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Tag: La fabbrica del cinema

Tutt’altra Onda

Tutt’altra Onda



Bastano pochi giorni per trasformare una classe di annoiati e scettici studenti bavaresi in pericolosi fanatici sostenitori del peggior regime totalitario. Herr Wenger carismatico insegnante dall’impeccabile curriculum  antagonista, vuol dimostrare che il nazismo non è un fantasma sepolto nei libri o in filmati d’epoca, così avvia un esperimento didattico attraverso il quale la lezione di storia – l’Autocrazia è il tema – diviene un laboratorio di  cieco  consenso. Il modello educativo, tra divise, gesti di riconoscimento, disciplina, individuazione del nemico da perseguire e degli amici in cui riconoscersi, costruisce con poca spesa, identità e senso di appartenenza, lavorando su un crescendo di dinamiche perverse che sono poi brodo di coltura di ogni fondamentalismo.

Ma per essere davvero efficace, la narrazione non può che sfuggire di mano, prendere pieghe imprevista e sfociare in tragedia. Un film allarmante, simbolico, al cospetto del quale porsi senza difese banalizzanti o spirito di sufficienza per lo smaccato – e probabilmente non del tutto volontario –  intento pedagogico. Qualcosa  che  non si limita alla fiction ma  scivola via oltre lo schermo. Forse l’effetto più controverso e meno gradito di questo lavoro.

Crisi economica, xenofobia, iniquità sociale generano, incertezze e malesseri che non possono essere affrontati  senza strumenti improntati ai valori della Democrazia.Invece ci vengono a raccontare tutt’altra storia, attraverso una serie  di riproposizioni e  ritorni a… nazionalismi, radici, tradizioni, ordine e  disciplina, senza contare che proprio in ambito scolastico si appunta la rivalutazione di metodi selettivi ed autoritari.

(Tratto dal libro di Todd Strasser Il Segno dell’Onda in cui si raccontano gli esiti di analogo esperimento didattico condotto però nel 1967 a Palo Alto, negli Stati Uniti)



 

 

 

 

 

L’onda è un film di Dennis Gansel. Con Jürgen Vogel, Frederick Lau, Max Riemelt, Jennifer Ulrich, Jacob Matschenz Titolo originale Die Welle. Drammatico, durata 101 min. – Germania 2008. – Bim

Di poche parole

Di poche parole

 

Primo, non dar retta agli americani che intorno a questo film hanno montato un caso che non finisce più, per le scene erotiche, la giovane età di lui e quella più matura di lei. Esagerati. E moralisti senz’appello.

Secondo, non dar retta alla critica di casa nostra che ha tacciato The Reader di essere un lavoro ambiguo e melenso. Di ambiguità fino ai limiti del fastidio – e comunque sarebbe un disagio che dovremmo tenerci ben stretto – non potrebbe fare a meno questo tipo di storia, mentre un tocco di melo forse attenua la generale atmosfera di dannazione & colpa. Vero è che la musica incalza, s’insinua e allude, moltiplicando l’effetto drammatico ma ciò è esattamente quel che fa una brava colonna sonora quando vuol sostenere l’impegno dello sceneggiatore. E questa obbedisce alla regola senza essere poi troppo ruffiana.

Terzo lasciarsi guidare dalla chiave di lettura nascosta tra le pieghe di in una lezione che il professor Rohl (Bruno Ganz) impartisce agli allievi :  non è l’Etica a sostenere lo spirito di una nazione, ma il Diritto che è figlio della storia. Ergo non si possono giudicare i nazisti con tribunali formati dai vincitori.

Storia, articolata su tre livelli temporali, dell’ iniziazione sessuale del giovanissimo Michael da parte di una misteriosa trentenne che durante i loro incontri, come rito maniacale e propedeutico al sesso, si fa leggere romanzi e racconti.

E della successiva casuale scoperta di una verità più volte atroce, quando otto anni dopo l’improvvisa sparizione, ritroverà la donna coinvolta in un processo per la strage di trecento prigioniere ebree. Assisterà al dibattimento  nell’ambito degli studi in giurisprudenza ai quali nel frattempo si sta dedicando e apprenderà così che Hanna è stata una SS e che il medesimo rito del farsi leggere libri, infliggeva alle sue vittime prima di spedirle nella camera a gas.

 Analfabeta, potrebbe essere scagionata dalla sua stessa condizione – il processo ruota intorno ad un ordine scritto – ma è tale la vergogna di dichiararsi incapace di leggere e scrivere che si farà condannare, mentre Michael che invece  sa, preferirà tacere. La lezione del professor Ganz non lo ha convinto.

Vent’anni di galera, le due vite tornano apparentemente a dividersi segnate ciascuna dal senso di colpa, complici silenziose ed inermi di differenti tragedie. Ma non ci sono assoluzioni ne’ condanne  ne’ redenzioni – non ce n’è del resto bisogno – solo rimangono inalterati interrogativi scabrosi. Certi drammi hanno solo bisogno di spiegazioni.

Winslet di poche parole eppure bravissima ad incarnare la follia di una generazione perduta.

The reader è un  film di Stephen Daldry. Con Kate Winslet, Ralph Fiennes, David Kross, Lena Olin, Bruno Ganz, Alexandra Maria Lara, Karoline Herfurth, Linda Bassett, Hannah Herzsprung, Jeanette Hain, Susanne Lothar, Kirsten Block, Volker Bruch, Matthias Habich. Genere Drammatico, colore 124 minuti. – Produzione USA, Germania 2008.

..under unusual circumstances

..under unusual circumstances


My name is Benjamin Button and I was born under unusual circumstances. While everyone else was agin’, I was gettin’ younger…

Ci sono voluti Mark Twain, Francis Scott Fitzgerald, un – ma solo all’apparenza – insospettabile  regista, uno sceneggiatore di razza e un cast incredibile – basti leggere la sfilza di nomi in calce –  oltre che un budget da capogiro, per mettere insieme queste tre ore di autentico Cinema . Come dire, la mano del cielo.

Artificioso, paradossale, struggente e prodigioso come si conviene ad ogni film Epico che si rispetti, con un’ ulteriore misteriosa qualità : la trasposizione particolarmente attenta, quasi a sfiorare la pignoleria  del Pedissequo, del testo di Scott Fitzgerald . Sceneggiatura che viene altresì dilatata in modo da prolungare la storia fino ai giorni nostri. Tanto per aggiungere carne al fuoco, inserendo un tocco di stringente attualità dentro la cornice fantastica che inquadra la narrazione.

Nasce vecchio – nell’ Età del jazz  – e muore neonato – ai tempi dell’uragano Katrina – , un rompicapo in termini esistenziali con complicanze  a non finire. Innanzi a sè la prospettiva del tutto speciale del ringiovanire mentre gli altri invecchiano. Gli acciacchi di un vecchio e l’età di un bambino. Una lunga esperienza e l’età di un ragazzo.    Stravaganze che si materializzano nel rapporto d’amore con Daisy, in un rincorrersi di età che ad un certo punto diverranno compatibili. Ma solo apparentemente.

Tredici nominations per questo trionfo dell’Assoluto Artificiale, dagli effetti speciali al trucco – Brad Pitt ritorna bellissimo dopo un paio d’ore di progressivi ringiovanimenti, Cate Blanchett in certi momenti sembra avere il viso di porcellana  - al finto seppia, al digitale, alla improbabile storia. Graphic novel, come si dice, ma delle più pittoriche mai realizzate.

 

Il film ha un sito web ricchissimo con una sequenza di trailers particolarmente significativa.Più l’ interessante ripresa di una discussione tra attori e regista.

Il curioso caso di Benjamin Button è un film di David Fincher. Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng, Taraji P. Henson, Lance E. Nichols, Elias Koteas, Faune A. Chambers, Donna DuPlantier, Jacob Tolano, Ed Metzger, David Jensen, Joeanna Sayler, Mahershalalhashbaz Ali, Fiona Hale, Jared Harris, Joel Bissonnette, Marion Zinser, Deneen Tyler, Elle Fanning, Patrick T. O’Brien, Richmond Arquette, Robert Towers, Ilia Volokh, Wilbur Fitzgerald, David Paterson, Josh Stewart, Louis Herthum, Ted Manson, Tom Everett, Paula Gray, Rampai Mohadi, Troi Bechet, Phyllis Somerville, Clay Cullen, Edith Ivey, Joshua DesRoches, Christopher Maxwell, Don Creech, Taren Cunningham, Myrton Running Wolf, Stephen Taylor, Devyn A. Tyler, Adrian Armas, Ashley Nolan, Katta Hules, Rus Blackwell, Chandler Canterbury, Charles Henry Wyson, Spencer Daniels. Genere Drammatico, colore 159 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Warner Bros Italia

Storia di un dolore, di un crimine e di una menzogna

Storia di un dolore, di un crimine e di una menzogna


Due lunghe file di profughi percorrono la  stessa strada, l’una in direzione contraria rispetto all’altra. E’ l’autunno del 1939, con il  patto  Molotov – Von Ribbentrop, l’Unione Sovietica di Stalin e la Germania di Hitler si sono divise la Polonia, annullandone di fatto i confini .

L’invasione dei due eserciti  è speculare, una manovra a tenaglia avvenuta quasi in simultanea. Infatti uno di quei  tronconi è in fuga dalla Wermacht e l’altro dall’Armata Rossa. La doppia tragedia produrrà  arresti e deportazioni nei campi di prigionia, nonchè nella primavera del 1940, l’esecuzione a freddo – uno ad uno con un colpo alla nuca – di 22.000 prigionieri tra civili e militari  nelle foreste di Katyn, Tver e Kharkov, per ordine del capo della polizia segreta sovietica, Lavrentij Berija, e di Stalin .

Le fosse comuni furono scoperte nel 1943, nell’immediato Mosca attribuì la strage ai nazisti, responsabilità che peraltro non trovarono conferma nemmeno a Norimberga. Al momento del ritrovamento, il quadro politico e militare era completamente stravolto, i  russi erano divenuti un indispensabile alleato per sconfiggere Hitler. Di qui la generale necessità di rimozione di quel capitolo dai libri di storia. Bisognerà attendere il 1990 perchè le autorità russe – Gorbaciov prima e Eltsin dopo – ammettessero le inequivocabili responsabilità russe, rendendo inoltre disponibile alla ricostruzione dei fatti un archivio fitto di documenti.( attualmente di nuovo secretati da Putin)

Katyn comincia con le immagini delle due file di profughi che avanzano e finisce drammaticamente  con lo schermo nero, pochi istanti  che paiono eterni sulle note dell’ Agnus Dei di Pendercki.  In mezzo il racconto dolente del massacro ricostruito nella sua dimensione più complessa, quella intima dei diari e delle lettere delle vittime. Andrzej Wajda – che in quell’eccidio perse suo padre –  è un narratore intenso ed appassionato, talmente coinvolgente è il suo modo di fare cinema che durante l’ultima campagna elettorale in Polonia, onde sottrarre se stesso alle pressioni dei politici e il suo lavoro a qualsiasi  strumentalizzazione, ha preferito che il film fosse presentato a elezioni ultimate.

Ottime le interpretazioni ed esperta la regia che in uno stile piuttosto tradizionale, intreccia varie storie, differenti per età e posizione sociale dei protagonisti,  con spostamenti temporali continui, in un crescendo drammatico che prepara il terreno al terribile epilogo. 

Uno dei problemi di questo film è dato dall’ impossibilità di rendere un quadro completo dell’accaduto a chi, magari più giovane, ha poca dimestichezza con quelle vicende storiche. Non tanto per l’inoppugnabilità delle prove, quanto per l’estrema articolazione dei contesti,  la comprensione dei quali sarebbe più facile affidare ad un documentario piuttosto che ad un film. Wajda tuttavia ci propone senza enfasi un lavoro corretto, onesto, fortissimo, in cui la ricerca della verità  è prioritaria rispetto alle polemiche alle strumentalizzazioni ed a qualsiasi ragion di stato.

La prima proiezione a Varsavia è stata seguita da un lunghissimo profondo silenzio interrotto solo da chi ha cominciato a pregare per i morti. Il silenzio ha accolto il film anche a Mosca, poi uno spettatore ha chiesto a tutta la platea di alzarsi in piedi e onorare le vittime di Katyn. In quel momento ho capito perchè ho realizzato questo film.

Andrzej Waida


Katyn è un film di Andrzej Wajda. Con Andrzej Chyra, Maja Ostaszewska, Artur Zmijewski, Danuta Stenka, Jan Englert, Pawel Malaszynski, Magdalena Cielecka, Agnieszka Glinska, Maja Komorowska, Wladyslaw Kowalski, Antoni Pawlicki, Agnieszka Kawiorska, Sergei Garmash, Krzysztof Kolberger, Wiktoria Gasiewska, Joachim Paul Assböck, Stanislawa Celinska, Alicja Dabrowska, Krzysztof Globisz, Oleg Drach, Oleg Savkin. Genere Drammatico, colore 117 minuti. – Produzione Polonia 2007. – Distribuzione Movimento Film –

Il y a longtemps que je t’aime

Il y a longtemps que je t’aime

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Tra Il y a longtemps que je t’aime  a Ti amerò sempre, ce ne corre. Dispiace unirsi al coro di quelli che dicono che qui da noi i titoli dei film vengono tradotti a capocchia ma siccome qui da noi i titoli dei film vengono tradotti a capocchia, tocca fare i coristi.

Tanto più che il regista, Philippe Claudel, appartiene alla schiera dei Meticolosi & Attenti alla cura del particolare. Atteggiamento frequente negli  scrittori prestati al cinema, sempre ansiosi di  tradurre in immagini tutti i tic, gli sbrodolamenti descrittivi e le vocazioni intimiste tipiche dei letterati. Il risultato però, almeno per quanto riguarda il nostro Claudel, è un lavoro di notevole pregio, forse un po’ troppo leccato in qualche momento, ma trattandosi di troppo che non stroppia, per di più sacrificato sull’altare di un rigoroso impressionismo,  non è lecito lamentarsene.

Figura  chiave è Juliette  una donna di quarant’anni i cui trascorsi  non sono immediatamente svelati e che ritorna a Nancy – cittadina resa più provinciale di quanto non sia in effetti – dopo quindici anni di assenza. Accolta in casa della sorella minore che a malapena conosce e con la quale cerca, riuscendovi, di costruire un rapporto emotivo, turba, come spesso accade quando un corpo estraneo vi s’inserisce, la fragilità di un ordine costituito magari solo all’apparenza. Ogni personaggio della famiglia che accoglie Juliette,  scopriremo, ha un lato oscuro, un segreto, un mistero che la sua presenza  farà emergere con risultati che si possono immaginare.

Film intenso, mai lacrimevole, costruito su di una progressione drammatica disseminata di piccoli colpi di scena, narrazione che lavora su più livelli : la donna che deve ricostruire la sua vita, la famiglia che deve fare i conti con segreti inconfessati, due sorelle che cercano di avvicinarsi….il tutto abilmente mescolato con finezza di racconto e d’analisi.

Un po’ Rohmer un po’ Hitchcock. Per questo chi scrive, fedele alla consegna, non svelerà di questo film, segreto alcuno.

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Ti amerò sempre è un film di Philippe Claudel. Con Kristin Scott Thomas, Elsa Zylberstein, Serge Hazanavicius, Laurent Grevill, Frédéric Pierrot, Claire Johnston, Catherine Hosmalin, Jean-Claude Arnaud, Olivier Cruveiller, Lise Ségur, Mouss, Souad Mouchrik, Nicole Dubois, Laurent Claret, Marcel Ouendeno. Genere Drammatico, colore 115 minuti. – Produzione Francia 2008. – Distribuzione Mikado