Un calcio ai pregiudizi

Un calcio ai pregiudizi

Qualche anno fa portavano i capelli alle spalle e quand’erano  in campo, ad evitare ciocche fastidiose innanzi agli occhi, era tutto un sistemarsi i cerchietti, i fermagli, le code, e, in qualche caso, sin gli chignon sulla sommità del capo, gesti garbati per riccioli ribelli,  con buona pace dei telecronisti che quando il gioco si fa energico, amano definirlo maschio. Senza considerare le effusioni, gli abbracci, i palpeggiamenti, il saltarsi addosso  e il rotolarsi abbracciati sull’erba in caso di esultanza da messa a segno. Se c’è una cosa che mi piace dei calciatori è questa intensa fisicità  che sfiora la latenza e che nettamente contrasta con lo stile di vita da maschietteria arrembante :  le automobili, il linguaggio, i modi sbrigativi, gli amori con le più belle da esibire, una via l’altra, manco fosse un defilee. Senza contare l’Immaginario che li vuole sul campo a combattere tra sputi, sangue, insulti e ossa rotte, che più scorretto, violento e adrenalinico è il gioco, più ci si diverte.  C’è qualcosa di talmente storto, compresso e innaturale nelle gabbie di luoghi comuni e convenzioni che imprigionano la virilità (o la femminilità) che basta un’inezia  per far esplodere le contraddizioni. Nell’illustrazione Buffon consola Henry che oltretutto ha contribuito al successo dell’avversario con una deviazione. L’immagine, credo, più bella e significativa degli Europei.

2 pensieri riguardo “Un calcio ai pregiudizi

  1. L’uscita di Ribery è il momento chiave della nostra vittoria (con annessa cattiveria molto ben celata di Zambrotta).

    A me è venuto davvero il magone quando Henry gli si è avvicinato e il loro parlarsi triste ritardava l’uscita dal campo della barella.

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