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Anno: 2010

En attendant ….(surtout Godard)

En attendant ….(surtout Godard)

Versione minimal – no look, no make up  e per giunta scalza, au temps des aiguilles, Juliette Binoche  traccia  innanzi a sè una scritta   luminescente : Cannes.


E’ l’affiche del festival 2010,  una creazione di Annick Durban fotografata da Brigitte Lacombe.


All’improvvisata writer Binoche – peraltro in concorso con un film di Kiarostami, Copia conforme, dunque, il compito di incarnare lo spirito dell’edizione numero 63 già variamente bollata come poco azzardosa, austera ,senza sorprese, d’autore e via dicendo.


Vedremo.


Intanto Jean Luc Godard ha sparso per la Rete promettenti trailers dal suo ultimo Film socialisme, in programma nella sezione Un Certain Regard che ques’anno esibisce talenti del calibro di Manoel de Oliveira con O estranho caso de Angélica, di Oliver Schmitz con Life Above all, insieme ad esponenti  del nuovo cinema rumeno e coreano.


 Vedremo ancora, nei sequel di due film epocali, che fine hanno fatto Gekko e il colonnello Kotov, uno uscito di galera, alle prese con il collasso di un sistema che ha contribuito a costruire e l’altro, redivivo e combattente contro i nazisti in un’ epopea senza eroismi che al Cremlino, la sera della Prima, ha fatto incazzare tutti, gerarchi, giornalisti, intellettuali e cineasti. Buon segno.


 

Poi arriveranno i Nostri a ribadire che nonostante il disprezzo per la cultura e l’incuria del Governo, il cinema italiano c’è . E sono presenze significative : Luchetti, Guzzanti, Frammartino, quest’ultimo alla Quinzaine con Le Quattro volte, particolarmente apprezzato dal nuovo curatore della rassegna Frédéric Boyer.


Non vedremo invece – perdendo molto –  Terrence Malick, ne’ Julian Schnabel, ne’ Sofia Coppola  – Venezia si affretti – ne’ Roman Polanski e Jafar Panahi, entrambi reclusi.


Non vedremo nemmeno il ministro Bondi. Si fa presto a dire e chissenefrega o ce ne faremo una ragione. Fuor di battuta, Cannes è l’appuntamento più importante al mondo, per la Cultura Cinematografica ma anche per il Mercato. Disertare una simile manifestazione perchè non si condividono le scelte artistiche o le idee di certi autori, significa rendere un cattivo servizio alla possibilità che i nostri film abbiano anche un buon riscontro  economico. Difendere i nostri interessi è un dovere per chi governa, particolarmente in momenti di crisi.


La conclusione – ma solo per il momento –  alle parole di Thierry Frémaux che annuncia Tim Burton, presidente della Giuria e all’ invidia di chi scrive, per sentir parlare di futuro  e di cinema in questi termini :


En demandant à ce cinéaste visionnaire – Tim Burton – de nous accompagner en 2010, Gilles Jacob et moi-même souhaitions aussi réaffirmer symboliquement notre volonté de continuer d’encourager l’avenir. L’avenir du Festival, en étant sans cesse à l’affut de ce qui s’invente et, sans céder au vertige des images et des nouvelles technologies, en sachant discerner les innovations qui serviront son identité pour le faire évoluer harmonieusement entre création et industrie.

L’avenir du cinéma aussi et surtout. La production se porte bien, chaque année le nombre de films qui nous arrive augmente. Au cœur de cette croissance, de cette diversité, il nous faut être attentif à préserver notre sensibilité pour ce qui naît, ce qui bouge, ce qui promet, partout dans le monde.
Tim Burton, à mi chemin entre le cinéma d’auteur, le cinéma populaire et le cinéma de genre, a su trouver sa place sur la carte cinématographique. Ce sont tous ces aspects qui, nous l’espérons, composeront le relief de la Sélection 2010 afin que les artistes, les professionnels, les journalistes et les cinéphiles qui font le Festival gardent intacts leur envie de découverte et leur désir pour, comme l’a si joliment dit notre Président du jury, les « films qui frappent à la porte de nos rêves ».

 

En attendant ( …un parfum sulfureux)

En attendant ( …un parfum sulfureux)

Le  peut remercier Silvio Berlusconi et ses fidèles lieutenants : rien de mieux qu’un parfum sulfureux pour lancer l’édition 2010. En annonçant qu’il boycotterait Cannes en raison de la sélection d’un « film de propagande […] qui offense la vérité et le peuple italien dans son entier », le ministre italien de la Culture, Sandro Bondi, a royalement servi la « promo » de « Draquila », un documentaire sur Berlusconi et le séisme de l’Aquila.

 

« Draquila – L’Italie qui tremble », de Sabina Guzzanti, une imitatrice spécialiste de la satire politique, est en sélection officielle, mais hors compétition. Le film doit être projeté en « séance spéciale ». Il dénonce, dans une réalisation à la Michael Moore, la mainmise d’hommes proches du pouvoir sur les projets de reconstruction de la ville des Abruzzes frappée par le séisme l’an dernier.

 

Pas de quoi fouetter un chat en principe, sauf que l’image du « Cavaliere », identifiée par ses partisans à l’image de l’Italie, est un sujet qu’on ne traite pas à la légère, et Sabina Guzzanti, visiblement, a commis un crime de lèse-majesté aux yeux des lieutenants de Berlusconi.

 

La décision du ministre est loin de faire l’unanimité en Italie, même au sein du Parti de la liberté (PDL) de Silvio Berlusconi. Fabio Granata, un député du PDL, s’est dit « perplexe » face aux explications du ministre, et s’est étonné que l’Italie renonce à être représentée à un événement culturel de la portée du festival de Cannes. Mêmes critiques, plus prévisibles, à gauche.

 

 

Pierre Haski. Rue 89.com

 

Adesso va a spiegare a Pierre Haski, autore dello stralcio qui sopra, che Fabio Granata è un finiano della prima ora e che pertanto all’interno del PDL fa poco testo.

 

Comunque resta il fatto che quelli di Cannes hanno capito tutto, sia sul valore promozionale di certi strepiti, sia sul valore tout court dei nostri politici al governo che non s’è capito a chi vogliano far dispetto col Gran Rifiuto,  se all’Organizzazione, cioè ai selezionatori, se alla Guzzanti o a chi.

 

E meno male che la decisione della Brambilla di esposto alla Magistratura contro il film, presumibilmente perchè lesivo dell’Immagine del nostro Paese con altrettante presumibili ricadute sui flussi turistici, sia passata sotto silenzio, chè altrimenti i frizzi e i lazzi cannensi si sarebbero abbattuti sul nostro capo, più impietosi di quanto non lo siano abitualmente.

 

Ciò detto, il film della Guzzanti, già nelle sale, merita e poichè chi scrive non ha particolarmente  apprezzato le due performances precedenti, ci si può credere.

 

Il taglio alla Michael Moore, giova molto ad un lavoro che è parte di denunzia della reale situazione degli sfollati aquilani attraverso scene di vera e propria  sopravvivenza quotidiana nei campi, parte ruota intorno tema – chiave del colpo di stato silenzioso, parte intorno al ruolo non secondario della Protezione Civile  nella realizzazione del disegno autoritario.

 

Comunque la si pensi, quel che emerge è il solito terrificante museo degli orrori, sempre più privo di un magari tenue filo di speranza che riesca a mitigarne l’idea.

 

Il ministro invece di offendersi farebbe bene a confutare non il punto di vista e le amarissime conclusioni ma i fatti che questo documentario racconta.

 

Se non lo può fare, almeno taccia e insieme a lui tutti i caudatari che identificano il Premier con la Nazione. Così non è. Per almeno la metà dei cittadini di questo paese che, va detto, se vengono turlupinati all’estero è solo perchè continuano a tenersi il governo di cui magnifico esponente è proprio lui.

 

 

Draquila – L’italia che trema è un film di Sabina Guzzanti del 2010. Prodotto in Italia. Durata: 93 minuti. Distribuito in Italia da Bim Distribuzione a partire dal 07.05.2010.

 

Oh siiii

Oh siiii

Lo stadio che da curva a curva,  incoraggia una sola squadra,  è certamente un non- sense. Quindi hanno ragione tutti quelli che tra ieri sera e stamattina, hanno scritto argomentando di facili vittorie, morte dello sport e tifoserie investite di immenso, condizionante  potere .


Devo dire che per quanto possa essere sembrato contronatura, lo spettacolo di ieri all’Olimpico, non mi ha del tutto meravigliata.


Lo specchio del paese –  qualcuno con il tic socio – psico etcetc, ha azzardato.


Diciamo piuttosto,  un discreto pezzo di questo Paese.


Il nemico del mio nemico è mio amico. Un principio che può funzionare solo in guerra, dove l’obiettivo è la distruzione fisica dell’avversario con qualunque mezzo.


Nello sport, anche la mentalità meno decoubertiana di questo mondo, dovrà ammettere che vincere è importante ma per chi ama davvero il calcio il tema centrale resta la competizione, lo spettacolo : la bellezza del gioco di squadra, l’armonia, la qualità delle prestazioni dei singoli, l’intelligenza delle strategie e in particolare l’intuito, la capacità cioè di  vedere l’azione dell’avversario prima che si materializzi.


Senza competizione dunque non c’è gioco e senza nemmeno quello, lo spazio vuoto si riempie d’altro. Quanto allo spettacolo di ieri, una partita a boccette sarebbe stata più elettrizzante. Ora si discute di responsabilità, se dei tifosi o dei giocatori della Lazio.


A me sembra che nessuna delle due compagini sia stata nemmeno per un minuto sfiorata da una semplicissima considerazione : cedere, o peggio, tifare l’avversario per impedire la vittoria ad altri, quando si è quint’ultimi in classifica, non fa parte di nessuna furberia o sottigliezza strategica, è solo un tipico dei perdenti per vocazione.


Una pagina funerea. Altro che nera. Quando tutto è perduto, restare se stessi e vivere il proprio ruolo con onestà è l’unica salvezza.


Il resto – le sanzioni, le polemiche, le squalifiche – sono chiacchiere a posteriori che lasciano il tempo che trovano. Tutti sapevano come sarebbe andata, i tifosi hanno  spazi radiofonici quotidiani, in questa città. Qualcuno ha mosso un dito o polemizzato aspramente, prima che accadesse il peggio ? Macchè.


L’idea è tutt’altro che romantica, si rifà ad esperienze precise : per me la tifoseria sarà sempre rappresentata dall’immagine di Bruno Conti di spalle piccolo piccolo e solo, sotto una curva Sud esuberante e che trabocca di tutto un po’ : bandiere,sciarpe striscioni, affetto, gratitudine, canzoni  oppure  da tutto lo stadio Maracanà che canta cielito lindo. Impressionante, non non è una parola esaustiva.


Mercoledì prossimo, diciamola con Zampa : scende in campo la squadra della Capitale, contro il suo avversario naturale, l’Inter. E che sia almeno gioco , dal primo al dodicesimo uomo in campo.


Dopodichè vada come vada, una lezione di stile sarebbe –  Oh siiiiiiiii – auspicabile.




Tanto vale…

Tanto vale…

 

Certo che spendere milioni di euro per mantenere in piedi una  baracca che, tra gli altri compiti, dovrebbe avere quello di sostenere il governo afghano nella riorganizzazione della Giustizia e poi sentirsi rispondere che da quelle parti il fermo di polizia ha la durata di quindici giorni, è davvero  il colmo.

Del resto l’attivissima Farnesina  dev’essere  in linea con la filosofia dell’Ineluttabile se  ai rilievi di scarsa efficienza, spiega che durante il fermo le garanzie (niente avvocati, visite, nemmeno quelle dell’ambasciata, ne’ contestazione ufficiale dei reati) sono sospese. Grazie tante. O magari  pensa di essere già nella Patria del Diritto, trascorsi i quindici giorni, via libera a visite e negoziati. 

Data la scarsa tensione mostrata nella fase che resta interlocutoria, verrebbe da chiedersi  a cosa servano la Politica e la Diplomazia, ma le domande troppo tendenziose non aiutano come viene ripetuto – anche da sedi autorevoli – a mò di cantilena.

 

Si dovesse stranire Karzai.


Nel frattempo tra i tanti punti oscuri, sarebbe da chiarire se il governo italiano fosse o meno al corrente dell’operazione di polizia, come lo erano i militari inglesi, per esempio,  e, in caso positivo, perchè  non abbia chiesto conto al governo afghano di una simile iniziativa, cioè del fermo – inopinato  almeno finchè non vengono almeno chiarite le accuse – da parte  dei servizi segreti, dei tre esponenti di Emergency .

Se questo è il metodo procedurale che da cooperanti internazionali,  abbiamo insegnato agli afghani, tanto valeva che costoro si fossero tenuti la legge del taglione.

E ancora, se questa è la – molto sbandierata nelle sedi più convenienti – considerazione di cui godiamo nel Paese che molto deve ad Emergency, tanto vale togliere le tende. Non solo quelle dell’ospedale.

Del resto nemmeno il Governo Italiano offre gran prova di cultura giuridica quando adombra sospetti di colpevolezza dei tre cooperanti, dimenticando che in qualsiasi Consorzio Civile ciascun indiziato è innocente fino a prova contraria.

Tutto questo speriamo nell’infondatezza dei sospetti  dei nostri ministri, è semplicemente un modo inopportuno, sconveniente ed irrituale che  rende l’  intervento presso il governo afghano, inutilmente sommesso e comunque inefficace oltre a sottacere  scarsa volontà nei confronti di un’Organizzazione Umanitaria che non fa mistero delle proprie opinioni di ripudio della guerra come soluzione unica delle controversie,  ne’ della propria missione di soccorso svolta a prescindere dall’appartenenza delle vittime.

Il fatto di avere o meno trovato materiale esplosivo nei magazzini dell’ospedale non autorizza alcuna autorità locale  ad operare in un vuoto di Diritto contro il quale il governo italiano avrebbe il dovere di protestare con maggior forza di quanto non abbia fin qui dimostrato.

La verità non può essere ricercata in assenza di garanzie. Se così non è, significa che siamo ancora più lontani dalla sconfitta del terrorismo di quanto non si possa pensare.

Ciò detto, anche io sto con Emergency, gli eventuali  se e ma che comunque riguardano le condizioni delle associazioni non governative in genere, me li tengo, ovvero scompaiono di fronte a questa ennesima aperta violazione dei diritti delle persone.

Se di fronte alle opinioni di un paese libero, Karzai dovesse stranirsi ancora un po’, peggio per lui.

 

Nell’illustrazione, quello che in gergo militare si chiama fighting kit. La foto è di un soldato di stanza in Helmand