tenere i toni bassi quanto si vuole ma credo che non basti, la nostra reputazione – che è altro dal fare bella figura – sembra comunque compromessa. E anche se è chiaro che non di tutto lo sfracello ha colpa il premier, è altrettanto chiaro che non sarà certo lui a tirarci fuori dall’impasse.

Per questo suonano stonate e goffe le accaldate colazioni per signore in cui, lustrati gli ottoni e appuntato qualche festone,  assieme alla non-carbonara dello chef di grido,  alle gentili ospiti vengono somministrate anche le non politiche sociali e d’integrazione della città di Roma. C’erano una volta e adesso non ci sono più. Salvo poi correre ai microfoni per celebrare l’eleganza e le affinità elettive con la first lady americana. Eccome no : tel quel.

 A vederle tutte quante in fila, Carfagna Gelmini e Rauti in Alemanno – tre campionesse delle pari opportunità, della tolleranza e della fedeltà al capo –  ieri veniva in mente una cosa sola : che per rimpiazzare una first lady ci si sono messe in tre. E la modestia del risultato, non è valsa la fatica.

Nell’illustrazione gli attivisti  dell’organizzazione umanitaria Oxfam indossano le maschere dei leaders mondiali. La performance, nel praticello davanti al tempio di Giano Bifronte è stata di grande impatto e la messa in scena molto ben fatta