..e al dio senza fiato non credere mai (Coda di lupo)

..e al dio senza fiato non credere mai (Coda di lupo)

De Andrè 1977Quando ero piccolo m’innamoravo di tutto
correvo dietro ai cani e da marzo a febbraio
mio nonno vegliava sulla corrente di cavalli e di buoi
sui fatti miei e sui fatti tuoi
e al dio degli inglesi non credere mai.

quando avevo duecento lune e forse
qualcuna è di troppo
rubai il primo cavallo e mi fecero uomo
cambiai il mio nome in “Coda di Lupo”
cambiai il mio pony con un cavallo muto
e al loro dio perdente non credere mai.

E fu nella lunga notte della stella con la coda
che trovammo mio nonno crocifisso sulla chiesa
crocifisso con forchette che si usano a cena
era sporco e pulito di sangue e di crema
e al loro dio goloso non credere mai

E forse avevo diciott’anni e non puzzavo più di serpente
possedevo una spranga un cappello e una fionda
e una notte di gala con un sasso a punta
uccisi uno smoking e glielo rubai
e al dio della Scala non credere mai.

Poi tornammo in Brianza per l’apertura
della caccia al bisonte
ci fecero l’esame dell’alito e delle urine
ci spiegò il meccanismo un poeta andaluso
“Per la caccia al bisonte” – disse – “il numero è chiuso”
e a un dio a lieto fine non credere mai.

Ed ero già vecchio quando vicino a Roma
a Little Big Horn
capelli corti generale ci parlò all’Università
dei fratelli tute blu che seppellirono le asce
ma non fumammo con lui non era venuto in pace
e a un dio fatti il culo non credere mai.

E adesso che ho bruciato venti figli sul mio letto di sposo
che ho scaricato la mia rabbia in un teatro di posa
che ho imparato a pescare con le bombe a mano
che mi hanno scolpito in lacrime sull’arco di Traiano
con un cucchiaio di vetro scavo nella mia storia
ma colpisco un po’ a casaccio perché non più memoria
e a un dio senza fiato non credere mai.

Il dio degl’inglesi,il dio perdente,il dio goloso,il dio della Scala,il dio a lieto fine,il dio fatti il culo e –  il più terribile di tutti  – il dio senza fiato, epilogo e sollecitazione  in ogni strofa,   rappresentano gl’inganni e le trappole tese sul cammino esistenziale di Coda di Lupo  che s’innamorava di tutto.Il bel testo di De Andrè è tratto dall’album Rimini ,la canzone  è un archetipo – per dirla con Massimo Bubola che ne è il coautore – della Domenica delle Salme.Decodificarne la metafora è piuttosto semplice, come pure sono visibili i riferimenti alla resistenza,al partito comunista alle prime proteste e agli indiani metropolitani ma alla fine di tutto  è soprattutto in quel dio senza fiato – cioè senza speranza – che solitamente si accompagna alla sconfitta che non si deve credere mai. 

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