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Mese: Giugno 2009

Tu nun canusce ‘e ffemmene

Tu nun canusce ‘e ffemmene

Palazzo Grazioli 0840

Giuliano Ferrara almeno in una cosa ha ragione :  affidare la propria difesa al quadrangolare  amici – alleati –  legali – dipendenti,
è stato da parte del premier  una imperdonabile leggerezza. Un po’ perchè un personaggio istituzionalmente rappresentativo certe faccende le sbriga in prima persona – dov’è finito il rapporto privilegiato- col- popolo-offresi-no- intermediari? –  un po’ perchè il teorema Mavalà – cadute di stile a parte – presenta qualche crepa.

Per  eccesso di congettura, vedi l’interpretazione in chiave Rossella – il premier non ha bisogno di pagare –  insomma come dire : tutte si sentirebbero onorate – sia quando il taglio Mavalà, diventa, ma solo apparentemente, un po’ troppo forense – il premier non sarebbe penalmente perseguibile anche nel caso che la sua accusatrice dicesse il vero –

Resta inteso che nessun legale avveduto metterebbe le mani avanti in questo modo.

In entrambe le circostanze, nell’ansia di negare un addebito se ne suggeriscono altri, ovvero il quadro di conduzione diciamo spensierata – tra pizza e champagne, divani, voli di stato e motoscafi scortati dai carabinieri – dell’ esistenza del Presidente, non viene minimamente scalfito. 

Che poi a ben vedere è quel che conta. E laddove, sotto qualsiasi costellazione tranne quelle dittatoriali, all’uomo di governo viene richiesta sobrietà, qui tutti coloro  che sono impegnati nella difesa strenua dell’innocenza del cavaliere, in realtà non fanno altro che confermarne lo stile di vita, diciamo sopra le righe. Che male c’è a circondarsi di gente giovane?

Non è stravagante vedere personaggi che delle strategie comunicative hanno fatto la ragion d’essere di questa politica, annaspare in uno spericolato gioco da caduta dei gravi  : più giustificano, minimizzano, argomentano e peggio è? 

Ma la più grossa la raccontano – uomini di mondo, fini conoscitori dell’animo femminile, intellettuali organici, direttori editoriali e via dicendo –   quando alludono alla donna origine di questa nuova tornata di scandali.

C’è una cosa che non capi­sco: come sia possibile che a una donna va­da bene il passare per sempre come quella dei mille più mille, cena e dopocena…d’ora in avanti chiunque parlerà di lei, sarà su quello. Devono averla pagata parecchio. Insinua Carlo Rossella in un intervista al Corriere

Eccome no. Prima le paghiamo, anche per partecipare ad una cena e poi ci lamentiamo di quanto siano mercenarie, corruttibili e ispiratrici di grandi complotti.

Ovviamente qui sfugge completamente la portata di un movente fondamentale  : la consapevolezza, di essere stata usata oltre il consentito e senza adeguata contropartita.

Nella testa di questa signora sono venuti meno i termini di un accordo che la vedeva merce di scambio. Alla luce dello stravolgimento in atto di valori, rapporti, usi e costumi,  come darle torto ? Sarà mica lei l’inventrice di questa nuova cultura?

Vendetta? Anche. Ma quello casomai è un effetto. La causa è soprattutto l’orgoglio ferito. E di quello ognuno ha un personale concetto. Non solo la letteratura pullula di donne che per rivalsa arrivano a distruggere se stesse.

Qui si tratta di molto meno, tutto sommato.

Ma come si fa a mettere a repentaglio il proprio ruolo istituzionale  di custode di segreti di ogni fatta, con tale leggerezza? Problema centrale diventa quello della ricattabilità del premier. Non si scappa.

Ad ogni nuovo passaggio, rivelazione, intervista, tornano in mente  parola dopo parola, le dichiarazioni di Miriam Bartolini, la moglie offesa in altra dignità cui si deve l’apertura di questa crisi.

Tutto quadra dunque, ben oltre Noemi. Difficile far passare il Presidente del Consiglio come un ingenuo farfallone in balia delle virago approfittatrici. Anche questa, nel caso,  sarebbe letteratura. E non delle migliori.

Nell’illustrazione : bandiera su Palazzo Grazioli di Dave Coombs

 

Ma come parli?

Ma come parli?

Honore_Daumier_018

Ma da dove l’ha tirato fuori  il termine utilizzatore finale l’avvocato Mavalà ? Non certo dai codici che in materia di prostituzione – esercizio, sfruttamento o induzione che sia – adottano  definizioni più congrue e civili. Cliente contraente, per esempio. Visto che di quello si tratta.

Utilizzatore finale è un termine che, nel caso in questione, non ha dignità giuridica, è una brutta espressione in lingua  italiana, e come eventuale metafora fa direttamente ribrezzo.

Tanto per dire che si può soccorrere il proprio datore di lavoro, assistito, capo,  senza bisogno d’infangare il resto del mondo, uccidere il linguaggio e screditare una professione che di tutto ha oramai bisogno, meno che di ulteriore discredito.

Questo son io per te

Questo son io per te

Lo sposo non uscì da casa  sua bensì, dopo avervi trascorso la notte, da quella di suo fratello, non essendo opportuno, ai fini scaramantici, dormire, la sera prima, sotto lo stesso tetto con la sposa e parimenti disdicevole il rientro, seppur temporaneo, nella casa natale.

Incontrò dunque la propria madre solo venti minuti prima della cerimonia. Il tempo di un’ aggiustatina e di un fazzoletto pulito cacciato in tasca alla bruttiddio, nascosti  dietro le colonne. Non essendo la cravatta ne’ i gemelli un’abitudine consolidata, si erano resi necessari piccoli interventi qua e là, onde riparare al mezzo disastro. E il fazzoletto di stoffa, si sa, qualcuno, al bisogno, te lo porge ed è subito Gentilezza (e buone maniere).

Un paio d’ore dopo lo sposalizio, in una sala gremita di ospiti, lo sposo con il consueto piglio da procedura d’urgenza, gridò da un capo all’altro – Mammaaaa !! Dov’è che si siede l’uomo? Destra o sinistra? –

Mentre la sera prima in vena di domande fondamentali e solenni sulla vita, le aveva chiesto – Mamma, com’è che tu non sei diventata terrorista? –

Donna Letizia, la capocolonna ( mancata) Questo son io per te?

(il figlio si è sposato la scorsa settimana, la cerimonia sarà replicata a Las Vegas tra dieci giorni. Così, per allegria. Idea brillante. Ma noi non ci saremo. Noi, non-ci sa-re-mo. Pfui )

Nell’illustrazione le colonne del Campidoglio che fecero da boudoir.

All day and all of the night

All day and all of the night

Richard Curtis brillante sceneggiatore di Quattro matrimoni ed un funerale e di Notting Hill, nonchè regista di Love Actually, mette mano a questo The Boat that rocked – da noi I love Radio Rock –  con la verve consueta ed un discreto talento per il racconto corale metropolitano. Dunque Londra, amatissima – e si vede –  città  che abilmente piazza sullo sfondo di tutte le sue storie, rendendone la presenza, elemento indispensabile allo svolgimento.

Non è di cup of tea, ne’ di torri dell’orologio, ne’ di cambi della guardia che si tratta, piuttosto del saper cogliere in alcuni elementi della quotidianità,  strade qualsiasi o portoncini colorati o ringhiere o panchine o bricchi o barattoli di marmellata, i tratti inequivocabili del carattere londinese. Questo film è girato prevalentamente su di una nave, quantunque ogni tanto  sbarchi a terra e si trasferisca in città, ma più acutamente  londinese di così non potrebbe essere.

Siamo nel 1966,  negli anni ruggenti del pop britannico governati dal cipiglio odioso dei conservatori di stampo reazionario. Età dell’oro del motown, di Martha and the Vandellas, dei Kinks e dei Procol Harum che la BBC trasmetteva un paio d’ore a settimana, mentre una pletora di emittenti allestite su pescherecci incrociava  al largo del Mare del Nord, ad una distanza tale da non incorrere nelle sanzioni che la severa legge inglese imponeva ai trasgressori di orari e concessioni.

Maghi delle frequenze in Fm e folli dj  governavano questi vascelli pirata a bordo dei quali per i venticinque milioni e passa di ascoltatori, le trasmissioni non finivano mai.

Antesignana della flotta che ne seguì l’esempio in tempi rapidissimi,fu Radio Caroline scatenata, libertaria e pazzesca emittente di cui questo film racconta le vicissitudini .

 Perseguitata dal feroce “MinistrotuttounprogrammaKenneth Branagh – We have their testicles in our hands, Twatt, and it feels good – e teatro di esperienze di vita in comune – tutti uomini più una cuoca, ma non mancano visitatrici e visitatori ad animare il già delirante ménage – iniziazioni ed educazioni sentimentali, celebrazioni nuziali tra goliardia e voglia di inventarsi il futuro,  la nave fila liscia come il film mentre di tutto quanto accade, la musica segna puntualmente  il ritmo .

Quaranta sono i brani della colonna sonora ruffiana e tutta protesa ad una inevitabile operazione nostalgia da I can see for miles  a Eleonore dei Turtles a Stay with me baby di Duffy a Dancing in the street a Nights in white satin dei Moody Blues.

Tutta roba, per chi scrive, da scuola elementare, infanzia o giù di lì,  ma non per questo meno evocativa, della gran meraviglia che suscitava l’ascolto di quella musica, così diversa da tutte le altre, così sovvertitrice di ordini, usi e rapporti. E di una città, in cui attualmente magari si incontrano le stesse facce che trovi sotto casa, ma che allora era decisamente un altro mondo.


The Boat That Rocked è un film di Richard Curtis. Con Philip Seymour Hoffman, Bill Nighy, Rhys Ifans, Nick Frost, Kenneth Branagh, Tom Sturridge, Chris O’Dowd, Rhys Darby, Katherine Parkinson, Talulah Riley, Ralph Brown, Sinead Matthews, Emma Thompson, Gemma Arterton, January Jones, Tom Wisdom, Jack Davenport. Genere Commedia, colore 135 minuti. – Produzione Gran Bretagna, Germania 2009. – Distribuzione Universal Pictures

Like a directress

Like a directress

Che Madonna potesse avere un talento innato per la regia, come racconta in diverse interviste  Eugene Hütz, mitragliante leader della Gogol Bordello, band esercente con profitto il genere gipsy, qualcuno dice rock, qualcuno dice punk e interprete del film Filth and Wisdom , non si fa fatica a crederlo. Basterebbe guardare le sue clip e le inverosimili  mise en scène dei suoi concerti, per capire come Louise Veronica Ciccone abbia un’ attitudine particolare per qualsiasi forma di spettacolo

E per il cinema. Attrice intensa da Cercasi Susan disperatamente a – soprattutto ! – Evita – a Sai che c’è di nuovo, annovera tra le sue performances, un unico scivolone, quando insieme all’ex marito s’è messa in testa il remake di Travolti da un insolito destino, film bruttarello già di partenza e come se non bastasse, d’impossibile rifacimento  con storia e personaggi troppo local  per essere esportati altrove.

Era dunque nelle cose che lei, diva fin nel midollo, manager accorta di se stessa, ma soprattutto artista incantevole e pignola,  qualsiasi cosa faccia – cantare, ballare, scrivere, recitare, adottare bambini africani – mettesse a profitto tutti questi talenti messi insieme e si cimentasse nella regia.

Presentato ad una Berlinale delirante, passato per Torino film festival e distribuito dalla Sacher, Filth and Wisdom arriva nelle sale italiane accompagnato dal bollino di qualità di Nanni Moretti. E già non è poco.

A seguire, intorno al film che nel frattempo è divenuto Sacro e Profano si sono addensati pareri contrastanti e prevedibili  malignità. Sorvoliamo. La verità è che quest’operina  è davvero bella ed eccentrica, percorsa da divertente ironia, con tocchi  delicati pur nel contesto spericolato ed irriverente.

Madonna insomma  ce la mette tutta,  riuscendo nell’impresa di tenere a bada certe sue tendenze artistiche al troppo che stroppia  – il troppo Kitch, il troppo pop, la provocazione troppo facile e l’inveterata abitudine al marketing – concedendosi la libertà di un lavoro dal taglio indipendente, molto concentrato su di una storia movimentata ed infine romantica :

    Tre personaggi alle prese con le proprie aspirazioni nella Londra  del degrado suburbano, il loro sbarcare il lunario in settori diametralmente opposti a quelli ambiti, senza però lasciarsi sfiorare da qualsivoglia angoscia da abbrutimento – e dico poco –   sottooccupazionale e se tristezza talvolta affiora , appartiene al passato di ognuno, mai al presente. 

Uno canta in un gruppo Underground, ma si mantiene prostituendosi, percuote col frustino clienti masochisti, fingendosi un cavaliere o giocando alla scuola,  un’altra studia danza classica ma lavora in un locale di lap dance e un’altra ancora, vorrebbe andare volontaria in Africa e invece le toccano una farmacia e le avances del proprietario indiano, infelicemente sposato  e con tanto di invadente tribù al seguito.

Insieme condividono un appartamento che ha come vicino di casa un poeta cieco innamorato di AK il fustigatore che non trova di meglio da fare che sottrargli versi per metterci su le sue musiche.

Sacro e profano dunque, come in ogni esistenza ovvero come le facce di un’ unica medaglia. Qui però pur nell’apparente discesa agl’inferi, primeggiano sensibilità, allegria e pulizia interiore, com’è di chi ha sogni e combatte perchè ci crede.

Onore al merito di Eugene Hütz, faccia da schiaffi (anzi da cinema), grido di battaglia Think globally fuck locally – come lo scriverei volentieri sui muri – delle sue doti di attore della sua colonna sonora e della sua versione di Isla Bonita (canzone del cuore, ebbene sì)

Sacro e profano è un film di Madonna. Con Eugene Hutz, Holly Weston, Vicky McClure, Richard E. Grant, Inder Manocha, Elliot Levey, Francesca Kingdon, Clare Wilkie, Olegar Fedoro, Ade, Elena Buda, Stephen Graham. Genere Commedia, colore 80 minuti. – Produzione Gran Bretagna 2007. – Distribuzione Sacher