Il ritorno del Fenomeno®

Il ritorno del Fenomeno®

L’informazione, supporto naturale ed insostituibile veicolo di tutte le campagne securitarie del mondo, racconta di città indifese, esposte, a seconda dei casi, ai rischi di una criminalità o di un terrorismo dilaganti e fuori controllo. Soffiando sul fuoco della paura, invocando misure straordinarie, costruisce consensi e prepara il terreno sul quale prospera la fortuna politica di forze conservatrici, quando non reazionarie.Ma non solo. In Italia, di recente,  l’informazione si è anche molto adoperata a raccontare un Paese che non c’è. Una stortura evidenziatasi durante la recente campagna elettorale, periodo durante il quale, nessuno,  dal commentatore più autorevole al politologo più raffinato, è riuscito ad intuire quel che sarebbe realmente accaduto. Una vittoria di misura del centro destra è stata sì annunciata insieme ad una vasta gamma di considerazioni sulle ricadute che un eventuale pareggio tra le principali forze in campo,  avrebbe prodotto. Nessun’altra variabile però, men che meno, la possibilità che un riesplodere dei consensi alla Lega potesse rimettere in gioco gli esiti previsti. La Lega è il vero fenomeno di queste consultazioni. Eppure il Carroccio tutto è fuori che una forza politica dedita ad un lavoro sotterraneo, impercettibile. Pontedilegno, le ampolle con l’acqua del Po, le ronde, Pontida, sono comparsi sugli schermi televisivi e sulla carta stampata, additati però alla nostra attenzione come i tratti di una folcloristica anomalia. Quasi innocua, nella rappresentazione che ci è stata tramandata di un’espressione politica territoriale dai tratti talvolta ingenui, talvolta beceri. Poche voci a rammentarci gli esiti devastanti che le t – shirt di Calderoli hanno prodotto davanti ad una nostra ambasciata all’estero appena qualche tempo fa, ma poche anche quelle che si sono incaricate d’indagare sulla forte connotazione popolare dell’adesione a certe formule xenofobe. Il nostro immaginario è stato dirottato sulle ampolle del Po. Ma questo vuol essere solo uno dei tanti esempi , un altro fuori casa nostra,  potrebbe essere rappresentato dai Rifiuti che secondo la stampa asiatica sommergono non solo Napoli ma l’intera Europa o dalla città di Roma che, grazie alle strumentalizzazioni della recente campagna elettorale è divenuta improvvisamente omologa a quella di Mogadiscio. Produzione di opinioni a mezzo di opinioni: l’informazione e la comunicazione funzionano così. La nostra percezione del presente soggiace ad un grande dispositivo massmediale che con buona pace della moltiplicazione di fonti, notizie e commenti che continuamente produce, rilascia pochissimi elementi originali alla comprensione dell’attualità. L’attenzione allo scarto e alla differenza, necessaria al pensiero per individuare i varchi del cambiamento possibile, mal si concilia con il dispositivo della ripetizione cui tutto il sistema dei media è improntato. E l’ascolto di soggetti ed esperienze che restano ai margini dell’ordine del discorso dominante, viene anch’esso depotenziato da un sistema della comunicazione che accende e spegne i riflettori sulle voci fuori dal coro, a caso, un giorno sì e cinque no, una testimonianza oggi e l’oblio quasi sempre, un’apparizione in tv, un trafiletto sulla stampa a piccolo risarcimento dell’assenza destinata dal mercato economico e politico delle merci e delle idee. Mai la censura è stata così potente come nella società dei media che tutto dice e tutto fa vedere. Mai l’invisibile e l’indicibile di un’epoca sono stati così estesi come nell’epoca della massima visibilità e dicibilità: è questo il paradosso che rende insieme più possibile e più arduo decifrare il tempo presente. Non per questo possiamo desistere: è sbagliato cedere alle derive apocalittiche del discorso sui massmedia di cui è costellato il pensiero critico del novecento,  è sulla moltiplicazione, non sulla riduzione dell’informazione e della comunicazione che le strategie di resistenza devono comunque puntare. Significa , quanto alla comprensione del presente, che non dobbiamo mai cessare di interrogarci su quello che vediamo e su come ce lo fanno vedere ma anche su quello che non vediamo perché nessuno ce lo fa vedere. Su quello – sempre più – che è consentito dire, e su quello che non è consentito dire e resta censurato e ancor più, su quello che non serve censurare perché proprio il regime della dicibilità di tutto rende tutto equivalente e privo di senso. Che cosa va perduto di ciascuna esperienza e di ciascuna differenza nel gigantesco dispositivo della traduzione linguistica che consente la comunicazione globale? Quante pratiche di resistenza al potere riesce a nascondere e a depotenziare il potere? Sono domande che dovremmo prendere l’abitudine di farci ogni volta che sfogliamo un giornale o guardiamo un tg. E la patinata impaginazione del presente che ogni mezz’ora viene approntata per ricondurlo forzosamente nelle compatibilità dell’ordine del discorso ci apparirebbe subito per com’è, piena di buchi e di strappi e di paradossi, altrettanti varchi in cui infilarsi per sovvertirlo o, quantomeno, ostacolarne l’onnipotente pretesa. Il Fenomeno®, comico, comunicatore, agitatore  di piazze più o meno telematiche,  tutt’altro che immune da sospetti  di manipolazione,  sarà in piazza domani a Torino sul tema dell’Informazione e del delicato rapporto tra giornalismo e potere. Non un tema da poco. Tra le proposte della sua nuova campagna, l’abolizione del contributo statale alla carta stampata. Una tendenza iperliberista vorrebbe che i giornali affidassero i propri destini esclusivamente al mercato e alla libera concorrenza, come è delle merci. Varrebbe la pena, una volta tanto, di riflettere sulla scorta di qualche opportuno distinguo e, eliminate le anomalie di quella legge che col metodo del finanziamento a pioggia, consente uno spreco di denaro pubblico  per soccorre testate inesistenti o confortarne altre in ottimo stato di salute, chiedere piuttosto che siano fissati criteri certi per continuare a sostenere esperienze editoriali  che non potendo o non volendo vantare proprietari eccellenti – grandi gruppi o banche – ovvero essendo poco inclini a raccolte pubblicitarie sconsiderate, cadrebbero vittime, proprio per quanto sopra detto ,  del loro stesso essere indipendenti voci fuori dal coro. I giornali sono troppi – dicono –  e la qualità dell’informazione è sempre più rara – principio da far valere indipendentemente dalla quantità – ma, ci mancherebbe altro, che un discorso di moralizzazione ed indipendenza dell’informazione, falcidiasse proprio quelle esperienze che negli anni sono state, in tal senso,  più significative. Non tutto può viaggiare sulla Rete che sarà anche libera e gratuita e grandemente esaltata dai supporters come insostituibile occasione democratica di informazione e confronto , ma che ha dimostrato, dimostra e dimostrerà sempre, l’imprescindibile esigenza di essere comunque assistiti da quel senso critico e da quell’interrogarsi sulle cose che sta alla base di ogni etica e di ogni libertà.

 

10 pensieri riguardo “Il ritorno del Fenomeno®

  1. OT : anche se ho visto spesso i tuoi post, sono riuscito oggi a farmi un giro sul tuo blog, e mi sono letto diversi post. Complimenti, é un blog molto profondo ed interessante e se ti va bene lo inserisco tra i miei link.

  2. Io volevo andare a firmare solo quello per l’abolizione della Gasparri ma ho scoperto che vogliono abolire il Testo Unico dell’Informazione (a essa successivo, che l’ha implementata)

    Pensi che sarebbe un referendum accoglibile?

    ps. e l’ordine dei giornalisti? serve davvero? aprimi gli occhi.

  3. Abolire l’Ordine che comunque è il solito carrozzone fatiscente, (magari da riformare), significherebbe però anche mano libera per gli Editori di assumere manovalanza a basso costo senza l’ingombro di dover rispettare codici e deontologie.

    Sui finanziamenti ho già scritto nel post.

    Sulla Gasparri ha ragione lui e ad occhio e croce dovrebbe pure essere accoglibile un referendum.

    Ma è il modo, come al solito, che non funziona, il pacchetto di rivendicazioni sulla stampa non è il pacchetto di rivendicazioni sulla casta.

    Noi possiamo togliere finanziamenti e reti di protezione, non sarà questo a rendere più libera l’informazione anzi…

    Tutto il problema è inscritto in una questione più delicata di codici deontologici.Non puoi tagliare con l’accetta e far credere ai tuoi seguaci che risparmio equivale automaticamente a moralizzazione.

    E poi c’è una cosa che non mi va giù ed è la piazza alternativa. Oggi a Torino abbiamo l’appello dei giuristi e degl’intellettuali in difesa del patto costituzionale.

    Andiamo …e perchè si devono creare divisioni.Anche su questo?

    Comunque bentornato.Tutto bene, io spero, per te.

  4. Sono passato a firmarlo quello sulla Gasparri, in fondo mi sono ricordato che abrogando il Testo Unico potrebbero semplicemente ritornare in vigore le vecchie leggi prima vigenti.

    Quello sull’ordine l’ho veltronianamente firmato, c’era un buon amico che raccoglieva le firme e sono stato un po’ veltroniano in questo.

    Ma quello sui fondi è una cosa tremenda, e ho chiesto al grillino di turno (non il mio amico) per quale motivo si dovrebbe lasciare crepare la libertà di stampa in un Paese dove il libero mercato nell’editoria di fatto non è concretamente percepito e quello della pubblicità è ancor meno libero.

    Se non tramite quelle 3-4 testate che garantiscono una voce di dissenso (anche se poi se la prendono inutilmente con la Mafai!) e che con questa allegra pensata massimalista sarebbero spazzate via.

    Sto bene, sono solo triste perché pensavo che poteva ricominciare la mia vita nella politica attiva e la morte dell’arcobaleno mi mette di nuovo in stand by, a meno che non mi dedichi all’ennesima lista civica nel mio piccolo orticello di paese per le comunali che ci saranno tra 3 anni.

    E’ una brutta situazione, politicamente… ma almeno ne approfitterò per laurearmi.

    Visto che mi mancano diritto privato, diritto internazionale e diritto dell’unione europea è anche ora che mi sbrighi…

  5. So che nei cassetti dei fantasmi dei vari governi precedenti, giacciono diverse proposte di riassetto dell’Ordine, magari questo referendum serve a mettere le mani in quei cassetti.

    Certo in caso di abrogazione della Gasparri si ritorna all’antico, non oso immaginare gli scenari.

    Per quanto riguarda il finanziamento vale la solita solfa : c’è un deficit culturale nei confronti delle problematiche del mercato e della globalizzazione che la sinistra tutta si porta dietro da decenni .Guarda come i sindacati affrontano Alitalia,guarda come Grillo crede che abolendo il finanziamento ai partiti o ai giornali ci si guadagni in libertà.C’è qualcuno che pensa che il mercato sia una corrente di pensiero.Basta essere contro e lo mettiamo in minoranza.Oppure lo possiamo abrogare con un referendum.O all’opposto, ci sono quelli che se ne sono follemente innamorati e sono più liberisti del liberismo.

    In tutto questo Grillo è sempre più supponente,insopportabile e violento.

    La laurea mi pare una buona iniziativa, anche se mancano tre esamucci niente male.Non è detto comunque che si debba rimanere politicamente disoccupati.Ci sono i congressi da seguire,il blog e tutto il resto.Non ci deprimiamo.

  6. Beh quello sì che non mancherà mai… le ore al pc per leggere cosa dicono quello e quell’altro… Ma io avevo voglia dopo un anno di un simbolo per dire in giro “ehi, ecco il mio modo per contribuire alla politica nazionale”: essendo fondamentalmente non un movimentista ma uno che preferisce la cultura di partito, a questa cosa tengo molto.

    Non ho mai aspettato contenitori perfetti per fare politica ed ero già pronto alla battaglia delle idee… Non al funerale, onestamente!

    Comunque c’è l’associazionismo (perché quando poi si resta fermi, ci si isola dal mondo e conoscere gente e pensieri torna molto utile quando ti presenti politicamente) e c’è una laurea con questi 3 colossal da adempiere e qualche blog da commentare!

  7. In realtà bisognerebbe saldare un rapporto funzionale tra gli eletti nelle amministrazioni locali e i militanti di buona volontà.’Sto radicamento sul territorio ( in epoca di crisi della militanza) che mo’ improvvisamente piace a tutti come si realizza?

    Dei contenitori fregatene,anzi fatti furbo…slalom, con leggerezza senza sembrare…altrimenti data la rigidità della struttura e la severità che il recente fallimento impone,vi ritrovate a dire il rosario.

    Finchè non si ficcheranno in testa che il contenitore sei tu ( e gli altri) di che radicamento parlano?

  8. E’ per questo che non mi sono dato alla pazza gioia nel promuovere il simbolo dell’arcobaleno, pur facendo campagna elettorale: aspettavo le elezioni per farne un simbolo politico, proprio perché avevo bisogno di certezze.

    Conservo sani rapporti con i sani democratici delle mie parti ma il mio slalom non arriverà mai lì, è una questione di principio e di coerenza.

    E’ vero, il contenitore sono io, e penso che in paese si stia comunque vedendo: è la gente che deve dare credibilità ai simboli, se ne ha le qualità e la forza, e non il contrario.

    (il contrario che secondo me, tramite Veltroni, è uno dei virus che col Pd dovrete risolvere)

  9. No il dribbling non era riferito alle forze politiche, in realtà sono gli ostacoli interni che devono essere scansati con abilità.

    La convivenza di più anime può esistere solo all’interno di una struttura che si avvale di strumenti meno rigidi di quelli del centralismo democratico: Per questo più in là del cartello non si poteva andare e non si trattava certo di un problema di simboli . Ma in questo caso riformare il contenitore avrebbe significato mettere mano all’ideologia… e quando li stacchi dall’idea del partito come fine e non come mezzo?

    I tempi della democrazia in Rifondazione sono stimati in 3 mesi.Cioè a dire che dalle dimissioni di Giordano al Congresso, la consultazione degli organismi di base,avviene in quell’arco di tempo. All’epoca di Internet.

    Può essere?

    Se aggiungi l’assoluta indifferenza con la quale saranno trattate le tesi minoritarie…..ti rendi conto dell’assoluta ritualità del tutto.

    Così non si vince nemmeno a briscola.

    Per il PD non so….io devo sempre trovare un modo di rendere l’impegno in modo che mi corrisponda o meglio in cui servano le poche abilità o competenze acquisite.

    Insomma onde evitare scissioni con me stessa faccio solo quello che so fare.

    Il resto vedremo,la militanza nella vita di un uomo o di una donna non può essere vissuta sempre allo stesso modo.Altrimenti diventi parte della dinamica e non produci svecchiamento.

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