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Acqua passata, scampato pericolo

Acqua passata, scampato pericolo

La poesia di Pierpaolo Pasolini  è titolata A.G.L Rondi  e dice  Sei così ipocrita, che come l’ipocrisia ti avrà ucciso/ sarai all’inferno e ti crederai  in paradiso. Risposta in versi, a buon diritto avvelenati,  alle stroncature che puntualmente accompagnavano l’uscita di film quali Accattone o il Vangelo del quale  Rondi era fiero, quantunque  non isolato, detrattore. Come lo fu, del resto, di Ferreri e di Antonioni . Acqua passata. Nell’ introduzione al suo libro Prima delle “prime “ che è del 1998 e raccoglie le recensioni  dal 1947 al 1997, Rondi fa pubblica (ed onesta) ammenda di quegli errori di gioventù. Le sue recensioni, ma direi l’intero approccio con la cinematografia, oggi, sono di tutt’altro tenore e oltre che dell’acqua che è passata, risentono di  un know how di tutto rispetto. Tanto basta per fare di lui un presidente ideale  visti i  tempi cupi che l’Era Alemanna è seriamente intenzionata  a regalarci. La manifestazione che i discepoli di Pierpaolo Pasolini ai tempi della FGCI , Veltroni, Borgna e Bettini, hanno così fortemente voluto, passa nelle mani dell’antico avversario  Rondi. Contrappasso, nemesi, segno dei tempi, Ritorno dei Dorotei Viventi, ciascuno potrà divagarsi come crede con le interpretazioni o con la rievocazione di scelte veneziane discutibili ( ma Luchino Visconti ne difendeva la professionalità ) ovvero ironizzando sulla longevità, argomento un po’ frusto, vista la lucidità e l’impeccabile reputazione a livello internazionale. Rondi è forse l’unico che può rendere meno ingrata l’uscita di scena di Bettini, allontanandosi contestualmente il rischio di presidenti improbabilmente autarchici, la continuità della Festa entro ambiti dignitosi, è garantita. Lunga vita al Cinema.

Aspettando la festa ( in nome del cinema italiano)

Aspettando la festa ( in nome del cinema italiano)

Claudio Santamaria il prossimo 13 maggio sarà al liceo scientifico Primo Levi di Roma per mostrare agli studenti il suo film del cuore : Roma, di Federico Fellini. L’ambito è quello delle iniziative titolate ” Aspettando la Festa” e comprende tra l’altro un incontro con James Ivory (avvenuto una settimana fa all’auditorium ), con  Giovanni Veronesi, Jodie Foster e altri. La festa da aspettare  è quella del Cinema, prevista per fine ottobre, oggetto in questi giorni di speciose polemiche  sulla direzione artistica troppo versata alla cinematografia americana o su un presunto dispendio di pubblico denaro. Ma come ognuno sa, l’iniziativa  , diversamente da Venezia, il cui direttore Marco Muller resta comunque  in attesa di contributi e critiche statali  sulla sovrabbondanza di cinema asiatico in concorso, o come Torino con un Nanni Moretti pronto ad accogliere ogni possibile  reprimenda sull’eccessiva attenzione   dedicata al cinema tedesco,  è completamente finanziata da privati – Camera di Commercio e oltre 70 sponsor, più  varie partnership – Ma questi sono dettagli e poco importa se nel più puro  stile coda di paglia più coda di campagna elettorale, si continui a far credere che i quattrini della limousine di Di Caprio ( che per la verità gira con una normale berlina da noleggio) siano le brioches consumate alla faccia  del popolo che reclama pane, tutto questo accadendo mentre i peggiori esponenti della sinistra romana se la spassano sul red carpet . Demagogia più populismo uguale visione miope dello sviluppo di una città, gli amministratori della quale  generalmente  non hanno innanzi a sè, quesiti binari del tipo strade sicure o cultura ma che alle une e all’altra devono dedicarsi con la stessa energia. Roma è una città complessa e la favoletta che l’amministrazione nasconda dietro ai lustrini un inimmaginabile degrado assomiglia molto alle leggende sulle regine sanguinarie ancorchè adorne di gioielli  ed è smentita in larga parte dai risultati in termini di crescita economica e dalle cifre relative alla criminalità assai più diffusa negli anni tra i 60 e gli 80 che oggi. Tuttavia, mentre l’autarchico Alemanno invia  messaggi  rassicuranti all’ambasciatore americano, legittimamente preoccupato  per talune espressioni ineleganti  e per non meglio identificate liste di proscrizione di star Hollywoodiane , si chiudono anche le iscrizioni all’iniziativa “Arcipelago del cinema Italiano” manifestazione romana destinata ai nuovi talenti,  presente nella top 50 della classifica di Variety. Chissà se Alemanno impegnato com’è a vagheggiare di borgate fiorenti e risanate , se ne è accorto. Ad ogni buon conto, non si può fare a meno di osservare come dopo il Gusto di Stato – vedi teca di Meier – il passaggio  alla Cinematografia Patriottica è stato un attimo. E non è un caso che i Fratelli Vanzina si siano dichiarati subito d’accordo denunziando il clima blindato della festa, inadatto, a loro dire,  alla sua matrice popolare. Tutta colpa di quelle puzze sotto al naso dei selezionatori  che invece di presentare Vacanze di Natale al Tufello, si ostinano a mostrare The Departed di Scorsese o la Sconosciuta di Tornatore, in anteprima mondiale, rifiutando ai film dei Vanzina gli onori della partecipazione alle varie sezioni . Se il popolare è rappresentato dalle vacanze in tutti i luoghi del mondo sotto Natale, è ovvio che non si hanno idee particolarmente chiare  su quanto invece si possa fare del buon cinema che richiami il grande pubblico,  senza che la qualità ne risenta : il cinema americano sotto questo aspetto avrebbe molto da insegnare al cinema del resto del mondo. E pensare che noi, invece che allo struscio sul tappeto rosso, credevamo di lavorare ad un progetto di riassetto dignitoso della nostra cinematografia, ad una legge adeguata ai mercati internazionali, pensavamo che valesse la pena di rilanciare gli studi di Cinecittà e il lavoro delle nostre troupes e con questo di rimettere in moto una macchina audiovisiva in coma. Ma tutta questa avversione non è una novità : quando la destra si riappropriò della città agli inizi degli anni ottanta, la prima cosa che fece fu annullare l’Estate Romana con Massenzio, al posto della quale istituì un bel nulla. Allora c’era un chiaro intento demolitorio di modalità ritenute superficiali solo perchè non conosciute, oggi  a quella tendenza si aggiunge una visione provinciale, asfittica, basica del ruolo degli eventi culturali in questa città.  Come si pensa di continuare a far crescere Roma se non attirando ingenti capitali attraverso  la realizzazione di manifestazioni culturali o commerciali di rilievo? Quale futuro per l’economia cittadina che non ha molte altre risorse che vivere di se stessa ? I numeri della Festa del resto parlano chiaro e se fossero vere le considerazioni dei detrattori, seicentomila cinefili snob sarebbero giunti a Città della Musica e assiepati presso i 33 schermi sparsi in tutta Roma,  nei dieci giorni della scorsa edizione, avrebbero assistito a 670 proiezioni di film provenienti da 42 paesi. Senza considerare il volume d’affari realizzato in Businnes Street , la scommessa di creare qui a Roma, un punto di mercato, inesistente oggi in Italia. Amare il cinema italiano non significa solo sbandierarne il  primato  : significa cercare di mostrarlo più che possibile in Italia superando i problemi di distribuzione e venderlo all’estero. E la Festa di Roma lo ha fatto. In oltre 23 paesi.  Dunque a ciascuno il suo mestiere. Oggi in omaggio allo spoil system di buona memoria, si parla di cambio di presidenza della Fondazione Cinema per Roma,organizzatrice della festa, ignorando che quella carica  ricoperta oggi da Goffredo Bettini scade nel 2011 e che l’estasi creativa del regista Pasquale Squitieri – intellettuale di riferimento della neo giunta –  dovrà attendere tale data per potersi esprimere pienamente, sempre che riesca a convincere gli altri membri del Cda e cioè Provincia, Regione, Camera di Commercio e Musica per Roma a farsi eleggere. Invece di spararle grosse, Alemanno potrebbe pensare a dare continuità ai buoni risultati, senza acredini ne’ livori, perchè se il nostro cinema oggi non è  in grado di riempire un’intera manifestazione, ciò è sostanzialmente dovuto a talune  leggi licenziate durante l’esperienza Berlusconi 2 , una a caso : l’Urbani,  che  sembra fatta apposta per stroncare sul nascere qualsiasi progetto cinematografico alternativo o commerciale che sia. Ora con tre televisioni, le sale cinematografiche e il ripristino del filo diretto con Saccà per controllare la RAI, il Mentore politico di Alemanno, aiuterà senz’altro il cinema italiano ad affermarsi nel mondo. Hollywood esclusa s’intende. Sarà il trionfo dei Vanzina e degli Squitieri  le opere dei quali, guarda caso, sono tra le più inesportabili nel mondo. Realizzeremo così il sogno autarchico – quaresimale, in tutto e per tutto. Meno male che tra un po’ comincia Cannes.

Giù le mani

Giù le mani

Juno (ovvero Giunone) , piccoletta e tosta, con maglioni di forma  indefinita, jeans più kilt, sneakers, leggings e tutto il resto del corredo dell’adolescente ribelle ivi compresa una certa sfrontatezza , l’allegria e il bel piglio determinato che ogni libera scelta comporta. Quando l’abbiamo vista l’autunno scorso, nessuno avrebbe pensato che sarebbe potuta diventare la bandiera di una qualsiasi battaglia ma che fosse solo l’espressione di una nuova sensibilità di cui il  cinema americano,peraltro, ci stava già raccontando con  Waitress o Molto incinta  tutte storie di impreviste gravidanze con nessuna voglia di abortire. Niente nell’universo di Juno parla di fondamentalismo o di cupe battaglie per la vita, tutto è naturale nella non accettazione della logica dell’interruzione di gravidanza  ma nemmeno di quella del ricatto dell’istinto materno a tutti i costi. Bella sceneggiatura di  Diablo Cody, una donna che sa.

Juno è un film di Jason Reitman. Con Ellen Page, Michael Cera, Jennifer Garner, Jason Bateman, Olivia Thirlby, Allison Janney, Rainn Wilson, J. K. Simmons. Genere Commedia, colore 92 minuti. – Produzione USA, Canada, Ungheria 2007. – Distribuzione 20th Century Fox

Before the devil…

Before the devil…


Before the devil knows you are dead  titolo originale del film Onora il padre e la madre,  è un tipico brindisi  irlandese. “Possa tu andare in paradiso mezz’ora prima che il diavolo venga a sapere della tua morte”.


Ma di paradiso manco l’ombra in questa storia in cui invece il diavolo sembra insinuarsi ovunque. In quanti modi si può raccontare il delitto con e senza castigo, l’imperscrutabile casualità che rovescia i destini di intere famiglie, l’autodistruzione ,la frantumazione dei rapporti? Non moltissimi dopo i maestri Bergman, Hitchcock, Visconti.. Qui Lumet risolve brillantemente il problema della grafia convenzionale che spesso sottrae fascino e mistero alle storie. Destrutturare un racconto evitando la noia del susseguirsi consueto – A B C – senza tregua, dal prologo all’epilogo, in un ritmo senza suggestioni ne’ sorprese ,non significa necessariamente ricorrere ai flashback .Qui il tema narrativo è  un puzzle dove passato e presente coesistono e s’incastrano per tracciare il quadro di una spaventosa catastrofe familiare. La narrazione si spezza e si ricompone mescolando le parti, agganciandosi di volta in volta allo sguardo dei protagonisti che da angolazioni diverse,  aggiungono a poco a poco informazioni e verità.Quale modo migliore per raccontare di perverse dinamiche famigliari? Un po’ tragedia greca, un po’ dramma  shakeaspeariano, comunque un film provocatorio, su empietà filiale, revanches , risentimenti, fallimenti e perdita di valori . L’ottantaduenne Sidney Lumet offre una pregiata lezione di stile, per un film innovativo quanto a tematiche , perfettamente in linea con le ultime tendenze Hollywoodiane.Una stagione in cui il delitto  non paga, sta per chiudersi negli Stati Uniti.Il cinema puntualmente ne racconta l’ orribile pregresso registrandone il declino.Bravissimi gli attori. Fantastica (al solito) Tomei.

Before the Devil Knows You’re Dead è un film di Sidney Lumet. Con Philip Seymour Hoffman, Ethan Hawke, Albert Finney, Marisa Tomei, Aleksa Palladino, Michael Shannon, Amy Ryan, Sarah Livingston, Rosemary Harris. Genere Drammatico, colore 117 minuti. – Produzione USA 2007. – Distribuzione Medusa

La banda Bush

La banda Bush

Appoggiata ? Oh no , no no, voi l’avete venduta : la sua rete apriva  ogni servizio sull’invasione in Iraq con una bandiera digitale  a tutto schermo, il saluto dei marines dalla mascella quadrata ,la maestosa aquila in volo su una musica solenne .Sa in un certo senso siamo nella stessa squadra ,abbiamo entrambi delle responsabilità ,voi avete già venduto la guerra,ora le chiedo di aiutarmi a vendere la soluzione .

Lui è Jasper Irving un senatore repubblicano che vuole regalare l’esclusiva di un nuovo piano strategico a Janine Roth, giornalista di lungo corso , combattuta tra lo scoop e l’evidente manipolazione di un uomo politico che cerca di imporsi come futuro Presidente  degli Stati Uniti.

 

Sono una delle tre coppie di Leoni per agnelli. Poi c’è il professor Malley  e Todd un suo allievo disilluso e Arian e Ernest  due soldati dispersi sulle montagne dell’Afghanistan ed ex allievi a loro volta del professor Malley. Tutti insieme sviluppano tre azioni parallele che concorrono allo schema, un po’ nello stile di Altman . Settimo film da regista per Robert Redford, presentato a Roma Film Fest l’autunno scorso con dovizia di lezioni e incontri con il pubblico animati dallo stesso Redford e dagli attori .

Francis Ford Coppola, sempre a Roma ma in distinta lezione, ci aveva già spiegato che un vero film antimilitarista per essere efficace, deve ignorare del tutto la guerra e parlare magari d’amore o che so..d’altro.Questa di Redford è un’opera  molto teatrale con dialoghi intensi e  bellissimi in cui il tema del conflitto è  un catalizzatore di questioni esistenziali e le parole  atti di accusa potentissimi contro le politiche muscolari americane più o meno recenti.Dedicato ai giovani sconfortati dai fallimenti della Storia e all’aspirazione di poter cambiare il mondo che Redford caparbiamente (ed onorevolmente) coltiva,recitato da attori talmente coinvolti e in parte da rendere inadeguato qualsiasi aggettivo, Leoni per Agnelli è un film denso,significativo e sperimentale, pregevole  e raffinato oltre che  controcorrente.. ..e  c’è da scommetterci, in odore di (meritatissimo ) Oscar.