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Mese: Maggio 2012

Un festival normal (et la recherche du cinéma perdu)

Un festival normal (et la recherche du cinéma perdu)

 

 

 

 

On trouve  tout à la Samaritaine (Aimez-vous Carax?)

 

 

Gli chiedono dei riferimenti – il film ne è pieno – e lui risponde che li odia. Lo incalzano con la tiritera dell’essere compreso e lui ribatte che vuol essere solo “visto” –  essere amato lo rende lieto ma insomma non è quello il punto – se non ci fosse stato Denis Lavant a parlare del rapporto privato che s’instaura tra un cineasta e il suo pubblico sarebbe finita a monosillabi seguiti da imbarazzanti silenzi.Non va tanto meglio con le note di regia.Né col press book, forse è meglio non sapere nulla prima di avere visto. Forse è meglio godersi questo viaggio (al termine della notte? L’autista casualmente si chiama Celine) C’è una limousine -bodoir – camerino –  office, dalla quale Oscar, un uomo d’affari con nove appuntamenti in agenda , esce ogni volta con un travestimento differente e che ad un certo punto entra in collisione con un ‘altra limousine dove c’è una donna impegnata in analoga attività.Si ritroveranno a la Samaritaine – grande magazzino nei pressi di Pont Neuf chiuso per ristrutturazione – ai piedi dell’imponente elegantissima scalinata art nouveau tra manichini avvolti nel cellophane o buttati in terra come cadaveri. Le cinéma – sostiene Carax – est comme une île, une belle ile, avec un grand cimetière. Quand on fait un film, on fait du cinéma.  Se la domanda fosse : dove va il cinema? La risposta potrebbe essere nell’opera mirabolante di questo artista a tutto tondo. Palma d’oro per giurie molto coraggiose.

 

 

 

 

Ex Dogma

 

 

Suonerà strano ma la storia di Klara, bambina di cinque anni  che sentendosi respinta dal proprio insegnante si vendica   accusandolo di molestie è meno inusuale di quanto sembri.  Genesi di una psicosi collettiva che resiste ai chiarimenti processuali alimentando comportamenti violenti e persecutori nei confronti  di una persona della quale si è stabilita l’innocenza e di come i bambini condizionati da certe atmosfere malsane tendano a mentire e a comportarsi secondo le aspettative degli adulti. Film profondamente danese del regista di Festen  e seguace di Dogma Thomas Vintenberg. Titolo italiano : la Caccia (qualche difficoltà nelle vendite ma poi è andata)

 

 

 

Saluti Vulcaniani ( Cronenberg grande anche quando sembra lo sia un po’ meno)

 

 

Si conferma la tendenza planetaria (oltre che dell’uso di limousine come camper)  delle trasposizioni letterarie – il che significa un cinema sempre più parlato –  è il caso di Cosmopolis  fondamentale, non fosse altro per i tratti  premonitori di scenari apocalittico finanziari, testo di Don De Lillo – presenza oltretutto emozionante accanto a Cronenberg in conferenza stampa –  che gli sceneggiatori hanno poco rimaneggiato – brani alla mano, ci sono dialoghi riportati pari pari – e sul quale lo stesso De Lillo poco ha eccepito,non avendo messo mano allo script e trovando il film  perfetto così com’è. Anche qui c’è una limousine con a bordo un giovane tycoon e un viaggio da tregenda per raggiungere il proprio barbiere all’altro capo di una New York proprio nel giorno in cui il Presidente è in città e sta succedendo di tutto tra masse di diseredati in marcia,scontri  e  lanci di topi morti.La limousine nel frattempo è una specie di piccolo mondo all’interno del quale il miliardario governa un avvicendarsi in entrata e uscita di mogli, clienti, collaboratori, amanti, medici per un ecodoppler al volo e via dicendo – rappresentiamo un mondo che non ha alcun senso e che ha bisogno di essere purificato, aveva precisato Cronenberg più generoso nelle spiegazioni di tanti altri – Evocazione in grande stile dello spettro del Capitalismo con citazioni dirette dal Capitale di Marx.

 


 

 

 

 


Un festival normal (retour, amour, foi, espoir, charité e molto altro)

Un festival normal (retour, amour, foi, espoir, charité e molto altro)

 

 

 

 

 

 Ogni considerazione dura e coerente sulla gerontocrazia del cartellone è filata via liscia fino alle visioni di film incantevoli, opera di vecchi  autori ma con  un’idea di cinema  innovativa e seducente. Vous n’avez encore rien vu aveva promesso Resnais. E così è stato, non solo per il suo film. Ogni paragone con le nuove generazioni dopo non ha avuto più gran senso come pure le  graduatorie.Del resto era impossibile per un selezionatore rinunziare ad Haneke, Kiarostami,Resnais.Non a queste  opere :


 

 Basta maltrattare Kiarostami

…e perché non racconta storie iraniane – indovina un po’? – e perché gira in Giappone e perché qui il finale non c’è e lì manca l’inizio e perché dopo il Sapore della ciliegia e Sotto gli ulivi ci si sarebbe aspettati chessò…un delicato poema …e via dicendo. Like someone in love è un film straordinariamente elegante, una storia che in mano a chiunque sarebbe diventata: studentessa-escort orribilmente fidanzata con piccolo despota geloso incontra anziano cliente paterno.Invece no. Coup de foudre (e al cuore di chi scrive) per lo sguardo rispettoso del regista,la recitazione impeccabile e per aver appreso che il produttore per realizzare il film ha venduto un quadro di Klein.Separarsene dev’essere stato doloroso. 

 

 

Vous n’avez rien vu

La compagnia di attori di Antoine d’Anthac viene convocata dopo la di lui  morte per assistere al filmato della rappresentazione di Orfeo e Euridice. Volontà del defunto e testamento artistico – non quello di Resnais, come ha tenuto a precisare l’interessato – Venticinque attori ovvero il meglio del teatro e del cinema francesi si contendono un testo in un gioco di specchi sottile e raffinato.Il più sperimentale dei film di questa tornata viene dal novantenne qui sopra ritratto in entusiastico atteggiamento.Un uomo per cui si inventano premi speciali con motivazioni che parlano di contributo essenziale alla storia del cinema.(la palma del mio cuore)

 

 

Amore (coniugale)

Haneke – pluridecorato e favorito  nelle quotazioni degli allibratori  che mai ci azzeccano –  con il suo Amour spalanca le porte di un appartamento parigino in cui si consuma  il dramma del distacco definitivo tra due anziani coniugi. Aveva chiesto a Jean Louis  Trintignant e Emanuelle Riva che la sofferenza risultasse credibile ma non patetica nella rappresentazione antiromantica dell’ Amore Vero .Il risultato è un film emozionante – come non ci si aspetterebbe da Haneke – ben scritto e intensamente recitato da due attori sublimi .Due ore e passa di grande cinema. E chissene frega della gerontocrazia.

 

 

 

Metafora 

non è  propriamente la definizione più adatta a Reality, racconto,al contrario, esplicito, abile nel rendere Napoli senza semplificazioni passando con realistica disinvoltura  dai palazzi seicenteschi mezzo cadenti  alla sfacciataggine dei parchi acquatici o degli outlet o nel mettere in scena la parabola di certe piccole rovinose ambizioni.Garrone rispettoso della migliore tradizione cinematografica ne ripropone le situazioni adattandole al contesto e se è vero che in una fila di aspiranti attori a Cinecittà è fin troppo facile ritrovare Visconti è altrettanto vero che le atmosfere felliniane in cui è immerso il racconto sono le più adatte a definire lo spirito della città.Lieto sciamare del cast quasi al completo sulla croisette tra conferenza e photocall .Tapis rouge trionfale, allegro, elegantissimo del medesimo.

 

 

 

 

Sugar mamas

Così i  giovani africani chiamano le attempate turiste europee in cerca di erotismo un tanto al chilo.Turismo sessuale dunque per questo Paradise love, non dissimile per volgarità e arroganza da quello classicamente inteso della compravendita di ragazzini. Film intenzionalmente  repellente disgustoso e irritante dell’arrabbiatissimo – e come dargli torto – Ulrich Seidl, austriaco come le protagoniste – bravissime attrici – delle quali esibisce in egual misura solitudine,disperazione e corpi in sovrappeso.Vagamente misogino anche se questo comperarsi attenzioni è molto costruito sull’imitazione del maschio.Gran monito per chi abbia intenzione di un viaggio in Africa comprensivo di giro sulle giostre col prestante Keniota.Non lo fate, tristezza e ridicolo sono un pedaggio troppo alto da corrispondere alla disperazione. Meglio sole.

 

Continua (mentre tutto  è pioggia pioggia pioggia e Francia)

 

 

 

 


 

 

Un festival normal (l’aggiornamento vien di notte)

Un festival normal (l’aggiornamento vien di notte)


 

 

Le président du jury, l’Italien Nanni Moretti :

 


Insediatosi al Gray d’Albion – niente Carlton, siamo sobri – e rilasciata un’ intervista a Libè destinata a rimanere unica almeno fino alla fine del Concorso, il presidente du jury occupa da un paio di giorni ogni tipo di cronaca per aver imposto lo stile Conclave ad un andamento spensierato che, negli anni scorsi, tra quotazioni dei bookmakers, interviste, esternazioni, balli, canti e ammicchi aveva fatto carta straccia della riservatezza, elemento indispensabile ad accompagnare ogni decisione che si rispetti. Le raccomandazioni – tre –  peraltro uguali a quelle di Venezia 2001, salvo abrogazione di una quarta sulla partecipazione alle feste delle produzioni,sono apparse troppo severe e ciò con buona pace dei soliti maligni  sempre pronti a sostenere come non sia del tutto inutile ricordare ai giurati che i film vanno visti per intero, che le riunioni non si disertano e che alle proiezioni pubbliche è  meglio non applaudire. 

C’è un giudice a Cannes.

 

Ouverture  :

 

Affidata come meglio non si sarebbe potuto a Wes Anderson e al suo tradizionale reliquiario di magnifiche ossessioni – dal cast stellare allo stile narrativo meticoloso e mai fine a se stesso – coadiuvato nella scrittura da Roman Coppola realizza questo Moonrise Kingdom ,fuga romantica dalla famiglia ( o dall’assenza della medesima) di due problem kids inseguiti, sceriffo Willis in testa,  da un’intera comunità.Tenero racconto del primo amore vissuto in un malinconico  e disfunzionale universo di adulti.

 

Non sarà un festival per donne..

 

ma Marion Cotillard mette a segno l’ interpretazione difficile, cioè a dire : intensa e non compassionevole di una donna che perde le gambe ma non la voglia di vivere in De rouille et d’os, film dell’habituee di Cannes Jacques Audiard. E Kathryn Bigelow ha presentato al Marché il suo Zero Dark thirty sui Navy Seals che fecero l’impresa (di catturare e uccidere Bin Laden).

 

Biografie:

A Roman Polanski  – Roman Polanski a film memoir di Laurent Bouzereau – e a Woody Allen – Woody Allen a documentary di Robert B. Weide – sono dedicati questi due belle biografie in forma di documentario. Taglio drammatico per il primo, esilarante per l’altro. Entrambi da non perdere.

 

Polemiche (non stucchevoli) :

 

Yousry Nasrallah preferirebbe che il suo  Après la bataille  non fosse venduto in Israele che considera un paese non in linea con le attuali aspirazioni del popolo egiziano.  Comprensibile – sebbene le vendite non dipendano dalla sua volontà – desiderio ma eventuale  perdita per il pubblico israeliano di un film  di grande efficacia proprio nel momento in cui  racconta lo scontro/incontro tra due universi – lealista e rivoluzionario –  incomunicabili.Quanto di meglio ci si potrebbe attendere in una sala di Gerusalemme.

 

Domani (oggi)

Reality !

 

Nell’illustrazione l’atrio del Marchè (croce e delizia)


 

 

 


 

 

Chi ha paura dei pirati

Chi ha paura dei pirati

 

 

 

 

 

 

 

I numeri ridotti –  nove milioni di aventi diritto –  che nell’ansia politologica di indicazioni generali devono essere spacchettati,  confrontati, riaggregati  e proiettati. Insomma rimaneggiati al punto da sortire risultati sorprendenti : in  una di queste tante operazioni di analisi del voto è persino saltato fuori un PDL stimato al 40% probabile vincitore di future consultazioni politiche.Tanto per dire.

 

Con tutto il rispetto per le discipline che soprintendono i conteggi di questo tipo ,sarebbe forse più utile limitare ogni speculazione ai dati in sé e soprattutto aspettare gli esiti del secondo turno. Per il resto, il quadro era già noto prima ancora di cominciare la campagna : sarebbe stato stupefacente se il centro destra tra bufere  internazionali, domestiche e (soprattutto) malgoverno avesse mantenuto i propri consensi, che a seguito di ciò non si fossero manifestati fenomeni quali l’astensione o la frammentazione in migliaia di liste civiche difficilmente classificabili – anche ai fini dei conteggi di cui sopra-  e che, come nel resto d’Europa, il Populismo discendente diretto della crisi, dell’euroscetticismo,del rigore come misura unica di risoluzione dei problemi economici, non determinasse il successo di formazioni come il Movimento 5 stelle.

 

 

Ovunque presenti. Si chiamano Partito per la  Libertà (Paesi Bassi) Grande Romania, Piratenpartei  (Germania) , Jobbik (Ungheria), Ataka (Bulgaria) Democratici (Svezia) English Defense League ( Gran Bretagna) ai quali si aggiungono vecchie conoscenze come il Front National  (Francia) e Alba d’oro (Grecia). Sono contro le élite liberali colpevoli di essersi allontanate dal popolo e contro la globalizzazione che con la libera circolazione di merci ed esseri umani minaccia l’economia degli stati. Agiscono su pulsioni semplici offrendo soluzioni altrettanto  semplici a problematiche complesse mentre con la pretesa che l’idea di popolo possa essere definita con chiarezza, credono che sia possibile rappresentarne le istanze  in maniera univoca.

 

In questa logica si colloca il movimento di Grillo, pesca voti dall’astensionismo e dai delusi di una politica talmente immiserita che a fronte di simili preoccupanti risultati – ma non è ovviamente il 5 Stelle  il vero problema – continua a parlare di alleanze, rifondazioni e congressi, come se una giusta Reimpostazione  bastasse a vincere le prossime Politiche.Come se vincere le prossime Politiche fosse l’unico assillo possibile in costanza dello sfracello.

 

 

 

Destra o sinistra,vincenti o perdenti del secondo turno, poche sono le cose a cui mettere mano per restituire a se stessi un poco di credibilità. Legge elettorale in primis, regolazione dei Partiti, sulla scorta dell’articolo 49 della Costituzione, riduzione dei rimborsi elettorali e avvio della prima lettura per la riforma costituzionale che prevede la riduzione dei parlamentari a partire dalla prossima legislatura.Il tempo stringe ma (ancora) c’è.

 

E infine smetterla di agitare il populismo e l’anti-politica per nascondere le proprie responsabilità spostando su altro l’attenzione. Nel momento in cui il popolo sovrano ha affidato ai Pirati di casa nostra il compito di essere rappresentato, costoro meritano ogni rispetto, non ultimo quello che li sottopone alla prova dei fatti, come chiunque altro, prima di essere giudicato.

 

Superare i partiti, come da ambizioso programma grillesco, può essere un obiettivo affascinante.Per fare cosa, vedremo in corso d’opera.

Dix-sept ans après (enfin un homme normal)

Dix-sept ans après (enfin un homme normal)

Laddove per normal s’intenda una tradizionale formazione da  École nationale d’administration,  borsa di studio con soggiorno negli USA e una carriera  tra Parlamento e Partito  fino ai massimi vertici, dunque segnata da grandi soddisfazioni  ma anche da pesanti insuccessi, in effetti François  Hollande può considerarsi un uomo politico normale.

 

Ovvero senza glamour, bling, amici impresentabili, finanziamenti discutibili da parte di  anziane e ricche signore, né matrimoni e nascite di Stato esibiti in finta e rutilante riservatezza. E senza Vacheron Constantin.

 

E bene ha fatto François a valorizzare al massimo quel dispregiativo  normal  affibbiatogli dall’avversario – il più gentile, i meno gratificanti da fronte interno  spaziavano da Flanby a Couille molle passando per Monsieur Royal e Mashmallow – rendendolo immediatamente un indicatore  di controtendenza.

 

François Hollande è plasticamente tutto quello che Nicolas Sarkozy non potrebbe mai essere. Lo confermano i suoi modi, la sua visione e il suo progetto politico. Nessuno spettatore dopo aver assistito a le Débat avrebbe potuto concludere che non fossero stati a confronto due programmi differenti. Certo tassare i più ricchi,investire nell’istruzione, pensare ad un diverso rapporto con l’Europa sono stati gli elementi forti e più convincenti del programma di Hollande  Ma i francesi che l’hanno scelto hanno in modo inequivocabile espresso la volontà di metter fine ad un’era deprimente dal punto di vista culturale.

 

Non so se il ritorno di quel  François,  così come auspicato dallo striscione qui sopra, potrà davvero realizzarsi ma è sempre motivo di grande soddisfazione quando gli elettori affidano le loro speranze di cambiamento alla sinistra.E in un momento come quello che stiamo vivendo potremmo azzardare.. di felicità.

(ah …ce joli mois de mai)