Sfogliato da
Tag: La fabbrica del cinema

Harvey era gay

Harvey era gay

 

Cronaca di una morte annunciata, quella di Harvey Milk, il primo omosessuale chiamato a ricoprire una carica pubblica – consigliere comunale in San Francisco – ucciso nel 1978 appena undici mesi dopo la sua elezione. La vicenda di Milk si dipana nel periodo della Proposition n 6, il referendum indetto per bandire gl’insegnanti omosessuali dalle scuole della California, nel clima repressivo, oscurantista e di aperta discriminazione omofobica, segnato, in quegli anni, da crociate mediatiche – la cantante Anita Bryant –  e da arresti per i motivi più futili.

Lavoro puntiglioso per un racconto imprevedibilmente cadenzato che ricostruisce  la storia ricorrendo a testimonianze degli amici di Harvey e su di un importante documentario – Oscar 1984 – The Times of Harvey Milk di Rob Epstein. Differentemente dallo stile tipico di Van Sant che imposta la narrazione affidando il filo conduttore a spazialità destabilizzanti. Nessun cedimento lirico dunque – altro tratto ricorrente del regista – ma il talento di mantenere intatto egualmente l’allure di Milk : l’impostazione movimentista e le capacità politiche, la personalità generosa, estroversa, innamorata della vita. Di Harvey è il disegno della raimbow flag, per anni simbolo delle battaglie del movimento gay e oggi di quelle del movimento mondiale per la pace.

Niente affatto sfumata ed anzi indispensabile  alla definizione del contesto è la rappresentazione della personalità di Dan White, l’omicida. Il carattere più controverso del film, ad un passo dal diventare amico di Harvey ma troppo immerso in una cultura middle classe prevenuta e conformista per poter maturare un’autentica considerazione dell’umanità e dei diritti dell’Altro. Al processo se la cavò con pochi anni di galera avendo potuto dimostrare di non essere in grado d’intendere e di volere. Seguirono violente rivolte, che  Van Sant però non mostra.

Film comunque corale, girato a Castro il bellissimo e colorato quartiere di San Francisco in cui Harvey aveva il negozio fotografico che divenne anche quartier generale delle sue battaglie, con la collaborazione degli abitanti, presenti nelle scene di massa per le quali si sono offerti volontariamente. Luminose le interpretazioni di Sean Penn e James Franco etero ma egualmente credibili e disinvolti nelle loro manifestazioni affettuose.

Harvey era gay e – tutti dicono – se non fosse morto, sarebbe sicuramente arrivato alla carica di governatore e chissà cos’altro. L’America,  a giudicare dai recenti episodi e dalla gran quantità di film a tematica omosessuale che stanno per arrivare nelle sale, è pronta per affrontare il tema dei diritti spaziando in ambiti più vasti. Come Harvey del resto desiderava, volendo essere il consigliere comunale di tutti e non solo dei gay.E anche se il film in quel paese è stato vietato ai minori di 17 anni e se la Proposition n 8  ha reso illegali i matrimoni gay in California, altri fronti vittoriosi incoraggiano a credere che non sia spenta la speranza, tema chiave della campagna di Milk e del suo testamento spirituale reso pubblico poco prima di morire.

 ( e Grillini invece di rispondere a Povia manco avesse parlato Levi Strauss e non uno spaesatissimo cantante da festival, raduni le sue truppe per lo sberleffo,per la satira e per il televoto,” piuttosto la Zanicchi”, sia il grido di guerra.E ho detto tutto.)

 Festeggiamenti per Obama davanti al  teatro principale di Castro – gl’interni sono davvero di ragguardevole bellezza – che ha in cartellone il film di Gus Van Sant. (autore Tristan Savatier)

Milk è un film di Gus Van Sant. Con La POPOLAZIONE DI CASTRO Sean Penn, Emile Hirsch, Josh Brolin, Diego Luna, James Franco, Alison Pill, Victor Garber, Denis O’Hare, Joseph Cross, Stephen Spinella, Lucas Grabeel, Brandon Boyce, Zvi Howard Rosenman, Kelvin Yu, Jeff Koons, Ted Jan Roberts, Robert Boyd Holbrook, Frank Robinson, Allan Baird, Tom Ammiano, Carol Ruth Silver, Hope Goblirsch, Steven Wiig, Ashlee Temple, Wendy King, Kelvin Han Yee, Robert Chimento. Genere Biografico, colore 128 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Bim

…history? In history we’ll all be dead!

…history? In history we’ll all be dead!

Non so perchè ci si aspettasse da questo W di Oliver Stone un taglio più espressamente militante  o di denunzia esplicita dei guasti della presidenza di George Bush . Come gli altri biopic dello stesso Stone, il film  è costruito su di un tema chiave, ma se per JFK furono i misteri intorno all’assassinio di Dallas e per Nixon il Watergate, per George W Bush il filo conduttore non può essere altro che il potere distruttivo della mediocrità soprattutto se connessa ad un ego spropositato.

W è  basato su una storia vera ma questa storia è stata nascosta a lungo e per raccontarla c’è voluto il lavoro investigativo di numerosi giornalisti che tra il 2003 e oggi hanno raccolto molto materiale su un personaggio come Bush che prima era stato decisamente sottovalutato. So che anche in Italia state vivendo una storia che ha qualche somiglianza con questa. Non bisogna mai sottovalutare personaggi come questi. Ed è stata proprio questa sottovalutazione che ha permesso a Bush di fare tutto quello che ha fatto

Oliver Stone

Comunque la si pensi – su W e non solo – una cosa è certa : si potrà guardare stasera sulla 7 questo film, con la consapevolezza che domani a mezzogiorno, quando i codici segreti nucleari saranno passati di mano, il mondo intero potrà sentirsi un po’ più al sicuro.

La febbre di Raul

La febbre di Raul

Molto gradito anche alla critica più pignola, vincitore a Torino filmfestival e all’Avana,  non prima di essersi fatto notare alla Quinzaine, la primaversa scorsa, ecco qui Tony Manero, film del giovanissimo Pablo Larraìn che riesce a catturare l’attenzione e a non deludere le aspettative, nonostante la ricercata sgradevolezza, il duro realismo e una cifra autorale old style forse un po’ troppo marcata.

Anno 1978 sbarca nelle sale la Saturday night fever e il mito di Tony Manero dilaga,  le discoteche risorgono, mentre spopola la moda della danza, dei  completini bianchi e dei capelli ravviati. Alimenta la passione (e la facile identificazione) la storia di Tony, un commesso di  Brooklyn , Bay Ridge per la precisione, che si sente felice, e probabilmente anche se stesso, solo sulla pista del  2001 Odissey, la discoteca dove va ballare al sabato sera. Il fenomeno è di tale portata  da ispirare una discreta quantità  di trattati di sociologia. Dentro ci vanno a finire i nuovi riti del sabato sera, i sogni delle periferie, e quel ponte Da Verrazzano che da Brooklyn porta diritto a Manhattan e che tutti sperano di attraversare.

Nel Cile di Pinochet, dove non ci sono ponti dei sogni tra un quartiere popolare e il resto del mondo, Raul, un cinquantenne brutale e  violento, sembra non avere altro scopo che prepararsi ad un concorso televisivo che premierà il sosia cileno di Tony Manero. Ossessionato dal film  che vede e rivede sempre nello stesso cinema, vive uno stato di costante esaltazione, ripete le battute in inglese, prova di continuo i passi, si costruisce una minidiscoteca con materiali di risulta, ma soprattutto per raggiungere il suo scopo è disposto a tutto, persino a  rubare e a  uccidere.Tutto questo accade mentre le camionette percorrono le strade a caccia di oppositori, in un clima tetro e violento, dal primo all’ultimo fotogramma. 

Raul è l’incarnazione dell’immoralità del regime, del clima d’ impunità in cui è prosperato,  della folle esaltazione per il sogno americano, del potere allucinatorio del cinema yankee cui il regista Larraìn rivolge critiche severissime, in parte immeritate.

Molto efficace e ricca di sfumature l’interpretazione dell’attore  Alfredo Castro ( co- sceneggiatore, per l’occasione)

Mostrare e non dimostrare è, per sua stessa dichiarazione, l’obiettivo che il giovane regista si prefigge. Tony Manero risente positivamente di questo impegno che però non sempre riesce a tradurre in immagini. Poco male. Nel linguaggio cinematografico esistono modi sottili ed impercettibili della dimostrazione, sembrano innocui ma non lo sono. Un film sul regime di Pinochet è un terreno ideale per ogni tipo di tentazione didascalica ma che il regista Larraìn, classe 1976, apprezzi una delle più importanti lezioni di Rossellini, non manca di renderci, cinematograficamente, soddisfatti.

Tony Manero è Un film di Pablo Larrain. Con Alfredo Castro, Paola Lattus, Héctor Morales, Amparo Noguera, Elsa Poblete. Genere Drammatico, colore 98 minuti. – Produzione Cile, Brasile 2008. – Distribuzione Ripley’s Film

Fragile virtù ( ma solo in apparenza)

Fragile virtù ( ma solo in apparenza)

Tra le cose migliori viste al Festival di  Roma. Easy virtue , testo teatrale anni 30 di Noël Coward, già utilizzato da Alfred Hitchcock per uno dei suoi film d’esordio, sarebbe un concentrato un di tutti gl’ingredienti e i luoghi comuni del genere, se il regista Stephan Elliot – suo è il memorabile Priscilla regina del deserto – non avesse rimaneggiato  la piece con aggiunte di piccoli tocchi surreali, noir, talmente divertenti da ricordare in qualche occasione i Monthy Python, dominando il tutto una vena caustica che della commedia inglese è la caratteristica principale.

Ed è così che non sembrano già rimasticati quegli ingredienti : la giovane americana misteriosa al volante dell’automobile, che irrompe al castello di proprietà della nobile famiglia inglese del neosposo, il conflitto tra vecchio e nuovo mondo, quello tra suocera e nuora, la commedia dell’irriverenza per il cerimoniale che è tanto noioso ma che poi alla lunga finisce con l’essere terribilmente affascinante, ovvero la considerazione finale che tra la Caccia alla Volpe e andare alla Caccia alla Volpe in moto per stupire, è molto più folle e trasgressiva la prima opzione.

Film molto accurato, con attori navigati, sapientemente diretti e dai tempi comici ben studiati. Piacevole scoperta del binomio bellezza/ bravura incarnato da Jessica Biel. Colin Firth, convincente bello e desiderabile anche nel ruolo del suocero complice ma un po’ sgualcito. Kristin Scott intensa come sempre.

 Easy Virtue è un film di Stephan Elliott. Con Jessica Biel, Colin Firth, Kristin Scott Thomas, Ben Barnes, Kimberley Nixon, Katherine Parkinson, Kris Marshall, Christian Brassington, Charlotte Riley, Jim McManus, Pip Torrens, Georgie Glen, Laurence Richardson. Genere Commedia, colore 96 minuti. – Produzione Gran Bretagna 2008

The yes is the new no

The yes is the new no

Non inganni il titolo – Yes man – poichè non è di acquiescienza o piaggeria, ne’ della nota Band Situazionista che si parla in questo film, piuttosto degli esiti nefasti che una certa qual abitudine a opporre rifiuti alle possibilità  di aprirsi al mondo, a nuove esperienze o anche solo a voler considerare possibili alternative  alle modalità consuete, comporta. 

Dunque se la vita nella Città degli Angeli – della quale il gentile pubblico finalmente potrà ammirare altre location  che non siano il  Sunset o Wiltshire Boulevard – è diventata un inferno, la fidanzata ti lascia, gli amici si lamentano di te e il lavoro in banca, come ti sbagli, si risolve nella solita ripetitiva afflizione, l’unica è un guru new age che ti tiri fuori dalle peste

 Meglio ancora se interpretato dall’impeccabile  Terence Stamp,  che predica in consessi  parodistici e allusivi ( Scientology, ovvio) la filosofia del si.  

Il si è il nuovo no, avverte lo slogan dell’ approccio positivo con il mondo. Il che dovrà significare per Carl Allen, il superdepresso executive alla canna del gas, dire di si a tutti e a tutto per almeno un anno. Un corso di coreano, un concerto punk rock femminista deformante, sesso estremo con improbabili e anziane partner, passeggiate in ore antelucane e molto altro ancora. Carl Allen non si tira indietro innanzi a nessuna proposta. La nuova disponibilità lo trascinerà in avventure paradossali, surreali, divertentissime  ma gli offrirà nel contempo la possibilità di scoprire quei versanti, quelle possibilità che a forza di dire sempre no si è precluso.

Commedia sofisticata, esilarante con un Jim Carrey in forma smagliante, vivace e mobilissimo – oltre essersi fatto da sè anche gli stunt più pericolosi, come buttarsi col bungee jumping dal ponte dei suicidi a Pasadena – e un modo lieve, di far passare una lezioncina che certo di poco conto non è. Alla fine è possibile che il cambio di passo si riveli utile sotto profili inattesi, anche se essere una persona risolta, non impedirà alla CIA di stare alle costole di Allen magari perchè  parla coreano o perchè si chiama Carl. Proprio come Marx.

Un film di Peyton Reed. Con Jim Carrey, Zooey Deschanel, Bradley Cooper, John Michael Higgins, Rhys Darby, Danny Masterson, Fionnula Flanagan, Terence Stamp, Sasha Alexander, Molly Sims, Brent Briscoe, John Cothran Jr., Spencer Garrett, Sean O’ Bryan, Rocky Carroll, Patrick Labyorteaux. Genere Commedia, colore 102 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Warner Bros Italia