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Chiamiamolo destino

Chiamiamolo destino

Ci sono foto dell’esilio londinese di Benazir Bhutto che la ritraggono in abiti europei, qualcuna persino in vacanza al mare. A guardarle adesso,  vengono  in mente banalità del tipo  chi glielo ha fatto fare. Perchè Benazir Bhutto sapeva che il suo, chiamiamolo destino, era segnato, che altissimi sarebbero stati i rischi che avrebbe comportato il suo ritorno in Pakistan ma sapeva anche di non poter fare a meno di tornare,di dover correre quei rischi. Non basta avere la laurea eccellente conseguita in una celebrata università , non basta provenire da una delle famiglie politicamente più importanti sulla scena mondiale, servono generosità e senso del dovere. Erano quelle doti a fare la differenza. Donna, leader, musulmana, capace di vivere senza imbarazzi a occidente come a oriente, dunque vittima designata ed emblematica di tutti gli integralismi. C’è probabilmente meno speranza per il Pakistan adesso.Ma Benazir non può non rappresentare una crepa profonda in quel complicato sistema di potere,ambiguità,religione,malaffare che è il suo paese.E questo è un ruolo che continuerà a svolgere. Comunque.

Com’era laica la mia valle

Com’era laica la mia valle

CampSenza il voto dei comunisti, naturalmente,la legge [ Fortuna – Baslini – sul divorzio] non sarebbe mai stata approvata,ma i dirigenti delle Botteghe Oscure, Enrico Berlinguer in testa,erano ancora convinti  che la maggioranza del paese ed in particolare i suoi ceti popolari,fossero sostanzialmente indifferenti al problema.Valeva la pena per una questione tutto sommato marginale,andare incontro alla sicura ostilità dei cattolici e della Chiesa? L’interrogativo si propose,in modo quasi drammatico, quattro anni dopo [ cioè nel 1974 ],di fronte alla prova del referendum sul divorzio ,promosso dalle più retrive organizzazioni cattoliche e sostenuto con grande vigore polemico ,da Amintore Fanfani all’epoca segretario della DC .Evitare il Referendum fu per molti mesi la preoccupazione principale delle Botteghe Oscure ,anche a costo di rivedere la legge,anche a costo di escluderne i matrimoni religiosi,a qualunque costo.Si consultarono famosi giuristi,si consultarono alti prelati,alla ricerca di una soluzione possibile….

Miriam Mafai . Botteghe Oscure Addio. Edizioni Mondadori

Nei passaggi successivi del capitolo L’amore al tempo della guerra fredda di questo suo bel libro, Miriam Mafai, racconta come la battaglia divorzista all’interno del partito fu sostenuta da un drappello di donne assai determinate,  Adriana Seroni,  Giglia Tedesco ed altre, che riuscirono a fatica ad imporre il proprio punto di vista in un susseguirsi di riunioni agitatissime al limite dello scontro fisico.Non posso ricordare  il clima che accompagnò l’approvazione della legge Fortuna Baslini ma ho ben chiaro nella memoria quello  in cui si svolse la battaglia per il Referendum.Ieri l’altro la stessa Mafai in un articolo su Repubblica (Prima sconfitta del Partito Democratico) con riferimento esplicito alla mancata approvazione della delibera di iniziativa consiliare sui Registri delle Unioni di Fatto, ha rilevato come quarant’anni fa, conquiste civili si fossero ottenute nonostante la contrarietà della Chiesa e come quella stagione, probabilmente alle spalle,sia da ricordare con nostalgia. Con tutta la buona volontà  a me pare che allora come ora, il concetto di laicità fosse ancora di là da introiettare e che leggi come quella sul divorzio o sul controllo delle nascite (entrambe sottoposte, successivamente alla loro approvazione, a Referendum abrogativo in   un iter complessivo tutt’altro che piano ) fossero più l’esito di un clima di consociativismo, qualcosa dunque di ben distante da una vera e propria  concezione laica della politica. Come è possibile rimpiangere  un’epoca  contrassegnata dai moralismi più disparati? E a parte una consistente differenza di scenari che si muove tra il concetto di  divorzio e quello delle unioni di fatto, siamo inoltre così convinti che il tema delle unioni omosessuali che tanto divide le forze politiche non rifletta una divisione che esiste anche nella Società Italiana , forze progressiste comprese? Vero è che sui fronti interni si dibatteva con altro spirito . Le campagne referendarie di allora risentirono beneficamente delle perplessità berlingueriane e nel contempo conservarono la forza di Adriana e delle compagne.Erano prive di riferimenti simbolici e di provocazioni. Senza negare il dramma che sottende il fallimento di un’unione, ci si batteva per i minori,per le donne,per la possibilità di scegliere e , puntando dritto al cuore delle cose e al risultato, si vinse rivolgendo la vis polemica tutta all’esterno.Come si conviene in una contesa. Era spirito laico? Forse, ma soprattutto era un mettere la Politica al centro dell’attenzione.Oggi ci disperiamo per un decreto “antiomofobia" che inserito come i cavoli a merenda, in un pacchetto sicurezza, puzza di merce di scambio ( e non di mediazione) lontano un miglio e per il Registro delle unioni di fatto che pur non migliorando di un millimetro le condizioni di vita degli interessati è stato utilizzato da una parte politica  come un corpo contundente da far esplodere in un settore del proprio stesso campo. Nessuno dice che a Roma asili ,trasporti e mense scolastiche  sono anche per coppie non sposate e non da un giorno. Ma non importa che entrambi i provvedimenti invece che essere improntati ad un Criterio di Utilità siano ridotti ad essere assunti semplicemente a  simboli . E’ politica questa? E’ un gesto politico rifiutare l’Ordine del Giorno che sollecita il Parlamento a deliberare sui CUS? E’ stato avveduto in assenza di maggioranza certa, comunque proporre la delibera istitutiva del Registro delle Unioni?Tutto quello che abbiamo ottenuto attraverso quella forzatura è stato non deliberare su un bel nulla.Siamo usciti dall’aula di Giulio Cesare così come eravamo entrati : Niente di fatto: Laici certo non lo siamo di più, a partire dalla gestione dei rapporti tra componenti una stessa coalizione una parte della quale, preferisce evidenziare le lacerazioni interne al PD piuttosto che lavorare al raggiungimento dell’Obiettivo. Messa così come è stata affrontata in Consiglio Comunale a Roma , la questione si risolve ad un problema di maggioranza e minoranza.Non abbiamo i numeri. Magari è il caso di cominciare a reperire i consensi  intorno ai temi che ci stanno a cuore. Altrimenti non vince nessuno.Men che meno la laicità.

Tina

Tina

Tina, ospite di Matrix in collegamento dalla sua abitazione ,  racconta la sua storia con la schiena appoggiata ad un mobile sul quale è stato sistemato un presepe che i bambini le avevano chiesto in anticipo sulla data prescritta. La sua severità non lascia spazio ad indagini inappropriate sugli stati d’animo che accompagnano il lutto. Così, tirerà diritto fino alla fine della trasmissione con gli occhi asciutti parlando il necessario, dunque dicendo molto con quel porre al centro del suo racconto i fatti. La condizione di Tina, vedova recente di Antonio, e della sua famiglia, a noi viene generalmente  raccontata per spot ripetitivi ai margini di talk show di ministri ed esperti  – salari i più bassi in Europa ! La benedetta quarta settimana. Dismissioni. Flessibilità. Precariato. Sicurezza . Ecco perchè, da ieri sera ,  al di fuori degli enunciati e delle semplificazioni, la strage alla Thyssenkrupp assume altri connotati. Ed è Tina con la sua rinuncia alla terminologia e agli atteggiamenti di circostanza a tirarci per la manica e a ricondurci alla realtà delle cose, per fare questo sono sufficienti la sua compostezza ed  alcuni stralci di vita quotidiana : dai contrasti col marito che lavorava troppo alle apprensioni per il rientro o l’andata sul tratto di strada che separa casa sua dalla Thyssenkrupp. Settanta chilometri . Le conclusioni di chi sta ad ascoltare sono semplici : Da qualche parte, noi consentiamo che la dismissione di un impianto delle acciaierie , avvenga senza alcuna programmazione, come fosse un’attività  da poter destinare a  naturale esito senza procurare danno. Eppure sono note ai dotti capitani d’industria tedeschi  e non e ai loro consulenti, le ricadute che insistono su simili eventi, sfilacciamento dell’organizzazione del lavoro,quantitativi di ore di straordinario dissennate fino al raddoppio del singolo turno,abbandono di ogni pratica di manutenzione e sicurezza anche la più elementare.Tanto si deve chiudere, a che serve investire ? Così come stanno i fatti sarebbe stato un miracolo se l’incidente NON fosse avvenuto. Allora un Consiglio dei Ministri, i decreti attuativi, l’inasprimento delle pene ai trasgressori , lo stanziamento di fondi per le famiglie delle vittime, non bastano.Ai tavoli e ai tavolini governativi manca il Convitato di Pietra, il maggior interlocutore e in molti casi Responsabile : manca la Confindustria alla quale rammentare che i benefits ricevuti  da questo Governo, erano destinati alle Imprese per creare Sviluppo, non funerali. Sotto questo aspetto il lancio di uova all’indirizzo dell’Unione Industriali ieri a Torino è francamente il minimo che potesse accadere .Tina ha fatto bene a mostrarsi in pubblico e a dire dolorosamente la sua, compresa,allentato solo per un attimo il riserbo, l’unica preoccupazione : quella di essere dimenticata.

Antonio, Roberto, Angelo, Bruno (Acciai Speciali Terni )

Antonio, Roberto, Angelo, Bruno (Acciai Speciali Terni )

AntonioDi lavoro non si deve più morire.Certo.Ma di lavoro non si dovrebbe nemmeno vivere perché non c’è estintore carico e norme di sicurezza che tengano..alla quarta ora di straordinario cioè alla dodicesima di servizio, Ferriere , ThyssenKrupp in dismissione, a tirare gl’impianti più che si può , fino a farli scoppiare, ore due del mattino, criminale è il modello produttivo, quello economico e quello sociale. E allora più insultante della retorica è chi appunta l’attenzione sulle Regole che ci sono e sulle quali semmai sorvegliare,spostando il tiro su uno degli effetti , rimuovendo così dalla coscienza la Causa. Adesso arriveranno i risarcimenti e le donazioni (chissà se una volta spente le luci invece, ci scapperà una pensione) perchè questi quattro ragazzi sono morti sul palcoscenico giusto,al momento opportuno ma che ne è delle novecentottanta famiglie alle quali quest’anno il Lavoro ha sottratto  un congiunto ?

Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino e Bruno Santino,per trovare i loro nomi e cognomi sui giornali ho durato fatica, mentre invece abbonda tutto il resto del corredo.

Antidoti minoritari

Antidoti minoritari

Impegnata com’è a dar conto delle nascite di nuove formazioni,nuove ipotesi di riforme elettorali,nuove dichiarazioni e nuovi possibili scenari,la stampa ha quasi sorvolato sul rapporto annuale del Censis. Men che meno, se ne è accorta la Politica (antagonista,di governo, più o meno impegnata in assise , esecutivi e convegni ) che a fronte di espressioni forti ed allarmanti  che definiscono la società  poltiglia di massa impastata di pulsioni, emozioni, esperienze e, di conseguenza, particolarmente indifferente a fini e obiettivi di futuro, quindi ripiegata su se stessa, non ha fatto una piega incassando l’inevitabile conclusione e cioè che l’intera società civile non è migliore della sua politica e della sua economia.Ma non basta : il benessere piccoloborghese degli ultimi decenni ha creato un monstrum alchemicum che ci rende impotenti come ad una generale entropia.Tant’è.E mai come questa volta il linguaggio del Rapporto trova rispondenza nella sensazione diffusa di una deriva verso il peggio in ogni campo della vita sia individuale che collettiva. Ne’ è lecito sperare in antidoti poichè  – prosegue il Censis – l’offerta culturale e politica che oggi tiene banco è un’offerta taroccata dalla logica vuota degli schieramenti. L’unica cosa che si salva ,sempre secondo il Censis, in questa mucillagine oscura è il silenzioso boom di una minoranza industriale : cresce l’export manufatturiero,il fatturato delle imprese e il PIL, peccato però che tutto ciò non riesca a creare Sviluppo. Pertanto in una società così inconcludente appare difficile attendersi l’emergere di una qualsivoglia capacità o ripresa di sviluppo di massa, di “sviluppo di popolo” come si diceva una volta; e le offerte innovative possono venire solo dalle nuove minoranze attive, ovvero:

–  la minoranza che fa ricerca scientifica e innovazione tecnica è orientata all’avventura dell’uomo e alla sua potenzialità biologica;

–  la minoranza che, nella scia della minoranza industriale oggi rampante, fa avventura personale e sviluppo delle relazioni internazionali (si pensi ai giovani che studiano o lavorano all’estero, ai professionisti orientati ad esplorare nuovi mercati, agli operatori turistici di ogni tipo, ecc.);

–  la minoranza che ha compiuto un’opzione comunitaria, cioè ha scelto di vivere in realtà locali ad alta qualità della vita;

–  la minoranza che vive il rapporto con l’immigrazione come un rapporto capace di evolvere in termini di integrazione e coesione sociale;

–  la minoranza che si ostina a credere in una esperienza religio­sa insieme attenta alla persona e alla complessità dello sviluppo ai vari livelli;

– e le tante minoranze che hanno scelto l’appartenenza a strutture collettive (gruppi, movimenti, associazioni, sindacati, ecc.) come forma di nuova coesione sociale e di ricerca di senso della vita.

Si tratta senz’altro di una sfida faticosa, che le citate diverse minoranze dovranno verosimilmente gestire da sole. Ma sfida desiderabile, per continuare a crescere forse anche con un po’ di divertimento; sfida realistica, perché non si tratta di inventare nulla di nuovo ma di mettersi nel solco di modernità che pervade tutti i Paesi avanzati. Non so dire se una simile visione contenga la chiave per uscire dall’impasse,la sensazione piuttosto è che forse non rimanga altro da fare. Le piccole realtà virtuose e volenterose,vadano avanti comunque, da sole, incuranti della generale disgregazione, incoraggia il Censis…E’ possibile ? Nel frattempo la fiducia nella Politica sfiora i suoi livelli più bassi ne’ si può dar torto ai cittadini disinteressati ad un dibattito nazionale che non riesce a uscire fuori dalle secche dell’autoreferenzialità o da un Calendario dell’Iniziativa gestito esclusivamente dall’Emergenza – ieri la Sicurezza a fronte di un omicidio  oggi la Sicurezza sul Lavoro a fronte di altri , quasi novecento all’anno oramai, omicidi sul lavoro.Senza che, in nessuno dei due casi, pur negli strepiti emozionali, si riesca comunque a far altro che tappare una falla.