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La spinta propulsiva del (trascorso) ottobre

La spinta propulsiva del (trascorso) ottobre

maggio p 457

Ogni generazione dovrebbe aver diritto alla propria rivoluzione culturale. Ma di qui ad ammazzare ogni volta il Padre, diciamo che ce ne passa. Come dire che un lavorio così minuzioso, ed estenuante come quello di mettere in seria discussione ogni manifestazione del Potere, potrebbe essere compiuto ad ogni levata di slogan o scazzottata con immancabile squadraccia – qui squadretta, anche se egualmente proterva. E armata. Loro sì che non cambiano mai –

 Vale la pena di ribadirlo, a causa dei reiterati paragoni con i movimenti dei tempi andati, in verità sfinenti, come il parallelo aritmeticamente stravagante dei carabinieri con i bidelli o la presunta connessione baroni – studenti. Roba da propaganda Fide, tanto per riempire i talk show della sera e per spostare l’attenzione dalla politica concretezza delle questioni che questo Movimento, autonominatosi Onda, pone, per trasferirla su argomenti forse  più coloriti, ma di nessun interesse.

 Piacerebbe a questo governo una seppur piccola degenerazione, altri scontri e nuove violenze. Ma la voragine tra chi vede al centro del proprio futuro il Lavoro e chi quello stesso tipo di futuro ideologicamente rifiutava, pensando ad altra società, importa atteggiamenti, non solo strategici, differenti.

Qui non si assalta il cielo. Si circonda il palazzo della Pubblica Istruzione nella speranza di un confronto politico che sortisca il risultato. Il che non  minimizza affatto la spinta propulsiva dell’Onda ma al contrario ne garantisce la forza, il consenso, e, si spera, la longevità.

In tal senso questi giovani pur gelosi –  e a buon diritto – della propria autonomia, hanno capito non solo di aver bisogno di alleanze ma anche quanto ricca di  insidie sia questa stessa pratica. Lo hanno saputo, a loro spese, gli studenti di un municipio di Roma che il giorno antecedente gli scontri di piazza Navona,  hanno inteso manifestare con gli studenti di destra, dai quali poi  hanno saputo  prendere le distanze,   diversificando i cortei. Ancor di più ne sono consapevoli gli universitari, per quanto concerne  il rischio di battaglia conservatrice che la protesta potrebbe assumere,  se rimanesse tale, cioè senza l’elaborazione di proposte in alternativa.

A noi non resta, invece che rimembrare un passato che più passato non si potrebbe,  trarne le lezioni del caso : un governo che  grazie ad un netto consenso è poco incline a lasciare spazio al controllo democratico, rende, a tratti, inefficace, la sola pratica riformista d’Opposizione. La democrazia ne risulta così, azzoppata. 

Salvo che nel Paese non si muova altro tipo di Opposizione in grado di riattivare l’intero meccanismo.Tutto ciò, in democrazia, corrisponde all’interesse dello stesso Paese. Niente di utopico o di rivoluzionario. Soprattutto niente di criminalizzabile. Anzi.


Gente che lotta

Gente che lotta

Citta della musica  12

Visti da vicino,  in questi giorni in cui è impossibile andare in giro senza  imbattersi  in cortei, lezioni in piazza, occupazioni e sit in, il sospetto di essere di fronte ad una solida determinazione, ha trovato ieri sera a Città della Musica, immediata conferma. E sia ben chiaro : se si è evitato il peggio, lo si deve a loro. Quelli che l’informazione sciatta, pretende per forza di imbrigliare in una qualche definizione e che hanno dimostrato una preziosa qualità politico-strategica : nervi saldi.

Sarà anche una protesta fondata su bisogni elementari e come tale, aliena dal volare alto delle battaglie d’antàn o come impropriamente viene scritto non politicizzata, ma sono i partiti con le loro strutture ossificate e la loro conduzione, a non essere apprezzati. Non la Politica, che dimostrano di conoscere e di maneggiare, nella ricerca ostinata di unità, di collegamenti con le altre componenti scolastiche, con altri movimenti che in città si battono per il diritto all'istruzione o per un tempo scuola dei contenuti o per un ennesimo spazio di libertà minacciato dal Comune. La ricerca dell’obiettivo che unifica, piuttosto che la tendenza  sgretolante dei mille distinguo, è un tratto di maturità politica, degno di ogni riguardo.

Un’operazione di vero contrasto alla determinazione di questo governo di istigare i cittadini per porli gli uni contro gli altri.

Non ho sentito in questi giorni un solo slogan, ne’ visto un solo atteggiamento declinare verso il populismo, l’invidia di classe – e ne avrebbero ben donde – la demagogia, la qualunquistica ricerca della visibilità a tutti i costi. : nessuna delle pulsioni che ha animato i movimenti di piazza in questi ultimi tempi, è presente. Sono persino capaci di andare in televisione, evitando accuratamente le trappole dialettiche e il paternalismo di interlocutori che vorrebbero, con poca spesa, incutere rispetto. Ovvero di esporre innanzi al plotone di celerini schierato, lo striscione su cui è scritto che quella battaglia riguarda anche loro.

E tuttavia non è per mitezza che si sono, almeno fin qui, evitati, gli errori del passato. Casomai per dignità, per spirito di resistenza di fronte a una Minaccia che oramai investe tutti i settori della nostra vita e che rischia di spappolare ogni residua area del “pubblico".

Questo movimento merita il rispetto che si deve ad una voce autenticamente dissonante nel panorama piatto e consenziente della vita politica. Non trattiamoli come l’ultimo pezzo di folklore rimasto in città, non raccontiamone le magliette, non confrontiamo le loro abitudini di lotta con i movimenti del passato. Non facciamo torto alla loro intelligenza. Soprattutto non trattiamoli da bravi ragazzi. Sono persone che lottano. E che sarà difficile mettere a tacere

Bentornati ( c’è un altro paese)

Bentornati ( c’è un altro paese)

Vediamo se con ciò, la facciamo finita con la retorica della maestrina (unica) che negli anni cinquanta teneva classi di 40 ragazzini ingrembiulati e –  usa a obbedir tacendo – sorrideva, tutta abnegazione e spirito di servizio. Con l’occasione vediamo anche chi sono e cosa pensano, tutti coloro i quali, intervistati dai sondaggisti,  hanno risposto che a loro la Gelmini non piace affatto. Checchè se ne dica , sembra esistere un altro Paese che chiede la parola e che magari andrebbe ascoltato. I tagli non sono risparmio, sfigurano gli assetti. Producono nella scuola elementare 24 ore di didattica alla settimana contro le 40 attuali, realizzano classi di 31 alunni per i quali, se va bene, dopo le 12,30 c’è  il doposcuola. Non la didattica strutturata come è adesso, ma il parcheggio. Se va male, tutti a casa. A godersi, dopo il rapporto con la maestra unica, quello  esclusivo con mammà che ovviamente non lavora e non aspetta altro che una dimunuzione del tempo scuola.  Fanno bene le famiglie a protestare. Il maggior costo di questa geniale trovata, sarà sulle loro spalle. E fanno bene anche gli universitari, per i quali si prevedono aumenti delle tasse, senza parlare del rischio di privatizzare, quanto invece dovrebbe rimanere pubblico e accessibile a tutti. E se tutto questo parapiglia dovesse servire anche solo a rimettere in discussione ciò che si vorrebbe far passare con la prepotenza e per decreto, sarebbe già un risultato strabiliante, un innesto di democrazia nella paludaccia dell’ imbarazzante consenso. Bentornati davvero.