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Tag: palazzi di giustizia

Aspettando l’Espresso

Aspettando l’Espresso

Oramai non c’è che da sperare che Fabrizio Gatti,dimostri che non è in grado d’intendere e di volere,e si faccia internare nel Manicomio Giudiziario di Aversa (ooops OPG) un posto dove con 12 minuti di trattamento psichiatrico settimanale, lo Stato assolve i  suoi obblighi  di cura e recupero delle persone che gli sono affidate .Basterà un reportage sui letti di contenzione della Stanza Coerciti ,sulle malattie,sul sudiciume e sugli ergastoli bianchi, perchè il Guardasigilli si decida ad inviare un’ispezione ? Basterà sapere che ad Aversa (come a Castiglione a Montelupo a Reggio Emilia e a Barcellona) scontata la pena per il reato ascritto (che qui si chiama misura di sicurezza), se il magistrato di sorveglianza ritiene che sussistano motivi di pericolosità sociale, proroga il periodo ?Che un reato per il quale è prevista una pena di sei mesi, può diventare internamento di anni?Qui non c’è riforma che ha consentito la chiusura dei manicomi,non c’è indulto non c’è trasferimento in strutture residenziali, che tengano.Pertanto sono fuori delle mura di Aversa anche dignità e diritti.Quattro milioni di euro l’anno di spesa per una struttura che serve solo a riprodurre dolore.

Imprevedibili ermellini

Imprevedibili ermellini

Finisce qui. Con una decisione alquanto sorprendente la Cassazione cancella i processi e le sentenza di primo e secondo grado dell’affaire SME (cinque anni di condanna per Previti, sette per il giudice Squillante, quattro per l’avvocato Pacifico).Milano, secondo la Suprema Corte non era sede competente ,il quid  sta probabilmente nel luogo in cui sono avvenuti i pagamenti in denaro ricevuti da Squillante e nel fatto che il resto degl’imputati fosse residente a Roma. Gli imputati e Cesare Previti innanzitutto, avevano eccepito l’incompetenza degli uffici di Milano nell’udienza preliminare e al Tribunale della Libertà,contro il primo grado e nel processo d’appello .Ancora la Suprema Corte nel 2003, quando è stata interpellata  aveva stabilito che Milano era competente a decidere quel caso.Ora nell’ultimo decisivo atto il ripensamento,la Cassazione smentisce se stessa dimostrando una volta di più, come la Giustizia Italiana non riesca a rispettare e osservare la prevedibilità, che con l’uguaglianza giuridica,l’imparzialità,il carattere non arbitrario,è un valore essenziale di una buona amministrazione giudiziaria.E’ l’imprevedibilità della decisione della Corte Suprema,la sua contraddittorietà rispetto a decisioni analoghe degli stessi giudici di leggittimità, che sprigiona aria di compromesso.I giudici non se la sono sentita  ne’ di confermare le condanne, ne’ di cancellarle, ne’ di modificarle.L’incompetenza territoriale deve essere apparsa un utile modo per lasciare che le cose finiscano da sole senza assumersi l’onere di giudicare le responsabilità degli imputati.In attesa di conoscere le motivazioni, non sembra essere questa una buona giustizia.Ora si torna a Perugia per chiudere la storia giudiziaria di Previti con un finale oramai classico : la Prescrizione.Nel nome della Legge.

Mostri

Mostri

Farebbero meglio a dire che sono contrari per principio al provvedimento di clemenza, piuttosto che speculare sulla casistica, agitando mostri e spargendo a piene mani veleno e cattiva informazione.Stamane sulla stampa è di turno il mostro, l’efferato delitto, il parricida, la matricida, lo stragista  e chi più ne ha più ne metta. E in questo bell’affresco di criminali ,come poteva mancare Erika De Nardo?La quale sconta una condanna a 16 anni, oltre al carcere dovrebbe , secondo la sentenza, essere sottoposta a intervento terapeutico adeguato al suo disturbo di personalità.Tutto quello che potrebbe ottenere da quest’indulto , essendo minorenne all’epoca dei fatti, è l’accesso ai benefici di legge, permessi o misure alternative (comunità) tra poco più di un anno. Ma sempre detenuta resterebbe. La rassegna  prosegue con Pietro Maso,condannato a 30 anni per aver ucciso entrambi i genitori ,lui  invece usufruisce già dei benefici di legge,con l’indulto la sua uscita dal carcere anziché nel 2021 potrebbe avvenire  nel 2018 .E ancora Vito Corso, l’autore della strage di Rozzano: per ammazzare due pregiudicati, sparò tra la folla uccidendo una bambina e un anziano. Sconta 20 anni di carcere. Ora potrebbero diventare 17, calcolando quelli già scontati potrebbe chiedere permessi premio tra 7 o 8 anni.Di quale libertà stiamo parlando?Due sono le cose :o l’ansia giustizialista porta qualcuno a ritenere le misure alternative e il regime di semilibertà troppo tenere e lassiste, o sui giornali stamane si raccontano le balle, dimenticando che nessun reinserimento o rieducazione si potrebbe ottenere senza quei benefici di legge, poichè una cosa è certa,ed è che in carcere non è garantito il recupero  o la terapia psichiatrica,ove necessaria, previsti dal nostro ordinamento.Piuttosto che tranquillizzarsi all’idea dell’assoluta detenzione di EriKa,la Società avrebbe molto da preoccuparsi per la  sua mancata rieducazione E’ un amarissimo calice questo indulto ma è impossibile lavarsi le mani di questo doppio stato di necessità.

 

 

 

 Intervenire per decongestionare l´insostenibile situazione carceraria (creando nel contempo i presupporti per una riforma organica del sistema penale) è perciò cosa buona e giusta, responsabile e seria. Ma se qualcuno profitta dello stato di necessità per infilarci la soluzione di casi particolari, ecco che i problemi si complicano. Nella pretesa di estendere l´indulto ai reati finanziari e di corruzione (altrimenti di indulto manco a parlarne!) si può vedere il tentativo di strumentalizzare la sofferenza di migliaia di detenuti per ottenere benefici anche per altri soggetti, quei “colletti bianchi” che già beneficiano del fatto che il nostro sistema penale si caratterizza ormai per la compresenza di due distinti codici: uno per i cittadini “comuni” e l´altro per i “galantuomini” (cioè le persone giudicate, in base al censo, comunque per bene…); “galantuomini” che a volte pretendono addirittura di essere liberati da ogni regola mediante condoni o leggi “ad personam”. Ora, appoggiarsi ad un problema di carattere generale (la situazione delle carceri) per farne la sponda utile a risolvere un problema di pochi (si calcola che siano un´ottantina i “colletti bianchi” in espiazione di pena, oltretutto quasi sempre “extra moenia”, cioè fuori del carcere), non è come legiferare brutalmente “ad personam”, ma è espressione di una logica che appare contigua, apparentata a quella che nella passata legislatura ha prodotto proprio un susseguirsi tale di leggi “ad personam” da mettere a rischio lo stesso equilibrio istituzionale.Ed ecco il dilemma: il riaffiorare, sia pure per vie indirette, di logiche siffatte è un prezzo accettabile, perché senza subirlo sarebbe impossibile risolvere il grave stato di necessità di cui si è detto? Oppure si tratta di uno strappo troppo profondo per consentire un bilanciamento, alla fin fine tollerabile, di esigenze tutt´affatto diverse? Chi pensa nel primo modo, potrebbe parlare di (mezzo) miracolo. Chi preferisce il secondo parlerà di (mezzo) inciucio. Spetta alla coscienza di ciascuno scegliere. Come nel caso dell´articolo 416-ter del Codice Penale (scambio elettorale politico-mafioso) emerso da ultimo nel dibattito parlamentare.

 

Giancarlo Caselli L’Unità del  27.07.06