Sfogliato da
Tag: di me

Outing

Outing

coiffeur

Eh lo so, una signora dovrebbe andare a finire sui giornali solo in tre circostanze (delle quali, a meno di suicidio,  solo una dipendente dalla propria volontà). Invece niente, con l’aria che tira, c’è caso che la regola del tre non possa essere rispettata alla lettera. E allora eccomi qui a far parte del nuovo Gotha del Glamour di Stato, dovrei dire mio malgrado ma non è precisamente così, non solo nel senso che non me ne può importare di meno ma soprattutto perchè la possibilità di dare pubblicità agli elenchi non si deve certo al Ministro dell’Innovazione ma ai suoi predecessori di centro sinistra. Agli atti, ad ogni buon conto, ci sono anche i curricula, i titoli di studio, i master, le lingue parlate e scritte, nonchè le varie circostanze in cui i consulenti hanno gestito progetti, soccorso difficoltà, avviato dipartimenti,  laddove era altresì accertato con trasparente procedura, che le professionalità interne alla Pubblica Amministrazione non sarebbero state sufficienti a fronteggiare le sfide o a superare le impasse . Ma è roba noiosa, il ministro lo sa, per questo sventola solo cifre e nomi. Per parte mia, serenamente inclusa nell’elenco dei consulenti di fascia alta, mi compiaccio di avere fatto in tempo ad andare dal parrucchiere.

Ma che bello che è…

Ma che bello che è…

Il Manifesto esce oggi con edizione completamente rinnovata, bello rassettato, pulito ed elegante e con i caratteri leggermente ingranditi perchè …beh perchè la presbiopia avanza e la cura dei lettori impone… ma niente che non si possa superare con qualche accorgimento. Chi scrive è una lettrice assidua e conflittuale, di quelle che ogni giorno , dopo averlo letto, ripiega il giornale e giura che sarà l’ultimo. Ma poi il giorno dopo ricomincia, un po’ perchè la notte porta consiglio e un po’ perchè con le dipendenze è così che funziona. E poi una passione senza conflitto.. ma che cavolo di passione è ? Io non posso scrivere, come vorrei, semplicemente  "Leggete il Manifesto!" o meglio " Comperate il Manifesto !" . E questo per il fatto che so bene che trattasi di un giornale che da solo non basta, per gli appassionati delle news e della completezza, ce ne vuole almeno un altro e i tempi sono quelli che sono. Ma…se si ha a cuore una visione differente delle cose, se si apprezzano letture altre della realtà, ecco a voi diciotto pagine scritte da persone capaci, oneste e in buona fede cui non fa mai difetto l’intelligenza. E il coraggio .  Tanto basta per avere un’informazione con la quale (eventualmente anche)  litigare senza che ciò diventi mai un esercizio inutile. Il migliore augurio che si possa fare ad un lettore, è di affezionarsi a pagine scritte così : con la testa e con quello che chiamano cuore (ma di tanto altro si tratta) . Bene hanno fatto dunque Quelli del Manifesto a sfidare la sorte o quel che è,  proponendosi in una veste rinnovata e a rilanciare, così ..tanto per essere pronti ad affrontare un prosieguo che certo roseo non si configura. Bene faranno i lettori che vorranno premiare questa fatica diventando assidui  :  Un gentiluomo deve essere sempre in condizione di incontrare il suo amore, la sua morte, il suo re, un motto che mi è molto  caro e che mi ha fatto piacere ritrovare nell’articolo di  Rossanda e Parlato Avviso d’incendio, sul numero di oggi e che introduce la nuova veste. Con la piccola avvertenza – variante che si vuol essere pronti ad incontrare l’amore, scalzare il re e che per morire c’è sempre tempo, il motto è  anche il mio. Auguri di cuore a chi non si arrende.

La bellezza ci salverà?

La bellezza ci salverà?

Omaggio al principe Myskin prekrasnyj – pieno di splendore  alla sua compassione, alla sua generosità, al  suo talento nel farsi carico delle altrui sofferenze – Ci salverà la bellezza –  campeggia quest’anno sulla Fiera del Libro di Torino che ospita gli scrittori di lingua ebraica nel 60° anniversario della nascita dello stato d’ Israele. Paura, Incombenza, Perturbazione sono i sentimenti di cui è intrisa la cultura ebraica. Confinati sullo sfondo  dei racconti di  Yehoshua che se ne serve con discrezione rendendo paradossalmente  il  senso del pericolo ancora più incombente o protagonisti in Ahron Appelfeld insieme all’autoinganno di fronte alla crudeltà del reale, attitudine tra le più tragiche che il genere umano conosca. Ovvero nascosti tra le righe delle promesse dell’avanguardia che sembrano esprimere tutt’altro mondo :  Etgar Keret – meraviglioso – ossessionato dall’assurdità dell’esistenza, dalle distorsioni della morale che  dietro ai suoi racconti, minimalisti, urticanti  rivela la presenza di Kafka, di Bruno Schultz. Della grande speranza cassidica. Keret tradisce un’insofferenza per il mondo contemporaneo israeliano tutta moderna e  ne aggredisce le peculiarità con violenza, sarcasmo, spregiudicatezza .  La letteratura israeliana è un’onda anomala che porta con sè una nuova visione dell’ebreo  - non ce ne facciamo più nulla della letteratura da piagnistei, chiosa Amos Oz –  E se è vero che dove la tradizione incontra la modernità e la storia il quotidiano, la letteratura prolifera, non deve stupire che uno staterello con una popolazione inferiore a molte megalopoli americane, consegni al mondo un così straordinario numero di scrittori. Non ha gran senso il boicottaggio di coloro i quali ci raccontano le cose come stanno in termini di reale distribuzione di responsabilità , di errori, di torti subiti e inflitti. Da Yehoshua a Keret, nei decenni che intercorrono, si dipana sotto ai nostri occhi tutto il mutamento della società israeliana e anche se gli scrittori  non rappresentano , purtroppo, la voce dell’intera società o dei suoi assetti di potere, ne sono l’irrinunziabile  coscienza critica. Sia il concetto eretico e sovversivo di  Bellezza, ovvero l’attenzione all’altro, come Dostoevskij ce lo ha raccontato, a salvarci. E a salvare chi alle parole, vuole sostituire l’aridità e l’insensatezza degli slogan.

Quel monumento in blu

Quel monumento in blu

ingegnere 2212009720_deb5d4cbefNon ho la vignetta che è di qualche tempo fa, quindi la racconto citando a memoria. Prima sequenza : La Fulvia di Pericoli & Pirella, bionde chiome al vento e aria svaporata , si sporge dal bracciolo di una poltrona  e fa : Consiglio a tutti  il bellissimo libro di Arbasino su Carlo Emilio Gadda. Seconda sequenza : La Fulvia con chiome sempre più lussureggianti  e aria svaporata come sopra,  ha piazzato una delle sue gambe chilometriche sul bracciolo e prosegue : Lo consiglio soprattutto a chi si è stufato di fare largo ai giovani. Accidenti che promozione. Ma i giovani probabilmente non c’entrano,  l’omaggio dev’ essere ad altro tipo di maturità e a proposito di questo, una premessa si rende obbligatoria : le poche cose che scriverò su questo libro, saranno spudoratamente di parte. A me piacciono molto gli scritti di Arbasino, mi piacciono talmente che pure se arrivassero trecento commentatori con propositi denigratori , non muoverei un dito per redimerne nemmeno uno . Un po’ come si fa con certi amori :  qualcuno te ne domanda conto e tu spalanchi le braccia come per dire …è così. Ora, non che io sia innamorata dell’Alberto che ha gli stessi anni di mio padre ma forse è anche per questo che ogni suo riferimento, ogni  rappel  mi risulta famigliare.Se, come in altro libro ,racconta del viaggio in Grecia che assieme ad un gruppo di amici intraprese per scappare dal trambusto delle Olimpiadi di Roma del 1960, non posso fare a meno di ricordare che analogo proposito misero in atto in casa mia e per gli stessi motivi ( la meta estera però fu un’altra) e che questo mi è  stato raccontato infinite volte, lo stesso accade a proposito di altri episodi, altri ristoranti, teatri, dispute bibloteche e soprattutto per l’uso nel parlare corrente di termini francesi e inglesi mischiati al dialetto oppure il chiamare colazione il pranzo e il pranzo la cena e relativi rimbrotti  dati da uso improprio ( e gran  confusioni di appuntamenti) .Insomma quel poco di innocuo snobismo che forse è un po’ anche puzza sotto al naso ma che, data la modica quantità, mi fa sentire subito a casa . Insomma non vorrei dire che l’Arbasino Alberto mi ricordi propriamente l’infanzia e gli snobboni di casa mia, ma quasi. Per esempio il cameo irresistibile che si trova in questo libro, di una tale principessa capitolina che aveva invitato due amiche e  davanti al botteghino del  Fiamma – film in programmazione l’Eclisse – fruga nella borsetta in cerca dei soldi borbottando il suo, chiamiamolo disappunto, in francese, mi fa ridere per motivi probabilmente legati a decine di altre principesse romane (più quella) sulle quali in casa ho sentito ironizzare con ferocia  che si sarebbe voluto far passare per repubblicana, benché fosse assai di più (si tendeva sempre a rimarcare la scarsa signorilità e la molta ignoranza della nobiltà nera o papista o quel che era)  oppure  Marlon Brando che pare girasse Riflessi in un occhio d’oro a Pomezia in incognito, altra leggenda che ancora si tramanda dalle mie parti. Insomma tutto un mondo romano e milanese (fortunatamente, per certi versi) sparito ma che mi fa piacere ritrovare in sistematica narrazione. Dunque largo ai maturi (in ogni senso) lettarati,alla scrittura curata fino allo spasimo,alle parole tornite per giorni e giorni.Largo alla fatica di scrivere e ai suoi magnifici esiti. Largo all’appropriazione e al rimescolamento di linguaggi, lingue straniere e dialetti che rivitalizzano il racconto . Largo ai memoires liberi da autocompiacimento,agli affreschi d’epoca resi con pochi colpi di spatola: uno o due riferimenti e sei subito perfettamente immerso in un’ atmosfera. E largo all’Ingegnere in blu –  Carlo Emilio Gadda – e ai suoi “nipotini” con i quali conversava en petit comité (leggere il libro per sapere chi e come..) raccontato con ammirazione malcelatamente reverenziale attraverso ricordi personali che ne rivelano l’indole affabile ed ironica malgrado l’immagine abitualmente addolorata o afflitta.Non una biografia ovviamente ma un modo intelligente di parlare  di letteratura o meglio della impagabile prosa dell’Ingegnere , senza troppo sembrare.

L’ingegnere in blu è un libro di Alberto Arbasino edito da Adelphi

Tel quel (voici la fameuse Coupole de Montparnasse )

Tel quel (voici la fameuse Coupole de Montparnasse )

Millecinquecento coperti al giorno e, inevitabilmente, le tecniche della ristorazione moderna, non possono garantire accuratezza ma l’importante è non farsi irretire dalle complicazioni de la carte e puntare diretti al Plateau Royal se si è appassionati di belon o fines de claire ovvero, più sul sicuro,  al Cœur de filet de bœuf au poivre “flambé en salle” au cognac et pommes sautées che alla fine è solo un filetto al pepe con patate (flambè en salle per la coreografia) o a la Salade Coupole di fichi e fois gras che continua ad essere un’esperienza di rilievo. La cucina francese è tutt’altro che insidiosa ma quando ci sono molti ospiti, meglio non sfidare una partita di chef oberati . Infatti non è davvero per la cucina che si va alla Coupole o per farsi vedere o vedere l’intera sala da pranzo alle prese con la fricassée de poulet de Bresse : Alla Coupole ci si va perché nonostante l’elegante caciara è l’unica brasserie che nel tempo non è mai cambiata .

 E il tempo significa : a far data dal 1927. Dunque siamo in pieno  déco come da salone  vagamente Overlok Hotel, progettata dagli architetti Barillet e Le Bouc. Ventiquattro potenti pilastri delicatamente istoriati a sorreggere il tutto e al centro la cupola luminosa profilata pervenche e poi ancora i lampadari, gli stucchi , la boiserie e persino il logo sul vasellame limoges.Tutto come allora . Strepitoso anche l’american bar con il bancone in piuma di mogano e il raffinatissimo scaffale di servizio incassato nel muro.

 

E poi di qui sono passati e , questa è un’altra conclamatissima e assai documentata, attrattiva del locale : Majakowskij, Aragon, Man Ray, Simone Signoret, Chagall, René Claire, Giacometti, Isadora Duncan, Ezra Pound , Prévert, De Chirico, Sartre, Simone de Beauvoir e tantissimi altri.  In realtà anche alla Closerie des Lilas sulla stessa rue de Montparnasse hanno svernato e pasteggiato a Muscat più o meno gli stessi personaggi ma la Coupole si distingue oltre che per gli arredi anche per annedottica : solo qui è stata venduta all’asta una cicca di Boyard papier mais fumata e donata da Jean Paul Sartre per finanziare l’uscita di Libération, solo qui la Resistenza fece assumere come cameriere tre ragazze di famiglia borghese che avevano studiato il tedesco (ah les jeunes filles rangée) per spiare gli ufficiali della Wermacht,solo qui Simenon cenava con Josephine Baker e César seduto di fronte alla statua di cera (presa in prestito dal Museo Grévin)  del presidente della Repubblica Vincent Auriol dichiarava che quella sera avrebbe cenato au plus haut niveau. La Coupole viene raccontata in genere come un posto magico, ricco di ricordi, di storia di arte di raffinatezza e via dicendo, esattamente come negli anni cinquanta era considerato il ristorante di Sartre o di Camus e Ionesco e gli avventori facevano a gara per cenare ai tavoli circostanti.

Tutto ciò è probabilmente vero ma è anche uno dei posti più divertenti e vivaci di Parigi, un punto di osservazione irrinunziabile e un’occasione per godersi il pellegrinaggio degli speranzosi di tutto il mondo …hai visto mai s’incontrasse una celebrità. Un mito che resiste nel tempo come gli sgabelli del bar e nonostante les coupoliens siano decisamente cambiati . Ed è per portarsene a casa un pezzetto o per illustrarne le bellezze agl’ignari che Thomas Dufresne e Georges Vlaud hanno pubblicato un bel libro intitolato per l’appunto La Coupole edito da Le Cherche Midi. Scritto sottoforma di abecedario poétique et ludique, artistique et historique, anecdotique et iconographique:365 entrées pour tout connaître de cette célebre brasserie parisienne come da presentazione dell’intraprendente editore..voici la fameuse Coupole de Montparnasse (andateci)