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Categoria: String of pearls

Questa che vedi …

Questa che vedi …

 

...è la tua Italia, un paese straordinario, unico…..che devi ancora scoprire ( dallo spot del Ministero del Turismo, voce narrante, Silvio Berlusconi)


Bella l’idea della Voce Narrante, miglior ruolo non avrebbe potuto ritagliarsi il Premier, avvezzo com’è al Racconto che fila via liscio, parole adatte, espressione accattivante : ogni cosa al suo posto.


Prima di tutto il Fare, poi la Libertà, l’Amore, i Cattivi che si mettono di traverso, i Buoni nel mirino di Persecutori ed Invidiosi. E tutto questo nonostante i – risultati – ottenuti


Capita è vero, che a volte la narrazione inciampi  contro  qualche Evidenza. Chessò un ministro nominato in fretta, un Benefattore ritenuto fin qui Universale, un cumulo di rifiuti che riaffiora, un presidio di disabili, di licenziati, di terremotati…ed è proprio in questo caso che la voce si fa meno sensuale e convincente. Qualcosa scricchiola, i conti non tornano.


Le conseguenze sono plasticamente riprodotte nell’immagine qui sopra. Secondo il Racconto che dopo la breve interruzione viene puntualmente riannodato da Altri, questo giovane è uno scudo umano, un infiltrato dei no global, un furbetto, un potenziale evasore o, nella migliore delle ipotesi, un ingrato.


Tanto per ribadire che comunque quel  che è stato realizzato in Abruzzo, non gli spettava di diritto. Persa la casa,il lavoro e gli affetti col terremoto, avrebbe dovuto ringraziare per la roulotte, il soggiorno negli alberghi della costa, la casetta provvisoria o quel che è.


Cittadini mai. Persone tantomeno. Cosa può un Racconto.


Domani i giornali non saranno in edicola, le motivazioni dello sciopero sono condivisibili, qualcuno avrebbe preferito altre forme di lotta ma io credo che debbano essere gl’interessati a decidere se sia più efficace l’astensione o il supernumero con le malefatte del governo, la pagina col post- it gigante o quella tutta nera. Stavolta è’ stato detto sciopero. E sciopero sia.

Tuttavia chi ha nelle proprie mani la Responsabilità  di un altro Racconto, la metta a profitto. Nella notte in cui tutti i gatti sono bigi, i lettori si aspettano soprattutto di capire. L’Informazione in tal senso, può molto.

Per il resto come dicono quelli di Libération l’Info est un combat. Sempre. Oltre lo sciopero. O così o non è.




 

 

 

 

La bella politica

La bella politica

cavallo08112m

Non c’è niente di male ad ammettere che il PDL abbia ritirato, dopo aver opposto una breve resistenza, la candidatura Pecorella a giudice della Corte Costituzionale. Anzi non c’è niente da ammettere : è la verità.

Che poi tra Pecorella e Orlando ci siano differenze abissali, è tanto vero quanto ininfluente, soprattutto quando si parla di metodo e non di merito.

Confondere i due piani equivale ad un’ inesplicabile  scalata agli specchi. Alla fine della quale la verità rimane tale e quale,  e cioè  che la PDL ha ritirato una candidatura sulla quale non c’era possibilità di convergenza, mentre PD e IDV hanno insistito oltre ogni ragionevole chance di successo, con la candidatura Orlando.

Poi ci lamentiamo di non riuscire a trovare formule comunicative efficaci.

Men che meno, quando ad Omnibus un  passaggio di bigliettini tra La Torre PD, e Bocchino PDL, intercettato dalla regia e mandato in onda da Striscia la Notizia, rivela uno scenario in cui quelli che dovrebbero essere aspri contraddittori, altro non appaiono se non come un artefatto gioco delle parti, in cui il contendere c’entra pochissimo.

Io non lo posso dire…ma il precedente della Corte ? Pecorella.. sta scritto nel (non più) misterioso foglietto che stamane Antonello Piroso ha mostrato al pubblico e successivamente consegnato al Direttore del Riformista. Per gli usi consentiti, come si dice in questi casi.

Il mistero però, con buona pace di tutti i media che su  quel biglietto ricameranno a piacimento nelle ore a seguire, è  tutto racchiuso in quel io non lo posso dire.

Il senatore La Torre non lo può dire per rispetto all’alleato Italia dei Valori ?

Che non lo dica allora, assumendosi la responsabilità di una posizione francamente insostenibile, ma quantomeno chiara. 

Ovvero  dica apertamente cosa accade. Cioè che Di Pietro, al quale in questi giorni, è stato più volte richiesto di fornire una rosa di nomi in alternativa , si è rifiutato, insistendo su Orlando.

Certo che subito dopo un simile outing, a La Torre toccherebbero risposte a domande imbarazzanti, del tipo ma che alleato è uno che si comporta come Di Pietro?

Ma questa è un’altra storia. Non si può mascherare oltre certi limiti, l’errore di avere scelto alleati inaffidabili. Ma sono conti che si regolano direttamente. Non ci si può attendere che lo faccia l’avversario in vece nostra.

Poi è inevitabile che vada come è andata , cioè nel ridicolo e nella confusione.Con tanti saluti alla Bella Politica e annessi propositi della Prima Ora.

Il presidio della posizione

Il presidio della posizione

rai

Dice Villari : non mi dimetto perchè sento di rappresentare la soluzione del problema. Il problema sarebbe quello di presiedere la commissione di vigilanza RAI dopo le tortuose vicende legate al fallimento  della candidatura Orlando. Eletto Villari con designazione unilaterale e i voti della sola maggioranza, non è che si siano determinate storture in ambito costituzionale o di regolamento. Ma dato il susseguirsi degli eventi e il particolare contesto, nessuno può cavarsela asserendo che poichè non ci sono state violazioni, la presidenza Villari è regolare e dunque va bene.

Vero è, che dopo le  ripetute bocciature della candidatura Orlando, sarebbe stato utile che l’Italia dei Valori presentasse una rosa di nomi in alternativa, non fosse altro per  evitare che inutili radicalizzazioni esponessero un fianco politicamente – e numericamente –  troppo debole.  Se all’avversario è data la possibilità di selezionare un rappresentante in campo opposto, è scontato che  la scelta cada, non già su colui che meglio incarna il ruolo di garanzia,  ma sul  più malleabile. Sotto questo profilo Villari ha il curriculum ideale : ottimi rapporti con la destra e un percorso di esperto  saltatore da una formazione e l’altra.

Data però l’esigenza di una candidatura differentemente espressa, per lo stesso particolare regime di monopolio di buona parte degli assetti televisivi, si rende  indispensabile una figura sulla quale convergano i consensi. Ovvio che il PD chieda le dimissioni del neoeletto presidente o, in alternativa, che mediti nei suoi confronti,  il provvedimento disciplinare. Scelte maturate al di fuori del partito o del gruppo parlamentare e comunque in disaccordo con gli stessi, non sarebbero tollerate manco in una formazione anarchica. Inutile che si strilli al ritorno dello stile PCUS. Non c’è elettore del PD che io conosca e che in questo momento non si stia chiedendo come si è potuto arrivare a questo ennesimo cul de sac, ma soprattutto se il criterio di affidabilità e di condivisione del progetto, rientrino ancora nei parametri con i quali si scelgono i candidati da inserire nelle liste elettorali. E gli alleati.

Ma per tornare a Villari e al suo stravagante modo d’intendere il concetto di problema e di risoluzione del medesimo, l’elezione a presidente – a suo dire –  conferirebbe alla sua persona  il rilievo politico di uomo cerniera, ruolo indispensabile  nella difficile arte del dialogo tra opposizione e maggioranza.Il che ovviamente rende necessario il presidio della posizione.  Non so davvero, immaginando quale futuro. Certo è curioso un presidente che promuove il dialogo sulla propria successione, senza manifestare la benchè minima intenzione di dimettersi.

Ma probabilmente la chiave di tutto sta proprio in quel presidio della posizione, buttato lì da Villari, con disinvolta spensieratezza. E nel rifiuto di Di Pietro di adire al compromesso : una nuova candidatura o la rinunzia ad avere un presidente dell’Italia dei Valori. In entrambi i casi, mi sembra,  ci si allontani dal problema politico, ovvero dalla tutela dell’interesse comune, per far luogo al vero motivo della disputa : un problema di poltrone e dunque, cosidetto di casta. Spero che Veltroni, in evidente difficoltà, si cavi d’impaccio, decidendo in entrambe le circostanze, quello che molti si attendono. Un bel calcio nel sedere agli amanti del presidio. Rilanciato da tutti i notiziari della sera. E in perpetuo su You tube.

Quasi quasi ci arrabbiamo

Quasi quasi ci arrabbiamo

pechino

Se, come ha detto  il presidente Jacques Rogge, le Olimpiadi di Pechino saranno un grande catalizzatore per il problema dei Diritti Umani, lo si vedrà da qui a qualche tempo. Al momento, i soli  Primati che l’Occidente si è guadagnato sul campo, sono quelli dell’ Ipocrisia e della Doppiezza. Se lo spirito olimpico è – come ci viene ricordato – parte dell’umanesimo moderno, allora alla Cina non bisognava affidare nemmeno l’organizzazione di un torneo di biglie, atteso che quando si parla di violazione dei Diritti Umani, si allude ad ogni sorta di Crimine di Stato : dalla pena di morte, alla tortura, ai lager. Senza dimenticare le brillanti operazioni di trasferta in Tibet, Birmania e Darfur.  Di fronte a tutto questo, i mugugni dei paesi che hanno rilasciato dichiarazioni di sangue o minacciato il boicottaggio, per poi precipitarsi all’inaugurazione, sono stati più insultanti della stessa indifferenza con la quale si è accettata la candidatura di Pechino a sede olimpica. Da una parte si finge indignazione, dall’altra si pensa alle importanti commesse o agli accordi commerciali,  tralasciando di riflettere, stavolta  senza nemmeno prendersi il disturbo dell’indignazione, sulla natura stessa della florida economia cinese, fondata sull’iniquità e sullo  sfruttamento di una manodopera priva di garanzie e retribuita con salari ridicoli. E del resto non lo ha detto già Bush, campione mondiale di tutte le indignazioni,  che il Mercato è l’unica via di salvezza per la Cina ? Non ci vuole molto per capire che quella è l’unica libertà che sta davvero a cuore all’Occidente. Dunque, la festa può cominciare.

I grandi vecchi non sono tutti uguali

I grandi vecchi non sono tutti uguali

Se a stigmatizzare il comportamento dei centri sociali  a Bologna fossero stati Pietro Ingrao o Vittorio Foa ( e credo che ne’ l’uno , ne’ l’altro abbiano potuto apprezzare il lancio contro Ferrara) nessuno avrebbe osato di dar loro dei Vecchi Arnesi. Ciò non è  accaduto a Miriam Mafai che per aver difeso su Repubblica il diritto di parola, è stata più o meno tacciata di essere una vecchia ciabatta che, insieme al suo giornale, impartisce lezioni a destra e a manca, dimentica che al mondo esistono i  centri sociali , le antagoniste iniziative dei quali , non sono trasmesse in mondovisione e dunque ecco qui spiegato che per finire in prima pagina, non resta loro che il lancio di oggetti  in difesa, peraltro non richiesta, di quelle donne che Ferrara taccia di assassinio. Il tutto ad opera di un tale di cui ho avuto cura di dimenticare il nome e che non linko perchè mi fa senso, dalle colonne nientedimeno che del Manifesto di ieri. Ora, io mi guardo bene dall’attraversare la strada e impiegare un po’ del mio tempo per lanciare sampietrini alle finestre della redazione, quantunque  autorizzata dalla condizione di donna piuttosto seccata per il trattamento che il giornale ha riservato alla Mafai, la quale, a ben vedere, s’è accorta del tema dei diritti e dell’universo politico femminile , secoli prima di certe grandi vecchie che dal proprio appartamento di Parigi, ci mandano a dire a mezzo Manifesto, ovvietà sulla rappresentanza femminile. Il comunismo, si sa, non è mai stata una buona lente per leggere la condizione delle donne. Se la cava meglio con quella dei centri sociali e degli oppressi . E allora anch’io dal mio attico di Roma manderò a dire in redazione che per quest’anno e per i seguenti e per la protervia con la quale sono trattate le donne sul giornale, hanno perso un’ abbonata.

Aggiornamento (e ho idea che potrebbe durare all’infinito) perchè qui evidentemente si è toccato un nervo a definire inopportuna e controproducente la contestazione a Ferrara, visto che l’editoriale del Manifesto di oggi paragona i dreamers  i sessantottini di Parigi che manifestarono davanti alla Cinématheque (un movimento di massa ,con un’ idea di cambiamento della società nella zucca che oltretutto  si rifletteva nella pratica quotidiana ) con gli appartenenti ai centri sociali che all’improvviso sono diventati emblema dell’antagonismo nazionale. Allora ho capito anche da dove nasce tutto il livore e la retorica rivoluzionaria d’antan – vecchi, quanto sono vecchi e che tristezza questo eterno baloccarsi con le medesime analisi e i medesimi concetti da anni – il che mi induce a rivedere l’idea che mi ha fatto sempre apprezzare i Perdenti con Dignità, categoria alla quale mi pregio di appartenere. Mi sa che se continua così rimangono solo i Perdenti. Senza la Dignità. E allora non ci sto.E oltre all’abbonamento finirò col toglier loro  anche il saluto.