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Categoria: La fabbrica del cinema

Blue moon (without a dream in my heart without a love of my own)

Blue moon (without a dream in my heart without a love of my own)

 

 

 

 Ingredienti di un film riuscito : 

 

Raccontare un  Dalle stelle alle stalle senza che il più piccolo spiraglio di  redenzione attenui la caduta.

Servirsi di un montaggio  a cuci e scuci, ritaglia e ricuci funzionale ad un racconto tutto giocato intorno alla decostruzione del  personaggio principale.

Avere nella testa Tennessee Williams e nelle corde A streetcar named desire.

Alludere alla Contemporaneità con durezza che sfuma appena in ironia.

Affidare il tutto ad una scrittura fluida, precisa ed intellegibile.

Orchestrare un finale imprevisto

Ovvero come raccontare una storia arcinota per il cinema, la letteratura e la cronaca  senza cadere nelle trappole del convenzionale,del prevedibile e del moralismo. Avendo, per di più, cura di arrivare, senza strepiti e pulpiti, a tutti.

Il resto è affidato alla solita elegante pedanteria cui l’Autore ci ha abituati : fotografia, luci, recitazione, arredi,  : tutto s’intona. Birkin, petite veste blanche, perle in chiave tragica (idem). Superalcolici onnipresenti  (mai visto bere così tanto in scena dai tempi di Opening Night della premiata ditta Cassavetes Rowlands)

Il ritorno a casa di Woody Allen non poteva essere che così.

La disperazione di Jeanette -Jasmine – Blanche -Blanchett invece è così :

Anxiety, nightmares and a nervous breakdown, there’s only so many traumas a person can withstand until they take to the streets and start screaming.

 

 

 

Blue Jasmine è un film di genere drammatico della durata di . diretto da Woody Allen e interpretato da Alec BaldwinCate BlanchettLouis C.K.Bobby CannavaleAndrew Dice ClaySally HawkinsPeter SarsgaardMichael StuhlbargAlden EhrenreichMax Casella.
Prodotto nel 2013 in USA – uscita originale: 26 luglio 2013 (USA) – e distribuito in Italia da Warner Bros il giorno .

Ruote carri & tir (due)

Ruote carri & tir (due)

 

Jared ringrazia – I chili persi da Mc Conaughey – celebrati almeno quanto quelli presi da De Niro per fare Jake LaMotta – qui non c’entrano. L’ interpretazione è talmente concentrata a rendere insopportabile e ripugnante  Ron Woodroof  che la spettrale magrezza diventa un dettaglio. Texas, metà anni 80, quelli in cui l’AIDS era chiamata peste del millennio, veniva associata all’omosessualità e mieteva vittime  non solo per l’HIV ma anche per  paura, pregiudizi e cattiva informazione. Se la becca Woodroof,  elettricista di professione e cow boy per diletto, omofobo, razzista, bestemmiatore, puttaniere e gran bevitore, come si conviene – dall’eloquio alla gloriosa falcata – ad un autentico redneck. L’ultimo cui sembrava potesse capitare di ammalarsi di quella malattia da maledetti froci. La nuova condizione di malato terminale lo metterà in contatto con una sistema di cure incerte e complicati protocolli federali  e un’ umanità agli antipodi con la quale mai avrebbe immaginato di interagire. La Storia (vera) del   businnes, ma non solo quello, che Ron mise in piedi importando dal Messico farmaci alternativi non riconosciuti dal governo, procede con qualche piccolo schematismo ma senza scadere nel melodramma raccontando con cura meticolosa soprattutto la metamorfosi del  personaggio mentre ingaggia la sua battaglia solitaria contro il sistema sanitario.E a proposito di questo, Jared Leto nei panni del travestito socio in affari di Ron – la relazione più impensabile – ringrazia,in conferenza stampa, i contribuenti italiani – proprio così –  per avergli consentito,durante una tournee di tempo fa, di curarsi  una fastidiosa  tosse in un ospedale pubblico.Sò soddisafazioni. (Miglior attore a Conaughey)

 

 

Vedi Napoli. Solo qui sanno raccontare la realtà come se fosse favola e le favole come se fossero realtà.Tutto merito di una materia impossibile da reperirsi in qualunque altro luogo e di cineasti di talento che sanno maneggiare – e ibridare! – con destrezza il fantastico,il noir,il poliziesco,la commedia, il musicale. Dunque dopo Là bas ecco Take five altra lettura del romanzo criminale con i cinque componenti di una banda improvvisata che un po’ Soliti Ignoti e un po’  Iene cerca di mettere a segno il colpo che cambia la vita.Meno intenso di Là bas  ma con grottesche e divertenti venature cinéphile si avvale di un cast credibile oltre ogni immaginazione: tutti  – meno Peppe Lanzetta – con fedina penale non immacolata. Poggioreale come l’Actors studio. Magari funziona come riforma carceraria.

Paco, Lollo e o’ Fantasma – I fratelli Manetti non sono napoletani ma che fa? Del resto nemmeno Loy, Schroeter,Turturro, Ferrara, Garrone, lo erano, eppure hanno raccontato Napoli manco fossero nati e vissuti nei Quartieri. Per non parlare di Demme e della sua smodata passione per Avitabile – pudicamente nascosto tra la folla dell’incontro col pubblico con tanto di  Oh my God! del regista. Come dire : Carramba che sorpresa alla sala Petrassi  –  Dunque : Song ‘e Napule, poliziesco più thriller più noir più sceneggiata più musical,la storia di un raffinato pianista diplomato al conservatorio che grazie ad una raccomandazione della madre diventa poliziotto.Infiltrato alle nozze della figlia di un camorrista per fotografare il pericoloso latitante detto o’ fantasma di cui non conosce i connotati, sarà costretto ad accompagnare al piano il neomelodico Lollo Love. Comicità, sparatorie e ammazzamenti  nel segno – anche –  dei cult anni 70  che si sono dovuti al produttore Luciano Martino scomparso dopo questo suo ultimo film. Arrangiamenti neomelodici a cura degli Avion Travel e appropriata sceneggiatura di Lollo – Morelli. Non perdetelo.

Posillipo, Vomero, Sanità, San Giovanni a Teduccio  e un autentico amministratore di condominio – con doti d’interprete davvero fuori dal comune – a fare da guida in queste diverse zone della città. Degrado da contrastare, dinamiche di pianerottolo e famigliari da dirimere  ma soprattutto la faticosa ricerca di risorse per la manutenzione.Da un’idea semplicissima,un ritratto compiuto di Napoli attraverso i suoi quartieri più emblematici.Un modo di fare cinema che Vincenzo Marra,il regista, ama descrivere come un’operazione minimale, da quattro e quattro otto  – niente sceneggiatura, poche maestranze e l’occhio vigile,il suo, direttamente alla macchina da presa – Eppure il suo racconto è sempre così generoso e puntuale da rendere incredibile la totale assenza di impalcature. Uno dei film (fuori concorso) più belli.

 

Dallas Buyers Club è un film di genere drammatico della durata di . diretto da Jean-Marc Vallée e interpretato da Jared LetoMatthew McConaugheyJennifer GarnerKevin RankinDallas RobertsSteve ZahnDenis O’HareGriffin DunneSteffie GroteJane McNeill.
Prodotto nel 2013 in USA e distribuito in Italia da Good Films  

 

Song ‘e Napule è un film di genere commedia diretto da Antonio Manetti,Marco Manetti e interpretato da Alessandro RojaGiampaolo Morelli,Serena RossiPaolo SassanelliPeppe ServilloCiro PetroneFranco RicciardiIvan Granatino.
Prodotto nel 2013 in Italia.

 

Take Five è un film di genere drammatico della durata di . diretto daGuido Lombardi e interpretato da Gaetano di VaioPeppe Lanzetta,Salvatore RuoccoSalvatore StrianoCarmine Paternoster.
Prodotto nel 2013 in Italia.

 

L’amministratore è un film di genere documentario della durata di . diretto da Vincenzo Marra e interpretato da Umberto Montella.
Prodotto nel 2013 in Italia.

 

Ruote carri & Tir

Ruote carri & Tir

Prima festival, poi festa, poi festa trattino festival, larghe intese dove ti giri ( l’ anno prossimo chissà, sempre nella speranza che a qualcuno non venga in mente di chiamarlo  Sagra) E ad ogni  cambio un sobbalzo legato alla destinazione d’uso e alla politica invadente con ovvio codazzo di polemiche. Stavolta meno: meno sponsor ma anche meno sventolii di amministratori locali  sul tappeto rosso,  il che è sempre bene, mentre problemi più urgenti – crisi, debiti, magro bilancio, chiusura delle sale  –  devono aver suggerito una moratoria  almeno per  gli  smaniosi confronti con Venezia o con Torino. 

Un festival trattino festa più dimensionato ma non per questo privo di carattere laddove  German, Tsui Hark e Demme convivono con Spike Jonze,  l’incandescente Lawrence e l’aereoplano Dusty senza che un orribile effetto minestrone – o mercatone –  intervenga sciupando l’armonia di un cartellone che si è rivelato festivaliero ben oltre le aspettative e soprattutto in sintonia  con questa che, per cospicua presenza di gente che lo fa e che lo va a vedere nelle sale, resta Città di Cinema.

Maciste! E poi mostre, tavole rotonde, incontri con il pubblico e retrospettive.Imperdibile Ercole alla conquista degli schermi. Omaggio al Peplum, generone delle mirabolanti imprese, delle galere e dei culturisti platinati e intinti all’olio. Per chi se la fosse persa  o volesse continuare  all’infinito il divertimento nel segno della fiction che più fiction non ce n’è,  il libro dei curatori Della Casa  e Giusti  Ercole alla conquista degli schermi (accorrete).

 

Ruote e carri – Apertura  con  recitatissima commedia italiana. Sembra  sia questo il genere che sappiamo – sapevamo? – fare e che ci caratterizza meglio.E poi tutti a dire: ma perché non una commedia ai festival ? Ed eccoci accontentati : 

Storia – non in concorso –  di un italiano nell’ultimo trentennio  che scorre  sfiorando le tappe di rito ,  terrorismo, craxismo – splendori e fine rovinosa – tangentopoli  e irresistibile ascesa berlusconiana. Di tutta questa materia – o analoghe, variando il trentennio –  in passato si è fatto di  meglio e si sarebbe potuto anche stavolta. Viene subito  in mente  Jonathan Demme,  domenica scorsa all’auditorium, in occasione di una frequentatissima e istruttiva Masterclass : al cinema se non sai raccontare sono guai! Laddove raccontare sta per la fatica collettiva – sceneggiatori, direttori della fotografia, tecnici e non solo attori e registi  – di mettere mano ad una storia  forte. Ecco, questo è proprio quel che manca all’Ultima ruota del carro e che ne indebolisce l’impianto non consentendo al racconto di andare oltre la prova dignitosa. Germano, Memphis e qualche battuta divertente non bastano (più).  Ora che ci siamo meritati Alberto Sordi – che comunque era sempre  Alberto Sordi – che  altro ci dobbiamo meritare?

Cinema su gomma non è Duel, non è Convoy non è Umlauf der Zeit (manco fosse facile replicarne i fasti). E’ Tir, un documentario on the road alla maniera di GRA. Quindi con intarsi di fiction ben messi. Un insegnante croato si fa camionista per ragioni economiche.Vita dura a tappe forzate ma soprattutto il paradosso di vivere la separazione proprio da quella famiglia  cui vorrebbe regalare benessere, sono il prezzo da pagare.Regia di  Alberto Fasulo che con Rumore bianco ci aveva fatto innamorare del Tagliamento.Quattro anni di lavorazione con peripezie tra scrittura e cambi di attori in corsa si vedono tutti. Realizzare qualcosa di diverso accennando al presente, si può. Il box office, anche in tempi di crisi,  non è tutto. Vince – anche se non convince proprio tutti – il Marco Aurelio d’oro con tutto il cavallo.

 

 Ma nonostante la fitta schiera di film indipendenti e l’immancabile giapponeseria o cineseria,  la domanda fondamentale è : lo star system è morto ?

Da non dormirci la notte, altro che chiusura delle sale  e direzione del futuro  festival trattino festa vacante. Certo chi ancora si strugge nel dilemma non deve aver visto la guerriera Lawrence dirigere dal red carpet e  con mano ferma la hola dell’ acampada – ventiquattr’ore di attesa sotto le tende e la pioggia – di ragazzini giubilanti, né l’altrettanto, se non di più, indomito parterre di piccolissimi che ha presenziato l’anteprima di Planes. Futura umanità  in rumoroso deliqio per Dusty,l’areoplanino intruppone con le vertigini.Il divismo è salvo per tutta la prossima generazione.

 

Essere Scarlett the voice Johansson la fidanzata ideale per Theodore introverso e solitario scrittore di lettere per conto terzi – un mestiere del futuro, dicono – è un sistema operativo senziente che per quel che può – e può, come si vedrà, parecchio –  si occupa di lui, lo accudisce amorevolmente, s’interessa alla sua vita.La voce attraverso la quale il sistema si esprime abita in uno smartphon e si chiama Samantha. Racconto della costruzione di un amore con tutti i crismi – tutti meno la presenza –  tra due vere e proprie anime gemelle con elencati, in piacevole e curato dispiego, uno ad uno,  i  temi cari alla filmografia di  Jonze. Elogio dei doni  che la tecnologia ci offre : immaterialità  che non scalfisce il senso di appartenenza.Los Angeles del futuro morbida nei colori  ed elegante per strutture – e dunque irriconoscibile – a fare da sfondo, Phoenix abile nel rendere lo spaesamento dell’innamorato – finalmente! –  corrisposto, Johansson ovvero la di lei voce – solo quella – a compensare ampiamente l’Assenza con tonalità musicali e pause ruffiane q.b. Padroni entrambi  del red carpet osannante, lui insolitamente comunicativo in abito scuro e scarpe da tennis, lei in corto – basta con le palandrane strascicate da matrona – stampato a medaglie, si aggiudica il premio per la migliore attrice. (guai a doppiarla).

Segue..

 

 

 

L’ultima ruota del carro è un film di genere commedia della durata di 113 min. diretto da Giovanni Veronesi e interpretato da Elio Germano, Ricky Memphis, Alessandra Mastronardi, Virginia Raffaele, Massimo Wertmüller, Maurizio Battista, Francesca Antonelli, Francesca d’Aloja, Matilda Anna Ingrid Lutz, Elena Di Cioccio.Prodotto nel 2013 in Italia e distribuito in Italia da Warner Bros

 

Tir è un film di genere documentario della durata di 85 min. diretto da Alberto Fasulo e interpretato da Branko Završan, Lucka Pockaj, Marijan Šestak. Prodotto nel 2013 in Italia.

 

 

Her è un film di genere commedia, drammatico, romantico, fantascienza della durata di 120 min. diretto da Spike Jonze e interpretato da Scarlett Johansson, Olivia Wilde, Rooney Mara, Amy Adams, Chris Pratt, Joaquin Phoenix, Portia Doubleday, Matt Letscher, Sam Jaeger, Cassandra Starr.

Prodotto nel 2013 in USA e distribuito in Italia da Bim Distribuzione.

Emmanuelle à la fourrure

Emmanuelle à la fourrure

 

 

Dimenticare nell’ordine :

L’andamento noioso de la Vénus di von Masoch.

La – non meno noiosa –  lettura femminista della dominatrice vendicativa

Gli  aspetti più triti e rifritti di un comune rapporto di potere (avendo cura però di conservarne, il versante ironico)

Il (troppo) facile erotismo di fruste e bondage.

Il tutto  per concentrarsi  sull’ invincibile tripletta sceneggiatura – regia – recitazione e sull’ingrato compito di far entrare un lavoro teatrale di successo in un film, impresa già  sperimentata  dall’inesauribile talento di Roman Polanski  all’epoca di  Carnage, laddove si dimostra che alla fissità di una scena teatrale – unico ambiente, anche in questo caso – si può porre rimedio con una macchina da presa da montagne russe, affilata e persecutoria.Tanto per rimanere in tema.

L’affiche già  parla chiaro : una décolleté nera infrange col tacco una lente degli occhiali dell’intello metropolitano che qui s’incarna in Thomas,  esausto regista teatrale al termine di un’ infruttuosa giornata di audizioni alla ricerca di Vanda, protagonista de la Vénus à la fourrure di Sacher Masoch.

Il tacco a spillo invece appartiene ad una ragazza dall’eloquio – e non solo quello – piuttosto coatto che contro ogni resistenza e stanchezza di Thomas piomba sulla scena e quella parte assolutamente vuole, bell’e pronta com’è col suo armamentario di abbigliamenti  ed idonei necessaires  (fruste, chewing-gum in eterna masticazione, slang ed esilaranti battute mentre  completa l’opera di convincimento  sistemando le luci di scena, da navigata  professionista).

Ce ne sarebbe di che ricondurre alla ragione il più incrollabile dei narcisismi e infatti così accade.Il resto del film è giocato su repentini e continui cambi d’umore e di ruoli dei due attori tenuti sotto controllo da una regia implacabile che nulla lascia al caso.

Inviti a dimenticare assolti, non resta che tenersi strette un paio di chiavi di lettura paradossali,fantasiose e vagamente grottesche, l’una riguarda l’impossibilità di definire con esattezza il ruolo di vittima e quello di carnefice,l’altra l’inutilità di una tendenza  che vuol interpretare tutto in termini moralistici.

Seigner divinamente adatta. Almaric perfetto nel film che chiudeva Cannes numero 66 ingiustamente ignorato da esausti addetti con la valigia al piede.Da non perdere.

 

 

 

 Venere in pelliccia (La Vénus à la Fourrure) è un film di genere drammatico della durata di . diretto da Roman Polanski e interpretato da Mathieu AmalricEmmanuelle Seigner.

Prodotto nel 2013 in Francia – uscita originale: 13 novembre 2013 (Francia) – e distribuito in Italia da 01 Distribution il giorno .

Ma se ve ne andate tutti..

Ma se ve ne andate tutti..

 

 

 


Un set a Roma e uno a Ouagadougou, impronunciabile capitale del Burkina Faso,due satelliti che all’ora stabilita avrebbero dovuto  connettere immagini di scenografie virtuali ispirate a Fellini. Erano filmati, voci registrate,manipolazioni di colori da accostare in una mescolanza non casuale che avrebbe dovuto dare vita ad un cinema del non luogo in cui lo spettatore non sapeva di preciso da dove provenissero quelle riprese.

 

Il progetto si chiamava Global Stage e a governare  tutto quel  marchingegno di parabole satellitari,  decoder e segnali da sincronizzare,  a Romafilmfest 2007, c’era Carlo Lizzani, ultraottantenne che amava le sfide e la sperimentazione ma soprattutto che pensava,non a torto, di aver trovato un modo di mettere le nuove tecnologie al servizio di un cinema con pochi mezzi.Vederlo all’opera fu una maiuscola Esperienza.E un piacere.

Già da tempo si usano tecnologie digitali, ma si tratta di scuola elementare, qui siamo all’università, può essere un salto di esperienza notevole. La lotta tra l’arte e la tecnica dura da sempre, e oggi stare a guardare o fare una difesa dei linguaggi tradizionali mi sembra inutile. Il che non vuol dire che il cinema ‘tradizionale’ sia finito. Basta guardare un film come Le vite degli altri, perfetto, per rendersene conto. Si possono raccontare storie nuove con linguaggio pacato, tranquillo e diciamo tradizionale. Quello che vedo è la facilitazione nel fare, i kolossal prima erano solo hollywoodiani, oggi anche le cinematografie più povere potranno arrivare a proporre storie fastose nel senso buono del termine. Dichiarava, lui che di cinema s’intendeva e che aveva attraversato buona parte del secolo breve servendosene per capire meglio il suo paese e la sua storia.

Di lui amavo la meticolosità dell’indagine storica e l’istinto del racconto come testimonianza.La sua flemma,la sua romanità, il suo modo  di  trasferire la letteratura – Silone,Bianciardi,Pratolini – nel cinema, il suo impegno civile. Condividendo la sua passione per il barocco romano –  esagerato  – non potrò più guardare la Fontana dei Fiumi così evocativa di viaggi in posti lontani senza pensare che un altro pezzo di storia del cinema e di questa città, se n’è andato.

 

 

Qui sopra Pasolini e Castelnuovo in un’immagine dal Gobbo del Quarticciolo