E’ la sconfitta che va guardata in faccia. Perchè va accettata. Perchè succede alla storia di regredire invece di avanzare e ai diritti conquistati di essere perduti.
E’ stagione di ammutolimento generale dentro al recinto della società.
E’ stagione di riduzione del lavoro umano ad ingranaggio del profitto privato, esposto al suo libero arbitrio. Come fu negli anni della restaurazione della tirannia in fabbrica dopo la lotta di liberazione., così oggi la vita operaia è variabile dipendente da orari turni tempi e soprusi della proprietà aziendale.
Cedere questo è l’ordine del giorno.
Con il pensiero intatto, almeno quello, che siano passi indietro come quelli di chi prende la rincorsa per rivincere.
Erri De Luca l’Assedio di Pomigliano Il manifesto giovedì 17 giugno 2010
Non si sarebbe dovuto arrivare a tanto. Una trattativa che vede una delle parti stretta in un vicolo cieco, senz’altra possibilità che accettare condizioni mortificanti, mancando l’elemento basilare della pariteticità, non è una trattativa.
Tuttavia non sono d’accordo a caricare Pomigliano di simboli e significati oltre la doverosa e quanto più possibile lucida analisi dei fatti e dei fenomeni al contorno.
Un episodio di normale protervia padronale all’epoca dell’operaio – non più idraulico – polacco di Tychy?
Certamente.
Ma anche l’evidente inadeguatezza del nostro sistema di relazioni industriali. E della Politica che dovrebbe tenersi fuori da vicende del genere se non per metter mano a quella mancanza di alternative, vero leit motiv di tutta la querelle.
Certo è che se di tutto questo si continua a fare un emblema, Pomigliano diventerà immediatamente un modello esportabile in altre situazioni. Come Confindustria pretenderebbe. E almeno questo non deve accadere.
Cedere questo è l’ordine del giorno.
E non ci sono motivi giuridicamente validi perchè l’accordo diventi il modello del futuro.
Prima di tutto il lavoro. Poi vedremo se i diritti che si sono toccati erano o meno nella disponibilità delle parti in causa. Ma quello che dovremmo soprattutto pretendere è una nuova regolazione del sistema delle relazioni industriali con una ridefinizione, tra l’altro, di regole sulla Rappresentanza, che così com’è concepita, ha in questa occasione, rovinosamente mostrato falle e limiti.
Da una parte un ricatto pesantissimo, dall’altra una componente sindacale che non trova l’accordo con le altre e che non essendo, allo stato, vincolata al rispetto di patti che non riconosce, inasprisce, di fatto, le condizioni.
Che aspetta il Sindacato a darsi nuove regole? Che lo faccia questo Governo?
Stamane su tutti i giornali Marchionne tiene banco con le storie che piacciono alla gente – lo sciopero nel giorno della partita, l’assenteismo record ed il resto – lo fa alla vigilia di una manifestazione pro accordo e di un inutile referendum. Sarebbe bello argomentare di rimando e non con il solito repertorio di armi spuntate, compresi quei cospicui aiuti di Stato che oggi risuonano come ulteriore beffa. Anche l’assenteismo ha un rilevante costo sociale, quanto ai calendari degli scioperi, non giurerei.
Un pezzo della sconfitta da guardare in faccia è anche qui.
Tra parentesi :
(Curiosamente l’aspetto che più mi colpisce dell’accordo è la parte dedicata all’organizzazione del lavoro, non tanto per quei parametri world class manufactoring, presenti già dai tempi di Chaplin – solo che lì non erano world e a verificare il tutto c’era l’orologio con i minuti e non il computer con i centesimi di secondo – quanto il mirabile sistema a incastro di norme a fregatura fatti di pause pranzo a fine turno – tanto per eventualmente compensare in quella mezz’ora, già quaranta minuti, ogni perdita di tempo anche quelle dovute a cause di forza maggiore – ovvero le ottanta ore pro capite di disponibilità allo straordinario senza colpo – di preavviso e contrattazione – ferire, ovvero l’abolizione di un giorno di riposo.
Tempo, tempi e se a Tychy si dovesse sfornare una Panda al secondo, così dovrebbe essere anche a Pomigliano, Melfi e Mirafiori. Qui è l’Azienda a non avere alternative.
Questo emblematico – stavolta sì – inverarsi della globalizzazione reclama a gran voce contromisure differenti poichè come avvertiva Luciano Gallino su Repubblica di lunedì scorso, un simile metodo di lavoro è studiato per rendere l’essere umano il più possibile simile al robot mentre il sistema di concorrenze spinge le aziende a produrre meglio e a costi sempre più bassi.
Mi domando quanto possano i soli e pur sacrosanti diritti costituzionali, contrastare simili tendenze. Forse è tempo di stare nella trattativa con atteggiamento più pragmatico ed aggressivo)
Nelle illustrazioni da Tempi Moderni di Chaplin : sopra : la macchina che consentiva l’ottimizzazione del tempo mensa
sotto : la bellissima Introduzione.