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Anno: 2011

Morte di un tiranno (la pistola d’oro)

Morte di un tiranno (la pistola d’oro)

Rivendicando pubblicamente il diritto di uccidere il tiranno, i ribelli avevano già escluso l’eventualità che una corte internazionale si incaricasse di un regolare processo. Ben sapendo che,  in nessun caso, il verdetto avrebbe potuto significare sentenza di morte e che pertanto la Vendetta si sarebbe consumata solo in piccola parte, si sono fatti giustizia da sé.


L’Occidente, del resto, con buona pace dei mandati di cattura internazionali, che avrebbe  mai potuto  farsene di un imputato eccellente in vena di rivelazioni? Il fiume in piena delle confessioni di un Gheddafi alla sbarra, avrebbe prodotto solo guai e imbarazzi per ciascun  governo – cioè tutti –  che aveva con la Libia intrattenuto rapporti politici e di affari negli ultimi anni . Ergo : la ricerca della Verità non costituiva – e non costituisce nemmeno adesso –  assillo per alcuno.


Fortuitamente un drone ha risolto l’ impasse, indicando il nascondiglio ad un drappello di insorti : il linciaggio è stato il prevedibile epilogo dell’intera vicenda.


Gheddafi aveva giurato che  mai sarebbe fuggito dalla  Libia, preferendo morire in patria, combattendo da martire. E’ stato in parte esaudito, del resto, una vita da ex tiranno,ospite di un paese amico, non poteva rappresentare il suo stile, divenuto nel tempo, sempre più sfacciato e stravagante.


Finisce qui,  presumibilmente per mano del piccolo shobab che agita in segno di vittoria la pistola d’oro – ridicolo simbolo – sottratta al rais. Ma oltre che i calci, gli sputi e la pallottola alla tempia, il colpo di grazia  inferto al tiranno dev’essere arrivato con la brusca consapevolezza di una realtà dalla quale si era allontanato da tempo, così  come si conviene a ogni despota che aspira ad essere tutt’uno con un potere ossessivo, folle, intransigente, crudele. Nemmeno implorare clemenza gli è servito.


Non starò a giudicare le reazioni orribili ed inconsulte, né gli scempi.Il popolo libico, da oltre quarant’anni, è stato soggetto a sofferenze infinite e quando si conosce solo violenza, non si può far altro che restituire violenza. Vedremo, in seguito,  se i ribelli, organizzate le nuove Istituzioni, sapranno far tesoro delle angherie subite. Nelle mani del popolo  c’è, in questo momento, un ingente patrimonio di risorse materiali e di energie che forme democratiche evolute possono trasformare in benessere per tutti. O così o il rischio di una deriva neo-coloniale che renderebbe vani gli ultimi mesi di sacrifici in termini di vite umane.Le ultime, si spera.

Nell’illustazione Gheddafi a ventiquattro anni, quando, per molti, incarnava la speranza.


Chi vuol intendere…in tenda

Chi vuol intendere…in tenda

Chi vuol intendere …in tenda, avverte uno striscione dell’ accampada romana in  piazza Santa Croce in Gerusalemme ( qui sopra c’è quella londinese davanti alla cattedrale di Saint Paul, in piena City, come da aplomb del casuale visitatore).


Di questo movimento mi colpisce la volontà precisa, al limite della pedanteria, di cercare  modi  altri , piùttosto che semplicemente nuovi, del proprio Fare Politico. L’effetto è tale che, pur nell’ovvio divario generazionale (eh sì) ivi compresa qualche perplessità in ordine alle soluzioni proposte, riescono comunque a far sentire antichi e inadeguati tutti i modi e i riti della politica e della comunicazione come li conosciamo noi ( da er Pelliccia che a torso nudo rotea l’estintore, al dibattito, all’assemblea e via dicendo).


Il bello è che l’attenzione a questa ricerca, certamente non solo formale, di modi e contenuti, non lascia spazio ad altro che alle Proposte.Via dunque dai discorsi  l’assillante presenza del Premier e dei suoi variopinti codazzi, via l’Opposizione poco incisiva, via l’eccesso di politichese e di luoghi comuni. Non è poco, soprattutto se si pensa a quanto tutto questo inutile corredo ha condizionato, quando non  ricacciato nell’immobilismo l’elaborazione politica di questi ultimi anni.

Del resto, se si resta troppo  imbambolati a rimirare o a piangere il Presente, come si può pensare a progettare il Futuro? E del Futuro,noi e loro, non possiamo che avere percezioni differenti, il nostro è un tantino più corto, il loro infinitamente più incerto.Forse è per questo che i modi spicci di taluni  esponenti risultano vagamente sgradevoli.Devono far presto.


Essendo indignati – sentimento che non comprende il dovere di essere simpatici – non hanno il problema di risultare piacevoli, nemmeno ai media che si accalcano per vedere come si vive in un camping del centro.Varrà la pena invece di dedicar loro l’ attenzione che merita un movimento che ha mille ragioni da esporre.Anche qui son lezioni.Da non perdere, come se ne sono perse tante altre.

(foto Reuters/Luke MacGregor)

N’importe lequel pourvu qu’il batte Sarkozy

N’importe lequel pourvu qu’il batte Sarkozy


I socialisti francesi che, in più circostanze, hanno affermato di essersi ispirati alle primarie del PD, ci restituiscono immediatamente una lezione.


N’importe lequel pourvu qu’il batte Sarkozy – l’espressione è tratta da alcune dichiarazioni rese ai seggi nelle banlieues –  che poi sarebbe l’applicazione  del più politichese  Critère de l’efficacité (pour battre Nicolas Sarkozy) che dovrebbe ispirare  la scelta  in ogni doppio turno.


Dunque, non il candidato  ideologicamente più compatibile con l’elettore, ma quello che ha maggiori possibilità di battere l’avversario.


E allora – mentre prendiamo nota – augurare  bon courage a  François Hollande sembra il minimo. Un governo di destra in meno, non può che far del bene all’Europa.


(in alto, l’odierna copertina di Libération)

Solo da noi (rise up)

Solo da noi (rise up)

Una spiegazione, magari parziale, ai fatti di ieri,  c’è  ed è presto detta : scegliendo di impegnare  il grosso delle forze dell’ordine  a proteggere l’immancabile Zona Rossa –   leggi  il triangolo Montecitorio, Senato, Residenza del Premier – presumibile obiettivo dell’ Assalto, si è messa a repentaglio la sicurezza di tutta la città,  impedendo al tempo stesso lo svolgimento di una  libera manifestazione.


Ergo : si sapeva che sarebbero arrivati i soliti.


E così  da un clima rasserenante ,  un po’ fasullo a dire il vero, tra complimenti e finezze,  Principi delle Asturie in visita agli indignados spagnoli, Presidenti e  Governatori in apprensione – operetta, stavolta, più che fiction  –  si è passati bruscamente alla visione, in senso strettamente materiale, di una  realtà – proprio qui da noi, nel paese cioè del governo imbalsamato che non riesce più nemmeno a compiere gli atti dovuti – che si manifesta sempre più con l’ evidenza dei quadri plastici.


Allora via alle banalità del giorno dopo : alle condanne, chi la polizia, chi i manifestanti violenti, dal c’era una volta il servizio d’ordine fino al giustificare la disperazione autolesionista di chi crede che incendiare un blindato in cinquanta sia più rivoluzionario che lasciar entrare in piazza una valanga di esseri umani ciascuno col proprio carico di esperienza e forse anche di disperazione, nel tentativo di tradurre quella presenza in gesto politico autentico e concretamente antagonista.


Ma la difesa di Palazzi vuoti in luogo della tutela di cittadini malmenati, svillaneggiati, frustrati nell’esercizio di un proprio diritto e irrisi da una banda di piccoli guastatori ben organizzati non riesce più nemmeno ad essere un’azzeccata metafora del presente : è esattamente ciò che accade.


Ce ne vuole stavolta di pelo sullo stomaco per il rituale esercizio della strumentalizzazione ma non dubito che qualcuno ben provvisto sia già al lavoro, vuoi per continuare a raccontarci la favola bella della sinistra origine di ogni disastro, vuoi minacciando il ritorno di un tempo che, nonostante gli sforzi di alcuni disperati,  non può tornare più. Statevene a casa ché è meglio, recita il sottotesto.


In ogni parte del mondo si sono svolte manifestazioni indignate, solo da noi è finita in tragedia grazie all’irresponsabilità diffusa dei soliti arcinoti : felpa o doppio petto. Gli uni degni degli altri.

Nell’illustrazione  da (Libération) un occupy wall street all’opera


Le parole per dirlo

Le parole per dirlo


Loro, i socialisti francesi, lo hanno chiamato engagement de reconnainsance dans les valeurs de la Gauche.L’impegno che, a scanso di equivoci, gli elettori delle primarie dovranno firmare prima di ricevere la scheda recita così:


Je me reconnais dans les valeurs de la Gauche et de la République, dans le projet d’une société de liberté, d’égalité, de fraternité, de laïcité, de justice et de progrès solidaire.


Difficile esprimere credibilità in epoca di concetti  sfibrati per abuso di passi indietro, ricette, crescita, alternativa e venti che cambiano ma, come si può vedere, il punto non è tanto cercarne di nuovi, piuttosto di netti e riconoscibili. Qualcuno poi dirà che liberté, égalité,  fraternité,  laïcité, justice et  progrès solidaire non sono appannaggio esclusivo della gauche mentre altri hanno già osservato che la firma di un simile impegno allontanerà dalle primarie gli elettori moderati. Nessuno però potrà affermare con troppa sicurezza che tra questo progetto di società e quello espresso dalla destra non ci sia differenza.In Francia come altrove.