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Tag: questione capitale

Diamoci Valore ( esercitiamo autonomia )

Diamoci Valore ( esercitiamo autonomia )

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Spero che le donne sappiano, in questa circostanza, rinunziare ai giustizieri, alle galanterie e alle scorte armate. O più semplicemente si rifiutino  di divenire il contendere di una polemica sulla sicurezza fatta di lampioni spenti, di eredità del passato e di militarizzazione del territorio.

Vale per Alemanno e vale anche per Rutelli che in questa città guida l’Opposizione. Alla demagogia della scorsa primavera non serve opporre la controdemogogia di quest’inverno.

A nessuno può essere consentito di capitalizzare politicamente la vicenda degli stupri, dirottando l’attenzione ora sui giudici che applicano procedure che però nessuno si prende la briga di cambiare, ora su sdegnate quanto impossibili iniziative bipartisan in cui far confluire il meglio di istanze misogine, xenofobe e securitarie.

Con Alemanno la partita è aperta su altri tavoli, quelli in cui  propaganda,  bugie e  lacrimucce, non sarebbero sufficienti ad attenuare evidenti responsabilità.

L’unico modo per evitare che si continuino a costruire rendite politiche sullo scempio, è l’iniziativa autonoma di quelle donne e quegli uomini  disposti a considerare lo stupro come un fatto culturale, non come l’esito di problematiche inevase e contingenti connesse alla governance

In mancanza, piuttosto che sopportare violenze di altro segno, meglio il silenzio.

Er pigneto è quella cosa ….

Er pigneto è quella cosa ….

Tanto per mettere un po’ di pepe alla questione del fascismo risorgente, ci sono buone probabilità che al Pigneto il raid contro il negozio indiano, sia  stato organizzato da uno di sinistra  con tanto di tatuaggio del Che e quindi, a suo dire, col marchio a denominazione d’origine controllata e garantita sul braccio. Vale la pena di leggere l’intervista rilasciata a Repubblica  per farsi un’idea di come  quel tipo di “attaccamento e presidio del territorio” – indove a mi madre e a mi sorella nun je devi fischià dietro – non sia una novità per quelle parti. Pasolini, che da qui a Torpignattara, era di casa e che con queste contraddizioni in seno al popolo, ha riempito pagine e chilometri di pellicola , docet. Non che questo chiuda – o minimizzi –  la questione col fascismo di certi atteggiamenti che al Pigneto come altrove irrorano abbondantemente il tessuto sociale con la logica der rispetto dell’ultimo per il penultimo . Una volta era la presenza di napoletani, baresi e siciliani a nutrire i vagheggiamenti di pulizia etnica nella teppa di quartiere, e ora  si è passati agli extracomunitari, presunti delinquenti, come del resto l’intervistato,  ma non selettivi nell’individuare le vittime – rapinare la banca va bene, il portafogli dell’amica mia, no, è uno sgarro intollerabile – A quei tempi ci sarà stato anche il cocomeraro e il venditore di cozze col limone, come viene ricordato nostalgicamente nell’intervista, ma il quartiere che solo di recente ha conosciuto un buon  programma di riqualificazione, era tutt’altro che un luogo tranquillo e privo di tensioni. Ad ogni buon conto, che i raid partano dalle sezioni di forze nuove o vecchie, o dalle case popolari o dai Parioli, ciascun per sè, che cambia? Forse c’è una prepotenza buona e una cattiva? Secondo l’ispiratore della spedizione, esponente non raro, della coatteria borgatara,  parrebbe che sì. Il fatto che ne  sostenga la validità , quasi se ne vanti e intenda con una simile impresa, offrire un esempio alle figlie diverso da quello consueto del pregiudicato per furto, è l’esito di un clima che a Roma è cambiato e che non contemplando la riprovazione sociale per i fanatici dei presidi territoriali, oramai  incoraggia a far da sè e ad esprimersi liberamente in termini di vieta xenofobia. E sarei anche d’accordo a pigliarmela col fascismo risorgente – se mai se ne fosse andato –  e a imbastirci su una bella campagna, a patto che dentro la categoria fossero annoverati, e con nettezza messi al bando, anche i numerosi fascisti rossi che però siccome vengono dal popolo, sono molto più interessanti e degni di attenzione, di quelli in svastica e rasatura a zero. Altro che moderazione nei giudizi e negli atteggiamenti, ci sarebbe da rivoltare come un calzino anche certa cultura di sinistra e cominciare a fare piazza pulita di luoghi comuni a cominciare da lì.

In nome del popolo romano

In nome del popolo romano


Promettendo sgomberi e deportazioni, Gianni Alemanno cattura il voto delle periferie. Non è una novità dell’Oggi . Dal 1976 al 1985, una terna di Sindaci -  Argan Petroselli Vetere –  eletti nelle liste del PCI ed espressione di una classe politica di prim’ordine lavorò alla riqualificazione del territorio – si direbbe oggi – abbattendo le baraccopoli ed edificando le abitazioni per i cittadini , allora erano romani, che vi abitavano. Ma non solo. L’idea di Luigi Petroselli di un diverso rapporto centro – periferie come  appartenenza ad un ‘unica città, espresso simbolicamente dall’Estate Romana e il parco archeologico dal Campidoglio all’Appia antica, al centro della città, in modo da far coincidere come diceva Nicolini il nome e la cosa Roma , si andava delineando.  Ugo Vetere, amministrazione specchiata, moralità e conti in ordine, buon ultimo, dovette cedere la poltrona di sindaco, sconfitto proprio in quelle periferie che aveva contribuito a risanare. L’alternanza – allora si votava con il proporzionale e il sindaco non veniva eletto direttamente –  non poteva essere elemento del dibattito post elettorale nemmeno nella forma elementare del fisiologico bisogno di cambiamento e, nello smarrimento generale di un partito comunista  che proprio allora cominciava ad interrogarsi sul proprio destino, fu concluso, non del tutto a torto, che, per un difetto di comunicazione, gli indubitabili vantaggi dell’amministrazione di sinistra, non erano stati opportunamente promossi tra i cittadini e che il difficile rapporto col sottoproletariato urbano andasse risolto con una maggiore presenza anche a costo di una vera e propria mutazione dei linguaggi tradizionali. In pochi pensarono che quel che stava accadendo non dipendeva solo da buone o cattive amministrazioni. I tre sindaci che negli anni successivi si alternarono, confermando gli elettori ogni volta, la Democrazia Cristiana al comando, consegnarono la città al degrado e alla corruzione. Signorello, Giubilo, Carraro, i comitati d’affari del secondo che ben anticiparono tangentopoli e le  imprese del terzo che guadagnarono a lui e ai suoi gli onori delle cronache nazionali. Era il 1993 quando con la mossa del cavallo rappresentata da un sistema elettorale differente, nuove le regole e nuovissimo, data la sua storia, il candidato, portammo Francesco Rutelli in Campidoglio. Oggi a distanza di quindici anni, la destra si riappropria della città. Chi ha proposto Rutelli candidato per il 2008, evidentemente  più che pensare al rinnovamento, ha ritenuto proporre l’incarnazione della continuità stimando il Modello Roma, vincente comunque. Invece la percezione è stata della riproposizione di un vecchio arnese dismesso dalla politica nazionale da riciclare come sindaco.E questo è valso per gli elettori ma anche per gli alleati visto lo scostamento di 60.000 voti  da Comune a Provincia e un diverso orientamento nel voto dei municipi.  Ma, Rutelli a parte, non è bastato nemmeno che a Roma il Pil sia salito più che in ogni altra città italiana, non sono bastate le Notti Bianche, la Feste del Cinema o l’Auditorium, la nuova Fiera di Roma o la metropolitana : la Roma che trae ricchezza dalla sua stessa vita ed ha instaurato in questi anni relazioni internazionali proponendosi come una città di prestigio mondiale, ha ceduto il passo ad un’immagine distorta, irreale di  città insicura, degradata trascurata dai suoi amministratori a vantaggio della facciata : il cinema prima di tutto.  Oppure  il consolidamento di  gruppi di potere accomodati in salotti immaginari che di tanto in tanto, i detrattori,  tra invenzione e desiderio indicano come luoghi di decisione. Una vecchia cantilena cara alla destra e anche a una certa sinistra del Rigore e dei Quaresimali.

Giocano in questo voto molti fattori dipendenti dall’andamento nazionale e più strettamente  legati ad esigenze territoriali: l’assillo della sicurezza con quella distanza tra percezione e realtà dei numeri che è stata la chiave di volta della vittoria della destra alle politiche, innanzitutto. Limitare la propria indagine ai soli confini del candidato sbagliato significa semplificare una questione che invece richiederebbe maggior sforzo analitico. Il Pd spero vorrà riflettere su un’antica magagna: il ricambio della classe dirigente che pure è un punto fermo nei propositi delle democratiche e dei democratici che hanno accettato di dar vita alla nuova formazione , importa un maggiore impegno in direzione dello spazio e delle responsabilità da conferire ai giovani,alle donne, ad esponenti della società civile. E’ improbabile che  quand’anche si fosse voluto sottoporre alle primarie la candidatura a sindaco di Roma, ci sarebbero stati competitori credibili  per Francesco Rutelli. La sua campagna elettorale pur  generosa ma inevitabilmente  fagocitata dalla campagna nazionale e, al secondo turno, sebbene correttamente giocata sul”esaltazione dei risultati ottenuti e sull’antifascismo, non è riuscita ad essere convincente. Sulla sicurezza tema sensibile in una campagna elettorare ha dovuto  giocare di rimessa preso, come tutti noi, in contropiede da un utilizzo spietato da parte dell’avversario, di recenti episodi di cronaca.Una serie di concause, in definitiva, ne hanno accentuato la debolezza. Inutile recriminare o attribuire responsabilità dello sfracello a Veltroni : in cinque mesi non si risale la china del consenso perduto, non si approntano due campagne  elettorali difficili contestualmente rinnovando il partito. Credo che anche in caso di conta congressuale, la sua leadership non sia in questione. Tornando a Roma, chi  scrive appartiene alla scuola del rispetto per il popolo sovrano,pertanto è  giusto che Gianni Alemanno governi la città che il popolo stesso gli ha affidato. Pur non essendo insensibile ai saluti romani e alle spacconate, particolarmente sulle scale di Palazzo Senatorio, simbolo della Municipalità, più che l’arroganza dei vincitori brucia e immagino brucerà ancora per molto, la fine del Modello Roma, un progetto appassionante che  per arditezza e modernità, è stato il compedio ideale di un Fare Politico che riusciva a rendere disponibili e al servizio della città idee, sensibilità, ed esperienze. Un percorso di partecipazione che da Petroselli a Veltroni si è rivelato fonte di entusiasmo e infinite soddisfazioni. Ciò che è stato realizzato non potrà essere facilmente sottratto ai romani pena una sensazione collettiva di grande vuoto. E questo rimane motivo d’orgoglio e di una non piccola consolazione.

Nell’illustrazione il Tabularium realizzato in una galleria che unisce la parte vecchia e quella nuova dei Musei Capitolini


Un impossibile kit di garanzie

Un impossibile kit di garanzie

Libera nos dagli uomini di lotta e di governo alle prese con un caso di stupro che, provvidenziale ai fini ben identificati della stampa e della propaganda politica, capita in campagna elettorale. Proprio qui, a Roma. Ma a parte il solito considerare la violenza sulle donne  alla stregua dello scippo di una borsetta ed inserirne le contromisure nella rosa di improbabili provvedimenti –  ventimila espulsioni…Alemanno deve essersi candidato anche a Prefetto, oltre a non conoscere le procedure e a non saper contare – o pacchetti detti  della sicurezza, si possono dormire sonni tranquilli : nella sarabanda di strumentalizzazioni nessuno sta davvero pensando a noi, men che meno  alla nostra incolumità. Se così fosse, invece di spremere le meningi alla ricerca dello spot più efficace, si parlerebbe d’altro :  per esempio di sessualità maschile, perchè gli stupri censiti nel nostro paese, viaggiano, tra pareti domestiche e strade, alla velocità di tredici al giorno, poi ci sono quelli non denunziati e poi c’è anche chi pensa di fare del turismo sessuale o essere, nella propria città,  cliente abituale di minorenni dell’est e non essere annoverato nella categoria degli stupratori. Quali misure si propongono in questi  casi o in quelli in cui il barbaro, oltre che non essere romeno è anche un rispettabile signore o uno che conosci molto bene? Ma queste sono problematiche che non riguardano mai gli uomini di lotta e di governo ma sempre qualcun altro. Ci sono scomode verità dietro questa storia che vanno ben oltre il semplice spietato utilizzo a fini elettorali dello stupro di una ragazza e che nessun maschio di lotta o di governo, troppo occupato a battibeccare – sicurezza si,  sicurezza no, ronde si, ronde no, diritti si, diritti no, libertà si, libertà no – ammetterà mai : si chiama esposizione all’altro e non c’è democrazia che tenga, ne’ garanzie sufficienti ad eliminare il rischio. Si chiama libertà femminile interpretata dai media come disponibilità sessuale. Servirebbe un’altra riflessione e un’altra cultura ma sono tutti così impegnati : chi a tirare i remi in barca, chi a leccarsi le ferite, chi a riorganizzarsi e chi a marciare armi e bagagli su Roma con nutrito seguito di forze politiche e sindache compiacenti targate nord  - ce la devono far pagare del resto e  se riuscisse loro l’impresa, altro che stupro subirebbe questa città – che non c’è speranza. Men che meno ce la potrebbe offrire chi storicamente  vive la libertà e la dignità delle donne come una minaccia. Fortunatamente in questa città, non siamo all’anno zero delle politiche femminili, ne’ tanto disperate da invocare l’intervento delle ronde. Alemanno pensi all’agricoltura. Possibilmente nell’orto di casa sua.

nell’illustrazione il bel pavè delle nostre strade

Crescerà la cicoria a via Condotti

Crescerà la cicoria a via Condotti

Il MIS Movimento Idea Sociale di Pino Rauti, invita militanti e simpatizzanti a votare Gianni Alemanno al ballottaggio di domenica prossima.  Sottolinea in particolare che a differenza di Rutelli, che di agricoltura non si è mai interessato, Gianni Alemanno di agricoltura ben si intende dopo il suo incarico ministeriale e che questo è importante perchè Roma è il più grande Comune agricolo di tutta Europa e dal Campidoglio si può gestire un territorio che è esteso undici volte l’area comunale milanese.