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Miriam non Miriam

Miriam non Miriam

Strasburgo

Hanno ragione coloro i quali attribuiscono a Silvio Berlusconi la capacità di aver prima sconvolto e poi ridefinito i termini del dibattito politico. Prova ne è che ad ogni apparir di ragazzotta di belle speranze, sulle liste elettorali del PDL – dalla Gardini in poi, non una novità –  i fieri oppositori si lasciano beatamente coinvolgere in una querelle all’insegna dell’ uguale e contrario, conclusione : replicano  volgarmente a qualcosa che ritengono  volgare.

E vai col tango del trito repertorio misogino e della terminologia più vieta, manco fosse colpa di quelle sprovvedute se la politica si è così ridotta.

Ma il punto non sono ovviamente le ragazze  e anche se il tema della presenza femminile è stato  posto in modo intelligente da Sofia Ventura, si tratta di allargare la riflessione ad un terreno più ampio di cui la reificazione delle donne  è uno dei pilastri,  ma non il solo.

Perchè una cosa è certa :  o il  problema della compilazione delle liste diviene un caso che riguarda in generale il modo in cui gli apparati di partito, provvedendo in via esclusiva all’autoconservazione, selezionano una classe dirigente funzionale alla propria immagine,  oppure continueremo in eterno a moraleggiare  con ridicole varianti del dove andremo a finire, per via di  quattro belle figliole definite scioccherelle e inadatte per profilo, al ruolo in questione.

Che si tratti di collocamento per principi azzurri e starlette o di prepensionamenti eccellentissimi, il problema è uno solo. Ed è politico. Mi spiace, per lo spessore di Luigi Berlinguer che indiscutibilmente si pone a distanze siderali da quello di qualunque blasonato o ballerina o soi disant gggiovane – trombato alle Politiche e riproposto come una minestrina riscaldata alle Europee –  ma la faccenda è metodologica e  riguarda anche un tipo di candidatura come la sua.

Finchè saranno logiche partitiche spicciole e interessi di bottega a soprintendere la scelta dei candidati, ognuno provvederà a sistemare i suoi avendo per  la testa ben altro che la rappresentanza. A nessuno è dato di mettere il naso in casa d’altri ma se si desse al meccanismo delle primarie un valore istituzionale, sono convinta che le candidature improbabili sarebbero sensibilmente ridotte, quantomeno un’investitura più democratica conferirebbe un senso differente  alle scelte.

Le liste elettorali delle Europee sono – complessivamente e trasversalmente –  brutte . A chi ha a cuore il  buon andamento dei nostri interessi a Strasburgo, non rimane che sperare nella continuità degli staff tecnici, più in grado dei nostri politici di orientarsi nella complessità della normativa europea e delle questioni internazionali. Ma qualcuno pensa all’importanza del Parlamento Europeo? O siamo tutti a sfogliare la margherita se Miriam Bartolini questa volta  sia in combutta col consorte o ce la faccia a presentargli infine,  il conto del matrimonialista?

Estrella estrellita

Estrella estrellita

serracchiani

Debora Serracchiani, consigliere provinciale, che non è  Amèlie e manco Heidi, ma –  mi dicono e non ho dubbi – un tostissimo avvocato del lavoro di Udine, oltre che invadere il web e la stampa nazionale è finita pure su El Pais e da quanto par di capire, domani sera – o prossimamente –  sarà ospite della nuova trasmissione della Bignardi.

Va benissimo, nell’un caso e nell’altro. Tutti coloro i quali si dicono, a vario titolo, preoccupati  dell’eventuale esposizione con relativa possibilità di massacro mediatico, dovrebbero riconsiderare il famoso video, dal quale inequivocabilmente si evince che Debora Serracchiani è in grado di badare a se stessa e di gestire l’improvviso successo come si conviene ad una persona adulta, equilibrata e capace.

Se poi qualcuno aveva ancora dubbi sul fatto che persone non coinvolte nelle dinamiche d’apparato, siano capaci di chiarezza al punto di richiamare l’attenzione non solo dei numerosi passeggiatori, bloggatori twittatori, oramai immancabili in ogni consesso – ma è davvero necessario che il mondo sappia, in tempo quasi reale, che il leader o il sottopanza,  alle ore 10.00 , si sono soffiati il naso? – ma di un consistente pezzo di Partito abitualmente estraneo alle celebrazioni autoreferenziali, pensi alla Serracchiani e si domandi se non sia il caso di aprire un confronto funzionale e serio con i circoli. Magari si scopre che di Serracchiani è pieno il Partito e  si va alle Primarie con le idee più chiare. Magari lo spariglio tanto atteso, è solo a un passo.

Il nodo da sciogliere non è l’età o l’identikit della nuova leadership o se le Primarie sono più belle e interessanti del Congresso, ma ancora una volta come si governano le differenze. E oserei aggiungere, come si sta nelle istanze di partito. Debora che, non a caso, riscuote consensi perchè interpreta il sentimento di molti, lo ha dimostrato. Fosse anche solo per questo, evviva lei.

Che barba, che noia

Che barba, che noia

Tra il Cioni di pattuglia –  che abbiamo preso il graffitaro –  e il Renzi additato futuro leader nazionale – che vuol cambiare la costituzione e il welfare – ci sarà pure dell’Altro in questo partito (che non c’è) e nella città di Firenze, messi in scena da Annozero giovedì scorso.

Certo abbiamo potuto vedere  la Casa del Popolo semideserta quando si parla di politica e affollata nei pomeriggi dedicati al liscio – dopo Giuseppe Bertolucci il fatto sembrava non essere più un segreto  ma tant’è, la visione della tombola, ci è stata riproposta come inequivocabile  segno dei tempi –

E ci hanno pure  mostrato  gli abitanti di un quartiere malmesso e degradato, fortemente determinati all’ astensione punitiva di gruppi dirigenti e/o governanti pervicaci e sordi. Ma fondamentalmente c’è lui, il vincitore delle primarie, il nuovo, il giovane, l’Obama italiano, tutto maglioncini pastellini occhiali e ciuffo, in perfetta rispondenza col curriculum demo-margheritino classico, dal passaggio negli scout a quello in  Comunione e Liberazione  dove – non viene detto ma tanto sarà così – ha imparato il mestiere, che miglior Scuola d’Impresa di quella, crediate, non fu mai vista.

C’è da dire però che a forza di correre dietro a questa benedetta comunicazione politica può capitare che ci si dimentichi facilmente proprio del contendere, cioè della Politica. E infatti ad Annozero più che parlare di malfunzionamenti non si fa. Le ricette non sono mai interessanti. Meglio il Cioni a caccia di writers e il Renzi a rincorrere i macellai e gli chef illustri per piazzette e  mercati rionali.

Ma la di là delle definizioni sempre pronte – e sempre quelle – a lasciare di stucco, volendo passare dalla narrazione ai fatti, invece sono proprio i 100 punti per Firenze. Quelli su cui Renzi ha costruito la sua vittoria alle primarie, unitamente al resto del corredo : lo staff, il portavoce i ciclisti con la pettorina, i suoi volontari insomma e quel gran correre  in lungo e in largo per la città a promuovere se stesso. Dimenticavo Internet. Siti in stile .Obamiano beninteso.

Cosa aggiungere allora su quei cento punti programmatici, sedicenti innovativi, titolati ad effetto  -  Segui la multa, Ripartire dalla Zeta, Paline parlanti e così via – ? Di sicuro che a questi giovani – o vecchi – aspiranti amministratori non farebbe male viaggiare un po’ di più,  una qualsiasi capitale europea da chiunque governata – ma va bene anche Istambul mica c’è bisogno per forza della Ville Lumière – per capire intorno a quali Idee  cresce e si evolve una città, come viene recuperato il vecchio ed allocato il nuovo, come si riqualifica un’area e chi, al di là degli esecutori materiali  a smuovere la benedetta economia, dovrebbero essere i fruitori. A vantaggio di chi, si rivoltano le città come calzini. In funzione di quali politiche.

Invece niente : semplifichiamo, razionalizziamo tagliamo, ricuciamo compagini amministrative, cacciamo i politici e mettiamo i tecnici, istituiamo – parola magica – le Holding. Ma per fare cosa? Non certo per istituire serie commissioni di verifica dei contratti e degli appalti o modalità di affidamento che ne aumentino la trasparenza. L’innovazione alle volte più che nell’informatizzazione si nasconde tra le pieghe insospettabili di buone procedure.

Nè c’è ombra di politiche sociali, se si eccettuano scarni e  generici riferimenti buoni ad Abbiategrasso come a  Grottaferrata. Non ci sono  centri antiviolenza, consultori, programmi di integrazione scolastica, tavoli interreligiosi, politiche per l’infanzia. Di colpo sono spariti da Firenze i poveri, gl’immigrati, le donne e i bambini. In compenso ci sono molti navigatori satellitari e quel tanto di tecnologia che fa nuovo in avanzata. E a parte aprire i bar di notte e fare il Cinema d’Estate, il deserto.

Non so se Matteo Renzi abbia la stoffa del leader nazionale, fin qui s’è visto solo uno stile disinvolto ed autocompiaciuto, da narcisetto in diretta. E siccome molto mi fido del giudizio di quelli della tombola, l’allusione alla smania di protagonismo e ad una marcata attenzione a fattori marginali, per quanto scontata, un po’ m’impensierisce.

Ma non perchè l’accostamento - inappropriato – con Enrico Berlinguer, proposto dalla scaletta, rimanda a fasi in cui il nuovo si ricercava , senza che fosse identificato necessariamente  attraverso l’adozione di criteri generazionali, ma per il grosso potere che oramai ha assunto la forma rispetto ai contenuti : Matteo Renzi con i suoi cento punti, non dimentichiamolo, ha vinto le primarie e ad un certo punto bisognerà sin sperare che sia lui a vincere le elezioni e a governare Firenze.

Non ci fosse stato Staino a segnalare il punto di debolezza di una candidatura esclusivamente da dare in pasto alla comunicazione, pur nell’ingenerosità della definizione – pollo da batteria – si sarebbe potuto pensare, al solito,  di tenersi il vecchio, se questo è il nuovo. E invece bisognerà continuare a cercare. Ma per carità : possibilmente lontano da Renzi.

Nell’illustrazione il Nettuno di Piazza della Signoria

 

Casting

Casting

Scorpione 0cea

Stamane sul Foglio, Giuliano Ferrara – che conosce assai bene le dinamiche interne ai vari partiti della sinistra che hanno preceduto la nascita del PD –  traccia un breve excursus, una storia  degli ultimi venti e forse più, tribolati anni  della nostra vita  di quadri, dirigenti e militanti semplici di quei partiti,  l’editoriale è titolato  il teorema dello scorpione.

Al confronto delle tante fesserie e luoghi comuni che si leggono in queste ore tra giornali e web, sulla successione e sui possibili scenari, quelli che si raccontano nell’articolo, quantomeno sono fatti. Realmente accaduti e di cui, a mio avviso, si dovrebbe tenere conto. La lettura di quei fatti messi così brutalmene in sequenza, sostiene, ove mai ce ne fosse bisogno, una miglior comprensione di quanto sta accadendo oggi.

Forza e coraggio dunque, domani non si va ad un casting per scegliere il segretario, si va a ratificare la soluzione più rapida, democratica ed istituzionale possibile : Dario Franceschini.

A meno di non avere altre idee per la zucca e maggioranze che le supportino,  la soluzione meno pasticciata è quella della reggenza fino al congresso. L’unica che consenta di tenere insieme il partito in vista delle primarie per scegliere i candidati alle future sfide elettorali  e per continuare, meglio che si può, a far fronte, senza ulteriori traumi,  all’attività politica e a quella parlamentare.

Non ha gran senso eleggere ora, in tutta fretta, un uomo o una donna e la relativa lista, senza averne discusso, mettendolo in relazione con altri, il progetto. Credo che l’esigenza più sentita sia di valutare il futuro gruppo dirigente soprattutto sulla scorta dei contenuti politici e delle strategie di cui si farà portatore. Per fare ciò, le Primarie che oltretutto comporterebbero una modifica statutaria, non bastano, serve una verifica congressuale.

Vediamo un po’ se per una volta almeno, si riesce ad evitare che un ennesimo esercizio di arte sicaria bruci di qui alle elezioni, personaggio e progetto.

Il nuovo che ci serve oggi è la compattezza, la fine dei mugugni, delle lagne, delle smanie di protagonismo e delle ansie di collocazione di questo e di quell’altro.

Che non si perda mai più di vista lo scorpione.

Vecchie novità

Vecchie novità

Non per la sconfitta elettorale, ne’ per le dimissioni che si è amareggiati. L’ una e le altre, qualunque sia la lettura, rimangono l’esito naturale di catene di eventi ben circostanziati. Il voto politico alle amministrative, il leader pesantemente tacciato d’inadeguatezza che impone all’intero partito una verifica. E perchè ciò accada non può far  altro che dimettersi. Per sé, perché in questi mesi nulla gli è stato risparmiato e per il progetto riformista che la sua particolare situazione di difficoltà rischia di compromettere. Cosa ci si aspettava?

Ma sono le reazioni, è  la pochezza di quel che gira intorno a preoccupare seriamente e a non lasciar sperare  in un futuro migliore. A partire da quelli che stamane e per tutto il giorno  si  sono scervellati intorno alla successione, come se si trattasse di sostituire il segretario uscente con l’uomo o con la donna giusti e non eventualmente con il Progetto del quale il futuro leader dovrebbe essere l’incarnazione. Se non va il segretario non va nemmeno la sua piattaforma, come viene ufficialmente chiamata. Quella votata da tre milioni e mezzo di cittadini alle primarie. Mi fa sorridere questo ritenere Bersani, Scalfarotto, Cuperlo, Renzi, Finocchiaro o Bindi che hanno altre visioni, intercambiabili con Veltroni quando sono proprio le differenze d’impostazione ad aver determinato lo sconquasso. Non dico d’interrogare il buon senso in certi frangenti, ma quantomeno lo Statuto andrebbe tenuto nel dovuto conto. Immediato o tardivo che sia il congresso, sarà quella l’istanza decisiva in cui saremo chiamati a decidere:  l’uomo o la donna e il relativo progetto.

 Manco a dirlo, i più scontenti e delusi poi, sono i fieri oppositori, quelli che avevano giocato d’anticipo, avviando la campagna per la leadership con tanto di autocandidature, nel bel mezzo di una tornata elettorale e di non poca importanza, per giunta. La sottrazione improvvisa, impone loro atteggiamenti autenticamente propositivi. Vedremo se dal cappello uscirà  fuori la tradizionale lenzuolata o la solita pezza calda.

Vedremo il coraggio… Facile fare il tiro al piccione ben appostati nelle retrovie, più difficile è scendere in campo a viso aperto, mettersi in gioco, assumersi responsabilità. Forza, vediamo chi si accolla il prosieguo, l’onere di tenere in piedi la baracca e quello della prossima sconfitta.

Quanto tutto questo faccia parte di un corredo di vecchie eredità, non sto nemmeno a dirlo. Ci sono stati momenti in cui nemmeno è sembrato che si fosse passati ad altro partito, altri ancora in cui la sensazione di essere di nuovo coinvolti in meccanismi in tutto e per tutto simili a quelli che hanno stritolato Prodi è stata nettissima. Persino i nuovi arrivati, invece che disattivare dinamiche perverse, si sono inseriti  agevolmente nel gioco. Perfettamente integrati, fin da subito.

Stasera un gruppo di loro ha pubblicato un comunicato dichiarandosi disposto a continuare la battaglia culturale del PD. Seguono firme. Un po’ tardi per la dichiarazione d’intenti. La sensazione infatti è che nonostante l’uso disinvolto della tastiera, del blackberry e del social network, non abbiano capito molto bene quel che è successo.