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Anno: 2015

C’era anche lui (con giovane vigoria ed entusiasmo cameratesco)

C’era anche lui (con giovane vigoria ed entusiasmo cameratesco)

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 Quello che volevamo era contrapporci con forza, con giovane vigoria, con entusiasmo cameratesco a chi aveva, impunemente, dichiarato guerra all’Italia, il mio paese, un paese che mi ha tradito ma che non tradirò. Per quanto riguarda tutti voi; tranquilli, non vogliamo la pietas di nessuno. Sappiamo che siamo quelli ignoranti, scampati alla disoccupazione, lontani dai vostri salotti radical chic, dal vostro perbenismo becero, dal vostro politically correct. Siamo quelli che dopo un servizio di 10 ore dove abbiamo respirato odio, siamo pronti a rientrare nelle nostre case a dare amore ai nostri figli e alle nostre mogli. Ci troverai con una Ceres in mano, ti odieremo perchè non hai la nostra tuta da OP, ma non te lo faremo sapere. Saremo sempre al tuo servizio, anche se quando ti rubano in casa, meriteresti, e sarebbe più coerente, che chiamassi Batman

Dal post di un agente di polizia pubblicato sul suo profilo Facebook  quattro giorni fa.

 

Comincia con lo rifarei e  finisce con il t’ho invidiato di un collega- amico.In mezzo scorre il fiume dei commenti che tra odio, vendetta e retorica,  senza farsi mancare nulla nemmeno  in materia di distorsioni della realtà e rifritture di luoghi comuni, racconta la triste storia di come  quindici anni  di articoli, interviste, libri,dibattiti,cortei,  più chilometri di girato, interpellanze parlamentari, processi sentenze e pene comminate,  non siano bastati  a certi tutori dell’ordine per decidersi a fare i conti con i propri istinti peggiori.

Prova ne è che nel prosieguo del lungo post anche la recente sentenza della Corte di Strasburgo diventa occasione per un imprinting di particolare suggestione : torturatori con le palle vengono definiti gli appartenenti al VII nucleo, coloro che insomma  la sera del 21 luglio entrarono alla scuola Diaz  malmenando, ferendo, umiliando e trascinando in carcere inermi cittadini.Senza altro motivo plausibile che la Vendetta.

Così mentre i superiori di questo poliziotto studieranno, dopo aver indagato,  il miglior provvedimento disciplinare con cui colpire l’insubordinazione, ci si  domanda cosa s’insegni mai  nelle diverse scuole di polizia,quali sistemi di valori vengano richiamati e quali comportamenti suggeriti o imposti.E se non sia il caso, visto che ci si accinge a mettere le mani a crolli,dissesti e malversazioni ,che il Governo si occupi anche di revisionare la partita della gestione dell’ordine pubblico.

Il lavoro non mancherebbe tra numeri identificativi, testi unici o distribuzione, come se piovesse, di semplici manuali di educazione civica.Così, tanto per capire cos’è una Democrazia cosa s’intende  per Istituzioni e per Diritti e che ruolo debbano ricoprire le Forze dell’Ordine in un simile contesto.

Poiché se risulta comprensibile l’orgoglio dell’appartenenza o quello di indossare una divisa (la tuta OP), meno chiaro è come questi sentimenti debbano attivarsi solo quando si tratta  di ammazzare di botte  manifestanti definiti ancora, dopo quindici anni, nemici dell’Italia.

(Tralascio per carità di patria le affermazioni ingiuriose su Carlo Giuliani.Indecorose, comunque la si pensi, soprattutto se pronunciate da uomini dello Stato.)

Nell’illustrazione  della Reuters Fuori  dalla Diaz alcuni Nemici dell’Italia  si frappongono tra polizia e manifestanti nel tentativo di evitare il peggio.

Trent’anni dopo

Trent’anni dopo

Trent’anni ci sono voluti per approvare, per ora solo alla Camera, un testo di legge che, in ottemperanza a quanto stabilito dall’ONU e dalla Convenzione Europea, condannasse  ogni metodo di coercizione fisica o psicologica messo in atto a scopo punitivo o per estorcere informazioni confessioni o per ottenere prove e che definisse  col nome di tortura questo insieme di comportamenti.

Complice un’Opinione Pubblica che, nella migliore delle ipotesi,  s’indigna a tempo determinato  e solo sull’emergenza, i governi – eccettuato Prodi nel 2007 –  hanno avuto agio di procrastinare l’approvazione di una legge necessaria, in assenza della quale le parti lese sono state costrette al  ricorso alla Corte di Strasburgo.Così è stato per i cittadini malmenati e feriti all’interno della scuola Diaz  nel luglio 2001 : tre procedimenti di cui uno solo andato a sentenza. E la sentenza non poteva essere che di condanna al nostro paese.

Trent’anni dunque per arrivare al testo di legge che porta le firme di Manconi, Puppato, Pinotti ed altri e che rispetto all’originaria stesura ha subito  tali modifiche da presentare più di un  elemento di criticità.

La tortura da reato proprio ovvero tipico del pubblico ufficiale, è diventata reato comune ,ciò significa che se da una parte si allarga il campo di applicazione con aggravanti se l’autore indossa la divisa, dall’altra viene  meno, in parte, lo spirito suggerito dalla Convenzione che è quella di specifica tutela dalla violenza del Potere.

E anche se, a ben vedere, una simile formulazione avrebbe egualmente trovato campo di applicazione ai fatti della Diaz, un testo più piano sarebbe stato accolto con meno perplessità.

Ma siamo alle solite : emendare oggi questo disegno significherebbe rinunciare per molto altro tempo ad avere una legge, ergo: buon senso impone di votarla com’è in attesa di tempi migliori.Verrebbe da tirare un respiro di sollievo ma resta il disappunto e l’amarezza per il ritardo e per le circostanze che rendono la nostre formulazioni tecniche sempre meno all’altezza dei nostri stessi standard storici.

 

Pietro (sempre più) caro

Pietro (sempre più) caro

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Se ci fissiamo sull’indignazione, non è che autorizziamo derive moralistiche e giacobine, semplicemente, contribuiamo all’abdicazione della politica. Pietro Ingrao in risposta al pamphlet di  Hessel  Indignatevi!

 

 

 

Nel documentario di Vendemmiati Non mi avete convinto Pietro Ingrao afferma con una certa disinvoltura di intendersi forse più di cinema che di politica.

Ovviamente un paradosso, anche se di cinema sa parecchio, ma tanto per segnalare l’importanza del cinema in termini di analisi della società connessa ad una forma specialissima ed efficace di cultura di massa.Cinema e poesia, passioni e attitudini  che si avvertono nella scelta delle parole per dirlo e delle immagini per rappresentarlo.Come dimenticare la definizione di comunismo bagnino ad accompagnare il disappunto per la scoperta che gli stabilimenti balneari di Cuba erano proprietà dello stato.Il comunismo non può essere un bagnino.Certo che no.

Ovvero l’invito a restare sempre in quello che lui chiamava il  gorgo con il coraggio di non separarsi dalla maggioranza,di rifiutare il narcisismo della libertà individuale, così insipiente rispetto a quella collettiva.Dunque coraggio ma anche sofferenza, la stessa con la quale si separò dal neonato PDS nel momento in cui non ravvisò più  l’attrattiva del  gorgo.

Noi oggi  festeggiamo  i cento anni di Pietro Ingrao di cui in questi anni (e per molte ragioni) è stato impossibile non essere innamorati, fedeli all’insegnamento del rigore dell’umiltà ma soprattutto dell’importanza del dubbio : Non mi avete convinto : come dire un’ occasione per continuare a cercare.

 

Nell’illustrazione dal sito Centro Riforma dello Stato il bel sorriso di Pietro Ingrao

Every thing will be fine

Every thing will be fine

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Il giorno 12 febbraio  Wim Wenders – insieme a Werner Herzog ed Alexander Kluge tra i più influenti registi tedeschi – riceveva dalla Berlinale 2015  il premio alla carriera mentre una nutrita retrospettiva comprendente anche (le di fresco restaurate copie di) Paris Texas e de  Il cielo sopra Berlino occupava il cartellone del festival.L’occasione della panoramica sull’evoluzione di una carriera che non si è fatta mancare niente o quasi è stata motivo di qualche battibecco sulla differenza tra il Wenders degli esordi, venerato dai cinefili e quello attuale, annotando i detrattori o devoti del tempo che fu, una certa qual commercializzazione, appiattimento,  imborghesimento etcetc del prodotto e dell’autore.Per conto mio trovo interessante ed originale ogni sua fase artistica, non fosse altro perché non fermarsi ad un solo stile o modalità è quanto di meglio ci si possa aspettare da un Uomo di Cinema.

Dal 1967 ad oggi : Cinquantasette opere da regista,più o meno altrettante da sceneggiatore cimentandosi  inoltre  con il mestiere dell’ attore,del produttore e del direttore della fotografia,Wim ci ha raccontato comunque storie  emozionanti. Sentimenti certo ma anche luoghi e contesti seguiti da una macchina da presa puntigliosa.Rivendicando al 3D la più spettacolare delle versatilità: quella d’indagare ancora più a fondo su persone e cose, ha realizzato il suo ultimo Every thing will be fine con tecnica già sperimentata felicemente in altro  documentario dedicato al talento di Pina Baush.

Un incidente mortale innesca, tra dolore, sensi di colpa e problemi irrisolti, concatenazioni di eventi intrecciando legami destinati a cambiare la vita di ognuno.Una trama che parla di elaborazione del lutto  ma soprattutto di perdono a se stessi come chiave risolutiva del dramma dei protagonisti.James Franco e Charlotte Gainsbourg interpreti quanto mai sensibili nel rendere con intensa sobrietà il faticoso percorso dello scrittore che s’interroga se sia più o meno lecito speculare sugli eventi  per migliorare il proprio lavoro e della madre che ha perso il figlio e che non smette di farsene una colpa.

Every thing will be fine anticipa il titolo.A quale prezzo può dirsi il cuore di questo bel racconto.

Tutto andrà bene,dunque, le braccia spalancate dell’abbraccio e il sorriso al  photocall. Come un’attesa,necessaria risposta rassicurante.

 

 Every Thing Will Be Fine is an upcoming German 3D drama film directed by Wim Wenders and written by Bjørn Olaf Johannessen. The film stars James FrancoCharlotte GainsbourgRachel McAdams and Marie-Josée Croze.[3] The film is scheduled to premiere out of competition at the 65th Berlin International Film Festival.

Who gave this son of the bich a green card?

Who gave this son of the bich a green card?

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Dopo Cuarón anche  Iñarritu e giustamente qualcuno comincia a domandarsi dove andremo a finire con queste aperture agli Ispanici  ma Alejandro tira dritto sostenendo di indossare le mutande di Keaton – anche Neil Patrick del resto, e il divino Gaultier ai César ma lui per puro divertimento –  come portafortuna e nei quattro ringraziamenti, quattro quante sono le statuette che ha spazzolato il suo Birdman (o le imprevedibili virtù dell’ignoranza) , auspica una vita migliore agli immigrati e un governo più giusto per il Messico. E come disse Eva Longoria, straordinaria oratrice, alla convention di Denver pro ri-elezione di Obama :  Si.Se puede!

Kyle  contro Thompson, ovvero un redneck vendicativo contro una egotica star del box office in piena crisi identitaria. Eastwood non ce la poteva fare,il suo sniper allucinato, tra la repubblicana – Mc Caine.Ancora tu? – definizione di nobile guerriero e quella di icona contro la guerra, lasciava troppi spazi alle ambiguità dell’immaginario .Qui da noi, mentre il botteghino americano totalizzava  l’impossibile, ci stavamo già perdendo negli intelligenti arzigogoli della critica più raffinata col Doppio Mustafà-Kyle, con le obnubilanti tempeste di sabbia ma soprattutto con la macchina da presa che lavora come un’arma: inquadra, punta, spara.E lì,c’è poco da fare, a sparare siamo noi dalle nostre poltrone.Volevamo pure un Oscar?

E infatti solo gli spiccioli  di una statuetta minore : il sonoro. Ad ogni buon conto American Sniper resta uno dei film più significativi sulla dinamica della vendetta, le sue devastazioni, le sue inevitabili ritorsioni.La condanna dell’orrore non abbisogna di  una narrazione correttamente impostata, né una qualche voice over o stratagemma della sceneggiatura o del montaggio avrebbero potuto di più della tragica scorrettezza di quelle immagini.Oscar o non Oscar siamo al cospetto di un gran lavoro di cui Bradley Cooper è interprete ideale.Chi dice che è un film fascista, ri-veda.

Peccato per Timbuctu del maestro Sissako asso pigliatutto ai César per ragioni artistiche e non solo.Peccato per la sua importante tesi sull’integralismo che nega ogni frettolosa visione occidentale ma anche per l’estrema efficacia della struttura narrativa,per le immagini e per quel dato di cinema-cinema che fa la differenza.

E peccato anche per il Sale della terra del –  di recente premiato alla Berlinale –  Wim Wenders devoto e sincero omaggio alla bellezza del pianeta attraverso immagini che è difficile descrivere con aggettivi appropriati.

Insomma a dispetto di tutte le piccole trasgressioni in mutande,dei Diritti dei malati di malattie devastanti,della parità salariale – grande Patricia Arquette –  e di una certa qual propensione per il cinema un po’ meno  mainstream (con moderazione!), l’Academy rifugge dal mettere il dito nella piaga e mimetizza la tendenza premiando film di tutto rispetto ma che finiscono per scivolare nel convenzionale.Siamo alla piccola rottura degli schemi.Ignorare o quasi Boyhood o American Sniper ha un po’ significato questo.I tempi di Moore e della Bigelow sono lontani.