Rula colpisce ancora

Rula colpisce ancora

Sarà per le numerose forzature (il femminile che proprio non va, la metafora eccessiva e tortuosa) ma il sostantivo “gnocca” è proprio brutto. Anzi fa schifo.E pazienza se qualche gentile signora se ne compiace, si vede che non ha mai conosciuto esseri umani di genere maschile garbati e in grado di rivolgere apprezzamenti più eleganti. Rula Jebreal è una bellissima creatura ma questo passa in sottordine di fronte alla sua non comune (per i giornalisti di casa nostra) competenza in materia,per esempio, di politica internazionale.Inoltre Rula ha la rara capacità di affrontare le interviste ponendo lievemente a disagio l’interlocutore. Il che mi sembra un buon modo, seppur in controtendenza rispetto agli yes men cui siamo abituati e che favoriscono l’autocelebrazione del potente di turno, attraverso domande assolutamente imbecilli sul bacio della buonanotte ai bambini o sui regali di compleanno alla consorte. Ma chi dei presenti all’ultima trasmissione di “Anno Zero” può aver definito Rula Jebreal “gnocca senza testa”?Assolutamente chiunque. Dagli ospiti, al conduttore, al pubblico, al regista, ognuno di loro potrebbe vantare “buoni motivi” per avercela con lei. Bella ma professionale, capace ma elegante, preparata eppure così poco compiacente.Se almeno ammiccasse un po’, se ci rassicurasse con un lieve sovrappeso,se indossasse almeno un colore sbagliato se non portasse la propria bellezza con tanto sfacciata arroganza, se si facesse da parte al cospetto dei colleghi, se non insistesse con domande imbarazzanti, se infine tacesse quando gl’intervistati con quell’aria di sufficienza le fanno notare che non gradiscono essere messi all’angoletto da una signora…Il punto è proprio questo : Rula non si riesce a collocare in nessun Immaginario,qualunque canone le va stretto ed è questo che infastidisce e che proprio non le si vuol perdonare.”Gnocca senza testa”, non può in nessuna maniera essere considerato un apprezzamento ma sia per Rula il segnale evidente, del risentimento maschile, della competizione mal riuscita, dell’impossibilità di ridurre un essere umano di genere femminile a sé, alle proprie regole, al proprio sistema di valori del cavolo. E in qualche modo,se le fosse possibile, superi l’amarezza, consapevole, nonostante tutto, di avercela fatta.

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