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Anno: 2011

C’è anche chi..

C’è anche chi..

Non solo per non aver raccolto il cortese invito ma per avere  tutto il tempo ascoltato gli altri,  intervenendo per difendere  le colleghe parlamentari – quelle che conosce, per le altre, ha detto di non sapere…. –


Appassionata senza forzature, ne’ strilli, ne’ animosità, ne’ il benchè minimo ricorso ai Capitoli del Prontuario  che in questi giorni avviliscono e distraggono dalle discussioni ogni argomentare di merito  – complotto, casa di Montecarlo, suocera del presidente della Camera, dispendio di denaro pubblico per le indagini  etc etc –


Casomai dubitando, esprimendo solidarietà a Berlusconi e malcelando  imbarazzo,  tenendo  infine un contegno, da parlamentare e donna di destra, chiamata a ragionare di quel che sta succedendo, in una trasmissione.


Non siamo d’accordo  e su molte cose ma non ho potuto fare a meno di apprezzare il suo  modo di essere dentro al Coro con dignità. E senza scodinzolare.

Tutta colpa della Depressione

Tutta colpa della Depressione

Sostengono La Lega –  particolarmente in vena di censure, negli ultimi tempi   – e i non pochi detrattori, che certi film così ambigui da risultare celebrativi del Crime, non andrebbero mostrati, onde evitare che la circolazione di pessimi modelli, pessime idee, pessimi stili di vita, pessimi linguaggi, pessimo tutto, influenzi negativamente i comportamenti del comune spettatore ovvero rinsaldi i già delinquenti nei di loro scellerati propositi.


Affermazioni queste non nuove, ogni gangster story se ne tira dietro un assortimento ma che, unite alle proteste delle associazioni dei parenti delle vittime, avevano già prodotto a Venezia 2010, dove il film Vallanzasca, gli angeli del male è stato presentato fuori concorso, polemiche a non finire e il diniego del contributo ministeriale (analogamente, rifiuto del finanziamento compreso, a quanto avvenuto a Venezia 2009 per il Grande Sogno, sempre di Michele Placido).


A ben vedere però – cosa che è auspicabile si faccia, prima di concedere o negare quattrini pubblici – il film non è celebrativo di alcun disegno criminale e mostrando Renato Vallanzasca per quel che era , un balordo mitomane e narciso sino alle estreme, autodistruttive conseguenze, allontana da sè ogni sospetto di irresponsabilità del racconto.


Certo i panni del vero bandito sono addosso a Kim Rossi Stuart, bello e soprattutto bravo, partecipe documentatissimo della sceneggiatura,  ma – va detto – che tale era anche il nominato – dai giornali – Bel Renè, la prestanza fisica del quale, tanta parte ebbe nella costruzione di un Mito che perdurò  ben oltre la cattura, rinverdendosi ad ogni evasione o rivolta carceraria o efferatezza o libro autobiografico in uscita.


Come pure   i fiumi d’inchiostro quotidianamente profusi per raccontare gesta e abitudini del bandito, non poco contribuirono ad alimentarne la leggenda e la di lui civetteria, senza contare l’ intervista clandestina a Radio Popolare con quel finale del lato oscuro piuttosto pronunciato, poco affascinante se si pensa al dolore prodotto ma che molto colpì l’opinione pubblica di allora.


Lato oscuro del quale ancora si domanda conto a Placido, congruo narratore alla giusta distanza degli anni dai 70 agli 80 che ci restituisce privi dell’aspetto più  politico – la mancanza di cortei o d’altro, rappresenta secondo me una scelta sensata – e di qualche accuratezza ma egualmente veritieri e idonei a far da contesto ad una vicenda densa e rocambolesca, mentre a marcare esaltandolo, il ritmo degli eventi provvedono il bel montaggio e la musica dei Negramaro.


Raccontare Vallanzasca senza alludere alla sua, quantunque scellerata, etica del male significa non raccontare Vallanzasca. Allora se il proposito dell’Arte dev’essere didascalico- educativo, tanto vale girare la vita di Santa Rita da Cascia sempre che non ne abbia combinata qualcuna anche lei. Nel caso, Placido già interprete di Padre Pio, avrebbe evaso la pratica, conquistando così  il  suo bravo pezzetto di paradiso.


Sostiene De Cataldo che  in epoca di crisi economica la scelta criminale  appare più affascinante  che in tempi di vacche grasse, perchè percepita come alternativa sociale alla disperazione. Si parla ovviamente di spettatori di gangster movie e di lettori di romanzi variamente criminali  nel momento in cui  quasi si ritrovano ad apprezzare modelli e stili di vita che in altre circostanze,  riterrebbero inaccettabili.


In tempi di povertà la scorciatoia del delitto è un’opzione di indubbia presa per masse dolenti che hanno perso ogni fiducia nel presente e ogni speranza nel futuro e identificano il Nemico nel volto glaciale del banchiere che con un tratto di penna può rovinare migliaia di esistenze.

Repubblica 9 gennaio 2011 Giancarlo De Cataldo Il fascino del Male ai tempi della Crisi


La storia del cinema sembrerebbe confermare con i vari Nemico pubblico, Piccolo Cesare, Scarface ed altri, tutti film usciti a ridosso della Grande Depressione contro il trionfo di grandi poliziotti e perspicaci investigatori dei 60th. Il gioco può continuare con i Padrini e i Godfellas nei 70 e via dicendo.

Ma, prosegue De Cataldo Il punto è che l’economia politica non si adegua ai modelli culturali : l’economia politica li impone.Se questo è lo stato delle cose, è inutile prendersela con chi il crimine lo racconta. A predicare morale e legalità siamo tutti buoni. Il difficile semmai è metterle in pratica ( articolo citato)


Vallanzasca – Gli angeli del male è un film di Michele Placido del 2010, con Kim Rossi Stuart, Filippo Timi, Valeria Solarino, Moritz Bleibtreu, Francesco Scianna, Roberto Cardone, Paz Vega, Federica Vincenti, Gaetano Bruno, Lino Guanciale. Prodotto in Italia. Durata: 125 minuti. Distribuito in Italia da 20th Century Fox

Aule parallele

Aule parallele

Si ricomincia. Retrocedono al taglio basso, la morte dell’ alpino in Afghanistan ma anche il risultato del referendum Mirafiori e le osservazioni della Banca d’Italia su crisi e disoccupazione. Dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale, le battute appena accennate di una discussione da paese normale su lavoro capitale e democrazia, sono morte sul nascere e siamo riprecipitati in pieno clima da battibecco su vita e miracoli di Berlusconi.



Ma oltre il fuoco di sbarramento che accusa i giudici di parzialità, fumus persecutionis, progetto eversivo e chissà cos’altro, non è dato procedere. E poi il PDL, non essendo il Capo intenzionato recarsi dai giudici, è determinato a celebrare il processo a cielo aperto, in televisione o sui giornali. I difensori di professione ma anche i dilettanti e gl’ improvvisati sono dunque all’opera per smantellare l’impianto accusatorio, meno opportune sono le sedi e meglio è.



Ministri della Repubblica , tra i quali quello di Giustizia, si prestano ad avallare il teorema dei giudici persecutori, irresponsabili e spendaccioni mentre Principi Norme e Procedure vengono sfigurati a giustificazione di episodi che da ambigui o controversi si vorrebbero trasformare in ovvi e normali.


Di tutta questa storia, ben che vada, resterà un’idea di Giustizia che come la metti sta, adattabile cioè ad ogni tipo di esigenza, particolarmente quella del più forte e del più facoltoso. Lui infatti si sta divertendo ma soprattutto rifiuta di mettere piede in tribunale.


Non che questo sia sufficiente ad arrestare la macchina che si è messa in moto ma il Processo che ne deriverà, correrà parallelo ad altri mille, con altrettanti interrogatori, testi, capi d’imputazione, requisitorie, arringhe, consulenze, assoluzioni, condanne in un blob dove tutto è lecito, dalle telefonate di pressione in questura, alle raccomandazioni e in cui persino la maggiore età comincia quando fa comodo.


Ecco servita la rivoluzione liberale promessa quindici anni fa. Quantomeno altro non si è potuto vedere. Intanto stasera nell’Aula di Signorini esordisce Ruby Rubacuori. Sempre che lo stomaco regga, sentiremo.

Come a Kabul (per cosa ?)

Come a Kabul (per cosa ?)


Anche se di qui a poco – forse hanno già cominciato – diranno che la/le minorenni eventualmente coinvolte nell’inchiesta non sono poi così indifese ed ingenue nei loro abiti, accessori,  frasari e atteggiamenti da donna fatta e pure navigata, non importa. Si può ben immaginare quale sarà  la futura  linea del Piave degli azzeccagarbugli e dei reggicoda, da una parte l’agenda di governo zeppa di impedimenti, dall’altra … lui non sapeva…e come avrebbe potuto? Visto che foto ?


Ecco perchè, prima che attacchi la solfa, la cosa migliore che potesse fare  Bersani è stato richiamare l’attenzione di tutti sul fatto che i minori hanno diritto ad una tutela assoluta ed inappellabile.


Ciò premesso, la ragazza della foto qui sopra, non è minorenne ma immagine più precisa della  condizione di molte delle giovani donne  che si avvicenderanno davanti al magistrato per raccontare la rispettiva versione dei fatti, non poteva offrire.


Coltivare un sogno, un’ambizione, avere un progetto, è il modo migliore di spendere la propria esistenza. E poco conta che il sogno abbia i connotati  piccoli piccoli di una particina in televisione, la casa in comodato non sia certo una reggia e il symbol dello status commisurato al resto ( tutto questo sventolio di borse del Malletier famoso per i bauli dei regnanti e dei magnati , altro che bag  di serie, vorrei ma non posso).Il punto, infatti,  non è l’entità del progetto ma quanto si è disposte a sacrificare per ottenere il risultato, in un ragionamento di proporzioni tra l’una e l’altra cosa per il quale passano, se non la dignità, almeno il quantizzare l’impegno, da ragazze avvedute e intelligenti.


Ed è in questo calcolo che la giovane donna qui sopra dovrebbe accorgersi che se il suo sogno di emancipazione o promozione sociale o quel che è, si risolve nell’uscire di casa paludata come una qualsiasi ragazza di Kabul, qualcosa non funziona e che forse il gioco non vale la candela.


Non riesco a prendermela con le ragazze e nemmeno ad ironizzare sui particolari francamente ridicoli che emergono dall’inchiesta. Maggiorenni (o peggio) minorenni che siano, finchè c’è qualcuno che compra con mezzi così ingenti qualcosa che è tanto al di là della semplice prestazione, il  principio paritetico delle compravendite che immancabilmente viene riesumato, manco fossimo  al supermarket, va a farsi benedire.



Uso della prostituzione minorile e concussione aggravata : due contestazioni pesanti che riassumono i termini della questione. L’eventuale utilizzatore finale, presunto innocente fino a prova contraria, può avvalersi di tutti i mezzi che lo Stato di Diritto gli concede per difendersi. Lo faccia infine!

La foto della Newpress è dal Corriere.it

Aldiqua

Aldiqua

Si potrebbe anche dire che il vecchio Clint affronta con Hereafter un tema tipico dell’età   – sarebbero ottanta, artisticamente ben portati – ma al cinema si sa, l’anagrafe non conta come pure dimostrano entusiasmo e vivacità nel girare – finito un film ne ha sempre un altro da cominciare, anche stavolta –  incurante di critica e  box office non sempre  generosi ed incoraggianti. Quantomeno negli USA.

L’età c’entra come miglior occasione della vita per poter fare ciò che si vuole. Risolvendosi l’arcano in punto di convergenza, immancabilmente in ciascun nuovo film,  dell’ intera sua filmografia. Un giochino non da poco.


Comunque, tanto per sfatare ogni pregiudizio, la prima terrificante mezz’ora, in digitale con effetti speciali da stravolgere i più abituati, il caro Clint, riferiscono le cronache,  se l’è girata da dentro (l’oceano)  con macchina a spalla. Pare non abbia resistito ad entrare in acqua. Si doveva rappresentare lo tsunami  del 2004 che tutto si portò via, mentre trascina Marie, una giornalista francese, fin sulle soglie di un’esperienza misteriosa, emersa dalla quale, si ritroverà a vivere con valori, interessi e priorità completamente scombussolati.


Poi c’è George un medium che considera la propria capacità di parlare con i morti una maledizione e preferisce lavorare come operaio piuttosto che mettere a profitto i suoi lucrosi poteri e infine il giovanissimo Marcus che vorrebbe un segno, un contatto col fratello gemello  morto in un incidente e che rappresentava per lui l’unico trait d’union col mondo.


In cerca di risposte o di speranza, in tre luoghi differenti e lontani, le vicende dei tre personaggi corrono parallele, s’intrecceranno solo alla fine in un incontro casuale quantunque accuratamente pianificato e premeditato da regia e sceneggiatura.


Nel finale nessuna risposta ne’ romantica, ne’ religiosa, ne’ scientifica ne’ metafisica sull’aldilà – del resto il mestiere del cinema non è forse porre o suscitare domande ? – nessun annullamento del dolore, nessun cedimento tipo Ghost al generone. I tre sono sufficientemente presi da un aldiqua che sottrae loro vita reale, tra licenziamenti e famiglie adottive distratte, per poter cercare nell’aldilà quel tipo di risposte. Approccio laico al problema dunque. E’ anche qui l’originalità del racconto.


C’è poi tra i motivi di personale gradimento  la presenza più o meno costante di riferimenti a  Charles Dickens – compreso smemoramento estatico di George davanti al Dickens dream custodito nel Charles Dickens Museum di Londra – che presumibilmente offre una chiave di lettura sul presente come esito del passato mentre determina il futuro. Sono i fantasmi di Scrooge e dunque quelli dello stesso Dickens, dormiente mentre i suoi personaggi gli danzano intorno ad aprire la strada verso l’incontro dei tre al London Book Fair. In un abbaglio di luce





Hereafter è un film di Clint Eastwood del 2010, con Matt Damon, Bryce Dallas Howard, Frankie McLaren, George McLaren, Cécile De France, Mylène Jampanoï, Marthe Keller, Jay Mohr, Richard Kind, Thierry Neuvic. Prodotto in USA. Durata: 129 minuti. Distribuito in Italia da Warner Bros