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Anno: 2011

Per ora

Per ora

Dopo essersi  meticolosamente adoperati  a distruggere qualunque barlume residuo di solidale senso della collettività o coesione o quel che è, catalogando e poi ponendo gli uni contro gli altri  : disoccupati e garantiti, immigrati e autoctoni, nord e sud, moralisti e libertini e finanche belli e brutti, adesso la paura numero uno è rappresentata dalla pioggia di monetine.


Ovvero che il combinato disposto di risentimento e spirito di vendetta che può emanare solo  da un paese totalmente  immerso nel disagio sociale e in più  con prospettive minime di venirne a capo, gli si ritorca contro .


Di qui i sobbalzi della Lega e i risultati inattesi di votazioni precedute da straordinari interventi su garantismo e misura cautelare o  libertà e giustizialismo  (senza tralasciare, hai visto mai,  l’immarcescibile fumus persecutionis, in omaggio al latinorum o il  giacobinismo del libro di Storia letto male)


Il che,  dopo aver riempito, grazie ad una straordinaria – quella sì fase di totale inazione, le carceri di detenuti in attesa di giudizio,  appare più insultante di uno sberleffo e meno utile di un esercizio di stile.


Il silenzio che ha fatto da contrappunto alla lettura dei risultati della votazione alla Camera,  evoca lo Sgomento . Questa classe politica non ce la farà mai –  dai Mercati alla sora Lalla – a risultare credibile, né ad emendare se stessa, né a produrre altro che atti mirati alla propria conservazione o salvezza. Non è ormai più  il Titanic, scena della collisione  e seguenti disperati assalti alla scialuppa, siamo ormai al fischietto e al remo della ricerca dei sopravvissuti.


Almeno per ora.E con tanti saluti a chi, in tutto ciò, si ostina ad elencare arcinote  gratuità e privilegi  degl’ inquilini di Palazzo,invocando la sensibilità delle sforbiciate alla manicure o ai viaggi con accumulo di punti.Davvero la fine si allontana.

Götterdämmerung (dall’esito incerto)

Götterdämmerung (dall’esito incerto)

Parteciperei volentieri ad una Giornata dell’Insofferenza,  sentimento meno blasonato dell’Indignazione ma diffuso e trasversale come i  SI referendari e i No  a fatiscenti gestioni amministrative di qualche settimana fa. Vale per la protervia (e le liste di nozze) di certi ministri, per le agendine di Pontida con tanto di ultimatum,  scadenzario e conto della serva, ma vale anche per i conduttori in tuta da (altrui) lavoro, i sindaci che bevono a garganella acqua – divenuta pubblica – da fontane zampillanti,  i governatori con l’eloquio evocativo pronta cassa e le Divine che si fanno prendere le impronte digitali per solidarietà con i poveri cristi.


Il termine populismo – più due ministeri qua, meno qualche missione ONU o NATO là, diminuisci i parlamentari e rottama le auto di servizio, istituisci il senato federale e taglia le tasse e così via delirando –  oramai non basta più a definire l’air du temps, quantomeno non rende al meglio le componenti di burinaggine,  sciatteria  e inutilità ad affrontare anche la più piccola  contingenza di certe ricette buttate lì come l’osso al cane.

Beati i tedeschi che con i sostantivi composti riescono a stipare  le parole di concetti. In questo caso ci sarebbero anche imbroglio e falsificazione da aggiungere, ma con la lingua italiana si può far poco, le perifrasi sono indispensabili.

Dunque i colpi di coda, la classe dirigente sul far del declino, se li gioca in chiave di boutade e incartapecorite proposte – sempre quelle – incurante dell’Indignazione e della ribellione civica che hanno animato le consultazioni ultime scorse. Tanto poi tutto finisce nell’imbuto del dibattito parlamentare con fiducia accordata, grazie ai responsabili, compagine allargata a ben oltre gli Scilipoti.


Si galleggia. Le Camere non rappresentano più il Paese, l’incanto amoroso si è rotto  e mentre in Aula ci si compiace della tenuta, nella piazza antistante sgomitano  manifestanti di varie categorie che la polizia puntualmente carica. Più rappresentazione plastica di così.


La parabola del declino non è mai faccenda che si consuma in pochi attimi, tuttavia il contrappunto dei giudizi e delle iniziative delle agenzie di rating e le  nuovissime intercettazioni – lobby faccendieri e politica – disegnano un quadro ulteriormente tragico : da una parte un’economia disastrosa cui nessuno ha veramente intenzione di metter mano, dall’altra il totale disprezzo di qualsiasi regola. E in mezzo noi che, indignati o insofferenti, avremmo tutti bisogno di respirare un’altra aria (du temps).

Se sia o meno arrivato il momento che l’anello torni in mani sicure, non è dato prevedere. Nel frattempo – indispensabile misura – vorrebbero togliere di mezzo la pubblicità delle intercettazioni.Una grave perdita ai fini del Racconto – romanzo ? – di questo paese.





Michele chi

Michele chi

Si potrebbe anche dire ” E chissene, basterà cambiare canale per ritrovare Annozero o quel che nel frattempo sarà diventato, su altra rete”. E se non fosse che le cause perse, i risarcimenti, i cospicui incentivi all’esodo, sono voci di un conto economico  che ci riguarda da vicino, compiacersi del fatto che, tolto di mezzo il programma, la classe politica potrebbe smettere di occuparsi di intrattenimento per dedicarsi ai problemi che è chiamata a dirimere.


Ma prima ancora che telespettatori dovremmo essere cittadini – dunque, almeno si spera, contribuenti  –  e, a parte il tentativo, sempre più difficile, di vivere questo status privi di scissioni, il nostro cotè civico dovrebbe ribellarsi all’idea che un’azienda di Stato, tra le più importanti, lasci nelle mani della concorrenza  una risorsa preziosa.



Invece i più soddisfatti sono proprio quelli che dovrebbero tirare alla buona riuscita dell’Impresa:

E così, dopo aver perso cause che si sarebbero potute benissimo evitare, mal tollerando sentenze e  reintegri che comunque hanno continuato a garantire ascolti e  risultati economici senza, per questo, scendere a patti con il livello qualitativo, bravi direttori e funzionari infliggono alla RAI il costo più rilevante rappresentato dal mancato introito. Come sarà sostituito Michele Santoro, non è dato sapere, di sicuro c’è  che non sarà facile riempire quel vuoto con analoga professionalità  e con gli stessi risultati.

Del resto non è questa l’Azienda che acquista i diritti di film che poi tiene nei cassetti ad ammuffire?


Così è la gestione della cosa pubblica come la conosciamo noi.Vale per RAI come per tante altre aziende egualmente pubbliche, l’affaire Michele Santoro è solo l’esempio più eclatante di come, in altre situazioni, la fedeltà alla causa del Partito di Governo, ivi compresi i numerosi interessi del medesimo, il basso profilo e l’acquiescenza di pubblici funzionari e managers  valgano più della professionalità, del merito e addirittura del profitto. Poi ci domandiamo il perché dei conti in rosso o di produzioni televisive che non vendono un fotogramma nemmeno nelle zone più depresse del pianeta.


Si potrebbe concludere invitando i cittadini a spedire a casa incompetenti e malversatori, ma questo è uno di quei casi che non si risolve purtroppo con un semplice cambio di vertici.E per il necessario cambio di cultura sarà meglio aspettare, se avremo abbastanza vita, qualche decennio.



Todo cambia (meno che le avanguardie e i profeti di sventura)

Todo cambia (meno che le avanguardie e i profeti di sventura)


A tutela del prosieguo,  ci vorrebbero scarriolate di ammennicoli scaramantici e le bicorna, quindi dita abituate a destreggiarsi con le ottave in faticosissimi esercizi. Meglio fermarsi qui, al corno che assolse l’impegno e al legittimo entusiasmo delle piazze, magari da mettere a profitto in vista di scadenze future. Siamo ancora al punto in cui tutto può succedere ma una risposta netta ai referendum di metà giugno, segnerebbe un’ ulteriore tappa verso il tanto sventolato cambio di passo.



L’entusiasmo, però, che bella cosa. Ha vita propria, non necessita di  sconfitti da umiliare – ché in tal caso si chiamerebbe tifo –  e dura poco, quindi non ha tempo di degenerare nello Stucchevole. Ha un solo punto critico : in quanto sentimento lieto che soprattutto vive di manifestazioni esteriori, attira come una carta moschicida quelli che volgarmente vengono definiti guastafeste e scientificamente nevrotici distruttivi.



Insomma, non hanno fatto a tempo i nuovi eletti ad alzare le braccia in segno di vittoria  che, muniti di elenchi di nefandezze in massima parte ideologiche ma anche curricolari, subito sono arrivati quelli del tanto non cambia niente (che invece non è affatto detto)



Todo cambia, meno che i guastafeste i quali però dovrebbero andare dagli elettori, particolarmente quelli di città afflitte da cronico malgoverno, a raccontare che siccome il neoeletto XYZ non ha esperienza amministrativa o carisma o pedigree maturati in specchiate vite precedenti,  sarebbe il caso di moderarare gli eccessi, ovvero  di spegnere il filo di speranza che con queste elezioni s’è attivato.



L’elezione diretta del primo cittadino fu inaugurata, nella mia città, da un sindaco lontano anni luce dalla cultura delle forze politiche che lo avevano promosso e che lo sostennero, non senza problemi, fino alla fine dei mandati. Non aveva la levatura di Argan né lo slancio,la passione  e la competenza di Petroselli,i sindaci più amati. La variegatura di quelle forze però era accomunata  da un’idea di città (e di cittadinanza) e la determinazione a cancellare i guasti di anni di malgoverno della peggiore Democrazia Cristiana esistente.Cambiando gli assetti, cambiò in meglio la nostra vita. Un buon sindaco può. Assai più di un buon governo centrale.


E ora che insieme a questa ventata di vivificanti novità, ci dicono essere finite anche parecchie ere (anni ottanta, regimi, stili comunicativi o chessò) se fosse possibile archiviare anche le potenti forbici dei profeti di sventura, non sarebbe male. La partita è ancora tutta da giocare. Nelle more : lasciateci essere felici.