Elide Catenacci
Chi vince la battaglia con la coscienza, vince la guerra dell’esistenza. Il senso della storia in C’eravamo tanto amati lo butta lì, ad un certo punto, Romolo Catenacci, palazzinaro romano ignorante, nostalgico del ventennio, divenuto ricco dopo la guera in spregio – o come direbbe lui alla faccia – di qualunque etica, scrupolo o piano regolatore .
Elide è sua figlia, malmaritata a uno che dalle Grandi Speranze è approdato alle Grandi Ambizioni, combattendo con la propria coscienza una battaglia troppo breve per non essere sospetta,che prima la sposa per quel che è, una ragazza emotiva, ingenua, semianalfabeta e goffa e poi pretende di cambiarle i connotati attraverso letture, diete e apparecchi per raddrizzare i denti.Tra padre becero e marito pigmaglione sarà inevitabile, per lei, il prezzo più alto.
Si può celebrare Ettore Scola – che oggi compie ottant’anni – per innumerevoli ragioni, non ultima quella di aver raccontato della generazione precedente alla nostra e di noi, con una tale ricchezza di particolari da far sembrare ogni finzione più vera del Vero. Ma della sua capacità di definire con esattezza, anche nel più corale dei racconti, i personaggi minori, non si dirà mai abbastanza.Poche inquadrature, qualche battuta e il più marginale dei figuranti diviene comprimario.
Che poi è qualità dei grandi narratori, vuoi su carta, vuoi a ventiquattro fotogrammi al secondo.
(Con la speranza che Il Drago a forma di nuvola, passata la tempesta, possa prendere la via del set)