Se fosse un film potrebbe cominciare con l’espulsione dei Disobbedienti, proseguire con la riunione in sala Alcide De Gasperi – come dire che alle volte di aggiungere, tirando per la manica lo spettatore, proprio non c’è bisogno – dei Futuristi di Fini con l’ MPA, L’Api di Rutelli e l’UDC di Casini, chiudersi – almeno il Primo tempo – con l’immagine del tabellone qui sopra.
Tutto ciò omettendo volutamente l’Aula che oramai ci regala solo immagini di repertorio tra risse, insulti, ovazioni, goliardate ( anche se il cameo della Santanchè che chiama aiuto mentre Martinelli e Di Biagio provano, senza riuscirci, a darsele, tenterebbe qualunque sceneggiatore in vena di effettacci)
Dunque si diceva del tabellone. Alla fine, in barba ad ogni congettura ed interpretazione della vigilia, l’unico a funzionare davvero, resta il conto della serva : i numeri dicono che il governo non è più autosufficiente. E che presto o (non tanto) tardi si tornerà a votare.
Comunque vadano le cose, la rutilante avventura del PDL finisce inciampando su uno dei valori, soi disant, forti, fondativi .
Un grave errore strategico, lamenta l’area più liberale del Fronte Interno che evidentemente non reputa prioritario l’aspetto strettamente politico dell’intera vicenda.
Data per scontata l’impossibilità di manifestare dissenso all’interno di un partito detto delle Libertà aka dell’Amore, costituito oltretutto da forze eterogenee, l’unica preoccupazione di costoro sembra essere il danno d’ Immagine per il Capo che, nonostante le proposte dialoganti e pacificatrici di Fini, ha comunque ritenuto opportuno procedere all’epurazione.
Questione irrilevante, visto che mai come in questo caso, la figura di Silvio Berlusconi è apparsa per quel che realmente è : un autocrate stizzito.
Il secondo tempo resta tutto da scrivere ma sugli scenari futuri qualche previsione si può sempre azzardare.
Intanto nel parapiglia, quasi tutti si sono dimenticati del Presidente della Repubblica che potrebbe risolvere l’anomalia del Governo che – senza più prospettive di scudi giudiziari e col Legittimo Impedimento al vaglio della Consulta – vuole andare subito al voto, mentre l’Opposizione tutta – vuoi per problemi di alleanze da mettere in campo, vuoi perchè con questa legge elettorale il voto sarebbe un inutile esercizio – preferirebbe una fase di transizione.
Sciogliere le camere sarebbe nella disponibilità esclusiva del Capo dello Stato ma perchè ciò accada, bisogna che la situazione si presenti senz’altra via d’uscita che il ricorso alle urne. Di soluzioni ce n’è un assortimento. Magari sbaglio ma qualcosa mi dice che Giorgio Napolitano le proverà tutte.
Nelle more di queste eventuali formulazioni alternative, altro non v’è che l’amaro calice del logoramento o come preferisce definirlo Berlusconi, dello stillicidio. Non una grande prospettiva per l’Esecutivo che vede seriamente compromesso il buon esito di provvedimenti per i quali ha investito gran parte della legislatura, ne’ per un Paese che avrebbe urgente bisogno di essere stabilmente governato.
Arrivati a questo punto, se davvero fosse un film – non lo è, anche se talvolta pare proprio d’essere al cinema – allo sceneggiatore potrebbero sorgere dubbi sul taglio da conferire al finale.
Abituati al peggio e demotivati – per dirla con Bertolucci – come siamo, happy end possibili se ne intravedono pochi.
Sarà per via di questo spiazzante rimescolamento di buoni e cattivi o per il profilarsi all’orizzonte dell’eterno dibattito sulle alleanze, sul leader, sul programma che l’idea di togliersi Berlusconi dai piedi, da sola non basta a restituirci il sorriso.
Vada dunque per il (faticoso) finale aperto. A patto però che sequel e remake siano categoricamente esclusi dai contratti.