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Mese: Novembre 2014

Qui da voi

Qui da voi

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Non un’analisi del voto e nemmeno dell’astensione, già ampiamente affrontata in occasione di precedenti elezioni …quindi si può prenderla alla lontana.

E cioè dalla storica visita di Togliatti a Reggio Emilia nel settembre 1946.Motivo ufficiale di quel viaggio :  partecipare ad un’iniziativa titolata  Ceti medi ed Emilia Rossa . (e già che c’era, mettere in riga certi facinorosi  nel tentativo  di porre fine ad una preoccupante serie di violenze e ritorsioni in quello che le cronache di allora definivano il Triangolo della Morte e Guareschi il Messico d’Italia. L’impresa riuscì previo siluramento azzerante dell’intera Federazione reggiana, ma questa è un’altra storia)

In quella circostanza raccontata da Edmondo Berselli  e da Giampaolo Pansa rispettivamente  nel Quel gran pezzo dell’Emilia e nel Sangue dei Vinti il discorso del Migliore  ad una platea di funzionari di partito, amministratori locali e compagni di base, conteneva  un passaggio significativo che torna utile ricordare :

Qui da voi, c’è l’occasione storica di dimostrare che il socialismo si può fare pacificamente,con un largo fronte democratico in cui le ragioni del lavoro e quelle del capitale possono collaborare per far vedere al blocco reazionario che i comunisti sono capaci di far star bene il popolo”

Era –  ripeto –  il 1946 e mentre il resto del mondo comunista  si occupava di sofismi ideologici e  complicazioni da apparato ridondante di centralismi democratici, cellule e comitati centrali qui da voi  cioè a Reggio Emilia, si ponevano le basi di un compromesso fondato sul principio di praticità.

C’era da governare le città sostenendo l’economia locale in piena ascesa.Il che significava fare i conti con una realtà  che relegava immediatamente in soffitta tutta la retorica dell’ ora X  con i suoi infiniti corollari, primo tra tutti il sogno rivolussionario. Di quest’ultimo, dalla platea,  qualcuno chiese conto a Togliatti, ma dal giradischi erano già partite le note di bandiera rossa e bisognava alzarsi tutti in piedi a cantare.

Per anni la letteratura e le cronache  ci hanno lasciato credere che l’Emilia Romagna fosse il luogo inviolato del comunismo puro e duro, che quelle Imprese, quelle opere pubbliche quelle infrastrutture e quegli asili nido meravigliosi fossero sorretti da un’ideologia incrollabile.Così non è mai stato.

DNA pragmatico, materialisti per vocazione , poco inclini alle astrazioni del dibattito  – per decenni fiore all’occhiello e ricchezza del Partito senza però che questo significasse congrua  presenza dei propri esponenti nelle Istanze Nazionali –  questi cittadini riconoscono un’unica ragione : quella del mondo reale.

Per questo i Miglioristi riscuotevano qui i loro consensi più ampi. Per questo  la platea della Bolognina ascoltò la proposta di Occhetto senza fare una piega.Per questo le Primarie 2013 regalarono a Matteo Renzi una delle sue vittorie più brillanti :  71%, corrispondente a quattro volte abbondanti i voti di Gianni Cuperlo.

Ed è per tutte queste cose messe insieme che non credo all’ennesima storia e cioè che da questa disaffezione al voto si avvii per Renzi la parabola discendente né che dallo stesso voto possano trarsi auspici di improbabili spostamenti a sinistra di quel territorio.

Piuttosto la rabbia per le vicende del consiglio regionale uscente o per l’insufficiente sostegno statale ai recenti danni subiti per disastri ambientali.Piuttosto la vittoria scontata che da sempre è il perfetto alibi per chi non è troppo motivato ad esprimersi.

Virtù civiche al tramonto ? Può darsi.Ma questo è anche il popolo della parentesi Guazzaloca – dalla quale hanno preso le distanze appena possibile – o dell’elezione bulgara di Pizzarotti. Due diverse figure di sindaco accomunate dal fatto di non avere, all’epoca delle rispettive elezioni,competitor attendibili.

Certo sarebbe un male se Matteo Renzi sottovalutasse davvero un fenomeno che è sì in ascesa da venti anni a questa parte ma che, con buona pace degli assenti, corrisponde ad una scelta politica precisa di sfiducia verso la possibilità di cambiare le cose attraverso decisioni collettive. Decisioni di cui, tanto per dire, il pluralismo associativo è cardine.

Il prototipo emiliano è un modello di sviluppo che ha sempre funzionato.Venivano a studiarlo da ogni parte del mondo.Persino Blair, persino il giovane Clinton ma pur senza trionfalismi,miti e sventolii ideologici poggiava irrimediabilmente su quel cardine.Dovesse venir meno quello sarebbe la fine non di un sogno ma della realizzazione di un progetto in carne e ossa.

Speriamo che il ...Qui da voi.. continui a dare i buoni frutti di sempre.

 

 

Nell’illustrazione la Stazione dell’Alta Velocità di Calatrava a Reggio Emilia. Una meraviglia.

Marion (o del vincere la paura)

Marion (o del vincere la paura)

 

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Un po’ La parola ai giurati per la caparbietà di voler rovesciare un giudizio definito argomentando con gli altri, un po’ western per le sfide e i duelli, un po’ piccola storia dominata dal Ricatto e dalla ricerca di una  Solidarietà divenuta sentimento che non ci si può più permettere.

Nessun Quarto Stato però alle spalle di Sandra, il suo è un viaggio in quattordici stazioni da postulante solitaria mentre si adopera per convincere i colleghi ad una rinuncia cui è appesa la possibilità per lei di continuare a lavorare.

Dunque incarnazione della Fragilità messa a dura prova  quattordici differenti volte in cui ciascun interlocutore ha un buon motivo per rifiutarle l’assenso.

La fine è scontata, un po’ meno il Coraggio di cui sembrava in un primo momento  essere priva ma che  tappa dopo tappa  prende forma  divenendo Consapevolezza.La vera ragione di quel penoso mettersi in cammino è  in questa trasformazione.

Due giorni e una notte per raccontare senza trucco e senza inganno  un pezzo di contemporaneità intorno alla quale il cinema molto si sta adoperando.Ma la tradizionale assenza di toni melensi o di tentazioni socioculturali  con cui i Fratelli Dardenne riescono sempre ad avere la meglio su di una materia insidiosa e sulla ripetitività delle situazioni,nulla toglie al dramma  e alla coerenza del racconto. Una regia né dell’aggiungere né del togliere il cui unico scopo è cedere spazio a concatenate riflessioni.

 

Cotillard senza Dior,smartphone,gettoni e rullini ma in grande spolvero di occhi blu, magliette del mercato,occhiaie da sonno perduto dietro a indicibili preoccupazioni e scatole di Xanax come mezzo di contrasto alla disperazione.Sempre convincente per regale naturalezza.

Nella cinquina degli Oscar 2015 come miglior film straniero assieme al nostro (per nulla impensierito) Capitale Umano

 

 

Due giorni e una notte è un film di genere drammatico dei Fratelli Dardenne con Marion Cotillard Fabrizio Rongione,Olivier Gourmet,Catherine Saléet.Prodotto in Belgio nel 2014.Distribuisce Bim