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Categoria: Americana

St Louis blues

St Louis blues

Barack Obama in Missouri, dove i sondaggi lo danno avanti su McCain  sebbene di poco. Intanto lo slogan delle primarie Yes we can si è trasformato nel più deciso Change we need e anche se proprio ieri i repubblicani, nei sondaggi,  hanno ridotto le distanze di un punto, l’entusiasmo di questa folla a St Louis,  incoraggia l’ottimismo. Di qui al quattro novembre la forbice è destinata a restringersi, diminuendo sempre più, il numero degl’indecisi. Si spera in una distribuzione omogenea dei tentennanti. Change we need, Anche noi lo vorremmo.

Fin du Régime

Fin du Régime

 

 

Arugula eating elitist  lo ha definito  McCain , un elitario mangia rughetta, ma non perché  come vorrebbe far credere la propaganda repubblicana, il contendente democratico,  incurante della crisi, si sia pubblicamente  lamentato dell’aumento del prezzo di un genere – la rucola appunto – che in America viene venduto a prezzi proibitivi, ma semplicemente perché arugola-eating è l’epiteto con il quale vengono definiti ironicamente i radical chic. Tanto per ribadire quanto ce ne corre tra un ex combattente in Vietnam  e un ex professore di Diritto Costituzionale presso la Chicago University. Di qui la trovata di McCain di tirare in ballo durante l’ultimo dibattito televisivo ,  Joe the Plumber ovvero  Joe Wurzelbacher, non propriamente un idraulico ma un aspirante piccolo imprenditore che dopo un comizio a Toledo in Ohio, aveva chiesto conto a Obama del tetto di 250.000 dollari al di sotto del quale il programma dei democratici prevede importanti riduzioni fiscali e che – a suo modo di vedere – penalizzarebbe l’eventuale progetto di acquisizione dell’impresa in cui attualmente  lavora. Ed è a lui, preoccupato dalla risposta di Obama sulla necessità di lanciare un piano di sostegno per la classe media attraverso la redistribuzione della ricchezza, che McCain si è rivolto nominandolo un numero imprecisato di volte  Joe, io ti aiuterò non solo a comprarti l’attività per cui lavori da una vita, ma terrò le tue tasse basse e darò a te e ai tuoi dipendenti la possibilità di avere un’assistenza sanitaria che vi potrete permettere“. Bum.

 A questo punto Obama non ha voluto essere da meno  :  Parlo direttamente a te Joe, se sei lì e ci stai guardando: sai di quanto ti alzerò le tasse? Zero” e fa il segno congiungendo  pollice e indice  E le taglierò a chi ha bisogno: l’idraulico, l’infermiera, il vigile del fuoco, l’insegnante, il giovane imprenditore. E ricordiamoci che il 98 per cento dei piccoli imprenditori guadagna meno di 250mila dollari l’anno. Sensato  (ma quanto guadagna un idraulico  ancorchè in proprio in Ohio?)

Insomma questo tirare Joe the Plumber per la manica è andato avanti un bel pezzo, tanto che l’interessato – un tipo simpatico, vagamente somigliante a Mastro Lindo – ha confessato a posteriori, non senza un pizzico di civetteria, di trovare un po’ surreale il fatto di essere nominato in una campagna presidenziale. Joe voterà quasi sicuramente repubblicano avendo trovato un po’ troppo socialista il proposito redistributivo di Obama ma, a parte non l’aver capito che se vincessero i democratici pagherebbe meno tasse di quanto crede, si è rivelato per McCain l’ennesimo boomerang: ci hanno poi pensato i media a scoprire qualche macchiolina nella condotta di colui  che voleva essere l’incarnazione del sogno americano e che invece si è scoperto avere un passato di contribuente non proprio impeccabile e che, dopo la sconfessione dell’Unione degli idraulici e dei gasisti del New Hampshire : I veri idraulici sono preoccupati per parecchie delle proposte di McCain non sembrerebbe neanche appartenere ufficialmente alla categoria.

Ma a parte tutto questo, è proprio in questi giorni che il cavallo di battaglia di Reagan ( e dei repubblicani negli anni a seguire) il governo non è la soluzione ma il problema viene costantemente smentito. L’America ha avuto modo di sperimentare per trent’anni i fasti dell’ ideologia  della deregulation e del lasciar fare al mercato. Oggi che a causa del tracollo finanziario,  la domanda di governo,  di stato e di norme, di leggi salvataggio, si fa più pressante, McCain appare ancor più vecchio di quanto non lo sia realmente. E di questo suo essere nonostante le sue ripetute proteste – Io non sono Bush –  un esponente dell’Ancient Régime, se ne avvantaggia Obama,  arugula eating o  taxing and spending,  secondo gli avversari ma, che riconosce allo  Stato il ruolo di guida della vita e dell’economia del Paese. Un’era, il cui tracollo è idealmente sancito dal conferimento del Nobel per l’Economia a Paul Krugman, professore a Princeton e da sempre coerentemente critico verso le derive del neoliberismo di stampo conservatore, sta per finire. Spetterà al futuro presidente inaugurarne un’altra. A meno di grandi sorprese, secondo i sondaggi, questa possibilità dovrebbe essere data a Obama che dovrà fare i conti con una delle sfide più ardue dai tempi di  Roosevelt. Non è nella modalità delle campagne elettorali americane, esprimere nei dettagli i programmi, ma Obama guadagna punti perchè oggi, agli occhi dell’opinione pubblica incarna la volontà di soccorrere i più deboli. Speriamo che al di là del grande segno di cambiamento che la sua elezione produrrebbe, quelle aspettative siano premiate. Ora la sua priorità è vincere. Dopodichè dovrà rimboccarsi le maniche.

Era inevitabile che Joe the Plumber,  detto anche Joe Sixpack  ( la confezione da sei, delle lattine di birra) scatenasse la fantasia dei disegnatori satirici, soprattutto dopo la scoperta dei suoi problemi con il fisco. La simbologia più utilizzata rimane in ambito idraulico : il WC e lo  sturalavandini sono i più  in voga. Discretamente in auge  anche associare la sincerità di McCain a quella di Joe.

Sarah’s shoes (Mrs Palin goes to Washington)

Sarah’s shoes (Mrs Palin goes to Washington)

 

I sondaggi  dicono che lo scontro tra i due vice se l’è aggiudicato Joe Biden ma chiunque abbia avuto la costanza di fare le ore piccole per seguire il dibattito televisivo, avrà notato con quale piglio la governatrice dell’Alaska, si è difesa dagli assalti del più preparato – e politicamente scafato – antagonista. Peraltro al contrario di quanto accaduto a McCain, a lei è toccato contrastare una maggior dose di aggressività da parte di Biden. Alla fine la sensazione, checchè se ne dica, è che  la Palin cacciatrice, barracuda, integralista, antiabortista senza deroga alcuna, potrebbe essere  una vera spina nel fianco dei democratici. Nell’illustrazione ci sono le scarpe indossate a Denver. Non a caso. 

Ogni donna può passare per qualsiasi porta che le si apra su di un’ opportunità. Aveva detto, in altra circostanza, lanciando con ciò un avvertimento piuttosto chiaro e non privo di spirito innovativo. Dunque non solo donne dotate di spiccata personalità, con laurea da università prestigiosa e curriculum brillante, ma ogni donna. E Sarah, quantunque dotata di tempra eccezionale, è proprio quel modello di donna qualsiasi che desidera incarnare. Non le esponenti dell’establishment femminista che in America,  ha aggredito professioni maschili e si è accomodato sulle conquiste ottenute, ma il popolo delle donne impegnate a portare, come si dice da quelle parti, il lesso a casa o a governare famiglie con esigenze particolari, magari perchè hanno deciso di avere un figlio anche se non è come gli altri o che ne hanno un altro in Iraq o che si preparano ad affrontare, difendendo il proprio ambito famigliare, i venti di crisi. Gli americani si aspettano che andiamo a Washington per le ragioni giuste e non soltanto per mescolarci alle persone giuste. E la ragione giusta è sfidare lo status quo, servire il bene comune e lasciare la Nazione meglio di come l’abbiamo trovata. Roba da far sembrare Hillary Clinton e Michelle Obama così colte, intelligenti e sofisticate, due esponenti di un universo oramai tramontato. Comunque, due propalatrici di un modello di leader donna assai più conservative e manco a dirlo, decisamente più maschile. E’ possibile che Sarah, donna decisamente di destra, sappia parlare alle donne assai più di tutte le ragazze, giovani o vecchie. del clan Kennedy . Di qui i rossetti branditi dalle supporter a Golden, in Colorado durante una manifestazione in suo favore e le scarpe di vernice rossa,  sparose e col tacco alto, poco adatto agli arrembaggi delle women in career che viaggiano in calzature assai più quiete –  mezzo tacco o pianella – in uno stile minimal & bon ton  molto in auge negli USA tra le democratiche. Non il simbolo dell’eterno femminino, come verrebbe immediatamente letta qui da noi, da Bruno Vespa and co, ma un segnale di netta discontinuità rispetto alla divisa e ai modi di quelle che ce l’hanno fatta. Non sono un membro dell’establishment politico permanente, in politica ci sono candidati che usano i cambiamenti per promuovere la loro carriera. E poi ci sono quelli che usano la propria carriera per promuovere i cambiamenti.

E’ un po’ anche uno dei  temi forti della campagna di McCain  nel tentativo di recuperare fiducia e qualità attingendo a piene mani dal mito di Mr Smith goes to Washington, il capo dei boy scout di un film di Capra che da un imprecisato Stato dell’Unione, viene chiamato a servire il suo paese senza lasciarsi però coinvolgere da regole del gioco disoneste. E qui,per tornare al confronto di due notti fa, il contrasto con Biden, politico di vecchia data, può sortire l’effetto indesiderato di far apparire lei Sarah  come un’ingenua ragazza di campagna tutta freschezza e novità e lui come una consumata e ben introdotta vecchia volpe di Washington DC. Tuttavia la lucidità, l’esperienza  e la capacità di dettaglio del vice di Obama, sono emersi in tutta la loro evidenza, mentre Sarah appassionata oratrice, bravissima a scantonare le domande alle quali preferisce non rispondere,  sembrava più impegnata ad effettuare l’impossibile rimozione di Bush dal quadro politico – perchè continuare a recriminare sul passato? – ripeteva . Ma siamo anche a  Pensylvania contro Alaska, i riferimenti country sono simili anche se i paesaggi differenti, e a una consistente mano di vernice blue collar su Biden, uguale e contraria a quella di hockey mom di Sarah, molto amante delle espressioni gergali e western come piace ai repubblicani. Anche i sondaggi sugl’indecisi assegnano a Joe Biden la palma del vincitore. Da segnalare invece il tocco di classe ( o di tacco, chissà) della Palin che accoglie Biden calorosamente, gli prende la mano e …è un piacere conoscerti, finalmente…posso chiamarti Joe ?

Stand with Hillary

Stand with Hillary

Dice un adagio (ammuffito e quantomai consolatorio) che dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna. Non so se ciò corrisponda a verità cioè se sia davvero possibile questo trasferimento di grandezza da una femmina ad un maschio. Una donna può , a spese tristemente sue, incaricarsi dell’ambizione di un uomo, fare in modo che sia circondato di atmosfere rassicuranti e preziose che poi renderanno più agevole l’andare per il mondo pronto e duro di lui , può creare le condizioni al contorno di un’irresistibile ascesa, può, ingoiando  il rospo, essere indispensabile a salvargli la faccia : andare in televisione a dire che no, che non è successo niente, che sono tutte sciocchezze. Niente di più. In questo ultimo caso, per esempio, Bill Clinton è diventato agli occhi di tutti, di sicuro un uomo molto fortunato ma è rimasto lo sporcaccione traditore che era. Dunque ognuno alla fine mantiene la propria individualità. La grandezza è non trasferibile. Mentre sono in molti a giurare che l’onnipresente coniuge abbia nuociuto alla campagna della consorte. Ma sono illazioni. Una cosa invece è più sicura e accertata : dietro una grande donna, c’è sempre una grande madre. In quel caso è l’esempio a fare la differenza. Per questo è già pronta la spilla Chelsea in ’16. The pantsuits have been passed to a new generation .Il tutto a incorniciare la faccetta sorridente ( e assai migliorata) della piccola. Se son rose fioriranno alle prossime presidenziali. Appunto nel 2016. La tempra di Hillary Rodham quasi mai si smentisce.

Finisce qui ( almeno per ora )

Finisce qui ( almeno per ora )

Speriamo nella vittoria di  Obama, il primo contendente afroamericano per la sfida presidenziale negli USA . Non prima però di aver dato merito e rilievo alle qualità di Hillary Clinton : una carriera politica impeccabile, una competenza costruita con tenacia ancor prima del suo ruolo di First Lady alla Casa Bianca, una capacità di suscitare ammirazione in qualunque ambiente politico americano, ivi compreso quello repubblicano, senza contare il fatto di essere lei, eventuale prima donna a sedere nello studio ovale , la vera idea dirompente, la vera  inversione di tendenza,  rispetto alla politica di Bush. Rispetto a qualunque politica. Aveva le carte in regole per vincere ma ha incontrato un competitor più in grado di lei  di incarnare il rinnovamento. Obama non è più competente, non ha una carriera brillante alle spalle, non si è distinto per particolari iniziative politiche, non ha un cognome leggendario ma è un trascinatore, un entusiasta capace di infondere fiducia. Soprattutto è lontano miglia da quella detestata idea di establishement che invece la figura di Hillary facilmente suggerisce : il rovescio della medaglia per Obama consisterà in  un maggior impegno nel convogliare sulla sua candidatura i voti di quegli ambienti moderati che vedevano in Hillary la risposta  alle loro attese di cambiamento senza troppe avventure. Ovvero i consensi dei fedelissimi ispanici o quelli delle donne. I voti che la Clinton ha caparbiamente continuato a raccogliere anche quando tutto sembrava perduto dimostrano, oltre la grande affezione del suo elettorato che le resistenze di parte dei democratici per Obama sono tutt’ora vive e presenti in questa competizione. Sabato Hillary dichiarerà ufficialmente l’endorsment chiedendo ai suoi di sostenere la candidatura di Obama anche in nome dell’unità del partito. Un’eventuale trattativa per la vicepresidenza per lei, parte da un notevole punto di forza proprio per quanto detto. Obama per vincere ha bisogno di catturare i voti del centro e l’elettorato di Hillary potrebbe riservare brutte sorprese. D’altro canto il ticket dei sogni, non è meno insidioso per Barack : una vicepresidente  assai più capace e avvezza al ruolo pubblico ne offuscherebbe con buona probabilità  il mandato. Vedremo come Obama saprà sbrogliare la matassa e condurre la battaglia contro McCain che, diversamente da lui, ha alle spalle un partito coeso. Per Hillary for president finisce qui. Era cominciata con il “Mettiti il cappotto e vieni a votare per me” nel freddissimo Iowa. Nelle tappe seguenti nulla le è stato risparmiato : dalla mancanza d’ispirazione nei discorsi, alla freddezza, all’onnipresente marito. Persino il fatto di non occuparsi direttamente del gatto Socks è diventata un ‘onta grave da diffondere tramite i media .E poi c’è l’ambizione,  quella che ben prima delle capacità,  alle donne  non si perdona mai, come se per diventare presidente degli Usa, si potesse far senza.