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Anno: 2011

Yanez de Gomera se regordet cume l’era?

Yanez de Gomera se regordet cume l’era?

Mettiamola così : vince il festival la più sanremese delle canzoni di Roberto Vecchioni, con avvertenza, dal medesimo sparsa ai quattro venti, di aver voluto introdurre in quel contesto la canzone d’autore e chiosando :  forse questa è la strada (si presume per  accreditare presso il vasto pubblico qualche concetto un pochettino più elevato dei soliti)


Ora, a fronte di simili intenti, era chiaro da subito che non sarebbe stata impresa da poco, arrivare a tutti  senza una qualche rinunzia a parole ed orchestrazioni più elaborate e complesse. Non che il pubblico sia ignorante al punto di dover abbassare il livello musicale fino a farlo scendere sotto i tacchi, semplicemente è abituato ad altro.

Non trovo una cattiva idea approfittare di un’occasione, un palco, una passerella, per far conoscere dell’altro ancora


Certo in queste circostanze può anche capitare che nella – del resto indispensabile –  ansia divulgativa,  il pezzo scivoli via un po’ troppo e tra un filo di retorica e un che di – innocente  –  ruffianeria, risulti un po’ scontato.


Non ho visto tutto il Festival e, in più,  di Vecchioni non apprezzo che poche cose  ma devo dire che la polvere che si è sollevata  tra segnali di risveglio, riscossa e stroncature, mi pare francamente eccessiva.

A me è sembrata solo una canzone e, paragonata alle altre in concorso, pure tra le migliori. Ha vinto. Meglio Vecchioni col suo impegno più o meno annacquato per ragioni di servizio che (per l’ennesima volta) i figli di Maria che francamente non offrono prove così travolgenti. E’ poi così disdicevole ragionare in questi termini?

Possibile evitare la sindrome da tradimento dei guardiani della nicchia, ogni volta che le tirature aumentano, i giornali popolari pubblicano copertine, un po’ di successo supera  limite consueto ? E la demolizione sistematica del malcapitato? E’ proprio indispensabile?


Se, come abbiamo potuto vedere, l’intera baracca festivaliera consta di un tale meccanismo da afflosciare Robert De Niro – solitamente più vivace –  far sembrare de sass, come la Perla de Labuan di Van de Sfroos, (il più dissacrante e ironico)  persino la Bellucci, deprimere oltre ogni aspettativa il maestro Battiato ( salvatosi dalle critiche solo perchè perdente), steccare Patty Pravo, confondere Morandi e cantare mestamente Benigni – ma non  dovevamo tutti cingere la testa con l’Elmo di Scipio ? –   figuriamoci il resto.

E’ possibile – e in genere funziona così – che a qualcuno di quelli presi all’amo da Vecchioni con Chiamami ancora amore venga la curiosità del resto della discografia. E allora…

Nella foto, l’immagine più trucida dell’intera manifestazione.

Marlene a parte

Marlene a parte

Era poi valsa  la pena  partecipare al Se non ora quando di Piazza del Popolo, anzi terrazza del Pincio, a un soffio dal dies irae, per sintonia col particolare momento, miglior colpo d’occhio e  istantanea verifica sullo stato delle cose.


E  infatti si è visto. Alla fine qualcuna s’è tenuta i dubbi rimanendo a casa, altre sono arrivate nonostante . Comunque – che è quel che più interessa – le obiezioni della vigilia sono state in gran parte recepite, prevalendo sui settarismi uno spirito autenticamente inclusivo e glissando su qualche puzza sotto al naso, bagaglio del tempo che fu, di quando cioè non era un lusso dividersi sulla scorta di sottili –  benchè sacrosanti –  distinguo.

Quello delle donne protagoniste on demand, non era affatto una questione di poco conto e ancor meno l’originario rivolgersi solo ad una parte dell’universo femminile. Nell’uno e nell’altro caso  è stato importante mettere a tema  limiti e contraddizioni . Il risultato  sono state piazze che non hanno voluto (e potuto) fare a meno della politica ma che volentieri si sono liberate dei politici e dei simboli di partito. In cambio abbiamo  ascoltato Suor Eugenia e annoverato tra le adesioni il comitato di Carla Corso e Pia Covre.



Le donne che hanno riempito le piazze di domenica scorsa  sono sembrate pronte a raccogliere le cosidette  sfide del cosidetto presente e forse anche a far tesoro degli svarioni d’antàn che non sono, sia ben chiaro, rappresentati dai corollari degeneranti della rivoluzione sessuale come cantilenano i supporters del Presidente del Consiglio e gli orecchianti di passaggio , bensì l’aver mollato, a tratti, la presa, per stanchezza, magari confidando nel fatto che sarebbe sempre stato possibile riportare alla luce, in qualsiasi momento quel fiume carsico che sono i movimenti delle donne.

Così non è stato. Ce ne siamo accorte a nostre spese. La fatica presente, ben ci sta.


Ora vai a spiegare alle schiave astute e ai combattenti  col tic dell’egemonia culturale, blateranti  sotto a fili di biancheria stesa – Kant & Mutande, la nuova frontiera  – che,  a voler chiamare ogni cosa col proprio nome e non con definizioni di comodo, la battaglia per l’autodeterminazione  ha giovato all’intero paese in termini di crescita culturale e conquiste civili e che sono semmai loro ad essere rimasti inchiodati agli ammiccamenti dell’ Angelo Azzurro come bandiera di libertà.

Marlene a parte, cadono le braccia.



Contro la malafede non c’è storia. Avvelena anche te ed è finanche inutile dirgli di smettere. Inutile cioè, avventurarsi in dibattiti sul moralismo e sull’etica imposta. E con chi poi? Con i campioni del nascere e morire come lo Stato prescrive? Meglio ignorare, riprendere il filo e tenersi stretta quella piazza che per variegata e contraddittoria che fosse, è stato un buon inizio.


Tahrir!

Tahrir!


Nessuna stabilità è credibile se fondata sulla concentrazione del potere, sulla corruzione, sull’ingiustizia sociale sulla mancanza di libertà d’espressione . Sotto questo aspetto gli odiosi regimi dittatoriali del nord Africa non dovrebbero essere considerati rassicuranti nemmeno per chi come noi è portato a credere che l’ impostazione laica sia servita fin qui ad allontanare il rischio fondamentalista.

Ma…meglio una situazione complessa e carica d’incognite che la finta democrazia del Faraone. A noi non resta che vedere in questo nuovo inizio, un segnale di speranza.

Non perdetelo

Non perdetelo

La stringente attualità non c’entra, assicura l’autore e ci si può credere anche se  richiami e collegamenti saranno inevitabili. E’ questione di un attimo però, giusto il tempo dei titoli di testa. Poichè, sia chiaro, qui siamo al cospetto di un problema di senilità da affrontare, esorcizzandola, attraverso relazioni con donne più giovani ma ad Arcore, queste gentili signore che compongono un universo femminile al quale si guarda con autentico rispetto – quando non con venerazione – questi  brindisi continuativi ,  queste ironiche atmosfere romane – anzi trasteverine – e soprattutto questa grazia narrativa, se le so- gna- no.


Che altro aggiungere? Tanto piacevole è la visione che ti passa persino la voglia di polemizzare sul cinema italiano, perennemente maltrattato o sulla commedia che  non ha alcun bisogno di puntare su classici quanto logori stereotipi, per divertire.

Non a caso Gianni con tutte le sue donne è a Berlino nella sezione Speciale : impossibile che passi inosservato.


Gianni e le donne è un film di Gianni Di Gregorio del 2010, con Gianni Di Gregorio, Valeria De Franciscis, Alfonso Santagata, Elisabetta Piccolomini, Valeria Cavalli, Aylin Prandi, Kristina Cepraga, Michelangelo Ciminale, Teresa Di Gregorio, Lilia Silvi. Prodotto in Italia. Durata: 90 minuti. Distribuito in Italia da 01 Distribution